UNA STANZA PESANTE

La corda stringe
gli istanti lineari della stanza,
con i muri stanchi,
sono sussurri goliardici di un inutile.
Il privilegio della passione del pensiero,
per il legame tra l’angoscia e il bacio,
tra l’umano e il sublime,
travalica il confine.
Fedele al paradosso,
come molte parole nude,
e infedele alla sintesi,
creo nella stanza,
come un Dio nascosto,
il volto dell’altro.
Nel tempo lineare,
negli istanti tristi tra le mura,
l’inumano desiderio del bacio,
inteso come forza ribelle delle labbra,
nella malinconia,
nella depressione,
è l’unica sopravvivenza,
è l’unica dialettica
per giocare,
sognare,
desiderare.

Nina.


APPARTENGO AI RICORDI

Sulle righe stanche di questo foglio
la mia esistenza
nata da un utero in fiamme,
si frantuma in insolite
rime di non senso.
Il cielo è fuso,
i papaveri piangono,
il sangue non basta,
le idee cambiano,
ll diavolo è facondo,
il giorno è una catena,
le retoriche intrecciano la vita,
oh, la crudeltà,
oh, la rabbia.
Non serve altro alla morte
per dissociare
il legame folle
tra le labbra e il bacio.
Il canto del male
ha tradito la vita!
Il desiderio di
vomitare i bisogni,
e urlare la terra
come l’unico senso
del libro,
vanifica il movimento
verso l’infinità dell’essere umano.
Come ho potuto dimenticare
la mia appartenenza
ai ricordi
la traccia afflitta del padre
nell’ immagine opaca dei miei cinquantanni
la voce senza voce della madre
sulle mie labbra, ninna nanna della vita,
l’anello della nonna, che nel sogno mi aveva dato,
la steppa di sempre, il mare è lo stesso, terra di reversione,…
Oh, lascia che sfiori l’abisso!
Lascia che ti baci!

Nina


Nostalgia

uno due tre
e poi solo un precipizio
vorrei spogliarmi
davanti a te
di questo stretto
dolore.
Eri la mia perla
nascosta nel petto.
Tu eri
un tango nella notte.
Era notte
quando siamo andati
alla festa degli avvoltoi,
con le mani in mano
tu eri
cosi vicino a me
cosi lontano da me.

ti ho baciato
mi hai baciata
ti ho baciato
non hai risposto.
Ho raccolto i miei sogni
su un treno che correva
e portava con sé
il mio inverno corpo.
Ero, promessa dell’eternità
davanti a quale altare?
sei andato via
e non mi ha più salutato