Vincenzo De Angelis - Poesie

La terra trema

 

Il mio sangue scorre furente

sulla strada d’argilla,

qualcuno invoca miracoli e santi,

qualcuno ascolta, solitario, il mio dolore.

La terra trema

La terra trama

Alle spalle, la Madre ha ordito piani

consapevole dell’inconsapevole umana gente,

ed ha pianificato, poi, la mia distruzione

per aver io superato la soglia della verità.

La terra trema

La terra trama.

Accusato di pazzia e cecità

ho tralasciato gli impervi sentieri

della mia coscienza logica

ed ho impunemente assaporato l’aria del mare.

La terra trema

La terra trama.

Lascio per sempre questo paese svogliato,

colpevole e colto sul fatto

durante un risveglio improvvido

di gelo e di tenebre.

La terra tremerà

La terra tramerà ancora.

Per i candidi e i sognatori

per gli illusi

per le anime vaganti

per i poeti complici e istigatori.


 

 

Epilogo.

 

Ho comunque cavalcato

questi anni perfidi e oscuri

ed ho respirato follia acida

per le strade spente.

Ho incontrato sagome trasparenti

nel folle turbinio dei giorni,

ho visto mani invisibili

che mi afferravano il collo.

Sono ancora libero lungo i vicoli

e batto la mia bandiera,

mi proclamo autonomo stato

e corro a conquistare cielo.

Nessuno potrà arrestare

la mia impetuosa pazzia

mentre vago di notte

sulla spiaggia umida.

La bottiglia mi parla

ed io la bacio voluttuoso

poi, tra sorsi e stelle

aspetto la mia ora.

La sabbia mi avvolge teneramente

ed il sonno accorre in mio soccorso,

da lontano un motore tagliente

lancia strali furenti.

Mi stringo alla notte

e vago sul mare

tra plastica e pesci

finti, come il mio destino.


La soglia del dolore.

 

Alla deriva vagano i ricordi

di un’ombra, di un destino

di un maledetto amore!

A tradimento riaffiorano gli occhi,

l’odore della pelle tatuata,

lo strano malessere del di dentro.

Immagini spezzate mi investono

come riflesse da uno specchio frantumato,

deturpatore di forme.

E mi perdo nel lontano mondo

degli attimi sospesi, delle parole accennate

dei baci soffiati.

Niente era vero, niente era per sempre,

e mi hai fatto pagare con il cuore e con il sangue

quell’intesa fragile, quell’inconcludente amore!

Ora nulla più avverto,

i miei sensi nulla più temono,

io… ho superato la soglia del dolore.

Dovunque il vento avrà sparpagliato

la tua fredda anima, è giusto che tu sappia

che ho superato la soglia del mio dolore.

Ti ho battuto per sempre,

ti ho vinto azzerando ogni dettaglio

annientando ogni tua essenza.


Prologo.

 

Leggi lettore distratto

non scivolare sulle parole.

La tua perfida noncuranza

mi stritola.

Il tuo idiota osservare

mi uccide.

Se solo l’inchiostro

potesse strapparti la carne,

se solo potesse squarciare

la tua pelle,

non saresti così indifferente,

ma impaurito

seguiresti l’amara ombra

del pensiero

tuo amico

e riconosciuto padrone.



Attimo.

 

Non godo dei piaceri dell’attimo.

Porto con me quest’immane mancanza

che rende schiavi del futuro.

Sono sempre aldilà del prossimo

secondo,

sempre in vista

di una terra misteriosa

e nuova.

Ingordo di altro e di domani

e di future umane visioni,

volo in un tempo multiverso

che dilania il mio presente,

che nega la mia presenza attuale,

il mio oggi…

Ma il volo riserva sorprese

agli impavidi

e la morte ai dubbiosi.

Per questo…

Vivo lontano da me stesso,

e non sento il bisogno di essere.

Il pensiero però,

anticipa sempre

ogni conseguenza…

ed io sono già lì,

dove la mente

ha proiettato la mia ombra.

Inadeguato per ogni tipo di realtà,

muoio di oltre…


Carezza

 

Fatta di lacrime e cielo

la tua carezza ritornerà

dietro ogni porta chiusa,

dietro ogni miraggio.

Un pezzo di vita,

colorata, solo, dalla tua mano.



Padre

 

Ho capito tutto

in quello sguardo.

Mi hai guardato per l’ultima volta,

mentre una lacrima scendeva solitaria.

Tu sapevi che io ero lì.

Lo so….

Non ti avevo mai visto piangere.

Quella lacrima

mi ha raccontato chi eri,

i tuoi segreti,

il tuo passato.

Mi hai detto tutto,

tutta la tua storia in uno sguardo,

tutta la nostra storia in un secondo.

E’ stato come una magia essere con te,

in quell’istante, in quel lungo attimo

di sogno e disperazione,

come una visione….

Ti ho accompagnato alla porta dell’infinito,

ti ho dato un bacio,

e ti ho lasciato alla tua libertà.



Morte di un uomo giusto

 

Sgorga il sangue

nella pubblica piazza.

Un corpo per terra,

coperto a malapena.

Il rumore vago e profondo

della città,

il silenzio delle anime,

ed i pensieri per un giorno nuovo.

E intanto,

un altro sognatore

è con la faccia rivolta all’asfalto,

un altro di noi,

in un’apparente indifferenza,

ha costruito la strada

per correre verso la libertà.


 

Parte d’universo.

 

Ti cerco ogni giorno

anche se non sei più con me.

Calpesto la tua strada muta,

seguo i tuoi passi desolati e malinconici,

poi, ferito,

precipito nei tuoi sogni irrealizzati.

Nelle penombra delle sere,

che ci vedevano mano nella mano

annusare l’orizzonte,

assaporavo la tua essenza

e la tua speranza.

Ora

ho perso tutto.

Ho perso il mondo nuovo.

Ho perso la mia parte d’universo.


 

Costruzione.

 

Sola…

Con il cosciente malessere del mondo,

e l’imbarazzo di essere te…

Trafitta da una lama cocente

di insensibile ingenuità e delusione,

apri il tuo destino alla luna

e respiri l’aria della notte.

Non ascolti voci,

non ascolti pianti,

non ascolti preghiere.

Hai deciso che tutto

è come deve essere.

Sarà come deve essere,

per sempre….

Il coraggio di volare

non ti manca…

il coraggio di un

nuovo domani

quello non riesci

a definirlo,

non riesci a costruirlo.

Costruzione…

Ardita metafora

di nobili inganni,

di vuote malinconie

sopra un tetto

di ineludibile nulla.

Distruzione…

E distrutto sarà ogni pensiero

tuo e di te, e

loro per te.

Nel battito d’ali

avverti libertà e terrore,

terrore e distruzione,

terrore e malinconia.

E solo allora…

ancora in volo…

pretendi,

di nuovo…

di costruire,

di gettare il ponte sul fiume,

di rinnegare l’io e ora

e di inseguire il noi domani.

Pensieri affollati.

Confusione…

Ed il tempo dilata il proprio tempo.

Giungi alla strada…

Non senti dolore…

Da lontano,

passi si avvicinano

urlanti e indefiniti,

vuoi parlare…

Ora vuoi parlare.

Qualche parola

strappata allo strazio,

l’inumana sensazione della fine,

e quel gesto di amore

finalmente svelato,

tra paura e tua stessa sorpresa.

Chiedere pietà e perdono

non è un gesto di resa…

è solo l’inizio.

Come vada…

ora pretendi di costruire,

di affrontare e vincere battaglie.

Fatichi a respirare…

Metti un piede nel silenzio

ma vuoi tornare…

Tornare per costruire..

Vuoi costruire.



Il lancio dei dadi.

 

Arrivavamo in branco,

spauriti,

malinconici,

soli…

La paura si attenuava

solo…

al montare della fame e della sete.

Camminavamo lungo i marciapiedi

consegnandoci al giudizio della gente.

Lo schifo e l’odio

nei loro occhi

era appena occultato

dietro una specie

di forzata compassione,

dietro un’umana comprensione

ad esclusivo uso

della plastica indifferenza

della comunità.

Questo eravamo noi…

Schifo e odio!

Io guardavo i volti

curiosi e imbarazzati

e gli sbattevo in faccia,

la mia povertà,

il mio puzzo,

la mia rabbia.

Nessuno raccoglieva la sfida di quello sguardo…

Non sarebbe servito…

Qualcuno ha tirato i dadi, ed ho perso…

il destino ha scelto per me.

Io…

Nato dalla parte sbagliata

per un semplice caso,

sono statistica applicata

al cambiamento del mondo,

sono un numero, un codice,

un’epidemia.

Sono un pericolo,

un devastatore, un mostro

quasi umano,

un inventore di terrore…

comunque…una cifra.

Ho parlato in viaggio,

a lungo…

con le lamiere della nave,

con le onde tagliate dalla prua,

con il sale che mi entrava nei polmoni

e mi bruciava la gola.

Ho raccontato del mio paese,

dei miei amori,

delle mie lacrime.

La nave è stata ad ascoltarmi,

paziente e muta,

per un tempo infinito.

Poi ho intravisto…

nella nebbia mattutina,

una fiaccola alta ed imperiosa.

Ero arrivato alla porta.

Dovevo consegnarmi…

Dovevo arrendermi.



Il piacere e l’amore.

 

Ostile e densa di affanni,

come nube pallida

ti muovi, indifferente,

fra gli occhi vogliosi e guardinghi.

Consapevole di te e degli altri,

a passo veloce ti allontani.

Poi…schiava di quegli occhi e di quei sensi,

rallenti la cadenza dei passi,

e cominci ad ondeggiare

come un platano leggiadro.

Il tuo corpo suona sconosciute melodie,

e lo spazio intorno ammutolisce,

prigioniero della tua fragranza.

Il piacere provocato è pari alla tua arroganza,

il freddo sudore che sgorga sulle facce incredule,

appaga, appena, la tua alterigia.

Fai scorgere fra le pieghe la carne cruda,

e l’ancestrale odore dell’animale

provoca squilibri e sofferenze.

Decido di seguire la tua ombra

in cerca di un sapore sconosciuto,

e sto al tuo gioco, calo le mie carte.

Vai fino in fondo stavolta

come forse non avevi previsto,

e ci assale un’inspiegabile ebbrezza

una felicità latente, una gioia paradossale.

L’amore di un istante,

folle e disperato come noi.



Virtuale simulacro

 

Mi manca sempre qualcosa

ma non posso candidamente

confessarlo al mondo,

rivelarlo a me stesso.

C’è di continuo

una sensazione interrotta,

un attimo perduto,

un pensiero svanito.

Trattenere il fiato

non serve a ricordare

e mi sento sconfitto.

E allora obbedisco di nuovo al respiro

allentando la presa

rattoppando la vita,

ma mi manca sempre qualcosa

di indefinito, di indecifrabile.

Odio quell’atmosfera di vuoto

che si impossessa delle mie ragioni, delle mie parole.

Ed alla fine

non c’è più niente,

resta solo un virtuale simulacro

contenitore di cellule.

La vita all’essenziale

è il vuoto.