Vecchio colono

Vesti stracciate, piedi nudi, per copricapo una vecchia scodella,

hai insegnato a quelle terre selvagge quanto la vita semplice, sobria, umile, possa essere bella.

Una Bibbia sotto un braccio, a proteggerti lungo il cammino,

nell’altro un sacco colmo di semi, con cui hai reso quell’inesplorato paesaggio il tuo personale giardino.

Hai speso l’intera vita a prenderti cura degli alberi che hai piantato,

su un territorio vastissimo, immenso, per metà del creato;

ai pionieri futuri, di quelle terre, prima incolte e inospitali, hai aperto le porte,

hai garantito loro, con i tuoi frutteti, inesauribili scorte.

Dormivi in mezzo ai boschi, ti dissetavi lungo i torrenti,

ti fermavi a leggere i tuoi versi sacri a orsi, lupi, gufi, come fossero anime penitenti.

Tracciavi il terreno con un ramo di faggio,

ci gettavi paziente i tuoi semi, del tuo amore ovunque si scorgeva il passaggio.

Poi la barba ti si è fatta sempre più bianca, l’anima soffice, più leggera,

hai proseguito il tuo cammino al di su della terra, a portare oltre la linea dell’orizzonte la tua primavera.

E quando ora scorgo in cielo una distesa di colore rosastro, lo so, me lo dice il mio cuore:

non mi inganni vecchio colono, non son semplici nubi, ma i tuoi mandorli in fiore.


 

Un amico speciale

Il piccolo orfanello passeggia spensierato per il sentiero ciottoloso,

ride, annuisce, scherza, con fare assai curioso:

l’occhio adulto esterno vede un bimbo e null’altro che procede per la via,

non sa che quello invece è tutt’altro che solo, è in buona compagnia;

con il suo amico rincorre farfalle sul prato,

prende la rincorsa e si tuffa deciso nel lago gelato;

si spingono a turno sull’altalena,

acchiappano rane fino all’ora di cena.

Sempre più stranito, l’uomo si avvicina, e con toni dolci e gentili, interroga il bambino:

con chi parli, con chi corri piccolo, con chi giochi a nascondino?

Quello si volta, lancia al suo amico uno sguardo di intesa,

scoppiano a ridere e riprendono a correre, verso valle, giù per la discesa.

Ma proprio non capisci uomo grande, proprio non sai vedere oltre il tuo naso?

Possibile che diventando adulti l’animo si indurisca a tal punto, e a certe cose non faccia caso?

Sfrega bene gli occhi, cerca in te il fanciullo dei tempi andati, allarga lo scenario:

finalmente lo vedi anche tu, l’orfanello vola, con le ali della fantasia, con il suo amico immaginario.


 

Diario con lucchetto

Ritrovo una piccola chiave nella confusione di un cassetto,

mi ricordo che serve ad aprire un diario segreto, protetto da un lucchetto;

lo cerco per tutta la casa, lo trovo, inizio subito a sfogliarlo seduto a gambe incrociate sul pavimento,

torno indietro, mi estranio dal presente, da tutto ciò che mi circonda, per un momento:

ritagli di vecchi fumetti, biglietti aerei, foto di personaggi televisivi,

ricordi di gite, frasi scambiate tra compagni di scuola, colorati adesivi,

pensieri scritti per passare il tempo, per gioco, pensieri documentati:

con tanto di firma riportano con precisione giorni, mesi e anni, ormai passati e dimenticati;

foto di persone di cui si mi si era cancellato perfino il volto nella mente,

pagine scritte con un linguaggio e modi dire che non è più mio, ma che son tipici dell’adolescente;

biglietti di Natale, autografi di attori incontrati per strada,

più giro le pagine e più i ricordi si fanno intensi, la nebbia del tempo si dirada;

innocenza, spensieratezza, voglia di ridere,

tutto concentrato in poche pagine scritte da chi appena cominciava a vivere.

Grazie a quella piccola chiave, ho ritrovato una parte di me stesso che era ormai perduta,

ho ritrovato un altro io degli anni trascorsi, della vita vissuta,

ho riscoperto parole che erano ormai uscite dal mio vocabolario,

e ora soddisfatto, giro l’ultima pagina: ti stringo le mani e ti porgo i miei saluti, autore del vecchio diario.