LA DIFFERENZA
È l’alternarsi di due passi che fa la differenza
Tra stare con te e vivere senza
Il tempo senza te è un deserto immenso
da attraversare a piedi vagando senza senso
È come un mare sconfinato in cui nuotare
senza alcuna prospettiva di giungere alla riva
È come l’ultimo vagone di quel treno
che ad ogni corsa rischia la deriva
nell’inutile speranza di raggiunger la locomotiva.
IN BALIA DEL VENTO
vorrei esser come quelle canne
che si piegano nel vento,
che passata la buriana si rialzano senza nemmeno far lamento
e invece ho il cuore di un fuscello,
si spezza con niente e fugge via dentro a un ruscello
non regge la corrente, sbatte sopra i sassi,
e alla fine si perde dentro a un mulinello.
MALAMORE
Ma ndo sta l’amore in quello Stato
indove chi è superfluo po’ esse abbandonato.
Ndo stanno li valori indove co ‘na scerta arbitrale
te mettono all’angolo e te dicono tu non sei essenziale.
Non è un padre ma un contabile
quello che tra li fii sceie chi è sacrificabile.
Nun semina etica ma odio, rancore e dolore
quer contadino che alla sua pianta non da nessun valore.
MALAMORE
Ma dov’è l’amore il quello Stato
dove chi è superfluo può essere abbandonato.
Dove sono i valori quando con una scelta arbitrale
ti mettono in un angolo e ti dicono tu non sei essenziale.
Non è un padre ma un contabile
quello che tra i figli sceglie chi è sacrificabile.
Non semina etica ma odio, rancore e dolore
quel contadino che alla sua pianta non da alcun valore.
LA SFIDA
e’ ‘da quanno respiro che sta sfida sta nell’intenzione,
io e la vita mia nel singolar tenzone;
Io che cerco de cambialla come la vorei,
lei che vole cambia’ me come non potrei.
So affondi, ferite e lamenti,
ma nessuno s’avvantaggia tra i due contendenti;
pure er giudice ormai s’e’ bello che stufato,
ma ner mezzo della contesa mai nessuno ha abbandonato;
se potrebbe fa pari e patta,
ma questo mal se presta co sta testa matta,
ed e’ pe questo che me la voio gioca’ fino in fondo,
tanto se sa che chi nasce quadro nun more tondo,
e se pure me ne andro’ cor core infranto,
giuro che nun faro’ manco un lamento;
quindi vita mia, niente scrupoli, fatte sotto,
io sto qua e nun te fa illusioni che t’aspetto.
Colpisci pure co tutte le armi che possiedi,
ma sappi che nun me smovo, io resto in piedi.
LA SFIDA
E’ da quando respiro che questa sfida sta nell’intenzione,
io e la vita mia in un singolar tenzone;
Io che cerco di cambiarla come la vorrei,
lei che vuole cambiar me come non potrei.
Sono affondi, ferite e lamenti,
ma nessuno si avvantaggia tra i due contendenti.
Anche il giudice ormai si è stancato
ma nel mezzo della contesa mai nessuno ha abbandonato;
si potrebbe far pari e patta,
ma questo mal si presta con una testa matta
e dunque me la voglio giocare fino in fondo,
tanto si sa che chi nasce quadro non muore tondo
e se pure me ne andrò col cuore infranto
giuro che non farò neanche un lamento;
quindi vita mia, senza scrupoli, vienimi sotto,
io sono qui e non farti illusioni che ti aspetto.
Colpisci pure con tutte le armi che possiedi,
ma sappi che non mi muovo, io resto in piedi.
SCRIVERE LA VITA
quanto sarebbe bello scrivela la vita,
de certo non andrebbe mai in salita
e pure se c’hai quarche grattacapo
metti er punto e te ne vai accapo.
Senza trama, senza costruzione,
quello che te piace lo ripeti in rima
come se fosse er ritornello de ‘na canzone.
Voi mette quanto sarebbe comodo,
come sarebbe bello,
fissa’ sopra la carta tutto quello che te frulla ner cervello.
Ogni tanto te fermi, rileggi
e quello che nun te piace lo correggi.
Poi pure non usa’ parole raffinate
che quelle sbaiate co ‘n pezzo de gomma co ‘n attimo l’hai cancellate.
Voi mette, come sarebbe bello scrivele le azioni,
senza dovesse vergogna’ de le emozioni,
tanto tutto cio’ che e’ inopportuno
lo tieni pe te senza fallo leggere a nessuno.
Quanto sarebbe bello scrivela la vita,
riga dopo riga, foglio dopo foglio,
ma poi te rendi conto che pure li’ ce sta l’imbroglio.
Quanno t’accorgi che la risma ormai e’ esaurita
capisci che pure la vita che te sei voluto scrive ormai e’ finita.
SCRIVERE LA VITA
Quanto sarebbe bello scriverla la vita
di certo non andrebbe mai in salita
ed anche se hai qualche grattacapo
puoi sempre mettere il punto ed andare a capo.
Senza trama, senza costruzione
quello che ti piace lo ripeti in rima
come se fosse il ritornello di una canzone.
Ogni tanto ti fermi, rileggi
e quello che non piace lo correggi.
Puoi pure non usare parole raffinate
che quelle sbagliate con un pezzo di gomma con un attimo le hai cancellate.
Vuoi mettere, come sarebbe bello scriverle le azioni
senza doversi vergognare delle emozioni
tanto tutto ciò che è inopportuno
lo tieni per te senza farlo leggere a nessuno.
Quanto sarebbe bello scriverla la vita
riga dopo riga, foglio dopo foglio
ma poi ti rendi conto che anche lì ci sta l’imbroglio.
Quando ti accorgi che la risma è ormai esaurita
capisci che anche la vita che ti sei voluto scrivere ormai è finita.
IO
Equilibrio, misura, moderazione non so pe me.
Io non so bono a calcola’ le cose cor metro,
o sforo per eccesso oppure pe difetto.
Io non so bono a cammina’,
o me ne sto fermo oppure co li piedi me faccio li’ chilometri.
Io non so bono a pranza’ come un cristiano,
se me siedo ar tavolo me devo magna pure er cuoco
sennò faccio digiuno pe 3 mesi.
A beve poi manco te lo dico,
se me devo sorseggia’ solo un bicchiere la bottia manco la apro,
ma quanno la apro ce ne deve sta già ‘n artra pronta pe dopo.
Provo invidia pe chi se sa gode’ quarche sigaretta,
io che quanno strappo la pellicola
me devo fini’ tutto er pacchetto.
E lassamo perde er core,
visto che c’ho li sentimenti che corono sur trenino de le montagne russe,
che se ne va su e giù portanno in carozza l’amore, er bene, l’affetti e le passioni.
A dilla tutta non so bono manco a esse omo,
ner giro de due ore so capace de sentimme prima un vecchio
e dopo un ragazzino e viceversa.
Er giusto modo pe me po’ esse solo l’esagerazione.
Pago li conti, non rompo li coioni
e non discuto co nessuno
e a quelli così avvezzi ner giudizio, i ben pensanti,
posso solo di’ de non piasse pena,
che tanto non c’ho alcuna intenzione de fini’ tra i santi.
IO
Equilibrio, misura, moderazione non son per me.
Io non son capace a calcolare le cose con il metro,
o sforo per eccesso oppure per difetto.
Io non son capace a camminare,
o me ne sto fermo oppure vago per chilometri.
Io non son capace a pranzare come un cristiano,
se mi siedo a tavola devo magiare pure il cuoco,
altrimenti digiuno per tre mesi.
A bere poi neanche te lo dico,
se devo sorseggiare un bicchiere la bottiglia neanche la apro,
ma se la stappo ce ne deve essere già un’altra pronta per dopo.
Provo invidia per chi si sa godere qualche sigaretta,
io che quando strappo la pellicola devo finire tutto il pacchetto.
E lasciamo perdere il cuore,
visto che ho i sentimenti che corrono sul trenino delle montagne russe,
che se ne va su e giù portando in carrozza l’amore, il bene, gli affetti e le passioni.
A dirla tutta non son capace nemmeno ad esser uomo,
nel giro di due ore son capace di sentirmi prima un vecchio e dopo un ragazzino e viceversa.
Il giusto modo per me può esser solo l’esagerazione.
Pago i conti, non importuno e non discuto con nessuno,
e a quelli così avvezzi a dar giudizi, i ben pensanti,
posso solo dire di non prendersi pena,
tanto non ho alcuna intenzione di finir tra i santi.
L’ANIMALI
Stavorta er grande Trilussa me so messo in testa de omaggiare
e spero che quel mito da lassu’ nun se la voglia piglia’ a male,
se un rimaiolo co poco senso der discernimento
proprio a lui s’e’ messo in testa de pia’ a riferimento.
Quest’oggi le sue poesie sull’animali voglio richiamare
che scrisse senza peli su la lingua
quando l’omo o er suo regime volle bastonare,
nun sapeva che nell’anni avremmo continuato tutti quanti
a usa’ le bestie ancora piu’ dei santi.
E’ evidente che a noi proprio ce piace
de fare le metafore coll’ausilio de tutte l’artre specie,
da quer prete che chiamamo BAGAROZZO
perche’ magari co le offerte ce se riempie er gargarozzo,
a li schieramenti dei politici senza li quattrini
passanno da le ZECCHE a le SARDINE
e via dicenno fino a li GRILLINI,
che quanno li mannamo a bruxelles a fa i consigli
nun famo artro che ripete che in europa nun dovemo fa i CONIGLI.
Poi c’e’ l’artra moda de rubrica’ come ACARO chi pe nun svota’ le proprie casse
fa de tutto pe cerca’ de nun paga’ le tasse.
Noi popolo su sti nomignoli ce famo i sorrisoni
dimenticando ormai che tutti l’altri nun fanno artro che trattacce da CAPRONI.
E’ er momento de ripiasse un po’ de dignita’
rimboccamose le maniche mostrando quanto vale la nostra umanita’,
dimostramo ar monno intero che l’italiano quanno sta sotto pressione
tira fori er core de un LEONE.
GLI ANIMALI
Stavolta il grande Trilussa mi sono messo in testa di omaggiare
e spero che quel mito da lassù non se la voglia pigliare a male,
se un rimaiolo con poco senso del discernimeto
proprio a lui si è messo in testa di pigliare come riferimento.
Quest’oggi le sue poesie sugli animali voglio richiamare,
che scrisse senza peli sulla lingua quando l’uomo o il suo regime volle bastonare.
Non sapeva che negli anni avremmo continuato tutti quanti
ad usar le bestie ancora più dei santi.
E’ evidente che ci piace
far metafore con l’ausilio di tutte le altre specie,
da quel prete che chiamiamo bacarozzo
perché magari con le offerte si riempie il gargarozzo,
agli schieramenti dei politici senza quattrini,
passando dalle zecche alle sardine
e via dicendo fino ai grillini,
che quando andiamo a Bruxelles a fare i consigli
non facciamo altro che ripetere che in Europa non dobbiamo fare i conigli.
Poi c’è l’altra moda di rubricare come acaro chi per non svuotar le proprie casse
fa di tutto per cercar di non pagar le tasse.
Noi popolo su questi nomignoli facciamo sorrisoni
dimenticando ormai che tutti gli altri non fanno altro che trattarci da caproni.
E’ il momento di riprendersi un po’ di dignità,
rimbocchiamoci le maniche mostrando quanto vale la nostra umanità,
dimostriamo al mondo intero che l’italiano quando sta sotto pressione
tira fuori il cuore di un leone.
ER POETA
Me chiamano poeta,
forse perché co la testa volo tra le nuvole
e me ne vado sempre in giro senza meta,
o forse perché pe me vivere la prosa
è come strappa’ li petali a ‘na rosa.
Me chiamano poeta,
anche se la mia rima
pò esse al massimo discreta,
ma pe da voce ar core e a li pensieri
in fondo poi esse pure analfabeta.
Me chiamano poeta,
sarà per canzonamme
visto che li versi mia nun valgono moneta,
ma io continuo a scrive,
senza la pretesa de atteggiamme a gran profeta.
Me chiamano poeta,
forse perché più me faccio vecchio
e più me schifa sto pianeta,
ar punto che se potessi,
me andrei via cavalcando ‘na cometa.
Fate pure, chiamateme poeta,
Nessuno ve lo vieta.
IL POETA
Mi chiamano poeta,
forse perché con la testa volo tra le nuvole
e me ne vado sempre in giro senza meta
o forse perché per me vivere la prosa
è come strappare i petali a una rosa.
Mi chiamano poeta
anche se la mia rima
può essere al massimo discreta,
ma per dar voce al cuore ed ai pensieri
in fondo puoi esser pure analfabeta.
Mi chiamano poeta,
sarà per irridermi,
visto che i miei versi non valgono moneta,
ma io continuo a scrivere
senza la pretesa di atteggiarmi a gran profeta.
Mi chiamano poeta,
forse perché più invecchio
e più mi schifa sto pianeta,
al punto che se potessi
me ne andrei via cavalcando una cometa.
Fate pure, chiamatemi poeta,
nessuno ve lo vieta.