PACE

Tu sei una stella, la Polare
Da secoli illumini il cammino di chi ti sta accanto.
Hai dubbi solidi, veri.

Io sono le onde, in balia della risacca
devo perdere per trovare
morire per vivere.

E ho l’anima che grida straziante il bisogno d’uscire.
Tu, la pace


MUSICA

La piazza non dava nessun riparo dal sole di quella mattina.
Nel bar di fronte al palazzo comunale i soliti vecchi inseguivano l’ennesima mano fortunata a carte mentre i giovani del paese, e quelli arrivati lì perfino dalla città, si mettevano in mostra dai tavolini della pasticceria più rinomata della zona. Il sole puntava dritto in terra quella domenica di inizio autunno verso mezzogiorno, e l’asfalto scottava sotto i piedi dei protagonisti di un quadretto che si ripeteva incessante nei giorni di festa. Dall’alto del colle il Duomo, solenne, impartiva le sue benedizioni sulla mattina del paese. Quale ne fosse il motivo nessuno poteva saperlo ma c’era, nel venticello che profumava dei mari del sud, una nuova speranza dopo le settimane di pioggia. All’asilo aperto per la festa del patrono, i bambini giocavano al pallone con i genitori, recuperando quel tempo perduto tra lavoro e impegni. Le foglie cadevano sull’asfalto a ricordare che quella domenica doveva essere goduta fino all’ultimo perché qualcosa, a partire dalla natura, stava cambiando e sarebbe cambiato. Più in là distante dal centro della vita, i ragazzi sedevano al solito tavolino tra un caffè e un aperitivo a raccontarsi il sabato sera, a far passare una sbornia, a cercare qualcosa per impiegare il pomeriggio. Anche per loro l’attesa fremeva nell’aria e gli occhiali da sole nascondevano a stento la voglia di libertà. Nessuno dei sei sapeva che il vento stava girando ma c’era latente il germe di una novità. “Non senti la musica?” aveva chiesto Chiara mentre il cameriere portava le brioches. D’improvviso tutti si girarono mentre il resto del paese si fermò come immobilizzato per il suono. Dalla strada arrivava l’armonica a bocca di Julius. Quel ragazzo in jeans e giacca di tweed non l’avevano mai visto prima. Non potevano sapere che quel suono gli avrebbe cambiato la vita.


COAST TO COAST

La prima luce nella notte nera dell’oceano, passa stranamente inosservata dal finestrino di un qualsiasi volo di linea da Venezia. Una dopo l’altra però le luci si inseguono: due, tre, quattro e via così fino a diventare migliaia. E chi, come me, guardava piegando la testa alla sua destra, si faceva sempre più presente quell’idea che da mesi – o forse anni – girava insistente nell’anima. E poi ancora luci che diventavano case, perfino macchine ora distinte in maniera netta a dar forma ad una vita che si stava aprendo. Alle spalle io e i miei tre compagni di viaggio ci stavamo lasciando l’oceano Atlantico, di fronte quelle luci ci regalavano la terra. New York è così, è luce. A vedere una fotografia del mondo dallo spazio, non ci sono dubbi sul posizionamento geografico della Grande Mela. Esserci dentro però è tutta un’altra cosa. Ricordo che quando mi sono reso conto di trovarmi veramente al cospetto di quello che sognavo da tempo, ho avuto un brivido lungo la schiena. L’impatto con la realtà è arrivato con il caldo soffocante dei primi passi lungo la scaletta del volo Delta Venezia-New York, atterrato al Kennedy quando la notte newyorkese era già piena di promesse.
E’ iniziato così il mio viaggio “coast to coast” sulle strade del mito americano. Anzi, è iniziato con un secondo volo, quello che il giorno dopo essere arrivati a New York, ci ha portati a San Francisco. E da lì, dall’altra parte di un continente chiamato Nuovo Mondo. Il resto è begli occhi. Da raccontare, quando sarà finito il “coast to coast” del mio cuore.