PREFAZIONE DI LIVIO PACELLA SULLA POESIA DI T.R.27 OTTOBRE 2020
Chiunque, leggendo questi versi, anche se completamente digiuno di linguaggio poetico, capirebbe perfettamente l’intensità del sentire di TR… il suo interrogarsi liricamente… a volte si ha la sensazione che si muova letteralmente nell’ignoto, in oscuri territori in cui le parole cercano di far luce…, l’impeto assoluto della scrittura, l urgenza.( In una dirompente urgenza di annasparsi fuori dall’involucro di apnea sbirciando urtando oscurità e nitidezza in un respirarmi).
Immagini e versi ora sofisticati ora arditi, audaci, sfrenati… la sessualità mitizzata a sacro enigma, a liberazione del suo dirompente dentro fuori… tutta questa ispirata verità si respira, letteralmente, nei suoi versi… immediatezza e intimità…pura sensibilità metafisica, fatta di anima e carne, il tutto è molto rock… talvolta le invenzioni linguistiche si mascherano da grossolani errori di battitura, alla ricerca sopra tutto di una scrittura pura e originale.
TITOLO SILLOGE DELLE 10 POESIE PER MINISTIO
Sono l’animale l’istinto primordiale di un Amen irrisolto…
IN UN BAGLIORE D’ESPANSIONE PRIMORDIALE
In un bagliore d’espansione primordiale globale sto,
nell’avvenire stupore… arriverò.
A piccoli passi in macigni passi,
sgocciolanti scricchiolanti cinguettii mattutini,
in sbalzi estremi tra rovi e risoluzioni, arriverò.
In un bagliore di attrazione, sto, nell’avvertire.
Mi incammino, procedo.
Mi sbaglio e persisto.
Mi rovescio e indietreggio.
Ancora persisto e avanzo controcorrente a prua di stelle.
Vengo a te
verso te, a sentire il mistico linguaggio che filtra ogni cosa in luce
a sentire ciò che non ho compreso,
afferrato nell’intimo senso
nell’arroganza del mio sentimento,
senza mettere in dubbio se il passo era giusto,
calibrato alla misura del paesaggio.
Ho calpestato senza accorgermene
le silenziose emanazioni di richiesta e di sensibilità
che mi porgeva quel preciso momento,
quell’attimo della mia storia,
sordo a ciò che mi voleva dire, che voleva farmi sentire.
Vengo a te
verso te, in sbalzi d’improvvisa intuizione
e con contrastanti compromessi e umori
nel fingermi dietro a ermetiche schematiche reticolate sceneggiature
nella farsa comparsa quasi grottesca e ridicola alla verità che mi oliava filtrava
nelle screpolate imbavagliate interpretazioni d’assoluto incedere che mi imponevo.
Vengo a te nell’imperfezione
negli errori sublimi e nelle torbide sbavature
per liberare perdonare sconfiggere disseminare
a sorsi e a piccole dosi
un po’ di attanagliati rancori rabbie e dolori
per le cose a cui non ho dato l’opportuna prospettiva
per le cose a cui non ho dato l’essenziale necessario ascolto
dove non ho percepito il segno lungimirante dietro il gesto più insignificante.
Dove mi son scippato per mia stessa mano, non prendendo la tua mano.
Volano via le ali, appese in un antico specchio a circonferenza chiusa in un crocefisso,
volano via le ali, fissate e stramazzate a cratere di corpo morto come la luna,
volano via le ali, incarnate incatenate come doberman nelle sterpaglie di cieli e cancrene
che hanno fatto troppo inferno infermo male, senza mai vedere il mare.
In un bagliore di intrepida segreta luce, sto, rischiarando il volto,
rivisitando il corso degli eventi, così come sono stati, senza attribuire colpe.
In un bagliore d’attrazione, sto, nell’avvertire.
Mi incammino, procedo.
Mi sbaglio e persisto.
Mi rovescio e indietreggio.
Ancora persisto e avanzo controcorrente a prua di stelle…
NOI AFFINI OCCULTI COMPLICI
Noi affini occulti complici,
in archi avvoltoi
stiamo limandoci affilandoci
stiamo scandagliando il profumo
e vediamo i raggi fondersi roteandoci d’amore.
Noi ipnotici ignoti congiunti,
ci ritroviamo in un effervescente speronamento
nel diluviarci sbranarci battagliarci in aria
a varco sul mare del nostro amore.
Noi ambrati misteriosi essenziali,
siamo nell’infuso incandescente
nel distenderci d’incensi in lungomari
e mareggiate nei portici d’avorio amore.
Noi lontani equivoci vicini estremi,
ci liquefiamo sciogliendo spezzando a cataclisma
i coaguli e i conglomerati
le giunture le posture le geometrie
le cerniere le lamiere degli universi avversi a noi,
apprestandoci così affini e così diversi
nelle molteplici ore del nostro amore.
Noi lontani equivoci vicini estremi,
sentiamo scricchiolare le strutture le parabole dell’artico tempo;
ci assottigliamo nel cadere scivolare sgocciolare
il nostro sfiorarci sfidarci innamorarci
lenti e frenetici
fino allo smarrimento
fino a liquidarci dal bastione tempo
fino all’essere lo stesso profilo delle cose
nell’amare nel guardare visitare toccare
immaginare fiorire abitare le nostre native ore d’amore.
Noi affini occulti complici,
sospinti dalla potenza presenza di una espressione trasmutante
stiamo al centro dell’antico richiamo
ancora pericolanti, ma abbracciati al sacro immortale sovrano nostro sentimento
d’amarci a sostegno e in larghi arcipelaghi a scorrimano e in tutte le coste,
nell’ovunque di luoghi e ore di noi,
che ovunque è anche il nostro avverare amore!
Noi ambrati misteriosi essenziali,
adesso siamo lasciati lisciati slacciati
precipitati negli astri abissi eclissi e orbite gravitazionali
dove Avveriamo la nostra presenza d’amore,
sentendola pulsare nelle vene nelle ossa e arterie nelle sabbie e rive
negli altari magnetismi di una stella.
Sverniciati.
Svernati.
Svicolati.
Svenati.
Svenuti.
Siamo rapiti. Più che mai fervidi e vivi,
pulsiamo oltre le scie delle comete il nostro amore
cavalcandoci oltre ogni imbrunire.
Tenebra è la notte
Masticato da doberman mandibole
da ghigliottine di viscere tempi
da mozziconi di luna e tempie
le pupille colibrì squarciate dal panico
frantoio dove si pesta forte
più dell’alcool
più di un mattatoio
più di un frantoio…
Tenebra è la notte, è teschio è scalpo
è scavo è raschio, affonda terra e cielo.
Sento tessere stelle armature di granito
in questo manicomio silenzio.
Il mare stravolge un po’ di dune, fa quello che può.
Pesanti rimangono le palpebre di roccia
promontori di dio
nessun segno o orma spacca il breve vento
nel fumo continuo di carbone sogno sangue
che spalo a continenti
a sudore di carne sbucciata d’amore.
Sanguino il cemento, l’ombra,
sanguino il vento
sanguino il fiore che non crescerà
sanguino il mare le eternità
il sudore i profumi le isole e le pinete.
Sanguino le altalene l’aria l’immaginazione
sanguino il bianco della betulla le spighe gialle di grano
sanguino il tuffo, la punta di graffite che mi ha disegnato.
Il mare mi seppellirà o sarà il mio viaggio?
Sudo le radici le fonti la sorgente dell’altopiano
sudo la foglia più alta che tocca Dio
che con una mano assassino
e con l’altra prego.
Aiutami ad amarti
Aiutami ad amarmi a salvarmi a salvarti
da questo continuo dissanguamento di linfa.
Il mistero la sua porta la maniglia non sono in questo pulsare?
Sudo i muri costruiti dallo straniero che sono
sepolto nelle ossa del mare
di quel mare di ruggine
terribilmente bastardo senza pietà
quel mare che non danza nemmeno un’onda
che bagni questa torrida terra battuta d’insonnia.
Profugo nelle mie terre che girano a vuoto
in questi sguardi questi sputi rassegnati.
Dal ghiacciaio non cade una goccia, e non lo farà.
Resto sulla nota le dita sul pianoforte
nella tensione del mio torbido splendido grido,
che alza odissee sabbie e terre,
crepacci lidi lagune
fiordi d’umanità.
In sigarette ragnatelizzato
puzzando di vetro e di sonno
inchiostro la notte priva di gospel
come sciamano sposto un cerchio d’acqua
e tutto tace, come l’ombra di una candela appena soffiata.
ENTRAMBE
Stravolta o stravolgente?
Ti respiro ti immagino forse mi spingo a sognarti così
come spartito animale a polifonico rapsodico thriller
paranoica e nitida splendente incantesimi
psichedelica aggressiva e inebriante
votata al giusto tocco di irresponsabilità e irrazionalità
in gesti efferati di dionisiaca e disinibita pornografia
vai a intrusioni cosmiche a effetto domino
su tutto l’impero della finanza e dell’ordinanza
a fare cratere a tutto ciò che un uomo possiede.
Stravolta o stravolgente?
Ti respiro ti immagino forse mi spingo a sognarti così
a fare un blitz, nello shock
per l’errore fatale gli effetti collaterali
che smantellano le architetture di dittature
per proseguirti e naufragarmi
nel fiuto tribale istinto animale che sei,
e proseguirti e naufragarmi
nell’intuizione finale che non c’è più nulla da coltivare
ma solo sterminare la stirpe e la razza umana del possesso
nuovo gioco di prospettive nelle tue mie forse ore.
Stravolta o stravolgente?
Indomita o dominata?
Così ti respiro ti immagino mi spingo a sognarti
tu insolita al contuso consueto quotidiano
vai a disorientare a disordinare a disertare a divorare
le coordinate di qualsiasi paesaggio
perché troppo fermo ancorato ormeggiato inquinato putrefatto incancrenito
nessun movimento, e tu
tu danza, danzami di giusta arroganza e organza
andando a sobbalzarmi fuori dalla partitura dal programma
dalla sceneggiatura, tu cosi improvvisa, erotica, superba!
Esalti esaltami esalami fuori nei fuochi magici
dove si danza ogni stanza e distanza.
Stravolta o stravolgente?
Indomita o dominata?
Entrambe.
IL TUO TEMPO CRIMINALE
Sei tu il tuo tempo criminale,
il tuo fatale ingombro, l’intrigo internazionale,
senza mai pace tu travagli ogni possibile pace!
Sei il tuo tempo criminale
nelle trame delle tue ragnatele e dei tuoi fumi perenni;
urli l’alba ammutinata trincerata nel tuo grembo infetto
gemi abbaiando l’alba delle tue piume sgualcite
gridi l’alba delle rose rosse contorte attorcigliate nella ringhiera del tuo cuore.
Nel tuo tempo criminale raschi la pace,
nelle semine del sangue
nelle reliquie e ossa del sangue.
Agonizzi nelle tue palpebre serrate a rogo,
il tuo ultimo tempo sta per approdare
alle tue lacrime asserragliate da faide di coltelli.
Il tempo criminale sfiorisce la pace.
Evaditi scardinati
spaccati a zolle
esagerati sconfinati!
Scommettiti! Fatti crac!
Sbracciati fuori a gran rumore a gran botto a tutta elettricità!
Versati sprofonda annega
fino all’ultima oscurità
in una nitida alluvione
che irrompa nella tua fronte con l’acqua di sacra sorgente
di nuovi inizi…
Svanirà l’ingombro,
il tuo intrigo fatale.
Sarai il tempo che ti insegnerà la gioia della fine.
Sarai il tempo che ti svelerà le geometrie del fiore.
Sarai il tempo che trionferà in un gran silenzio di colore.
Il tuo tempo criminale è già crollato,
tu sei già crollato,
approdiamo al Nuovo Tempo Interstellare,
di sacro splendido interiore.
Sarai la rosa spalancata alle altezze
nelle terre vertiginose nel tuo viso splendente e vivo,
splendente
e vivo.
Voglio sudare l’odore del mare
Voglio sudare l’odore del mare
sudare l’odore dell’ombra
sudare il battito del sole
sudare le teste mozzate
sudare le mosse azzardate
sudare la morte
la cancrena
e le zanzare
sudare il sole
il Verbo
le unghie dell’insonnia
la genesi
il Dna
la crosta degli affreschi
sudare le rughe degli occhi.
Sudare sgomitolando le ossa
sudare te nell’odore del mare
sbranandoci a sudore a raggio a calore.
Madre guidami
gridami
suda tutta questa terra
tutto questo mio peso di olivo
occhi
materia
dall’animale all’uomo trafficato
all’eco del mio fecondo fondo mare.
Sudami
sudaci
io
lei
sfilandoci tutta la terra…
Ci ricomporranno le onde
la bufera
il liscio
lo sciabordio del mare…
Mare che ci è dentro
dentro
dentro…
CENERE FENICE
Lei risale,
sta risalendo verso me
e brucerà ogni vivibile
mi perseguiterà il suo diamante visione
nel suo feroce doberman risalire
e mi lascerà vuoto
senza nessun colore
se non il suo
e il suo sarà un ferreo efferato
silenziosissimo passaggio a fenice
sul mio cadavere
lei risale
e qualcuno potrebbe dire che non è mai esistita,
sarà una fenice in fiamme
il mio essere sarà ustionato
e lei si berrà il pozzo dei miei occhi
fino al bianco delle pupille
fino alla cenere dell’anima.
Sarò la mia Terra a Sfera e Orizzonte.
Mi innalzerò dalle caviglie alle labbra
da laggiù a lassù, le mie rigenerazioni;
le eterne reincarnazioni.
Si alzeranno i miei fiori i fiordi gli inizi.
Si alzeranno i miei colori le altezze delle mie ombre delle mie radure di luce.
Sarò la mia Terra a Sfera e Orizzonte.
Mi respiro
nella silenziosa sinfonia delle stelle
che da miliardi di universi
hanno mosso la mia creazione.
La creazione mai avverata,
respinta
rigettata trucidata
a tutta benzina a sparo di tuono d’ossa
per respingermi dalle mie contrastanti personalità.
Mi respiro
nella silenziosa sinfonia delle stelle
che da miliardi di universi
latente era già sempre richiamata
invocata vissuta
nei miei tuoi occhi che sudavamo nel cuore
a rosa rossa a clamore e suggestione
d’indaco amore!
Mi riconsegno alle costellazioni
a senso luminoso
a senso cromatico a magnetismo
alle radici alle linfe alle arterie
della mia Terra in un risveglio di Vangelo.
Non mi accorgevo,
che erano già qui a portata di mano, le mie nostre mani!
Mi svernicerò fuori d‘apocalisse
Mi dissoderò fuori d’apocalisse fuori contorno
a ogni intrecciarmi a trama a raggio
scivolando in un vertiginoso vibrare sentire.
Sarò un altro sopralluogo
Sarò un altro avamposto
Sarò un altro promontorio
al percorso d’insenature in altri arcipelaghi a trascorrere le mie Radici Terre.
Mi riconsegno a senso cromatico a magnetismo
a tutte le età e i vissuti della mia Terra,
non oltraggiandola
non facendo più scempio
mai più corso percosso
precipitato indossato
da mistiche furiosi morsi e mostri,
astrazioni e metafisiche
fughe da me,
per distrarmi un po’…
Ritroverò le mie mani le tue mani.
Ritroverò la pausa il silenzio l’ascolto; l’attimo!..
dove tutto è eterno,
non più ad un passo in là da me
non più un ad un passo indietro
ma nel mio compiuto sacro Centro.
Non sarò più un tronco
ceppo, qualche ramo e qualcosa di foglia,
non sarò più imprecato bestemmiato mai seminato.
Sarò amazzonica foresta!
Sarò la terra selvatica, vallata al flusso del divenirmi.
Mi riconsegno alla Terra
alle radici linfe arterie
ai miei occhi vibranti
a senso luminoso, cromatico
non più terriero predone ubriacone
del mio sentirmi padrone.
Mi oltrepasso terso a senso luminoso
a senso cromatico a magnetismo a tutte le età della mia Terra,
nelle mie tenere contemporanee comprensioni,
all’intensa compassione.
Sarò la mia Terra a Sfera e Orizzonte,
nella silenziosa sinfonia delle stelle
che da miliardi di universi
latente
ci invocava, ci viveva nei miei tuoi occhi
che sudavano nell’ovunque cuore a rosa rossa carnosa
d’indaco amore…
Mi innalzerò dalle caviglie alle labbra
Si alzeranno i miei fiori i fiordi gli inizi.
Si alzeranno i miei colori le altezze delle mie ombre e delle mie radure di luce
alla mia Terra a Sfera e Orizzonte
all’ovunque.
Dedicata partenza assenza di morte
Ho lasciato il mare e il vento Essermi.
E tento.
La nave torna con terre nuove,
quelle che avevo dentro,
non oltre l’orizzonte.
Senti di mare senti di me scrivi di vento
danza il vento e sorgi a pioggia il verde della terra
cammina di mare nella pietra
passeggia di fiume dentro le città del mondo
senti di me e scrivi a pugno
danza il vento e sorgi a pioggia il verde della terra
nell’oltre che io sarò
ovunque tu profumerai di verde
senti di mare e scrivi di sguardo e bacia ciecamente
ovunque io sia sarò sempre un indicibile intorno a te
senti di me e vivi dentro il mio sangue
il tuo sguardo a brocca nel mio sangue di guerriglia
e gelso colto da un autunno sacro di foglie
danza il vento e sorgi a pioggia il verde della terra
cadrò a neve a perdono a un che di evanescente e vivo
schiarimento senza morte,
senti di me scrivi di sale e se sarà il tempo duro
vasto quanto un mare a cadere
senti di verde scaglia le pietre e scrivi di sangue il maledire.
Vieni vieni vieni sconfinato oltremare amore
a tremare a dondolare amore
ovunque sarà profumo sempre nei tuoi occhi
di sole in me a sussurrare calma fino alla sorte
invincibile di quel grande mare che mi precipita
in parole che non sanno la loro espressione…
Senti di me scrivi di silenzio
danza il vento e sorgi a pioggia il verde della terra.
Vivi al vento e sentiti nel giaciglio del vento
sorgi a pioggia il verde della terra incessantemente oltre
e danza e danza danzare danza e ancora danza!
Conducimi nell’entroterra del firmamento, nei subacquei
sotterranei di un largo vasto mare mescolamento!
Ti sento, sento che vai remando senza rotta
a battito a barconi d’odissee verso le tue fanciullezze spezzate
verso la tua alba di radiosa giovinezza dove dimorare
sdraiare tutta la spina dorsale del tuo essere momento preciso di ogni nudità,
del tuo essere evento di creazione e di una storia,
la mia, naufragata, rotta, a corde spezzate, che si sospirerà a meraviglia
Ascolta tu che mi sai ascoltare il mare
e lancia un sasso dal fondo del tuo vento,
cadrà come un bacio di corallo nell’abisso
del tempo sbranato, impronta spettrale
nell’eco mare del mio incatenato verde viale,
e spronerà il risveglio, i mattini e l’inizio del mondo,
sarà il tuo profilo scrigno e segreto risveglio
io ti navigo e tu accadi…
il mare è grande, un motivo ci sarà.