IMBENZINATO

Il gracchiare delle scarpe sopra alla neve fresca quasi consacrale

nel crepuscolo, ti attendo giuliva e goliardica, vanamente.

Ne è già caduta a sufficienza per fare si che le persone si

rifugiassero nei propri nidi.

Il ciel scarsamente assolato.

bramavo lungo il viale alberato di foglie autunnali e adesso

non più. Ne e rimasta una: sbiadita, insignificante che si attorciglia a

se stessa, color, quasi incenerita, che va a posarsi nella coltre
bianca assieme alle altre già inglobate dal terreno vivo.

L’arrotondare, snocciolando mi incammino solo

C’è un fascio di lucentezza, di un abbaino acceso pieno di vita e di

marmocchi in festeggiamento. Mi si adorna per le spalle e vedo

scivolare la distesa immacolata, il fluir di passi ed io son reietto

ad avanzare impavido verso te. Come un giullare nelle mie corde.


FUOCO SULLA LIBERTÀ’

Si odono grida di panico, paura, sgomento, la collera che ti assale
lo sguardo di chi non ce la fa a chiedere aidez-moi.
Poi un colpo sordo, inumano, profanatore, sacrilego, quasi dissacrante.

Continuano incessanti, discontinui, a rendere
colpi omaggio a chi, non so… Loro sanno.

Continua rabbiosa la caccia e i pazzi sanno o non sanno, chi
colpire.
Una giostra furiosa, maniacale, problematica, imponente.
Perché ha elaborato quel dissidio quella intolleranza o tolleranza,
se c’è o no, chi ti giudicherà di condannare o
assolvere il potere, forse.

Poveri tutti noi,
quel ronzio di pace che non c’è.
La matita deve continuare a comunicare.
chissà chi avrà ragioni d’essere…


Interrogativo? Né oggi né mai

Mi sono dimenticato chi sono? è facile o difficile, sono desolato.
Che cosa strana, ma buffa, vera, avversa, difficile, enigmatica.
O sono gli altri che mi hanno smarrito e sparito, era lì? Si è dileguato? Non
so, dove si è rifugiato? Cambiare identità è fantastico, oppure no?
Non so più chi ero, che cosa stavo facendo, ma che futuro avrò?
Perdersi nei sogni di qualcun altro, mi sembra strano desiderare o è una visione?
Scomparire dal corso degli eventi? Forse ho apprensione, ho una paura che mi attanaglia.
Quanto stai via, mi dicevi? I giorni, tutto ad un tratto, si gremirono di anni.
Ti spedirò una collana di baci, giusto giusto, per non dimenticarmi.
Questa lucentezza mi abbaglia, mi acceca, mi rende indifferente
agli sguardi di persone ciniche, fredde, quasi un ondeggiare del
mare in burrasca.
Chissà quante persone vorrebbero avere la chiave della porta e ritrovarsi, scomparsi,
per dileguarsi nell’ignoto, nell’abisso?
Essere uno sconosciuto agli occhi dì tutti. Chissà? L’oblio che cosa mi riserverà?
Tessendo armonia, di te.


Son…….io

Son in uso o son lesto, sul fruir dell’acuto gioir.
Sono ormai sazio nell’arguir del mosto, ferir.
Son volpe o volpon, non so, dite voi?
Scribacchio la penna, esogeno in punta nell’anfratto sentir.
Conca, bi conca, c’è ascia, che conga e il dolce fluir
dell’acuto percepir.
Son pigro o son svogliato, acuto o fatto, son qui, nello scanno ascolto, invano
quel che io ho colorato.
L’archibugio dovete adoperar per farmi star calmo.
Son maldestro, son falso, son discolo, son abile, ormai giunto all’egual di ordinanza, che è il mio dolce sognar.
Son caro o son burlone, son furbo o son pazzo, tanto io sparo sciocchezze ormai ascoltate.
Son maldestro, son falso, son discolo o son abile.
Già vero, che son qui a declamare gli ululati, suoi influir.
E voi menestrelli, su via, siete lì ad implorare il creatore che io
giaccia nella tundra assolata.
Bom, bom, tri conca.


Dimmi come d’incanto una libellula con le sue grandi ali, si posò
sul davanzale della finestra accanto. Come un fulmine nella notte
buia, allora c’è speranza “si chiese”, ma non ebbe nessuna risposta.
Luci, bagliori, sconforto, desolazione.
Ecco cosa lo attende, un’agnosia continua, rapito da una
infatuazione, da un amore non condiviso.
D’immensità di un istante appari, un’occhiata mirabile, spendente
quasi teutonica e poi baf baf, odore del mattino, sagace, luminoso,
i primi raggi, guardare, la brezza, il sapore del pane, il primo
fringuello a confortare il giorno, s’odono cani abbaiare a chi non
so, forse alla luna che sta per lasciare… l’irradiare, lo splendore,
in mezzo a notevoli nubi bianche, taglia a pezzi il fulcro di forma
sferica, rende il cielo color dell’aranciata, sospesa nel vuoto.
Astrusi e complessi son i miei versi;
ma giaccio accanto a te mirabile donna con la chioma fulgida,
rispedente, di fasci e calor ed incantevole ti adorna.
Fulgida question a mirabile vista? Dimmi inutile poeta; son io
che condivido la nostra coniugale alcova? Sì, abile sposa.
Condividere la tua assenza, il dono che hai avuto, l’immancabile
leggerezza nei tuoi versi a volte simpatici, a volte catodici,
ammirevole vista a te dedico con lodevole gioia, questo mio seppur
semplice verso.