Valerio Pollastrini - Poesie

LA DIFFERENZA

 

È l’alternarsi di due passi che fa la differenza

Tra stare con te e vivere senza

Il tempo senza te è un deserto immenso

da attraversare a piedi vagando senza senso

È come un mare sconfinato in cui nuotare

senza alcuna prospettiva di giungere alla riva

È come l’ultimo vagone di quel treno

che ad ogni corsa rischia la deriva

nell’inutile speranza di raggiunger la locomotiva.


 

IN BALIA DEL VENTO

 

 

vorrei esser come quelle canne

che si piegano nel vento,

che passata la buriana si rialzano senza nemmeno far lamento

e invece ho il cuore di un fuscello,

si spezza con niente e fugge via dentro a un ruscello 

non regge la corrente, sbatte sopra i sassi,

e alla fine si perde dentro a un mulinello. 


MALAMORE

 

 

Ma ndo sta l’amore in quello Stato

indove chi è superfluo po’ esse abbandonato. 

Ndo stanno li valori indove co ‘na scerta arbitrale

te mettono all’angolo e te dicono tu non sei essenziale. 

Non è un padre ma un contabile

quello che tra li fii sceie chi è sacrificabile. 

Nun semina etica ma odio, rancore e dolore

quer contadino che alla sua pianta non da nessun valore.

 

MALAMORE

 

Ma dov’è l’amore il quello Stato

dove chi è superfluo può essere abbandonato.

Dove sono i valori quando con una scelta arbitrale

ti mettono in un angolo e ti dicono tu non sei essenziale.

Non è un padre ma un contabile

quello che tra i figli sceglie chi è sacrificabile.

Non semina etica ma odio, rancore e dolore

quel contadino che alla sua pianta non da alcun valore.


 

 

LA SFIDA

 

 

e’ ‘da quanno respiro che sta sfida sta nell’intenzione,

io e la vita mia nel singolar tenzone;

Io che cerco de cambialla come la vorei,

lei che vole cambia’ me come non potrei.

So affondi, ferite e lamenti,

ma nessuno s’avvantaggia tra i due contendenti;

pure er giudice ormai s’e’ bello che stufato,

ma ner mezzo della contesa mai nessuno ha abbandonato;

se potrebbe fa pari e patta,

ma questo mal se presta co sta testa matta,

ed e’ pe questo che me la voio gioca’ fino in fondo,

tanto se sa che chi nasce quadro nun more tondo,

e se pure me ne andro’ cor core infranto,

giuro che nun faro’ manco un lamento;

quindi vita mia, niente scrupoli, fatte sotto,

io sto qua e nun te fa illusioni che t’aspetto.

Colpisci pure co tutte le armi che possiedi,

ma sappi che nun me smovo, io resto in piedi.

 

 

LA SFIDA

 

 

E’ da quando respiro che questa sfida sta nell’intenzione,

io e la vita mia in un singolar tenzone;

Io che cerco di cambiarla come la vorrei,

lei che vuole cambiar me come non potrei.

Sono affondi, ferite e lamenti,

ma nessuno si avvantaggia tra i due contendenti.

Anche il giudice ormai si è stancato

ma nel mezzo della contesa mai nessuno ha abbandonato;

si potrebbe far pari e patta,

ma questo mal si presta con una testa matta

e dunque me la voglio giocare fino in fondo,

tanto si sa che chi nasce quadro non muore tondo

e se pure me ne andrò col cuore infranto

giuro che non farò neanche un lamento;

quindi vita mia, senza scrupoli, vienimi sotto,

io sono qui e non farti illusioni che ti aspetto.

Colpisci pure con tutte le armi che possiedi,

ma sappi che non mi muovo, io resto in piedi.


 

SCRIVERE LA VITA

 

quanto sarebbe bello scrivela la vita,

de certo non andrebbe mai in salita

e pure se c’hai quarche grattacapo

metti er punto e te ne vai accapo.

Senza trama, senza costruzione,

quello che te piace lo ripeti in rima

come se fosse er ritornello de ‘na canzone.

Voi mette quanto sarebbe comodo,

come sarebbe bello,

fissa’ sopra la carta tutto quello che te frulla ner cervello.

Ogni tanto te fermi, rileggi

e quello che nun te piace lo correggi.

Poi pure non usa’ parole raffinate

che quelle sbaiate co ‘n pezzo de gomma co ‘n attimo l’hai cancellate.

Voi mette, come sarebbe bello scrivele le azioni,

senza dovesse vergogna’ de le emozioni,

tanto tutto cio’ che e’ inopportuno

lo tieni pe te senza fallo leggere a nessuno.

Quanto sarebbe bello scrivela la vita,

riga dopo riga, foglio dopo foglio,

ma poi te rendi conto che pure li’ ce sta l’imbroglio.

Quanno t’accorgi che la risma ormai e’ esaurita

capisci che pure la vita che te sei voluto scrive ormai e’ finita.

 

 

SCRIVERE LA VITA

 

Quanto sarebbe bello scriverla la vita

di certo non andrebbe mai in salita

ed anche se hai qualche grattacapo

puoi sempre mettere il punto ed andare a capo.

Senza trama, senza costruzione

quello che ti piace lo ripeti in rima

come se fosse il ritornello di una canzone.

Ogni tanto ti fermi, rileggi

e quello che non piace lo correggi.

Puoi pure non usare parole raffinate

che quelle sbagliate con un pezzo di gomma con un attimo le hai cancellate.

Vuoi mettere, come sarebbe bello scriverle le azioni

senza doversi vergognare delle emozioni

tanto tutto ciò che è inopportuno

lo tieni per te senza farlo leggere a nessuno.

Quanto sarebbe bello scriverla la vita

riga dopo riga, foglio dopo foglio

ma poi ti rendi conto che anche lì ci sta l’imbroglio.

Quando ti accorgi che la risma è ormai esaurita

capisci che anche la vita che ti sei voluto scrivere ormai è finita.


 

IO

 

 

Equilibrio, misura, moderazione non so pe me.

Io non so bono a calcola’ le cose cor metro,

o sforo per eccesso oppure pe difetto.

Io non so bono a cammina’,

o me ne sto fermo oppure co li piedi me faccio li’ chilometri.

Io non so bono a pranza’ come un cristiano,

se me siedo ar tavolo me devo magna pure er cuoco

sennò faccio digiuno pe 3 mesi.

A beve poi manco te lo dico,

se me devo sorseggia’ solo un bicchiere la bottia manco la apro,

ma quanno la apro ce ne deve sta già ‘n artra pronta pe dopo.

Provo invidia pe chi se sa gode’ quarche sigaretta,

io che quanno strappo la pellicola

me devo fini’ tutto er pacchetto.

E lassamo perde er core,

visto che c’ho li sentimenti che corono sur trenino de le montagne russe,

che se ne va su e giù portanno in carozza l’amore, er bene, l’affetti e le passioni.

A dilla tutta non so bono manco a esse omo,

ner giro de due ore so capace de sentimme prima un vecchio

e dopo un ragazzino e viceversa.

Er giusto modo pe me po’ esse solo l’esagerazione.

Pago li conti, non rompo li coioni

e non discuto co nessuno

e a quelli così avvezzi ner giudizio, i ben pensanti,

posso solo di’ de non piasse pena,

che tanto non c’ho alcuna intenzione de fini’ tra i santi.

 

IO

 

Equilibrio, misura, moderazione non son per me.

Io non son capace a calcolare le cose con il metro,

o sforo per eccesso oppure per difetto.

Io non son capace a camminare,

o me ne sto fermo oppure vago per chilometri.

Io non son capace a pranzare come un cristiano,

se mi siedo a tavola devo magiare pure il cuoco,

altrimenti digiuno per tre mesi.

A bere poi neanche te lo dico,

se devo sorseggiare un bicchiere la bottiglia neanche la apro,

ma se la stappo ce ne deve essere già un’altra pronta per dopo.

Provo invidia per chi si sa godere qualche sigaretta,

io che quando strappo la pellicola devo finire tutto il pacchetto.

E lasciamo perdere il cuore,

visto che ho i sentimenti che corrono sul trenino delle montagne russe,

che se ne va su e giù portando in carrozza l’amore, il bene, gli affetti e le passioni.

A dirla tutta non son capace nemmeno ad esser uomo,

nel giro di due ore son capace di sentirmi prima un vecchio e dopo un ragazzino e viceversa.

Il giusto modo per me può esser solo l’esagerazione.

Pago i conti, non importuno e non discuto con nessuno,

e a quelli così avvezzi a dar giudizi, i ben pensanti,

posso solo dire di non prendersi pena,

tanto non ho alcuna intenzione di finir tra i santi.


 

 

L’ANIMALI

 

 

Stavorta er grande Trilussa me so messo in testa de omaggiare

e spero che quel mito da lassu’ nun se la voglia piglia’ a male,

se un rimaiolo co poco senso der discernimento

proprio a lui s’e’ messo in testa de pia’ a riferimento.

Quest’oggi le sue poesie sull’animali voglio richiamare

che scrisse senza peli su la lingua

quando l’omo o er suo regime volle bastonare,

nun sapeva che nell’anni avremmo continuato tutti quanti

a usa’ le bestie ancora piu’ dei santi.

E’ evidente che a noi proprio ce piace

de fare le metafore coll’ausilio de tutte l’artre specie,

da quer prete che chiamamo BAGAROZZO 

perche’ magari co le offerte ce se riempie er gargarozzo,

a li schieramenti dei politici senza li quattrini

passanno da le ZECCHE a le SARDINE

e via dicenno fino a li GRILLINI,

che quanno li mannamo a bruxelles a fa i consigli

nun famo artro che ripete che in europa nun dovemo fa i CONIGLI.

Poi c’e’ l’artra moda de rubrica’ come ACARO chi pe nun svota’ le proprie casse

fa de tutto pe cerca’ de nun paga’ le tasse.

Noi popolo su sti nomignoli ce famo i sorrisoni 

dimenticando ormai che tutti l’altri nun fanno artro che trattacce da CAPRONI.

E’ er momento de ripiasse un po’ de dignita’ 

rimboccamose le maniche mostrando quanto vale la nostra umanita’,

dimostramo ar monno intero che l’italiano quanno sta sotto pressione

tira fori er core de un LEONE.

 

GLI ANIMALI

 

Stavolta il grande Trilussa mi sono messo in testa di omaggiare

e spero che quel mito da lassù non se la voglia pigliare a male,

se un rimaiolo con poco senso del discernimeto

proprio a lui si è messo in testa di pigliare come riferimento.

Quest’oggi le sue poesie sugli animali voglio richiamare,

che scrisse senza peli sulla lingua quando l’uomo o il suo regime volle bastonare.

Non sapeva che negli anni avremmo continuato tutti quanti

ad usar le bestie ancora più dei santi.

E’ evidente che ci piace

far metafore con l’ausilio di tutte le altre specie,

da quel prete che chiamiamo bacarozzo

perché magari con le offerte si riempie il gargarozzo,

agli schieramenti dei politici senza quattrini,

passando dalle zecche alle sardine

e via dicendo fino ai grillini,

che quando andiamo a Bruxelles a fare i consigli

non facciamo altro che ripetere che in Europa non dobbiamo fare i conigli.

Poi c’è l’altra moda di rubricare come acaro chi per non svuotar le proprie casse

fa di tutto per cercar di non pagar le tasse.

Noi popolo su questi nomignoli facciamo sorrisoni

dimenticando ormai che tutti gli altri non fanno altro che trattarci da caproni.

E’ il momento di riprendersi un po’ di dignità,

rimbocchiamoci le maniche mostrando quanto vale la nostra umanità,

dimostriamo al mondo intero che l’italiano quando sta sotto pressione

tira fuori il cuore di un leone.


 

 

ER POETA

 

 

Me chiamano poeta, 

forse perché co la testa volo tra le nuvole

e me ne vado sempre in giro senza meta, 

o forse perché pe me vivere la prosa

è come strappa’ li petali a ‘na rosa. 

Me chiamano poeta,

anche se la mia rima

pò esse al massimo discreta, 

ma pe da voce ar core e a li pensieri

in fondo poi esse pure analfabeta. 

Me chiamano poeta, 

sarà per canzonamme

visto che li versi mia nun valgono moneta, 

ma io continuo a scrive, 

senza la pretesa de atteggiamme a gran profeta. 

Me chiamano poeta, 

forse perché più me faccio vecchio

e più me schifa sto pianeta, 

ar punto che se potessi,

me andrei via cavalcando ‘na cometa. 

Fate pure, chiamateme poeta, 

Nessuno ve lo vieta. 

 

IL POETA

 

Mi chiamano poeta,

forse perché con la testa volo tra le nuvole

e me ne vado sempre in giro senza meta

o forse perché per me vivere la prosa

è come strappare i petali a una rosa.

Mi chiamano poeta

anche se la mia rima

può essere al massimo discreta,

ma per dar voce al cuore ed ai pensieri

in fondo puoi esser pure analfabeta.

Mi chiamano poeta,

sarà per irridermi,

visto che i miei versi non valgono moneta,

ma io continuo a scrivere

senza la pretesa di atteggiarmi a gran profeta.

Mi chiamano poeta,

forse perché più invecchio

e più mi schifa sto pianeta,

al punto che se potessi

me ne andrei via cavalcando una cometa.

Fate pure, chiamatemi poeta,

nessuno ve lo vieta.