William Bigoni - Poesie

Al porto

 

Su istmi di cemento e pietra

oscillano ritmiche

le carene pazienti,

immerse nell’alghe spontanee

negate da cime

all’azzardo del mare.

 

La mente vola d’appresso

all’avventura del gabbiano,

e si adagia sull’acque malate

dove bianchi scheletri di schiuma

emergono,

come secche ossa d’animale

affiorano sull’onde roventi

nel mare di sabbia.

 

Le palpebre serrate

alle percosse del vento,

nel gorgo d’angoscia

s’inabissa il pensiero.


 

Poesia

 

Lo sguardo scruta attento

gli anfratti nascosti della stanza

come in un gioco di luci.

Il  rumore ritmico del mare

ricolma il silenzio assordante

lasciato dal placare del vento.

S’insinua leggera una fragile presenza

varcando la soglia della solitudine come uno spettro.

Una cascata impetuosa di capelli corvini

racchiude gli occhi scuri profondi come vulcani nella notte.

Allarga maestosa le esili braccia dietro la nuca,

con un gesto leggero le dita sottili

sciolgono il nodo del vestito amaranto di cotone indiano.

Scivola lento sulla pelle lucente

cosparsa d’inebrianti essenze

per un attimo infinitesimo inciampa sui seni turgidi,

poi come il ritrarsi dell’onda sulla risacca

svela il corpo di venere nera.

L’aria tua straniera alimenta recondite paure,

dischiude i fiori fragili dell’insicurezza dell’uomo.

Di fronte al mio viso l’offerta del tuo seno

come fonte di desiderio disseta l’arsura dei miei sensi.

Ti ho amata,

ti amo,

ti amerò sempre,

poesia.


Presenza lontana

 

Ti ho vista lontana ombra diafana,

sospesa sugli arenili

consumati da infinite onde

di bianca schiuma.

Ti ho vista aggrappata alla vita

come muschio al tronco del bosco

corridoio d’ombra della mente.

Ti ho vista trascinare  le anime

su scogli rinsecchiti dal vento,

e ho visto il mio dolore

specchiarsi nel tuo etereo volto,

e lacrime leggere, rivoli lucenti,

bagnare le mie mani,

come pioggia discesa dalle nubi del cuore.

Ho visto il mio cuore d’aquilone

volare in balia dei tormenti,

e la tua mano bianca, sottile

stringere il filo per l’eternità.

Ti ho vista tremula passarmi accanto

pallido fiore d’inverno,

e precedermi il passo

sull’impervio sentiero

che unisce

la tiepida culla

al freddo immobile

dei sepolcri.


 

Impressioni del mattino

 

Il levare del sole

addormenta il sogno,

disperde il manto di tenebra

e l’abbraccio di stelle

svanisce

impercettibile

come il nascere delle ombre.

Il sole dipinge l’intorno

sulle acque quiete del lago

e svela le forme adagiate

di morbidi

e mutevoli riflessi.

Le fronde riprendono il canto

frusciante del vento,

l’anatra torna a scivolare

come il cigno

sullo specchio del cielo capovolto.

L’airone disperde la paura

della notte

e il gabbiano di nuovo

sfiora i flutti

planando sulle onde lontane.

Ed io torno a navigare

sul fiume del tempo

seguendo muto

le impressioni del mattino.


 

Il colore più scuro

 

Dietro i vetri appannati di noia

che sono i miei occhi di nebbia,

incontro quel colore più scuro, diverso,

illuminato dal sole d’inverno,

figlio dell’ultima terra

vulcano del mondo

eruttante lapilli di vita

spenti da un destino perverso.

 

Occhi grandi,

immensi come i sogni

inseguiti nelle notti di mare gelido,

rotolano nell’intorno

come i residui friabili delle piramidi

al vento del deserto,

immersi nel grigio delle strade.

 

Sotto baveri di ghiaccio

nell’inverno di mani erranti

si dissolvono le mie artefatte certezze

e crescono antiche paure.

 

Sono stormi di anime

ai confini del blu,

fragili come cartapesta

esuli come pensieri.


 

Fiori del lago

 

A volte

dall’immenso lago d’acque scure

e putrescenti

che è il mondo,

nascono delicati fiori lucenti

irrorati di limpida rugiada.

 

Vorrei

che tu fossi uno di loro,

o almeno

riuscissi a sentirne il profumo

celato dai miasmi della miseria dell’uomo,

o almeno

riuscissi a vederne il colore

oscurato dalle ombre dell’egotismo,

Luca.


 

Fiori di plastica

 

Ragazzi dai volti scolpiti di noia,

coi sessi protesi sul mondo

e i pensieri dispersi

nel nulla che riempie a fatica

le vostre giornate.

 

Servi d’apatia,

burattini su palcoscenici d’angoscia,

perduti nel gelido deserto

dei vostri cuori.

 

Fiori di plastica

privi di profumo,

sui marciapiedi ormai prossimi al tramonto

e su panchine già umide di bruma serale,

abbandonate eteree presenze,

lugubri ombre,

con occhiaie di morto.


 

Solo polvere

 

Io scavo,

scavo la natura umana

e sotto l’unghie spezzettate

terra bagnata,

materia fradicia di cattivi umori,

tramite delle miserie.

 

Le parole cadono

spaccandosi come porcellana,

vecchi graffiti

quasi invisibili e ruvidi

consunti dal tempo.

 

E resta solo polvere,

l’incontenibile inconsistenza

dell’uomo.


 

Aprile

 

Aprile mi ricorda le isole greche

sparpagliate nel mare,

 

e la splendida Penelope

che osserva le onde deserte d’amore.

 

Come quelle sono i miei pensieri,

sparpagliati nel tempo

maestro di vita.


 


Come ringhiera consunta

 

Come ringhiera consunta hai lasciato la mia anima.

 

Aprile riapriva la stagione,

esplodeva il tramonto da un giorno di pioggia.

 

Sulle pagine dei ricordi ho sfogliato la mia vita,

il tempo è la memoria che segna il mio corpo.

 

Esisti ancora negli spicchi di sole che macchiano il cielo;

sei un leggero pensiero dal verde stelo.

 

Come ringhiera consunta hai lasciato la mia anima.

 

Amica mia.