Due regali
Un bacio vorrei regalarti,
che decolli e viaggi distante
con le ali possenti di un’aquila,
oltre il firmamento lucente.
Un bacio che infine si adagia,
trovando riposo,
su delle labbra senza tempo,
arrivando a te, in quel porto
dove batte il tuo cuore
e dove si rompe il flutto
di questo oceano di dolcezza.
Un palmo vorrei regalarti,
che trasporti la tenerezza
di un incanto smarrito
al ridestarsi di un sogno.
Un palmo che infine si posa,
trovando il suo posto,
su di un volto senza età,
facendoti arrivare
il calore della vita
e la folata di una brezza
che sfuggono ai sensi,
la sensazione di me.
Nonostante il cielo
Frugo memorie che non colmano il nulla
mentre lo sciabordio della pioggia si sbriciola sulla sabbia
e nella poltiglia finiscono i desideri,
in quel fango di orme bagnate, dove talvolta, invano,
spuntano gambi piegati dalle fredde folate.
Nonostante abbia visto tanti cieli, abbia vissuto tanti giorni,
nonostante tutti i sapori e tutti i profumi,
ho smarrito le carezze, poiché le tenere foglie
hanno lasciato lo spazio ai secchi rami che graffiano,
nel confino di un cielo azzurro.
Posseggo i codici della solitudine, le regole delle malinconie,
che sempre ricompaiono ad ogni nuovo respirare.
Morbida primavera tu porti i canestri ripieni di cose buone,
anche se esci scolpita dall’inverno.
Vorrei tutti gli accordi della tua musica
per fischiettarla tra le chiome con l’aria del vento e
scalare la rupe fino ad un altro cielo.
Vorrei l’estate al comando, con il sole al centro
e le belle cose tutte attorno.
Una voce delicata e quello scordato atteggiamento garbato.
Vorrei altopiani per correrti incontro,
oceani di acqua limpida dove veleggiare insieme,
solo di luce usurpati.
Il rimpatrio del sogno dalla lunga nottata,
sul giorno nuovo.
Uno sguardo
Ti vorrei guardare dentro umana creatura,
strana nella sua comune diversità di colori e di fattezze,
per questo bella ed intrigante.
Ti vorrei aprire, come il falegname fa
con una scatola di legno, ma non si può, ti farei male.
Ed allora mi ingegno ad usare un linguaggio
che non ha voce, che usa il silenzio di uno sguardo.
Una strana sensazione, timidezza mescolata a pudore,
mi sorprende mentre tu sorridi.
Solo ora capisco come sia difficile affrontare
il facile meccanismo che origina dagli occhi
e giunge fino all’anima che ognuno di noi
tiene segretamente imprigionata nel cuore.
E’ la libertà, che ognuno di noi ha da quando nasce,
di pensare sul serio a chi ci sta accanto.
Un istante, chiudere gli occhi per un attimo
e respirare tutta l’aria che c’è. Riaprirli, e senza suonare
nessun campanello o calcare nessun tasto,
guardare dentro quelli di chi abbiamo di fronte.
Se funziona, la vita ha un senso.