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Là, …

Là, sul margine dell’infinito
si vede un viso.

Là, sul limitare del transfinito
si vede un sorriso.

Là, nell’illimitato del trascendente
va il passo spedito.

Là, ai confini del niente
va il pensiero allibito.

Là, si confonde la mente
prosegui e si paziente.

La perseveranza,
per l’uomo saggio, è una speranza,
e se sei qui arrivato
un fiore ti sarà donato.


In viaggio oltre l’ignoto.

In viaggio oltre l’ignoto.

Domani all’alba io salperò
e con l’ultima eclissi da questa terra me ne andrò.
Le stelle con i lor’ sorrisi
tracceran’ la rotta verso quegli ignoti paradisi
e le onde, tempestose e brutali,
mi porteran’ lontano se non saran’ per me fatali.

Dolce è il navigar’
in questo mar’.
La prua or’ volgo verso la conoscenza
per ampliar’ la mia sapienza,
e dopo l’isola del Monte
mi abbeverò alla sua fonte.

L’ultimo volo dei gabbiani
ci invitan’ ad andar’ più lontani;
or’ qui l’infinito mi attende
e, con spirito divino, in me si protende.
Il viaggio potrò continuare;
là, oltre dove il cielo si confonde con il mare.


La cascata perpetua

La cascata perpetua

Un inedito progetto qui è nato;
il moto perpetuo è stato inventato.

Questa nuova luce che qui si è accesa
segna per l’umanità una nuova impresa,
rendendo i nuovi giorni più luminosi
e così tutti saran’ felici e gioiosi.

Il progetto, in formato bidimensionale, qui mostrato,
da un grande artista, Maurits Cornelis Escher, è stato disegnato.

Noi creeremo l’oggetto con una stampante tridimensionale
sezionando la dimensione spaziale superiore in formato digitale.
Daremo al mondo un futuro senza inquinamento
e noi, con questa meraviglia, la gente stupiremo con alto gradimento.

Qui non si duplicano pesci o pani
noi l’energia dal niente creiamo per un miglior’ domani.

Come vedete, in un ciclo senza fine,
la cascata d’acqua muove le pale di un mulino con bobine
a cui ad esso è collegato un alternatore
che fornirà corrente elettrica a tutte l’ore.

Amici mie investite qui i vostri soldini
e, vedrete, fioriran’ come tanti fiorini.

Io per voi sarò, sono ed ero
il vostro amico Costo Zero.
La nostro società, Chi Cerca Trova spa,
per far’ del bene non ha nessun’ pietà.

Per finanziare questa impresa si prega di versare sul conto corrente che non sapete
e vi passerà la sete.
La banca è la Cassa di Risparmio di Vattelapesca
e state tranquilli, questa non è una tresca.

Questa è la valutazione data da Standard & Poor’ alla nostra società,
che è stimata da tutti con grande massima serietà:
Rating AAAAAA+++
e se non bastano chi più ne ha più ne metta,
ma con calma e senza fretta.


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Armageddon

Un alieno edificio è qui possente
e la gente narra che da tanto tempo era qui presente;
dall’era degli dei ridenti
prima del tempo degli uomini e dei suoi eventi.

Un’antica leggenda
parla di una tremenda vicenda
che per paura non si può proferire,
ma io con coraggio a voi potrò qui scrivere e dire.

«Quando le sfere s’illumineranno
e le tenebre caleranno,
le tombe si apriranno
e i vivi con i morti pranzeranno.

Quando dalle sfere tu udirai il lor’ tremore
cesserà il tempo dell’amore,
e se ti parrà di sentir’ tuonare un nome
è l’apocalisse che verrà, ma tu non saprai come.

Un cavalier’ lucente scenderà dal cielo,
a noi sembrerà di vedere un angelo
come scritto nel vangelo,
ma la Terra sarà coperta da un nero velo.

E’ il flagello del divino
e a cui tutti ci prostreremo con il capo chino.
E’ il generale Armageddon che con la sua bestia Mortizia
leverà a noi umani ogni letizia.

Un tempo tutto questo è già accaduto
in un tempo lontano e ormai perduto.
Tutto questo dagli dei sarà ripetuto
e dall’umana gente riveduto.»

Nell’udir’ e scrivere queste parole
un tremore nel mio animo mi assale
e a voi io posso solo dire:
«Si salvi chi può, dopo questo sentire.»


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Lo frate Ignazio

Ad Anghiari frate Ignazio
se ne andava a cercar’ chi doveva pagare lo dazio.
Sul tempio vide una donzella sul sacro spazio
che vendeva ad un giovanetto lozioni e sassi color’ topazio.

«O donna il tuo mercanteggiare è uno scempio
per le genti non è un bell’esempio
perché questo di Dio è il suo tempio.

Vattene o donna sacrilega
i filtri e le tue arti rinnega
perché la tua anima si salvi o donna prega.

E te, giovinetto, io ti conosco e per salvarti tu soffrirai;
a casa tua verrò e ti confesserai
e per una settimana ti flagellerai
e così l’anima tua salverai.

Andatevene peccatori
di questa sozzeria adulatori
e pentitevi o saran’ per voi dolori.

0h’ donna io ti avevo avvertito
ma tu non mi hai capito
e in queste celle il giudizio divino per te sarà concepito.

Con queste tue magiche porzioni
e con le sataniche arti di seduzioni
la nostra gente hai infetto con le tue depravazioni.

Questa o strega è la giusta punizione
con questo fuoco avrai la purificazione
e l’anima tua salvata sarà dall’eterna dannazione;
Dio ti attende or’ prega con dedizione.

Che la sentenza sia eseguita
la strega sia svestita
e la sua carne sia arrostita.»


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Cavalieri, Dame e Fanti

Cavalieri, Dame e Fanti
si inizi i giochi e i canti
e per chi vuol’ pregar’ qui non ci son’ le chiese e i santi.

Lo cavaliere errante
sfida lo pericolo con animo sprezzante.
Sempre in cerca di avventure
per mostrarsi impavido di fronte alle più avverse sventure.

Lo suo valore vuol’ dimostrare
e a quell’amor’ cortese narrare,
cosi non perdere la sua nobile azione
perché la gloria, l’onor’ e l’amor l’attende se fatto con dedizione.

La dama desidera esser’ cantata
e al mondo esser’ mostrata.
La sua virtude e gentilezza donare
a chi saprà con le sue coraggiose gesta a lei prodigare.

Al caldo dei fuochi, dei grandi camini, l’amor’ cortese
sogna in quelle fredde sere,
mentre il menestrello canta delicate rime d’amore,
l’animo suo sospira desiderando lo cavalier’ in quelle solitarie ore.

I fanti eran’ tanti
e da tutti eran’ dimenticati, anche dai santi.
La fanteria arruolata ed addestrata
per morir’ per la grande nobiltà idolatrata.

Sui campi di battaglia il coraggio del lor’ basso rango
si immolava alla causa perduta nel fango.
Lucrar’ era loro concesso
sulla spoliazione del lor’ nemico decesso.


L’Angelo ferito

Scendeva lucente la scintilla divina.
Scendeva dal cielo e si posò sulla collina.

Corse dagli uomini
e alla sua casa forte alla porta bussò, ma tutto franò.
Corse ai giardini,
ma non c’erano i canti dei giovani e dei bambini.

Raggiunse le onde e toccò il mare
e dalla spiaggia si mise a guardare.
Raggiunse il vento e pensò di sognare
e così tutto cercò di dimenticare.

Il silenzio lo avvolse e il sogno fu eliso
e si spense sulle labbra il suo sorriso.
Dal petto suo levò il suo cuore,
ma la vita non fu salvata dal suo calore.

Si guardò attorno,
ma il fiore era tronco,
e mentre danzavano le morte foglie al vento
tutto fu perduto in quel triste momento.

La luce si spense
e il suono si fece silente.
Le ali spezzo e dal niente fu avvolto
mentre il dolore si impresse sul volto.

Correva correva sul campo fiorito,
correva correva l’Angelo ferito.
Voleva nel cielo riprendere a volare,
voleva dal Padre nelle sue braccia tornare.

Ma il suo cuore aveva donato
e le sue ali aveva spezzato.
Lassù l’avevano dimenticato
e quaggiù il suo destino era stato segnato.

Lì, con il suo tormento si addormento a capo chino
mentre una lacrima bagnò il suo bel’ viso.
Lì, diede il suo ultimo respiro
lasciando sul volto uno spento sorriso.


 

A nostro padre

E’ arrivato quel giorno
e io l’ho chiamata,
ma Lei non mi ha risposto;
ma in quali faccende è affaccendata?

L’ultima mia ora è scattata,
ma Lei dov’è perché qui non è arrivata;
Lei dell’anima mia si è dimenticata.

Son qui ad aspettare
in un sogno virtuale,
ma soffrirò se qui mi farà restare.

Sai io l’avevo vista laggiù lontano,
e io a Lei tendevo la mia mano
chiamandola e correndo verso di Lei invano.

Questo vecchio corpo è ormai dalla malattia offuscato
e dal tempo molestato;
perché, perché da questa agonia non mi ha salvato?

Figli miei qui io vi devo lasciare
e a casa mia io non devo più tornare.
Lei è qui attorno, qui devo restare
perché Lei se no non mi potrà trovare.
Io son’ morto su questo bianco letto,
ma non so perché son qui che ancor’ aspetto.

Su, non t’arrabbiare
son qui vicino a te e l’animo tuo potrò alleviare.
Non dire altro prendi la mia mano
e insieme andremo lontano.
Io prenderò il tuo cuore
mentre il tuo corpo muore.
Sorridi e non esitare
perché qualcuno lassù ti sta ad aspettare ….. andiamo.


 

I due poeti

Lo Comune di Firenze questo bando divulga per annunciare un concorso pubblico tra i poeti per un vincitore da acclamare, e questo per lo nostro sommo poeta Dante da onorare.
Una statua sarà eretta al vincitore, qui in Piazza Santa Croce, e per un anno qui di restare e declamare i sui versi avrà l’onore.

Io avrò questo onore e declamerò qui i mie versi con calore.

Ecco lo novo Dante che è qui da noi venuto per allietar’ li giorni che son sputo. Tu con le tue rime folli e un poco strane rompi le palle a tutti ed anche ai cane.

Sono io lo nuovo divino non un folle come dice uno a me vicino.
Sempre io son’ qui venuto in questo sacro luogo a bere il vino tra preti e santi, e qui declamerò i miei versi e mi ubriacherò con gli astanti.

Quel che dicevo, appunto mi confermi, se ti ubriachi insieme con gli astanti e a trangugiare il vino non ti fermi, tu brillo sei insieme ai tuoi baccanti!
Ricordati che quando qui declamerò io la statua sarà eretta in onor’ mio!

Certo che tu una statua qui puoi ambire, ma affronterai le mie ire e noi quel’ di Dante per il nostro ardire. In Santa Croce noi ci si gioca un posto d’onore sperando nel suo divino buonumore. Io accanto al sommo Poeta le rime sento, ed è certo, che qui declamerò i miei versi che mi sussurrerà il vento.
Se tra preti, fanti e santi io brillo tu certamente alle genti puoi dillo con uno strillo. Io vivo con i popolani ed essi son’ veri , schietti e sani come il nettare degli dei sovrani.

Comunque, mio caro giullare o forse maestro ti dovrei chiamare, vedo che anche tu con le rime ci sai fare. Per questo io t’incorono e per scrivere i tuo versi una igienica carta io ti dono:
fanne buon’ uso perché se no non ci sarà perdono.

Lo so, io son giullare e mi diverto tanto quando sento in piazza Santa Croce il tu’ cantare, rider’ mi fai e questo ti concedo.
In rima qui ti rispondo al tuo ciarlare, perché è questo che sai fare.
Io son’ un signore e ridendo la igienica tua carta io mi prendo per scrivere li versi che ho nel core e che esprimerò lì con gran’calore.
Arrivederci messere, le do un consiglio;
è primavera vada alle cascine e usi il suo tempo a rincorrere le farfalline.

Arrivederci a lei messere e accetto il suo consiglio;
io andrò alle Cascine in riva all’Arno e bacerò le madonne fiorentine che i mie versi sorridendo ascolteranno.


 

A nostra madre

 

Vorrei poterti un bacio ancora dare

che prima non t’ho dato e che ora ti vorrei donare.

 

Vorrei quelle parole poterti dire

che mai ti ho detto prima per il mio fallire.

 

Vorrei poterti stringere al mio petto

e accarezzare i tuoi capelli bianchi con affetto.

 

Questo non l’ho fatto era in me sommerso

ma ora so il perché di quello che ho perso.

 

Tu muta e sorda sei distesa in quel letto

e non ascolti più le parole del mio animo pretto.

 

Con gli occhi chiusi e con il tuo vestito bello

il vento ti ha portata chi sa dove, ma certo il corpo tuo nell’avello.

 

Ma è qui che bussa il vento dell’inverno

vuole la parte che gli spetta senza alterno.

 

Il vento è già alle porte

e porta via l’ultime foglie morte.

 

Il vento dei ricordi è già arrivato

e qui resta soltanto una fotografia di ciò che ho amato:

 

appesa su una parete di una stanza

o sopra il tavolo di una scrivania senza nessun’altra speranza.

 

Vorrei poterti dire quelle cose con fervore

che sono rimaste qui dentro nel mio cuore.

 

Vorrei poterti dire ancora due parole

ti voglio bene non andare via ciò mi duole.


Figli di un dio minore

 

Hanno chiesto di andare

hanno scelto di iniziare .

Hanno chiesto di sparare

hanno scelto di ammazzare.

 

Sono partiti su quelle loro navi dorate

baciati dalle loro madri ammaliate

e dalle loro donne innamorate.

 

Ed ora per i loro figli e amanti non tornati

a Dio sul suo altare, con animi straziati,

piangono il loro dolore come dannati.

Loro non hanno scelto di andare

e sono scappati per non abiurare.

Loro non hanno scelto di sparare

e sono stati ammazzati per i loro amare.

 

Sono figli di un altro dio senza bagliore   

di un altro dio minore

di un dio che non ha amore.

 

Ed ora per i loro figli e amanti non tornati

non esiste un altare, là dove son’ nati

non esiste dolore per quei corpi inanimati.

Ho visto campi inerti

e di corallo coperti.

Ho visto cieli bruciare

e con il fuoco di tempesta ardere un altare.

 

Ho udito il tuono degli aerei con orrore

e nell’altre madri in queste ore

piangere il loro dolore.

 

Ho udito della mitraglia il suo canto

e delle madri lo scorrere del pianto

per i loro figli che or’ giacciano al camposanto.

Ho visto i loro totem decaduti

e i loro riti andati perduti.

Ho visto i cieli azzurri

calpestare nella polvere i loro sussurri.

 

Hanno la danza degli spettri ballato

ed ora tacciono i tamburi sul selciato

incatenati alla colonna del nostro altare dorato.

 

Sale il silenzio e muore la speranza

là è finita l’eguaglianza

nella gola di Wounded Knee non c’è fratellanza.

Ad un bimbo che vive nel suo candore

hanno donato dolore.

Ad un bimbo che muore

hanno strappato il suo cuore.

 

Hanno i loro cuori estirpato

e su questa pietra bianca hanno adorato

e il Sole immolato.

 

I loro templi sono stati violati

ma domani la paura, coi vostri cuori  d’odio inondati,

scorrerà sui vostri campi d’orati .

 


Nella città del Cuore

Nella città del Cuore

avevo trovato una ragazza con un fiore

in via dell’Amore.

 

I capelli color del mare aveva

con due occhi grandi come il sole possedeva

e un corpo come una Dea fulgeva.

 

Se tu la guardavi

te ne innamoravi

e con la fantasia volavi.

 

Se ti sorrideva con calore

sapeva donarti con fervore

una notte d’amore.

 

Ho portato una rosa con dolore

nella città del Cuore

e l’ho deposta con timore

sul suo portone in via dell’Amore.