Tommaso Pecci - Poesie

Neve visiva

 

Ombra che non parli

so che mi osservi.

Ti avverto in ogni boccone,

in ogni occasione sprecata

che mi ha condotto qui

a parlarti di timidezza.

Smetterai mai di seguirmi – 

anche nei giorni più felici

quando non ti penso

e per poco m’illudo che tu non ci sarai

- oppure dovrò accettarti?

Accettare è il primo passo

verso la mediocrità;

piuttosto amami.

 

Scusa se in passato son stato brusco

ma ancora non sapevo 

che la luce mi avrebbe accecato.

Ora riscopro la bellezza

di quegli attimi di penombra

passati a pensare al mondo.

A volte riempio più della luce

soprattutto per chi come te

odia stare al sole.


I quaranta giorni 

 

Giornate brillanti di cielo che non si stanca. 

La casa non fu mai più stretta;

La paura ci costrinse a guardare soltanto. 


Un gioco di somiglianze

 

Riconoscersi in un quadro

è un lusso morboso

che nessuno può permettersi. 

Una mattina col cielo di carta

tuttavia mi convinse 

che non sapevo niente di arte. 

 

Il piccolo anfratto spezzato 

in un muro di cemento

accolse la mia presenza, 

si fece cornice. 

Il vetro era la tela

di un quadro a me così familiare. 

 

La solita alba sembrò diversa, 

somigliante a qualche celebre

(forse un Matisse madido di colore

se invece mi volto son della Francesca

mi ricordai le regole del verosimile;

poter essere ciò che vuoi

pur non essendo mai stato

soltanto sulla base di ciò che sei. 

 

Perciò somiglio a tutto – 

perché tutto è a mia immagine

se lo guardo coi miei occhi. 


A un semaforo

 

Gracidio è la musica che esce dalla radio

mentre me ne torno a casa. 

L’inverno è esploso tutt’intorno

e il semaforo suggella con l’attesa

attimi interminabili davanti a quei fiocchi

di acqua sporca. 

 

L’apparenza regale nasconde il lezzo

nato poco più in là, sotto l’argine, 

tra le canne palustri e le nutrie chete. 

Ecco il batrace, che si dispiega fin nelle mie orecchie

ed echeggia cantilene che non conosco. 

 

Per quell’attimo mi parve di sentirmi vivo

tra la bellezza di un fiocco sporco

e la suoneria fastidiosa d’un rospo. 

Ma poi lo specchietto rivelò degli occhi stanchi

di aspettare un verde, un bianco, un rosso.

 

E mentre nel colore si riscattava la speranza

nei pensieri v’era soltanto ironia e riso

soprattutto per quel maestro

Che scambiò diàspori per diòsperi.


Child girl

 

E adesso che nulla mi resta

da ascoltare nella notte, rea

di averci tolto l’abituale

per lasciarci artificiosa luminaria,

ritorna in te il sogno del passato.

 

Eri molto più di un sole,

la cenere me lo ricorda ogni volta.

 

L’età innocente ci spense

forse che eravamo sordi

ai segnali di questo mondo confuso.

Eppure fosti complice del nuovo

che da quel momento mi creò.

 

Perderti è stata la miglior parte

di averti avuto un tempo:

ogni volta ti saluterò

dipingendoti come la bambina

che sei sempre stata.

 

Oh baby, it’s a wild world.


Elogio della formica

 

Nelle notti d’estate in cui il freddo

è solo un incubo infantile 

e neppure la luna si nasconde, 

bagordi e musica nel piacevole sollazzo

mai taciuto, sempre ostentato, 

eressero il muro che ci spartisce

tra chi può e fa, chi può e non fa. 

 

Il potere ci è amico (forse apparente) 

in questa nuova era del possibile. 

 

Ma l’amica formica non può. 

Che sia rossa, nera,

cercarne il guadagno è sterile

perché lei conosce il segreto

celato fra le pieghe del tempo:

qualcuno deve pur soffrire per tutti.

 

Parlai con quella formica,

a lungo la ringraziai per ciò che

quotidianamente faceva, 

conserva che avevo notato

tra i fili d’erba e il concime. 

Poi mi volsi al rumore, con lo sguardo

l’accusai; nessuno è più innocente.


Assenza

 

Assenza è la miglior parte di me

in ogni persona che ho perso,

che ho scritto come un mito

con gesta e conseguenze amare. 

 

Non vidi mai corpo più debole

di quello che si sveglia la mattina

dopo una notte senza senso

ai margini di un umido pub.

 

E non importa la gloria, la decenza

con cui un uomo ha vissuto,

davanti alla totale sconfitta

di un’epoca col suo disagio.

 

Assenza è ciò che possiedo

come stemma di una vita

passata tra sogni di musica

e un talento nel creare insensatezza.


Il cielo è uno strato 

 

L’indaco impenetrabile

allo sguardo disteso

disvela il segreto recondito

dei lungimiranti binocoli 

di quell’etrusco che ritrattò. 

 

Distante all’apparenza 

vicino all’incoscienza

di chi brama gli astri, 

uno schermo lo dispose

come una luna punta

da un Apollo o uno Sputnik. 

Tocchi lo schermo e avverti il velo. 

 

Cosa c’è dunque di veritiero

in un confine mai raggiunto

se non che qualcuno lo raggiungerà? 

E poi, sarà un falso, sarà vero, 

sarà nato, sarà generato,

domande inutili. 

 

Ciò che importa è il ceterum:

il cielo è uno strato

e io sono la forbice. 


Morti di serie A

 

«Mangiano pipistrelli ancora vivi, 

non bastavano i cani».

«Che poi è tutta una truffa, 

l’ho letto in un libro del 2012». 

«Lui da solo sulla scalinata, 

sotto la pioggia, San Pietro vuota. 

È diverso dagli altri, più povero». 

«Forse dovevamo fermarci

per renderci conto dei nostri sbagli». 

«Baguette e pizza: non c’è partita!». 

«Puoi stare con la famiglia, leggere un libro, 

ascoltare musica, cucinare un dolce, 

fare ciò che non avevi tempo di fare». 

«Alle finestre migliaia d’italiani

cantano l’inno di Mameli». 

«Voglio vedere quando arriverà 

al Sud. Ci ammazzeranno tutti». 

«Restare a casa

significa proteggere il proprio paese». 

«Quando muore un italiano

muore tutta la sua nazione. 

Non voglio dire che ci siano

morti di serie A e di serie B. 

Ma…». 


*Verba volant

 

C’è chi parla ma non ascolta

e lo definiamo egocentrico. 

Poi c’è chi non parla ma ascolta

e lo elogiamo come un saggio. 

È solo tempo sprecato. 

L’uomo non parla e non ascolta, 

vede soltanto. 

 

Dalle casse esce la solita tonalità 

che ci fa intenerire nel caldo di un’auto

oppure ballare con chi forse ameremo. 

Ma ogni sentimento è rotto

quando lo schermo ci mostra gesti scontati. 

 

La gente muore, il progresso non esiste, 

Dio consola, un bambino piange

Come fosse oro ce ne riempiamo il petto. 

La cronaca non la fantasia, Il meteo non la poesia. 

 

Per sopravvivere ogni parola si frantuma, 

nei meandri del vero respira e muore

solo dopo averti ucciso trafitto smembrato

sparso raccolto ricomposto nel mentre. 

Disgregazione assemblaggio poesia. 

Tutto il resto, verba volant*