Al porto
Su istmi di cemento e pietra
oscillano ritmiche
le carene pazienti,
immerse nell’alghe spontanee
negate da cime
all’azzardo del mare.
La mente vola d’appresso
all’avventura del gabbiano,
e si adagia sull’acque malate
dove bianchi scheletri di schiuma
emergono,
come secche ossa d’animale
affiorano sull’onde roventi
nel mare di sabbia.
Le palpebre serrate
alle percosse del vento,
nel gorgo d’angoscia
s’inabissa il pensiero.
Poesia
Lo sguardo scruta attento
gli anfratti nascosti della stanza
come in un gioco di luci.
Il rumore ritmico del mare
ricolma il silenzio assordante
lasciato dal placare del vento.
S’insinua leggera una fragile presenza
varcando la soglia della solitudine come uno spettro.
Una cascata impetuosa di capelli corvini
racchiude gli occhi scuri profondi come vulcani nella notte.
Allarga maestosa le esili braccia dietro la nuca,
con un gesto leggero le dita sottili
sciolgono il nodo del vestito amaranto di cotone indiano.
Scivola lento sulla pelle lucente
cosparsa d’inebrianti essenze
per un attimo infinitesimo inciampa sui seni turgidi,
poi come il ritrarsi dell’onda sulla risacca
svela il corpo di venere nera.
L’aria tua straniera alimenta recondite paure,
dischiude i fiori fragili dell’insicurezza dell’uomo.
Di fronte al mio viso l’offerta del tuo seno
come fonte di desiderio disseta l’arsura dei miei sensi.
Ti ho amata,
ti amo,
ti amerò sempre,
poesia.
Presenza lontana
Ti ho vista lontana ombra diafana,
sospesa sugli arenili
consumati da infinite onde
di bianca schiuma.
Ti ho vista aggrappata alla vita
come muschio al tronco del bosco
corridoio d’ombra della mente.
Ti ho vista trascinare le anime
su scogli rinsecchiti dal vento,
e ho visto il mio dolore
specchiarsi nel tuo etereo volto,
e lacrime leggere, rivoli lucenti,
bagnare le mie mani,
come pioggia discesa dalle nubi del cuore.
Ho visto il mio cuore d’aquilone
volare in balia dei tormenti,
e la tua mano bianca, sottile
stringere il filo per l’eternità.
Ti ho vista tremula passarmi accanto
pallido fiore d’inverno,
e precedermi il passo
sull’impervio sentiero
che unisce
la tiepida culla
al freddo immobile
dei sepolcri.
Impressioni del mattino
Il levare del sole
addormenta il sogno,
disperde il manto di tenebra
e l’abbraccio di stelle
svanisce
impercettibile
come il nascere delle ombre.
Il sole dipinge l’intorno
sulle acque quiete del lago
e svela le forme adagiate
di morbidi
e mutevoli riflessi.
Le fronde riprendono il canto
frusciante del vento,
l’anatra torna a scivolare
come il cigno
sullo specchio del cielo capovolto.
L’airone disperde la paura
della notte
e il gabbiano di nuovo
sfiora i flutti
planando sulle onde lontane.
Ed io torno a navigare
sul fiume del tempo
seguendo muto
le impressioni del mattino.
Il colore più scuro
Dietro i vetri appannati di noia
che sono i miei occhi di nebbia,
incontro quel colore più scuro, diverso,
illuminato dal sole d’inverno,
figlio dell’ultima terra
vulcano del mondo
eruttante lapilli di vita
spenti da un destino perverso.
Occhi grandi,
immensi come i sogni
inseguiti nelle notti di mare gelido,
rotolano nell’intorno
come i residui friabili delle piramidi
al vento del deserto,
immersi nel grigio delle strade.
Sotto baveri di ghiaccio
nell’inverno di mani erranti
si dissolvono le mie artefatte certezze
e crescono antiche paure.
Sono stormi di anime
ai confini del blu,
fragili come cartapesta
esuli come pensieri.
Fiori del lago
A volte
dall’immenso lago d’acque scure
e putrescenti
che è il mondo,
nascono delicati fiori lucenti
irrorati di limpida rugiada.
Vorrei
che tu fossi uno di loro,
o almeno
riuscissi a sentirne il profumo
celato dai miasmi della miseria dell’uomo,
o almeno
riuscissi a vederne il colore
oscurato dalle ombre dell’egotismo,
Luca.
Fiori di plastica
Ragazzi dai volti scolpiti di noia,
coi sessi protesi sul mondo
e i pensieri dispersi
nel nulla che riempie a fatica
le vostre giornate.
Servi d’apatia,
burattini su palcoscenici d’angoscia,
perduti nel gelido deserto
dei vostri cuori.
Fiori di plastica
privi di profumo,
sui marciapiedi ormai prossimi al tramonto
e su panchine già umide di bruma serale,
abbandonate eteree presenze,
lugubri ombre,
con occhiaie di morto.
Solo polvere
Io scavo,
scavo la natura umana
e sotto l’unghie spezzettate
terra bagnata,
materia fradicia di cattivi umori,
tramite delle miserie.
Le parole cadono
spaccandosi come porcellana,
vecchi graffiti
quasi invisibili e ruvidi
consunti dal tempo.
E resta solo polvere,
l’incontenibile inconsistenza
dell’uomo.
Aprile
Aprile mi ricorda le isole greche
sparpagliate nel mare,
e la splendida Penelope
che osserva le onde deserte d’amore.
Come quelle sono i miei pensieri,
sparpagliati nel tempo
maestro di vita.
Come ringhiera consunta
Come ringhiera consunta hai lasciato la mia anima.
Aprile riapriva la stagione,
esplodeva il tramonto da un giorno di pioggia.
Sulle pagine dei ricordi ho sfogliato la mia vita,
il tempo è la memoria che segna il mio corpo.
Esisti ancora negli spicchi di sole che macchiano il cielo;
sei un leggero pensiero dal verde stelo.
Come ringhiera consunta hai lasciato la mia anima.
Amica mia.