MAESTOSO MARE

Ricordo un giorno,

già triste e sconsolato.

L’amarezza era grande,

quanto l’oceano che avevo dinnanzi a me.

La spiaggia era deserta,

il tempo incerto, ed un forte vento

muoveva grandi onde nel mare.

Sentii un gran freddo.

Quel mare, così maestoso e affascinante,

arrivò a sfiorarmi i polpacci,

invitandomi ad entrarvi.

Mi alzai,

mi avvicinai alle grosse onde

sicura di dominarle.

Sentivo la potenza

come abbracci di acqua

che schiaffeggiavano, arrampicandosi

nel mio corpo.

Mi tuffai

tra le onde dell’alta marea.

Mi sentii impotente,

le onde maestose mi trasportavano

e mi tenevano sotto il mare arrabbiato e dominante.

Credevo non sarei più riemersa.

Qualcosa accadde…

ancora non lo conoscevo

ma mi tenne in vita.

Imparai a conoscerlo,

ad amarlo, e guardai più su

verso il cielo

dove tutto è Eternità e Meraviglia.


COME PICCOLA ALLODOLA

Di sua gioia, allegrezza e amore

vesti il Tuo saio color di terra.

Sei canto di lode al Signore,

Sei il Cantico delle Creature

Create dal Creatore.

Come piccola allodola

dal piumaggio color di terra

leggero voli nell’aria.

Asceso al cielo, Sei scomparso

oltre il sole coi suoi raggi,

per donare all’Amore Eterno,

al Padre nostro Universale,

le preghiere di noi fratelli

uniti nel Dio che è amore.

Poi riappari,

oltre sorella morte corporale

e ricominci umilmente a cantare:

Laudato sii, mio Signore…

e come piccola allodola

ritorni leggero a volare.

– Ciao, Fratello Francesco -.

Laudato sii, mio Signore…


Canzone d’Autore

FRANCESCO DE ANDRÈ

 

… Fabrizio De Andrè: la sua ultima opera d’arte registrata in studio e pubblicata nel 1996 sarà: “Anime salve” e devo dire con immenso piacere che l’Autore lo farà davvero bene!…

 

Nell’anno 2011 ho desiderato scrivere di lui, il cantautore che più ammiro: Fabrizio De Andrè.

Egli viaggia in direzione ostinata e contraria, chiedendo a nostro Signore di ricordarsi dei servi disobbedienti alla legge del branco.

La ribellione di Fabrizio nasce da un assoluto bisogno di fede, dalla ricerca di un qualcosa in cui credere che è testimonianza d’amore per l’uomo, fiducia nel suo divenire. E questa tensione costante a salvare il mondo poetico di Fabrizio dalle sabbie mobili del nihilismo, a trattenerlo per impedirgli di precipitare. La sua sconfinata visone del mondo, dona sempre l’impulso di andare avanti, a cercare ancora.

Vi si legge tra le righe delle sue canzoni un invito alla lotta, un ammonimento a prendere coscienza della realtà per imboccare la strada dell’amore per la verità, la dignità delle persone, la libertà.

Fabrizio desidera sottolineare che l’uomo non è soltanto vittima dei propri errori e del proprio destino. E soprattutto vittima degli altri, dell’ipocrisia, dell’odio, delle malefatte del prossimo.

“La Buona Novella”, album scritto nel 1970 di De Andrè contiene testi davvero importanti perchè ispirati ai Vangeli Apocrifi.

“Il Sogno di Maria”, contiene immagini poetiche semplicemente spettacolari.

Il racconto di Maria inizia all’interno del Tempio, dove in quei tempi si andava a pregare.

All’inizio, introduce un’immagine ultra terrena nel suo racconto: spiega a Giuseppe che tutte le sere, mentre era nel Tempio, un Angelo la raggiungeva per insegnarle nuove preghiere. Finchè una sera di quelle, la prese con sé e la portò in volo:

 

…“… dove il giorno si perde,

a cercare da solo nascosto tra il verde…”…

 

Al ritorno dal volo, l’Angelo annuncia a Maria che concepirà un Figlio per opera del Signore:

 

… “Nel grembo umido, scuro del Tempio,

l’ombra era fredda, gonfia d’incenso;

l’Angelo scese, come ogni sera,

ad insegnarmi una nuova preghiera:

poi, d’improvviso, mi sciolse le mani

e le mie braccia divennero ali,

quando mi chiese -Conosci l’estate

io, per un giorno, per un momento,

corsi a vedere il colore del vento.

 

Volammo davvero sopra le case…”…

 

Le atmosfere ed arrangiamenti musicali sono da puro e semplice delirio. Questa “musica” con questi testi potrebbero colpire chiunque a colpi di bellezza.

Un altro capolavoro di Fabrizio: “Spoon River”. Fernanda Pivano, donna di coraggio che tra il ’37 e

il ’41 traduce questo libro di un libertario mentre la società italiana ha tutt’altra tendenza, prova

felicità, gioia e orgoglio nel consegnare a Fabrizio il Premio Tenco. Lo accoglierà con queste parole: “ Il Poeta con la P maiuscola, di pacifismo non violenza di anticonformismo che sono tutte legate nei nostri cuori”.

Nella vita c’è chi cerca la competizione, a pensare al falso o a non essere sinceri, nella morte invece, i personaggi di “Spoon River” si esprimono con estrema sincerità, perchè non hanno più da aspettarsi niente, non hanno più niente da pensare. Così parlano come da vivi non sono mai stati capaci di fare.

Fabrizio, dal libro di Masters ha preso nove poesie, scegliendo tra le più adatte a spiegare due termini che sembravano le più insistenti costanti della vita di provincia: “l’invidia e la scienza”.

L’invidia perchè è il sentimento umano di cui si rispecchia maggiormente il clima di competitività, il tentativo dell’uomo di misurarsi continuamente con gli altri, di imitarli o addirittura superarli per possedere quello che lui non possiede e crede che gli altri posseggano. Per quanto riguarda la scienza, perchè la scienza è un classico prodotto del progresso, che purtroppo è ancora nelle mani di

quel potere che crea l’invidia.

Masters dichiara apertamente che a trionfare sulla vita e soltanto chi è capace di “amare”. E devo ammettere che Fabrizio può rispondere a questa affermazione che è proprio vero che a trionfare sono i “disponibili”.

Il messaggio che Fabrizio lascia di questo Spoon River e l’essere riuscito ad uscire dall’atmosfera della morte per tentare un’indagine sulla natura umana, attraverso personaggi che esistono nella nostra realtà, anche se sono i personaggi di Masters.

Fabrizio ha rifatto ognuna delle nove poesie. Nella poesia di Blasfemo, Fabrizio ha aggiunto un’ idea che non era in Masters quella della “mela proibita”, cioè della possibilità di conoscenza, non più detenuta da Dio ma detenuta dal potere poliziesco del sistema.

Ciò mi fa pensare a Pier Paolo Pasolini. Uomo intrigante per la sua forte radice cattolica, la sua cultura, la sua difficile personalità: una sfida, una provocazione. Scrittore, poeta, autore e regista cinematografico e teatrale italiano. Pasolini, riconosciuto come uno dei maggiori intellettuali del ventesimo secolo, ma accolto freddamente tanto dalla critica marxista quanto dai giovani critici della neoavanguardia. Scrisse sui cappelloni di un tempo, sui poliziotti…

Masters è un percorritore dei nostri problemi perchè denuncia i difetti di gente attaccata alle piccole cose, che non vede al di là del proprio naso, che non ha alcun interesse umano al di fuori delle capacità pratiche.

Fabrizio ha spiegato molto bene queste poesie di Masters; poi c’era la necessità di farle diventare delle canzoni. Cioè delle storie e una storia non è un pretesto per esprimere un’idea, dev’essere proprio la storia a comprendere in sé l’idea.

Il disco “Spoon River”di Fabrizio finisce identificando la sua persona con “Il Suonatore di Violino Jones”, che nel ’71 suona il flauto (benchè lui non si sia mai accostato alla musica suonando il violino).

Fu per Fabrizio la poesia più difficile, calarsi in questo personaggio così sereno da suonare per puro divertimento, senza farsi pagare. Per Jones la musica non è un mestiere, è l’alternativa la vera libertà.

“Don Raffaè” scritto da Fabrizio con Massimo Bubola, è una testimonianza del pianeta camorra della canzone d’autore italiana. È una denuncia contro le condizioni paradossali in cui vivono alcuni secondini che devono fare da camerieri a boss influenti che pur essendo in galera hanno la stessa influenza e lo stesso potere di quando erano in libertà.

L’ispirazione di Fabrizio è arrivata leggendo il libro di Marotta “Gli alunni del sole”, dove c’è questo Don Vito Cacace, l’intellettuale della zona, che alla sera raduna tutti quanti gli altri e gli legge il giornale, spiegando che cosa succede. Poi, in certe parti c’è anche qui l’attacco allo Stato:

 

… “Lo Stato si indigna, si impegna…” …

 

Sono le parole di Spadolini, quando si precipitò a Palermo in occasione di una delle tante stragi mafiose: “Sono costernato, sono indignato e mi impegno…”.

Fabrizio incontra la Premiata Forneria Marconi e molto sinceramente dirà: “ L’idea di un tour con un gruppo rock sulle prime mi spaventò, ma il rischio ha sempre il suo fascino, forse in una vita precedente ero un pirata e così una parte di me mi diceva di accettare. In più ero tormentato da interrogativi sul mio ruolo, sul mio lavoro, sull’assenza di nuove motivazioni. E la PFM mi risolse il problema, dandomi una formidabile spinta verso il futuro. La tournèe con loro è stata un’esperienza irripetibile perchè si trattava di un gruppo affiatato con una storia importante, che ha modificato il corso della musica italiana. Ecco un giorno hanno preso tutto questo e l’hanno messo al mio servizio”.

Abituati da una società degli auricolari e dell’ascolto bulimico, troppo spesso non sappiamo individuare quelle sfumature che un testo musicale propone allo stesso modo del respiro della persona che amiamo. Un inno che porta con sé, alla fantasia che essa fa scaturire, ai sogni e alla bellezza che il suono di una melodia sa riproporre.

Sulla scia di questa evoluzione della poetica di Fabrizio, la ricerca teorica di Marco Guzzi ha affrontato in particolare nel saggio filosofico “La svolta”, significativamente sottotitolato “La fine della storia e la vita del ritorno”, il tema del combattimento epocale dove l’uomo è chiamato a

conoscere e riconoscere, dentro e fuori di sé. Questo cambiamento comporta, l’abbandono di tutte quelle resistenze che impediscono all’uomo di aprirsi all’ascolto del messaggio cristiano: solo un ascolto autenticamente rigenerante della parola di Dio, intesa come appello alla rinascita

innanzitutto personale, potrà consentire il superamento della crisi individuale e storica in cui versa

l’uomo contemporaneo. La proposta teorica si concretizza, quindi, nella descrizione di un vero e proprio cammino di autotrasformazione, a partire dalle proprie difficoltà personali; un lavoro interiore di formazione e di riflessione, che passa anche attraverso il linguaggio profetico e meditativo dei maggiori poeti e dei testi religiosi, per raggiungere, attraverso un percorso di rivelazione, la liberazione nel segno della pace.

 

Il mio confine è Dio. È spalancato.

Non c’è cancello o argine, un respiro

lega i miei colori ai suoi

comandamenti.

 

Il mio confine è il mio

promesso sposo.

 

“Un bambinetto

batte le manine, lascia coriandoli

sul corpo del risorto”.

 

Al concerto rock di Ligabue, sulle note di “La verità è una scelta” scorrono i volti (e le parole) di Pasolini e Biagi, Italo Calvino, Fabrizio De Andrè, Alda Merini, Fernanda Pivano.

Per illustrare “Atto di Fede” si affida a due dita che si sfiorano, ispirate al celebre dettaglio del “Giudizio Universale” di Michelangelo, e poi si alternano i simboli dell’ebraismo, del cristianesimo, dell’islam, del taoismo.

In “A che ora è la fine del mondo?” compare la scritta: “ E tu sei pronto a pagare per la tua acqua?”

puntando il dito sullo spinoso tema della privatizzazione del “oro blu”.

Ligabue canta, scatta foto al pubblico, apre una valigia piena di coriandoli argentati, fa arrivare una ragazza sul palco alla maniera di Springsteen. Intona “Buonanotte all’Italia”, mentre compaiono gli

italiani eccellenti: Falcone e Borsellino, Bearzot e Pertini, Totò e la Magnani. Li illumina di verde, bianco e rosso: un gigantesco tricolore si apre alla speranza di “Il meglio deve ancora arrivare”.

Nell’album “L’Indiano” di Fabrizio, sulla copertina compare l’immagine di un nativo americano a

cavallo. Si tratta di un’opera dell’artista statunitense Frederic Remington. Qui avverrà il “cambiamento” maturato da Fabrizio, partendo dall’immagine nuova che in sé ha raggiunto.

L’album è stato inciso nel 1981 ed è stato scritto in collaborazione con Massimo Bubola, con cui De Andrè aveva già collaborato per l’album precedente, Rimini. Mi piace simpaticamente ricordare che durante la registrazione con “L’Indiano” in copertina nel Castello di Carimate, De Andrè e Bubola, utilizzavano le loro pause per ascoltare su walkman le commedie di Eduardo.

L’album è stato pubblicato, nello stesso anno in Germania Ovest dalla Metronome.

Tra i coristi presenti nel disco è da segnalare la nota cantante rockn’ rool e beat degli anni ’50 e ’60 Brunetta, presente con il suo vero nome, Mara Pacini.

Il tema dell’album è il confronto tra due popoli per certi versi affini, il popolo dei sareni e quello dei pellerossa, entrambi chiusi nei loro mondi.

Con “Ave Maria”, Fabrizio torna con l’attenzione sul popolo sardo, cantato da Mark Harris per la voce alta e potente e la buona conoscenza della lingua sarda. De Andrè interviene solo come seconda voce nei cori.

L’ “Ave Maria” mi piace sentirla cantare anche da Mina, riesce a trasportarmi e commuovermi ogni volta che ho l’occasione di ascoltarla. S. Agostino d’ Ippona diceva che “chi canta bene, prega due volte”. Conta come si canta, ma soprattutto cosa si sente dentro nel cantare e cosa si sente nel cuore anche nell’ascoltare. Grazie Dio, per avere dato agli uomini la musica e voci così uniche per interpretare una “Ave Maria” così grande, immensa quasi quanto Lei: “Maria!”.

È un canto tradizionale sardo ispirato alla preghiera cristiana, noto come “Deus Ti Salvet Maria” tutt’ora molto popolare. Fu composto (in italiano) dal gesuita Innocenzo Innocenzi (1624-1697) come strumento adatto alla catechesi tra i ceti popolari. Successivamente è stato tradotto in sardo e

ne esistono varie versioni.

Desidero ricordare che oggi, 1 Maggio si è celebrata in Vaticano a Roma la “Beatificazione di Giovanni Paolo II” presieduta dal nostro attuale Papa Benedetto XVI.

”Simone”, disse un giorno Gesù, “tu ti chiamerai Pietro, e su di te, come su una pietra, io costruirò la mia Chiesa. E nemmeno la potenza della morte potrà distruggerla. Io ti darò le chiavi del Regno di Dio: tutto ciò che tu sulla terra dichiarerai proibito, sarà proibito anche in cielo; tutto ciò che tu permetterai sulla terra sarà permesso anche in cielo”. Uomini amati perchè difendono il valore più grande e irriducibile: la dignità dell’uomo, l’amore, la verità, la libertà…

Il cantautore Francesco Baccini, nel maggio del 1999, inaugura il secondo decennio di attività con “Nostra Signora degli autogrill”, dedicato ai due amici Fabrizio De Andrè e Tim Ambler. Ora nella sua tournè, desidero ricordare che canta Tenco dicendo: “Porto a spasso Luigi nei teatri…” .

Un’altra canzone che mi piace ascoltare di Fabrizio De Andrè, “Avventura a Durango”, testo di Fabrizio e Massimo Bubola (1978- Rimini) con PFM. “Vedevano oltre il cancello…”. Un segno di speranza, sacra, nella fede di Dio.

“La fiera della Maddalena” è un brano di origine colta ma di intenzione popolare. Bellissima canzone di Fabrizio e densa di significato.

Ciò suscita in me il desiderio di esprimere la verità su Maria di Magdala (la Maddalena) attraverso la testimonianza e le sacre parole di una persona davvero speciale che ammiro tantissimo e del quale conservo un grandissimo ricordo: Monsignor Ravasi. Si legge infatti su “Avvenire” che nel 1989 Giovanni Testori chiese a Gianfranco Ravasi di premettere a un suo volume dedicato a Maria Maddalena nella storia dell’arte (soggetto in cui sacro ed eros s’intrecciavano secondo una tipologia cara allo scrittore) un profilo biografico.

Mons. Ravasi scelse come titolo “Una santa calunniata e glorificata”. Il titolo è ancora più pertinente ai nostri giorni sia attraverso le falfaluche alla Dan Brown, sia col film (pur pregevole) di Albel Ferrara, sia con una sorta di luogo comune, scambiato per storiografico, inchiodato nella mente di lettori troppo indifesi o remissivi. Ravasi allora cerca di ricostruire le ragioni della deformazione del volto di questa donna proveniente da Magdala, dandole finalmente la sua giusta, reale collocazione. L’unico che la chiamò per nome, “Maria”, e la riconobbe confermandola come sua discepola fu proprio Gesù di Nazaret, il suo Maestro, il Rabbunì. Ed è proprio sulla base di

quell’incontro pasquale che la sua presenza si riaffaccia ogni anno nella liturgia cattolica con la

stupenda melodia gregoriana del “Victimae Paschali Laudes” e con quel dialogo latino che ci

esimiamo dal traduttore:

 

“ Dic nobis, Maria, quid vidisti in via?”;

“Surrexis Christus spes mea!”.

 

Ricordo Fabrizio De Andrè come uno dei massimi cantautori italiani di sempre. Profondamente

influenzato dalla scuola d’oltre oceano di Bob Dylan e Leonard Coher, ma ancora di più da quella

francese degli “chansonnier” (Georges Brassens su tutti), è stato tra i primi ad infrangere i dogmi della “canzonetta” italiana, con le sue ballate cupe, affollate di anime perse, emarginati e derelitti di ogni angolo del mondo. Georges Brassens, il più grande cantautore francese di questo secolo (nato nella stessa città del grande poeta Poul Valèry), da lui nominato in “ Supplique pour éntre enterrè à la plage de sète”. Fabrizio considerava Brassens come il suo maestro, il suo mito e tradusse alcune sue canzoni “Il gorilla”, “Morire per delle idee”, “Marcia Nuziale” e “ Nell’acqua della chiara fontana”.

De Andrè usava il linguaggio di un poeta non allineato, ricorrendo alla forza dissacrante dell’ironia per frantumare ogni conversazione. Nel suo mirino, sono finiti i benpensanti, i farisei, i boia, i giudici forcaioli, i re cialtroni di ogni tempo. Il suo, in definitiva, è un disperato messaggio di libertà

e di riscatto contro leggi imposte e l’arroganza del potere. Di Fabrizio, Mario Luzi, uno dei maggiori poeti italiani del 900, che leggo e ricordo sempre con immenso piacere, dirà: “De Andrè è veramente lo chansonnier per eccellenza, un artista che si realizza proprio nell’intertestualità tra

testo letterario e testo musicale. Ha una storia e morde davvero”.

“Crueza De Ma” (1984) è un viaggio appassionato nella musica mediterranea, dove gli strumenti della tradizione nordafricana, greca, occitana (dalla gaida macedone alla chitarra andalusa, dello shannaj turco al liuto arabo) convivono con quelli elettrici in un universo poetico di rara intensità.

Intanto, De Andrè collabora con l’altro guru della scena genovese, Ivano Fossati, in vari brani e sposa Dori Ghezzi nel 1989. Un anno dopo Fabrizio darà vita ad un progetto nuovo ed esce “Le Nuvole”, partendo come idea dalla commedia “Le Nuvole” di Aristofane.

Nella sua opera Aristofane identificava con “Le nuvole” i sofisti, portatori di concetti rivoluzionari rispetto alle sue idee conservatrici, invece nel lavoro di Fabrizio “Le nuvole” avrebbero simboleggiato i potenti che spadroneggiavano in Italia senza alcuna remora morale impedendo al popolo di vedere la verità.

A me piacciono le nuvole vere e desidero poterle vedere con la fede semplice di un bimbo:

 

… “…Certe volte sono bianche

e corrono

e prendono la forma dell’airone

o della pecora

o di qualche altra bestia

ma questo lo vedono meglio i bambini

che giocano a corrergli dietro per tanti metri…”…

 

Segue un periodo di silenzio di quattro anni, finchè nel 1996 Fabrizio torna con “Anime Salve” frutto della collaborazione con Ivano Fossati. Quello che è destinato a rimanere come il suo testamento musicale è anche un disco splendido, un viaggio pieno di suggestioni, sapori, incontri. Da Bahia a Genova, passando per la Sardegna. È un percorso affollato di spiriti solitari, che abitano angoli appartati della terra. “L’isolamento, diceva De Andrè, ti consente di non stare nel mucchio. È la sola condizione idonea a non essere contaminati da passioni di parte, uno stato di tranquillità dell’anima che permette di abbandonarsi all’assoluto”. Mi trovo completamente d’accordo con lo stato d’animo espresso da Fabrizio, riconoscendone in me una riflessa somiglianza. Un obbiettivo

annunciato fin dal titolo dell’album, che mantiene l’etimo tanto di “animo” quanto di “salvo”, ovvero “spirito solitario”.

Il disco si chiude con la solenne invocazione di “Smisurata Preghiera”, che è quasi il testo spirituale dell’intera opera di De Andrè. È la testimonianza di chi ha vissuto sempre uno splendido isolamento, presupposto necessario per “consegnare alla persone una goccia di splendore, di

umanità”.

Da un articolo giornalistico si legge: “ Le canzoni di Fabrizio furono censurate dalla Rai Tv, piacciono in Vaticano”.

La radio Vaticana trasmette queste stesse canzoni censurate dalla Rai Tv, nel corso di un programma curato da Paolo Scappucci della “Pro Civitate Christiana” di Assisi e dedicato ai giovani ed ai loro problemi in rapporto alla vita di oggi.

Canzoni come “Marinella”, “Carlo Martello torna dalla battaglia di Poitier”, “Il Testamento” e “La ballata di Michè”.

Dirà De Andrè in una intervista: “Di tutte le mie canzoni la Rai ha passato solo “Marinella”. Le altre le hanno scartate tutte. Un giorno mi venne recapitata una lettera dalla “Pro Civitate Christiana” quando la lessi non credevo ai miei occhi. Più tardi ricevetti un’altra lettera nella quale mi specificava quali canzoni erano state trasmesse e come erano state presentate. Le canzoni in questione erano: “Si chiamava Gesù”, “Preghiera”, “ In gennaio” e “Spiritual”.

Tutti pezzi regolarmente censurati dalla televisione.

“Non ti dico quanto mi fece piacere questo fatto!”.

Provo immensa gioia nel riconoscere che Fabrizio avrà successo con questi brani anche in America Latina.

Così Fabrizio rinuncia alla Rai, non gli piace esporsi al pubblico e desidera cantare le canzoni promosse dal Vaticano che manterrà rinnovate nel tempo.

 

…Ciao Fabrizio…