Vincenzo Di Carlo - Poesie

A   DIO

 

Appeso

 

A una lacrima

 

Del Tempo

 

Dondolo

 

Pauroso

 

Nella voragine Dell’Esistenza

 

E Tu

 

Che non di me

 

Senti pietà

 

Ma del mio spirito

 

Verrai

 

Infine

 

-Ultimo Avvoltoio-

 

A pascere le fiamme

 

Della tua vita.


 

RICORDO DI UNA SERA

 

 

Ricordi anima mia

 

Quella sera?

 

 

Stretta tenevo

 

La tua mano nella mia

 

Il desiderio atroce

 

Che mi mordeva il cuore

 

Lo nascosi nei meandri

 

Dei tuoi capelli sciolti

 

La mia malinconia

 

La tua bellezza

 

Avrei voluto uccidere

 

Con lacrime di gioia

 

Sopra le tue umide labbra

 

E sul tuo seno eretto

 

Che io amo quanto ho amato

 

Quello di mia madre

 

Dimenticar l’inferno e il peccato

 

 

 

Ricordi anima mia

 

Quella sera?

 

 

Tu stringevi

 

La mia mano e mi guardavi

 

Con occhi chiari e onesti

 

In fondo ad essi gemeva

 

Il tuo delirio

 

La tua infelicità

 

E mentre il corpo tuo e la bocca

 

Svanivano nell’abbraccio

 

Di uno sconosciuto

 

A me donavi

 

Come a un bambino

 

La mano tua e gli occhi


 

A VENERE 

 

Mentre io

Cane impudicamente affezionato

Nel cui occhio talvolta balena un lampo stanco

D’umiliata rabbia

Con pigra pazienza sbrano

Il fianco offeso di Abele…..

 

Mentre io

Prediletto principe

D’un esercito di formiche rumorose

Con labbra avide mi godo

La crocifissione d’un pagano…..

 

Mentre io

Serpe ammaestrata

Nel cui dente avvelenato

Ha riposto la sua dignità

La mia collera sfogo

Sul petto d’un fanciullo…..

 

Mentre io

Novello Nerone

Che nel cesso del Colosseo

Ha trovato piacevole dimora

Con mano ubriaca

I gladiatori saluto

Che per me si battono…..

 

Mentre io

Rispettato carnefice

D’un paese liberale

Abbasso la leva del cianuro…..

 

Mentre io

Decorato soldato

D’un paese liberale

Il mitra alzo

Sulla tempia d’un uomo…..

 

Mentre io

Uomo della strada

La cui stoltezza ottenebra

Come tela di ragno il pio cervello

Vinto dalla mia indolenza

Di me faccio una statua

Che sprofondo in un abisso……

 

In tanta confusione di pensiero

Vomitata dalle viscere delle mie carogne

Scaturisci tu

Venere

Sublime putrefazione

Del mio Rimorso.


 

IL DELIRIO DELLA CARNE

 

 

Io conosco il delirio della carne

 

Moltiplicate mille lire per dieci minuti

 

Avrete Oblio

 

 

Un cieco per strada vi chiede del denaro

 

Date mille lire

 

All’angolo vicino vi è una puttana

 

Nel cui seno tagliuzzato

 

Da mille morsi velenosi

 

Può ficcare il poveraccio la testa

 

Frastornata dalla miseria

 

E sfogare tutta la sua rabbia

 

 

Io conosco il delirio della carne

 

Moltiplicate mille lire per dieci minuti

 

Avrete Oblio

 

 

Al mio istinto ubbidisco

 

Come un fanciullo un incosciente

 

E mi sdraio sul ventre

 

Fetente di qualunque donna-mille lire

 

Come fossi sul lettino dello psicanalista

 

Così derubato senza speranza di giustizia

 

Automa deriso e maledetto

 

Ritorno a vagabondare per la città

 

In cerca di altre mille lire

 

-Sono un attore che recita la parte a memoria-

 

 

Voi uomini occhialuti corazzati

 

Da una fede e una morale

 

Postini bancari impiegati di concetto

 

Industriali o uomini politici

 

Nel cui seno geloso imprigionate

 

Un Lager un Vietnam

 

Il sangue d’un negro di Harlem

 

L’atroce urlo d’un anarchico

 

Accecati da mille rimorsi

 

Le notti brancolate nel buio

 

Cpme lupi mannari

 

Verso il patrimonio di carne

 

Mai dilapidato per compiacente

 

Ossequio alla morale

 

E affondate la testa indolenzita

 

Nel seno rispettato delle vostre donne

 

Abili quanto le prostitute

 

Nell’arte di smemorare

 

E succhiare tutta la vostra Angoscia

 

-Il giuoco si ripete da millenni

 

E siete così bravi da recitare
la parte a memnoria

 

 

Io conosco il delirio della carne

 

Moltiplicate mille Rimorsi per dieci minuti

 

Avrete sempre Oblio.


 

CI SI DIMENTICA PERFINO IL NOME

 

 

Ci si dimentica perfino il nome

Ma il tuo nome è talento viperino giuochi

Adamantini conturbanti

Esalati dalla fogna della

Tua coscienza condensati

In mtallo grezzo madido

Di gocce velenose

Il non-Essere del tuo occhio quasi-vergine

Richiama a valanghe nottole e vampiri

Sanguinolenti che trovano

Il loro spazio esatto

Fra le cosce accavallate

Del tuo mistico desiderio

Il fiato carico di gomma americana penetra

Nelle cellule esagonali

Incastonate quali madreperle

Nella sensuale incoscienza

D’una perdizione senza ritorno

Labbra  verticali d’un bicchiere senza fondo

Dopo l’uragano il marinaio accende sempre la pipa

Il cui fumo inanellato

Dice all’albatros sono ancora vivo

Lecca la Bestia la ferita che brucia

Tra cordami sartie tieni-albero

Il marinaio ritrova la dimensione

Dell’Essere ormai non più seminarista

E s’ubriaca di buon

Vino di porto per

Amore di angosciose

Visioni proibite chissà da chi

Lecca la Bestia la ferita che brucia

Il tuo sesso brucia

Avvelenato dalle tue dita nervose

Dal fiato carico di gomma americana

Priapo

Il dio

Morde il tuo labbro e impazzisce


 

AL  SOLDATO  JOHN

 

 

Un Mitra

 

Una Croce

 

Vagamente ridicolo in tale armatura

 

Novello Torquemada dall’inno

 

Arroventato di superbia

 

Liberatore e schiavo

 

Carnefice di sentimenti

 

Saggiamente intessuti

 

Nello stupido canovaccio della Gloria

 

Celebrato poeta prezioso e raffinato in crudeltà

 

Affettuoso genitore dell’Odio

 

Te ne vai soldato John

 

Sputando veleno e fuoco dalla bocca

 

Un Mitra

 

Una Croce

 

Ora un rosso petalo di rosa

 

Vomitato dal tuo cervello insano

 

S’è posato dolce come il sonno

 

Dell’ubriaco tradito dalla moglie

 

Sulla tua fronte corrucciata

 

 

 

Te ne vai soldato John

 

Stringendo un Mitra nella destra

 

E tra i denti una Croce di metallo.