Tommaso Righetto - Poesie

PREFAZIONE DI LIVIO PACELLA SULLA POESIA DI T.R.27 OTTOBRE 2020

 

Chiunque, leggendo questi versi, anche se completamente digiuno di linguaggio poetico, capirebbe perfettamente l’intensità del sentire di TR… il suo interrogarsi liricamente… a volte si ha la sensazione che si muova letteralmente nell’ignoto, in oscuri territori in cui le parole cercano di far luce…, l’impeto assoluto della scrittura, l urgenza.( In una dirompente urgenza di annasparsi fuori dall’involucro di apnea sbirciando urtando oscurità e nitidezza in un respirarmi).

Immagini e versi ora sofisticati ora arditi, audaci, sfrenati… la sessualità mitizzata a sacro enigma, a liberazione del suo dirompente dentro fuori… tutta questa ispirata verità si respira, letteralmente, nei suoi versi… immediatezza e intimità…pura sensibilità metafisica, fatta di anima e carne, il tutto è molto rock… talvolta le invenzioni linguistiche si mascherano da grossolani errori di battitura, alla ricerca sopra tutto di una scrittura pura e originale.

 

TITOLO SILLOGE DELLE 10 POESIE PER MINISTIO
Sono l’animale l’istinto primordiale di un Amen irrisolto…

 

IN UN BAGLIORE D’ESPANSIONE PRIMORDIALE 

  

In un bagliore d’espansione primordiale globale sto, 

nell’avvenire stupore… arriverò.

A piccoli passi in macigni passi,

sgocciolanti scricchiolanti cinguettii mattutini,

in sbalzi estremi tra rovi e risoluzioni, arriverò.

In un bagliore di attrazione, sto, nell’avvertire.

Mi incammino, procedo.

Mi sbaglio e persisto.

Mi rovescio e indietreggio.

Ancora persisto e avanzo controcorrente a prua di stelle.

Vengo a te 

verso te, a sentire il mistico linguaggio che filtra ogni cosa in luce 

a sentire ciò che non ho compreso,

afferrato nell’intimo senso 

nell’arroganza del mio sentimento,

senza mettere in dubbio se il passo era giusto, 

calibrato alla misura del paesaggio.

Ho calpestato senza accorgermene 

le silenziose emanazioni di richiesta e di sensibilità

che mi porgeva quel preciso momento, 

quell’attimo della mia storia,

sordo a ciò che mi voleva dire, che voleva farmi sentire.

Vengo a te

verso te, in sbalzi d’improvvisa intuizione  

e con contrastanti compromessi e umori

nel fingermi dietro a ermetiche schematiche reticolate sceneggiature

nella farsa comparsa quasi grottesca e ridicola alla verità che mi oliava filtrava

nelle screpolate imbavagliate interpretazioni d’assoluto incedere che mi imponevo.

Vengo a te nell’imperfezione 

negli errori sublimi e nelle torbide sbavature

per liberare perdonare sconfiggere disseminare  

a sorsi e a piccole dosi

un po’ di attanagliati rancori rabbie e dolori 

per le cose a cui non ho dato l’opportuna prospettiva 

per le cose a cui non ho dato l’essenziale necessario ascolto 

dove non ho percepito il segno lungimirante dietro il gesto più insignificante.

Dove mi son scippato per mia stessa mano, non prendendo la tua mano.

Volano via le ali, appese in un antico specchio a circonferenza chiusa in un crocefisso,

volano via le ali, fissate e stramazzate a cratere di corpo morto come la luna,

volano via le ali, incarnate incatenate come doberman nelle sterpaglie di cieli e cancrene

che hanno fatto troppo inferno infermo male, senza mai vedere il mare.

In un bagliore di intrepida segreta luce, sto, rischiarando il volto, 

rivisitando il corso degli eventi, così come sono stati, senza attribuire colpe. 

In un bagliore d’attrazione, sto, nell’avvertire.

Mi incammino, procedo.

Mi sbaglio e persisto.

Mi rovescio e indietreggio.

Ancora persisto e avanzo controcorrente a prua di stelle… 


 

NOI AFFINI OCCULTI COMPLICI

 

Noi affini occulti complici

in archi avvoltoi

stiamo limandoci affilandoci

stiamo scandagliando il profumo 

e vediamo i raggi fondersi roteandoci d’amore.

Noi ipnotici ignoti congiunti

ci ritroviamo in un effervescente speronamento 

nel diluviarci sbranarci battagliarci in aria 

a varco sul mare del nostro amore.

Noi ambrati misteriosi essenziali

siamo nell’infuso incandescente 

nel distenderci d’incensi in lungomari 

e mareggiate nei portici d’avorio amore.

Noi lontani equivoci vicini estremi

ci liquefiamo sciogliendo spezzando a cataclisma

i coaguli e i conglomerati 

le giunture le posture le geometrie 

le cerniere le lamiere degli universi avversi a noi,

apprestandoci così affini e così diversi 

nelle molteplici ore del nostro amore.

Noi lontani equivoci vicini estremi,

sentiamo scricchiolare le strutture le parabole dell’artico tempo; 

 ci assottigliamo nel cadere scivolare sgocciolare 

 il nostro sfiorarci sfidarci innamorarci

 lenti e frenetici

 fino allo smarrimento 

 fino a liquidarci dal bastione tempo

 fino all’essere lo stesso profilo delle cose 

 nell’amare nel guardare visitare toccare

 immaginare fiorire abitare le nostre native ore d’amore.

Noi affini occulti complici,

sospinti dalla potenza presenza di una espressione trasmutante 

stiamo al centro dell’antico richiamo 

ancora pericolanti, ma abbracciati al sacro immortale sovrano nostro sentimento

d’amarci a sostegno e in larghi arcipelaghi a scorrimano e in tutte le coste,

nell’ovunque di luoghi e ore di noi, 

che ovunque è anche il nostro avverare amore!

Noi ambrati misteriosi essenziali

adesso siamo lasciati lisciati slacciati 

precipitati negli astri abissi eclissi e orbite gravitazionali

dove Avveriamo la nostra presenza d’amore,

sentendola pulsare nelle vene nelle ossa e arterie nelle sabbie e rive

negli altari magnetismi di una stella. 

Sverniciati. 

Svernati.

Svicolati.

Svenati. 

Svenuti.

Siamo rapiti. Più che mai fervidi e vivi,

                        pulsiamo oltre le scie delle comete il nostro amore

                        cavalcandoci oltre ogni imbrunire. 

               


 


Tenebra è la notte

 

Masticato da doberman mandibole  

da ghigliottine di viscere tempi

da mozziconi di luna e tempie

le pupille colibrì squarciate dal panico

frantoio dove si pesta forte

più dell’alcool

più di un mattatoio

più di un frantoio…

Tenebra è la notte, è teschio è scalpo

è scavo è raschio, affonda terra e cielo.

Sento tessere stelle armature di granito 

in questo manicomio silenzio.

Il mare stravolge un po’ di dune, fa quello che può.

Pesanti rimangono le palpebre di roccia 

promontori di dio 

nessun segno o orma spacca il breve vento

nel fumo continuo di carbone sogno sangue 

che spalo a continenti 

a sudore di carne sbucciata d’amore.

Sanguino il cemento, l’ombra,  

sanguino il vento  

sanguino il fiore che non crescerà

sanguino il mare le eternità 

il sudore i profumi le isole e le pinete.

Sanguino  le altalene l’aria l’immaginazione  

sanguino il bianco della betulla le spighe gialle di grano

sanguino il tuffo, la punta di graffite che mi ha disegnato.

Il mare mi seppellirà o sarà il mio viaggio? 

Sudo le radici le fonti la sorgente dell’altopiano

sudo la foglia più alta che tocca Dio

che con una mano assassino

e con l’altra prego.

Aiutami ad amarti

Aiutami ad amarmi a salvarmi a salvarti

da questo continuo dissanguamento di linfa.

Il mistero la sua porta la maniglia non sono in questo pulsare?

Sudo i muri costruiti dallo straniero che sono

sepolto nelle ossa del mare 

di quel mare di ruggine 

terribilmente bastardo senza pietà

quel mare che non danza nemmeno un’onda 

che bagni questa torrida terra battuta d’insonnia. 

Profugo nelle mie terre che girano a vuoto

in questi sguardi questi sputi rassegnati.

Dal ghiacciaio non cade una goccia, e non lo farà.

Resto sulla nota le dita sul pianoforte

nella tensione del mio torbido splendido grido,

che alza odissee sabbie e terre, 

crepacci lidi lagune  

fiordi d’umanità.

In sigarette ragnatelizzato 

puzzando di vetro e di sonno

inchiostro la notte priva di gospel 

come sciamano sposto un cerchio d’acqua 

e tutto tace, come l’ombra di una candela appena soffiata.



ENTRAMBE

 

Stravolta o stravolgente? 

Ti respiro ti immagino forse mi spingo a sognarti così

come spartito animale a polifonico rapsodico thriller 

paranoica e nitida splendente incantesimi 

psichedelica aggressiva e inebriante

votata al giusto tocco di irresponsabilità e irrazionalità 

in gesti efferati di dionisiaca e disinibita pornografia 

vai a intrusioni cosmiche a effetto domino 

su tutto l’impero della finanza e dell’ordinanza 

a fare cratere a tutto ciò che un uomo possiede.

Stravolta o stravolgente? 

Ti respiro ti immagino forse mi spingo a sognarti così

a fare un blitz, nello shock

per l’errore fatale gli effetti collaterali 

che smantellano le architetture di dittature

per proseguirti e naufragarmi 

nel fiuto tribale istinto animale che sei,

e proseguirti e naufragarmi

nell’intuizione finale che non c’è più nulla da coltivare 

ma solo sterminare la stirpe e la razza umana del possesso 

nuovo gioco di prospettive nelle tue mie forse ore.

Stravolta o stravolgente? 

Indomita o dominata?

Così ti respiro ti immagino mi spingo a sognarti 

tu insolita al contuso consueto quotidiano 

vai a disorientare a disordinare a disertare a divorare 

le coordinate di qualsiasi paesaggio 

perché troppo fermo ancorato ormeggiato inquinato putrefatto incancrenito 

nessun movimento, e tu

tu danza, danzami di giusta arroganza e organza

andando a sobbalzarmi fuori dalla partitura dal programma 

dalla sceneggiatura, tu cosi improvvisa, erotica, superba!

Esalti esaltami esalami fuori nei fuochi magici 

dove si danza ogni stanza e distanza.

Stravolta o stravolgente? 

Indomita o dominata?

Entrambe.


 

 

IL TUO TEMPO CRIMINALE

 

Sei tu il tuo tempo criminale,

il tuo fatale ingombro, l’intrigo internazionale,

senza mai pace tu travagli ogni possibile pace!

Sei il tuo tempo criminale 

nelle trame delle tue ragnatele e dei tuoi fumi perenni; 

urli l’alba ammutinata trincerata nel tuo grembo infetto

gemi abbaiando l’alba delle tue piume sgualcite

gridi l’alba delle rose rosse contorte attorcigliate nella ringhiera del tuo cuore.

 

Nel tuo tempo criminale raschi la pace, 

nelle semine del sangue 

nelle reliquie e ossa del sangue.

Agonizzi nelle tue palpebre serrate a rogo,

il tuo ultimo tempo sta per approdare 

alle tue lacrime asserragliate da faide di coltelli.

 

Il tempo criminale sfiorisce la pace.

Evaditi scardinati 

spaccati a zolle

esagerati sconfinati!

Scommettiti! Fatti crac!

Sbracciati fuori a gran rumore a gran botto a tutta elettricità!

Versati sprofonda annega

fino all’ultima oscurità 

in una nitida alluvione 

che irrompa nella tua fronte con l’acqua di sacra sorgente 

di nuovi inizi…

 

Svanirà l’ingombro,

il tuo intrigo fatale.

Sarai il tempo che ti insegnerà la gioia della fine.

Sarai il tempo che ti svelerà le geometrie del fiore.

Sarai il tempo che trionferà in un gran silenzio di colore.

Il tuo tempo criminale è già crollato,

tu sei già crollato,

approdiamo al Nuovo Tempo Interstellare, 

di sacro splendido interiore.

Sarai la rosa spalancata alle altezze 

nelle terre vertiginose nel tuo viso splendente e vivo,  

splendente

e vivo. 



Voglio sudare l’odore del mare

 

Voglio sudare l’odore del mare

sudare l’odore dell’ombra

sudare il battito del sole

sudare le teste mozzate

sudare le mosse azzardate

sudare la morte 

la cancrena 

e le zanzare

sudare il sole 

il Verbo 

le unghie dell’insonnia

la genesi 

il Dna 

la crosta degli affreschi

sudare le rughe degli occhi.

Sudare sgomitolando le ossa

sudare te nell’odore del mare

sbranandoci a sudore a raggio a calore.

 

Madre guidami 

gridami 

suda tutta questa terra

tutto questo mio peso di olivo 

occhi 

materia

dall’animale all’uomo trafficato

all’eco del mio fecondo fondo mare.

Sudami 

sudaci 

io 

lei 

sfilandoci tutta la terra…

Ci ricomporranno le onde 

la bufera

il liscio 

lo sciabordio del mare…

Mare che ci è dentro 

dentro 

dentro…



CENERE FENICE

Lei risale,

sta risalendo verso me
e brucerà ogni vivibile
mi perseguiterà il suo diamante visione 

nel suo feroce doberman risalire 

e mi lascerà vuoto

senza nessun colore 

se non il suo
e il suo sarà un ferreo efferato 

silenziosissimo passaggio a fenice 

sul mio cadavere

lei risale
e qualcuno potrebbe dire che non è mai esistita,
sarà una fenice in fiamme

il mio essere sarà ustionato  

e lei si berrà il pozzo dei miei occhi 

fino al bianco delle pupille 

fino alla cenere dell’anima. 



Sarò la mia Terra a Sfera e Orizzonte.

 

Mi innalzerò dalle caviglie alle labbra 

da laggiù a lassù, le mie rigenerazioni;

                        le eterne reincarnazioni. 

 

Si alzeranno i miei fiori i fiordi gli inizi.

Si alzeranno i miei colori le altezze delle mie ombre delle mie radure di luce.

Sarò la mia Terra a Sfera e Orizzonte.

 

Mi respiro
nella silenziosa sinfonia delle stelle
che da miliardi di universi
hanno mosso la mia creazione.
La creazione mai avverata,

respinta 

rigettata trucidata 

a tutta benzina a sparo di tuono d’ossa

per respingermi dalle mie contrastanti personalità.

 

Mi respiro
nella silenziosa sinfonia delle stelle

che da miliardi di universi

latente era già sempre richiamata 

invocata vissuta 

nei miei tuoi occhi che sudavamo nel cuore
a rosa rossa a clamore e suggestione
                                                          d’indaco amore!

Mi riconsegno alle costellazioni
a senso luminoso
a senso cromatico a magnetismo
alle radici alle linfe alle arterie
della mia Terra in un risveglio di Vangelo.

Non mi accorgevo,

che erano già qui a portata di mano, le mie nostre mani!

Mi svernicerò fuori d‘apocalisse 

Mi dissoderò fuori d’apocalisse fuori contorno

a ogni intrecciarmi a trama a raggio

scivolando in un vertiginoso vibrare sentire.

 

Sarò un altro sopralluogo

Sarò un altro avamposto 

Sarò un altro promontorio 

al percorso d’insenature in altri arcipelaghi a trascorrere le mie Radici Terre.

 

Mi riconsegno a senso cromatico a magnetismo

a tutte le età e i vissuti della mia Terra,
non oltraggiandola

non facendo più scempio
mai più corso percosso
precipitato indossato

da mistiche furiosi morsi e mostri,

astrazioni e metafisiche
fughe da me,

   per distrarmi un po’…

Ritroverò le mie mani le tue mani.
Ritroverò la pausa il silenzio l’ascolto; l’attimo!..

dove tutto è eterno,

non più ad un passo in là da me

non più un ad un passo indietro

ma nel mio compiuto sacro Centro.

Non sarò più un tronco
ceppo, qualche ramo e qualcosa di foglia,

non sarò più imprecato bestemmiato mai seminato.
Sarò amazzonica foresta!
Sarò la terra selvatica, vallata al flusso del divenirmi.

Mi riconsegno alla Terra
alle radici linfe arterie 

ai miei occhi vibranti
a senso luminoso, cromatico
non più terriero predone ubriacone
del mio sentirmi padrone.

Mi oltrepasso terso a senso luminoso
a senso cromatico a magnetismo a tutte le età della mia Terra,
nelle mie tenere contemporanee comprensioni, 

                                                                          all’intensa compassione.


Sarò la mia Terra a Sfera e Orizzonte,

nella silenziosa sinfonia delle stelle
che da miliardi di universi

latente
ci invocava, ci viveva nei miei tuoi occhi 

che sudavano nell’ovunque cuore a rosa rossa carnosa
d’indaco amore…

Mi innalzerò dalle caviglie alle labbra 

Si alzeranno i miei fiori i fiordi gli inizi.

Si alzeranno i miei colori le altezze delle mie ombre e delle mie radure di luce 

alla mia Terra a Sfera e Orizzonte 

all’ovunque.



Dedicata partenza assenza di morte

 

Ho lasciato il mare e il vento Essermi.

E tento.

La nave torna con terre nuove,

quelle che avevo dentro,

non oltre l’orizzonte.

 

Senti di mare senti di me scrivi di vento

danza il vento e sorgi a pioggia il verde della terra

cammina di mare nella pietra 

passeggia di fiume dentro le città del mondo

senti di me e scrivi a pugno 

danza il vento e sorgi a pioggia il verde della terra

nell’oltre che io sarò 

ovunque tu profumerai di verde

senti di mare e scrivi di sguardo e bacia ciecamente

ovunque io sia sarò sempre un indicibile intorno a te

senti di me e vivi dentro il mio sangue

il tuo sguardo a brocca nel mio sangue di guerriglia 

e gelso colto da un autunno sacro di foglie 

danza il vento e sorgi a pioggia il verde della terra

cadrò a neve a perdono a un che di evanescente e vivo 

schiarimento senza morte, 

senti di me scrivi di sale e se sarà il tempo duro 

vasto quanto un mare a cadere

senti di verde scaglia le pietre e scrivi di sangue il maledire.

 

Vieni vieni vieni sconfinato oltremare amore 

a tremare a dondolare amore 

ovunque sarà profumo sempre nei tuoi occhi 

di sole in me a sussurrare calma fino alla sorte 

invincibile di quel grande mare che mi precipita 

in parole che non sanno la loro espressione…

Senti di me scrivi di silenzio

danza il vento e sorgi a pioggia il verde della terra.

Vivi al vento e sentiti nel giaciglio del vento 

sorgi a pioggia il verde della terra incessantemente oltre 

e danza e danza danzare danza e ancora danza!

Conducimi nell’entroterra del firmamento, nei subacquei

sotterranei di un largo vasto mare mescolamento!

Ti sento, sento che vai remando senza rotta
a battito a barconi d’odissee verso le tue fanciullezze spezzate
verso la tua alba di radiosa giovinezza dove dimorare
sdraiare tutta la spina dorsale del tuo essere momento preciso di ogni nudità,
del tuo essere evento di creazione e di una storia,
la mia, naufragata, rotta, a corde spezzate, che si sospirerà a meraviglia

Ascolta tu che mi sai ascoltare il mare 

e lancia un sasso dal fondo del tuo vento,

cadrà come un bacio di corallo nell’abisso 

del tempo sbranato, impronta spettrale

nell’eco mare del mio incatenato verde viale, 

e spronerà il risveglio, i mattini e l’inizio del mondo,

sarà il tuo profilo scrigno e segreto risveglio

io ti navigo e tu accadi…

il mare è grande, un motivo ci sarà.