La terra trema
Il mio sangue scorre furente
sulla strada d’argilla,
qualcuno invoca miracoli e santi,
qualcuno ascolta, solitario, il mio dolore.
La terra trema
La terra trama
Alle spalle, la Madre ha ordito piani
consapevole dell’inconsapevole umana gente,
ed ha pianificato, poi, la mia distruzione
per aver io superato la soglia della verità.
La terra trema
La terra trama.
Accusato di pazzia e cecità
ho tralasciato gli impervi sentieri
della mia coscienza logica
ed ho impunemente assaporato l’aria del mare.
La terra trema
La terra trama.
Lascio per sempre questo paese svogliato,
colpevole e colto sul fatto
durante un risveglio improvvido
di gelo e di tenebre.
La terra tremerà
La terra tramerà ancora.
Per i candidi e i sognatori
per gli illusi
per le anime vaganti
per i poeti complici e istigatori.
Epilogo.
Ho comunque cavalcato
questi anni perfidi e oscuri
ed ho respirato follia acida
per le strade spente.
Ho incontrato sagome trasparenti
nel folle turbinio dei giorni,
ho visto mani invisibili
che mi afferravano il collo.
Sono ancora libero lungo i vicoli
e batto la mia bandiera,
mi proclamo autonomo stato
e corro a conquistare cielo.
Nessuno potrà arrestare
la mia impetuosa pazzia
mentre vago di notte
sulla spiaggia umida.
La bottiglia mi parla
ed io la bacio voluttuoso
poi, tra sorsi e stelle
aspetto la mia ora.
La sabbia mi avvolge teneramente
ed il sonno accorre in mio soccorso,
da lontano un motore tagliente
lancia strali furenti.
Mi stringo alla notte
e vago sul mare
tra plastica e pesci
finti, come il mio destino.
La soglia del dolore.
Alla deriva vagano i ricordi
di un’ombra, di un destino
di un maledetto amore!
A tradimento riaffiorano gli occhi,
l’odore della pelle tatuata,
lo strano malessere del di dentro.
Immagini spezzate mi investono
come riflesse da uno specchio frantumato,
deturpatore di forme.
E mi perdo nel lontano mondo
degli attimi sospesi, delle parole accennate
dei baci soffiati.
Niente era vero, niente era per sempre,
e mi hai fatto pagare con il cuore e con il sangue
quell’intesa fragile, quell’inconcludente amore!
Ora nulla più avverto,
i miei sensi nulla più temono,
io… ho superato la soglia del dolore.
Dovunque il vento avrà sparpagliato
la tua fredda anima, è giusto che tu sappia
che ho superato la soglia del mio dolore.
Ti ho battuto per sempre,
ti ho vinto azzerando ogni dettaglio
annientando ogni tua essenza.
Prologo.
Leggi lettore distratto
non scivolare sulle parole.
La tua perfida noncuranza
mi stritola.
Il tuo idiota osservare
mi uccide.
Se solo l’inchiostro
potesse strapparti la carne,
se solo potesse squarciare
la tua pelle,
non saresti così indifferente,
ma impaurito
seguiresti l’amara ombra
del pensiero
tuo amico
e riconosciuto padrone.
Attimo.
Non godo dei piaceri dell’attimo.
Porto con me quest’immane mancanza
che rende schiavi del futuro.
Sono sempre aldilà del prossimo
secondo,
sempre in vista
di una terra misteriosa
e nuova.
Ingordo di altro e di domani
e di future umane visioni,
volo in un tempo multiverso
che dilania il mio presente,
che nega la mia presenza attuale,
il mio oggi…
Ma il volo riserva sorprese
agli impavidi
e la morte ai dubbiosi.
Per questo…
Vivo lontano da me stesso,
e non sento il bisogno di essere.
Il pensiero però,
anticipa sempre
ogni conseguenza…
ed io sono già lì,
dove la mente
ha proiettato la mia ombra.
Inadeguato per ogni tipo di realtà,
muoio di oltre…
Carezza
Fatta di lacrime e cielo
la tua carezza ritornerà
dietro ogni porta chiusa,
dietro ogni miraggio.
Un pezzo di vita,
colorata, solo, dalla tua mano.
Padre
Ho capito tutto
in quello sguardo.
Mi hai guardato per l’ultima volta,
mentre una lacrima scendeva solitaria.
Tu sapevi che io ero lì.
Lo so….
Non ti avevo mai visto piangere.
Quella lacrima
mi ha raccontato chi eri,
i tuoi segreti,
il tuo passato.
Mi hai detto tutto,
tutta la tua storia in uno sguardo,
tutta la nostra storia in un secondo.
E’ stato come una magia essere con te,
in quell’istante, in quel lungo attimo
di sogno e disperazione,
come una visione….
Ti ho accompagnato alla porta dell’infinito,
ti ho dato un bacio,
e ti ho lasciato alla tua libertà.
Morte di un uomo giusto
Sgorga il sangue
nella pubblica piazza.
Un corpo per terra,
coperto a malapena.
Il rumore vago e profondo
della città,
il silenzio delle anime,
ed i pensieri per un giorno nuovo.
E intanto,
un altro sognatore
è con la faccia rivolta all’asfalto,
un altro di noi,
in un’apparente indifferenza,
ha costruito la strada
per correre verso la libertà.
Parte d’universo.
Ti cerco ogni giorno
anche se non sei più con me.
Calpesto la tua strada muta,
seguo i tuoi passi desolati e malinconici,
poi, ferito,
precipito nei tuoi sogni irrealizzati.
Nelle penombra delle sere,
che ci vedevano mano nella mano
annusare l’orizzonte,
assaporavo la tua essenza
e la tua speranza.
Ora
ho perso tutto.
Ho perso il mondo nuovo.
Ho perso la mia parte d’universo.
Costruzione.
Sola…
Con il cosciente malessere del mondo,
e l’imbarazzo di essere te…
Trafitta da una lama cocente
di insensibile ingenuità e delusione,
apri il tuo destino alla luna
e respiri l’aria della notte.
Non ascolti voci,
non ascolti pianti,
non ascolti preghiere.
Hai deciso che tutto
è come deve essere.
Sarà come deve essere,
per sempre….
Il coraggio di volare
non ti manca…
il coraggio di un
nuovo domani
quello non riesci
a definirlo,
non riesci a costruirlo.
Costruzione…
Ardita metafora
di nobili inganni,
di vuote malinconie
sopra un tetto
di ineludibile nulla.
Distruzione…
E distrutto sarà ogni pensiero
tuo e di te, e
loro per te.
Nel battito d’ali
avverti libertà e terrore,
terrore e distruzione,
terrore e malinconia.
E solo allora…
ancora in volo…
pretendi,
di nuovo…
di costruire,
di gettare il ponte sul fiume,
di rinnegare l’io e ora
e di inseguire il noi domani.
Pensieri affollati.
Confusione…
Ed il tempo dilata il proprio tempo.
Giungi alla strada…
Non senti dolore…
Da lontano,
passi si avvicinano
urlanti e indefiniti,
vuoi parlare…
Ora vuoi parlare.
Qualche parola
strappata allo strazio,
l’inumana sensazione della fine,
e quel gesto di amore
finalmente svelato,
tra paura e tua stessa sorpresa.
Chiedere pietà e perdono
non è un gesto di resa…
è solo l’inizio.
Come vada…
ora pretendi di costruire,
di affrontare e vincere battaglie.
Fatichi a respirare…
Metti un piede nel silenzio
ma vuoi tornare…
Tornare per costruire..
Vuoi costruire.
Il lancio dei dadi.
Arrivavamo in branco,
spauriti,
malinconici,
soli…
La paura si attenuava
solo…
al montare della fame e della sete.
Camminavamo lungo i marciapiedi
consegnandoci al giudizio della gente.
Lo schifo e l’odio
nei loro occhi
era appena occultato
dietro una specie
di forzata compassione,
dietro un’umana comprensione
ad esclusivo uso
della plastica indifferenza
della comunità.
Questo eravamo noi…
Schifo e odio!
Io guardavo i volti
curiosi e imbarazzati
e gli sbattevo in faccia,
la mia povertà,
il mio puzzo,
la mia rabbia.
Nessuno raccoglieva la sfida di quello sguardo…
Non sarebbe servito…
Qualcuno ha tirato i dadi, ed ho perso…
il destino ha scelto per me.
Io…
Nato dalla parte sbagliata
per un semplice caso,
sono statistica applicata
al cambiamento del mondo,
sono un numero, un codice,
un’epidemia.
Sono un pericolo,
un devastatore, un mostro
quasi umano,
un inventore di terrore…
comunque…una cifra.
Ho parlato in viaggio,
a lungo…
con le lamiere della nave,
con le onde tagliate dalla prua,
con il sale che mi entrava nei polmoni
e mi bruciava la gola.
Ho raccontato del mio paese,
dei miei amori,
delle mie lacrime.
La nave è stata ad ascoltarmi,
paziente e muta,
per un tempo infinito.
Poi ho intravisto…
nella nebbia mattutina,
una fiaccola alta ed imperiosa.
Ero arrivato alla porta.
Dovevo consegnarmi…
Dovevo arrendermi.
Il piacere e l’amore.
Ostile e densa di affanni,
come nube pallida
ti muovi, indifferente,
fra gli occhi vogliosi e guardinghi.
Consapevole di te e degli altri,
a passo veloce ti allontani.
Poi…schiava di quegli occhi e di quei sensi,
rallenti la cadenza dei passi,
e cominci ad ondeggiare
come un platano leggiadro.
Il tuo corpo suona sconosciute melodie,
e lo spazio intorno ammutolisce,
prigioniero della tua fragranza.
Il piacere provocato è pari alla tua arroganza,
il freddo sudore che sgorga sulle facce incredule,
appaga, appena, la tua alterigia.
Fai scorgere fra le pieghe la carne cruda,
e l’ancestrale odore dell’animale
provoca squilibri e sofferenze.
Decido di seguire la tua ombra
in cerca di un sapore sconosciuto,
e sto al tuo gioco, calo le mie carte.
Vai fino in fondo stavolta
come forse non avevi previsto,
e ci assale un’inspiegabile ebbrezza
una felicità latente, una gioia paradossale.
L’amore di un istante,
folle e disperato come noi.
Virtuale simulacro
Mi manca sempre qualcosa
ma non posso candidamente
confessarlo al mondo,
rivelarlo a me stesso.
C’è di continuo
una sensazione interrotta,
un attimo perduto,
un pensiero svanito.
Trattenere il fiato
non serve a ricordare
e mi sento sconfitto.
E allora obbedisco di nuovo al respiro
allentando la presa
rattoppando la vita,
ma mi manca sempre qualcosa
di indefinito, di indecifrabile.
Odio quell’atmosfera di vuoto
che si impossessa delle mie ragioni, delle mie parole.
Ed alla fine
non c’è più niente,
resta solo un virtuale simulacro
contenitore di cellule.
La vita all’essenziale
è il vuoto.