ASCIUGANDO LA SABBIA.

 

Iniziammo a parlare come se fosse un giorno qualunque,

nel quale il tempo ormai era immobile e inesistente.

come lo sguardo; l’anima.

Occhi bagnati da un mare in tempesta,

Che aspetta solo di distruggere una città

La cui storia ha radici profonde.

Radici che radicano in me

In te, e in tutti coloro che mangiano la vita.

Aspro e spinoso ma il sapore alla pelle è lieto,

sfiorata dalla menzogna,

snaturata dalla carne.

E parlammo, come se esistessimo davvero,

due fiamme che sbattevano nell’aria

consumando ossigeno e ingoiando verità.

Sentivo il mare scrosciare nel respiro,

e annaspavo.


Cristalli

 

Incatenato nelle camere della notte,

il vento urlava e lo divorava.

Entrai di soppiatto per non svegliarlo

Ma mi ascoltava comunque.

Gli portai dei fiori, per ringraziarlo di esistere,

questo è che celano,

un grazie; bene irradiato,

il male cacciato, le lacrime asciutte e le labbra nel sangue.

Mi guardò  dormendo,

le sue catene

mi strinsero i polsi e non mollarono più, scomparve.

compatire insieme, nel buio,

diventò un patire da solo.

Fiori, che urlavano il male più forte della notte,

ruppero il silenzio assordante che sentivo

quando dicevo il suo nome.

Intrappolato e spento,

nella sua notte di cristallo.


Lo specchio

 

Mi hanno insegnato che è okay finché si tratta di me stesso,

quindi dico imperfetto, enorme e sdegnoso.

Giorni in cui mi perdo a pensare che sia tutto molto più di questo.

Mi hanno insegnato che è okay finché si tratta di esser gioioso,

ogni natale mi tengo in disparte sotto un albero spoglio che non vede l’ora di bruciare

e mia madre che diventa sempre più sfocata.

Per quanto tempo riuscirò a ricordare la sua voce mi è sconosciuto,

Avvolgerla in me, stringo inferno,  ora dannatamente necessario.

mi guardano come se tutto sia in ordine,

nella mia testa un incendio, fuori con le bambine, per non rovinare la magia che durerà ancor poco.

Lei sapeva come mi sentivo.

mi urlava contro per questo.

sapeva dell’odio che giaceva in me,

sapeva che usciva per scaraventarmelo contro.

Le ferite, il sangue, e pianse.

Pianse da sola, come piango io.

Tornavo da scuola per sputarmi in faccia,

perché mi hanno insegnato a disprezzare ciò che non mi piace.

Ho imparato ad amare lo specchio tanto quanto odiavo il ragazzo al suo interno,

fianchi che volevo a forma di rasoio, per tagliare qualsiasi mia altra cosa .

Divento il dio della persecuzione, che odia chi è orribile, tanto quanto chi è bello.

Guardiamoci le mani, e il sangue che cola.