DAVIDE E LA FIONDA E IL VIDEOGIOCO

Ormai a questi raduni, il numero dei partecipanti cresceva in modo esponenziale. Di settimana in settimana
sempre più’ bambini volevano partecipare. Il gruppo era nato da due amici che erano convinti, i loro veri genitori, fossero altri rispetto a quelli che fino ad ora gli avevano cresciuti. Le storie degli altri bambini erano le più’ disparate. Alcuni non notando alcuna somiglianza fisica non riuscivano proprio a rispecchiarsi in loro. A nulla erano valse le nozioni di genetica sul libro di biologia che avrebbero spiegato loro come la somiglianza poteva essere stata mescolata e nascosta nelle generazioni precedenti. A nulla erano valse perchè la play station aveva avuto la meglio e nessuno era riuscito a leggerle. Chi lo aveva fatto lo aveva subito dimenticato. I nonni erano morti e i genitori, sempre al lavoro, non avevano mai avuto il tempo di far vedere loro una foto degli avi. Anche la generazione dei genitori stava perdendo il senso degli affetti naturali. Certuni altri non trovavano nei genitori alcuna affinità’ elettiva. Chi amava suonare il piano
doveva fare i conti con la grossolanità’ delle mani gonfie e sporche del padre carrozziere che, sempre nervoso, tornando a casa invece di benedire il pane sulla sua tavola malediceva il suo lavoro. E non capiva
certo le inclinazioni del figlio che secondo lui era effeminato. Certi uni altri non avevano voglia di fare niente. Anzi volevano solo sfidarsi in consolle e non capivano l’ansietà della madre di procurarsi un futuro attraverso l’impegno scolastico. Avrebbe voluto essere il figlio del carrozziere.
Anche se poi non trovavano male avere la domestica che rifaceva il letto per lui tutte le mattine e abbandonavano l’idea. Le bambine poi erano le più’ sentimentali. Dopo un litigio in casa avevano la certezza di essere state adottate dai loro coinquilini, gesto che avevano compiuto per fare un piacere al vero genitore morente. Ma neanche questo pensiero però’ suscitava gratitudine verso di loro. il leitmotiv sempre lo stesso: boicottare sti poveri genitori in modo seriale. Ne avevano abbastanza di avere sempre cose da fare su comando. “Se loro non erano i veri genitori non avevano certo il diritto di comandare”. “Non avevano certo scelto loro di venire al mondo, tantomeno avevano scelto i veri genitori.”
Solo un bambino, Davide, divenne adulto in un attimo e la sua prospettiva cambiò. Nessuno capi come aveva fatto a crescere di statura e ad avere i baffi a soli otto anni. Andava in giro con una fionda e si mormorava avesse abbattuto un enorme gigante: era sopravvissuto alla morte dei suoi genitori ed or se la cavava da solo.
Certo aveva pianto tanto. Perché aveva dovuto imparare a dormire da solo, a cucinare e a fare la spesa. Poi doveva lavarsi da solo e lavare i vestiti e anche la casa. E anche pagare le bollette sennò sarebbe rimasto di nuovo senza acqua e senza luce. Ma soprattutto aveva pianto tanto perchè aveva capito di essere stato vittima di un inganno del suo tempo. La vita non era quella dei videogiochi e la morte era vera. Non esistevano le vite di scorta a cui si era abituato giocando. Non si poteva premere pausa e nemmeno stop per ricominciare una nuova partita. La vita vera, con la quale aveva perso il contatto, era un’unica partita da giocare fino in fondo, fino alla fine, al meglio delle proprie possibilità. Ecco perche ormai girava sempre con la sua fionda che il babbo gli aveva regalato quando era piccolo.
Quando ci si sente inghiottiti dalla play non si riesce più’ ad uscire dalle sabbie mobili del divano rimanendoci incollati. Quella fionda costruita dal padre e ritrovata in un cassetto alla morte dei genitori aveva aperto gli occhi di Davide. Non sentiva più’ quei rumori robotici e metallici degli spari nelle orecchie e i colori erano diventati naturali. Era cruda la realtà’ ma anche bella. Il videogioco che lo aveva tenuto incollato a sè per anni non gli aveva dato niente in cambio del tempo rubato. L’amore che invece sprigionava quel giocattolo fatto a mano aveva riempito i suoi occhi di lacrime e il suo cuore di pace. Aveva
deciso che sarebbe tornato al gruppo per divulgare ciò che aveva scoperto.
I genitori certo non essendo stati scelti potevano non essere all’ altezza delle loro aspettative ma erano veri. E il diventare uomini significava accettarli cosi come sono senza rinunciare a diventare ciò’
che desideriamo essere.


L’ambulante di Oxford

Un venditore ambulante gracchia nella piazza del mercato di Oxford.
Il suo timbro e’ nervoso, rauco, mi ha graffiato l’anima.
La sua voce ruvida mi ha accarezzato il dorso.
E si e’ infiltrata insieme a questo vento spigoloso
tra i miei capelli e gioca con le mie orecchie.
Ma io non sento quali mercanzie propone.
Mi ha graffiato l’anima.
La sua voce stridula mi ha lasciata lì’
nel mezzo della piazza di Oxford, confusa.
Per un attimo non sono riuscita a muovermi,
non potevo fuggire.
Sono solo di passaggio ripetevo.
Avevo la sensazione che anche il vento sapesse di me,
del mio smarrimento interiore,
voltata di spalle mi sentivo un po’ più’ al sicuro ma non del tutto.
Non potevo credere che una voce soltanto,
che una voce graffiante avesse il potere di cambiare il corso di una passeggiata.
E che facesse riaffiorare in me ferite antiche che credevo ormai innocue.
Le nuvole sullo sfondo erano le uniche testimoni.
Che con la complicità del vento portano ancora alla mente il volto e il suono di un un’inconsistente sonorità’ stridula.


Zingari della Camargue

Ho sognato nella notte estiva zingari della Camargue
che avanzavano con i loro destrieri.
Come continuare a leggere, scrivere, sognare ?
Abiti, teli, porte e finestre,
legno intarsiato e ferro battuto
marciano in fila rumoreggianti.
Un eco di un violino lontano,
le labbra che si aprono, ancora semichiuse si bagnano appena.
I capelli come un contorsionista si intrecciano tra le tue mani
e le mie ansiose che ti cercano, assaporano, ti penetrano nell’odorosa pelle.
Ma sto ancora sognando ad occhi aperti perché tu non mi vuoi mi respingi ancora.
Sei come una fiamma intermittente che si solleva e ricade senza spiegare,
senza un minimo perché.
Io ti amo con il calore del corpo e la mia anima bambina.
Forse dovremmo amarci al buio, non per pudore,
ma per impedire alla luce di circoscrivere e limitare l’infinito desiderio l’uno dell’altra.