Come pianeti

Solitudine ancestrale
inconsolabile
che nessuno può sanare

Cuore rappezzato
Pensieri che vagano
Ricordi e attese

Solo nell’utero di una madre forse
l’unica originale compagnia
l’insostituibile consolazione

Un cuore mi pulsa accanto
un cordone mi tiene saldo
e viscere calde mi avvolgono tutt’intorno
Voci lontane
spesso tenere e di trepida attesa
L’incoscienza della beatitudine

Ma tutto finisce presto
La cruda vita già mi attende al varco:
una spinta e l’urlo di lei che non mi vuole più
l’aria mi risucchia fuori dalla mia acqua calda
e nel passaggio mi schiaccio e deformo tutto
mi tirano, mi spingono
urla concitate
sto male
sono in apnea
sangue e mani addosso,
anche una sferzata sulle natiche
mentre mi costringono appeso per i piedi…

mi tocca pure piangere ora

e respirare

Violenza improvvisa e delirio
eppure sono tutti contenti

La prima incomprensione:
io soffro e tutti godono

c’è chi ride
c’è chi piange anche, ma di felicità
Ma io sto male
mi sento violentato
non capisco
rimango sbigottito
stavo bene io là dentro
nella mia bambagia
e già sento che non ci non tornerò mai più

E’ finita
nulla sarà mai come prima
Non so ciò che mi spetta
e per tutti è giusto così
Non ci sarà più battito intorno a me
a darmi il ritmo costante di una placida esistenza
non ci sarà più corda che mi terrà saldo a qualcuno
non più ovatta e calore che mi avvolgono

Intorno a me solo aria
tanta aria
che mi tiene diviso da tutti gli altri
che disegna gli spazi tra me e il resto del mondo
che disegna le solitudini

Talvolta un corpo si avvicina e si può stringere
una mente mi comunica e crea una connessione
un cuore mi fa compagnia e mi scalda

Ma poi come pianeti in un imperterrito sistema solare
ognuno riprende la sua strada
il suo percorso solitario cui è costretto

Momenti di incontro dovuti alla casualità

niente è voluto
niente è cercato
niente è trattenuto

tutto capita.


 

La donna antica

Di lei si avvertiva l’anima…
Era vibrante.
In lei avvertivi spesso un’anima che piangeva, anche senza lacrime.
Ogni tanto cercava la consolazione in un abbraccio, ma senza parole.
Non le voleva le parole.
L’avrebbero distolta dal suo sentire…
Adorava provare a mettersi in ascolto dello sfarfallìo della sua anima se le fosse capitato di intrecciarsi con la tua.
Era come un animaletto selvatico in quei momenti
o forse un angelo ribelle
o ancora una fata.
Una fata sapiente perché ne aveva viste tante.
Ed era pronta a soffrire per te, senza riserve, senza tante domande, senza giudizio.
Ma anche a gioire.
Si, sapeva gioire forte, come un bambino,
con la grande consapevolezza però che certe gioie durano poco, che passano come lampi,
che solo il sorriso e la luce negli occhi possono fermare per un istante.
E farle diventare nel tempo memoria divina.
Anche tu ti saresti sentito divino, se ti fossi trovato lì con lei.
E saperti causa della sua gioia anche solo per quell’istante ti faceva sentire nobile.
Non so perché, nobile e potente.
Forse perché l’antica sua sapienza dei gravi pesi del mondo sembrava impossibile da lacerare,
da sdrammatizzare… anche solo con un sorriso.
In realtà il sorriso le era facile e spontaneo.
E quando accadeva lei ti apriva il suo mondo di bellezza.


 

Maldive – il mio posto

Ero sabbia nella sabbia
Bianca, fresca, di velluto

Ero mare nel mare
accogliente, senza segreti, pieno di vita

Ero sabbia ed ero mare.

Ero nuvola tra le nubi
e dietro me avveniva l’incendio del tramonto

Ero airone con l’airone
e cercavo la beata solitudine nella chiara promessa dell’alba

Ero nuvola e airone.

Ero pesce tra i pesci
e volteggiavo in cerca della mia tana fra altre mille,
colorata anche lei

Ero anche palma
che sovrastava il tutto e godeva, fremendo, del sole più caldo
e vedeva e sentiva quello che altri non osavano immaginare

Ero pesce ed ero palma

Cercavo il mio posto lì
perché tutto era così bello, naturale e giusto

Attendevo che la Natura mi riconoscesse
e pregavo la sua chiamata per ricevere il mio posto.

E non tornare più.