LA STORIA CHIUSA

Memorie brevi di un auto-mono-designer.

 

Egli disegnava con una matita spuntita.

Aveva deciso di non  disegnare più, ma la mano lo portava a rappresentare, senza lasciare tracce, segni e tratti come un muto che, senza voce, volesse parlare. Il foglio si riempiva di pensieri indecifrabili e presto dimenticati. La matita era la mente vivente, senza suono né volere.

 

C’è un disegno unico

il cerchio,

il centro è il suo spazio.

 

Decise di dedicarsi  all’attività di auto-mono-designer, interessato soprattutto alla progettazione di colonne a fusto variabile, dalle dimensioni e dai dettagli raffinati e significativi. Il titolo di auto-momo-designer voleva significare : colui che disegna, per sua decisione e per se stesso, cose isolate non ripetibili. In tal modo non era vincolato ad impegni verso altri  né vedeva la sua opera moltiplicata e corrotta dal grande numero.

 

Si dedicò allo studio della prima opera da realizzare, una colonna classica in ferro e vetro con luci interne e fioriera terminale. Un kitsch di avanguardia.

Cominciò a sfogliare antichi volumi per prendere ispirazione e studiò per molti giorni.

Cominciò a realizzare la struttura portante di una colonna con rocchi di pietra semplicemente sovrapposti, senza malta o altro legante, alla maniera degli antichi costruttori greci.

Lo sforzo fisico, cui si sottopose, fu enorme, perché sollevò e sovrappose i blocchi di pietra, precedentemente sbozzati, sagomati e scanalati, senza ricorrere a mezzi meccanici o ad aiutanti. Amava dedicarsi in totale solitudine alla sua ricerca, senza interferenze e  presenze fisiche di alcun genere. A lavoro completato, una colonna perfettamente uguale ad una di quelle di un colonnato dorico greco, la guardò da lontano e da ogni lato per decidere sulla definitiva realizzazione in ferro e vetro.

Aveva idee confuse e una grande stanchezza fisica.

Guardando il lavoro fatto si accorse che la sola struttura portante poteva restare così com’era, un non-finito fortemente espressivo, che non aveva bisogno di altri interventi.

Si sentì proiettato nel passato e come immobilizzato in un sogno che lo isolava dal reale.

Nei giorni seguenti passò le giornate seduto davanti alla sua colonna, guardandola sotto i vari effetti di luce che proveniva dall’esterno e sotto le carezze della corrente d’aria fresca che la lambiva con leggerezza. Non riusciva a capire se doveva o non doveva continuare nel lavoro per realizzare quella colonna in ferro e vetro che aveva progettato o fermarne la storia in quel pezzo non-finito che gli era davanti.

 

I pensieri si confusero in immagini di non-finito sempre più liberi ed incompiuti, che lo tennero occupato e assorto per molto tempo: pensò a paesaggi, architetture, racconti, episodi, musiche, in frammenti, in brani, in pezzetti, in soffi, in sprazzi.

Scoprì la bellezza dell’incompleto, del momento, del gesto che si ferma, della luce spenta.

 

Si rimise a disegnare.

Lasciò che la mano scorresse sui fogli senza una meta. I suo obiettivo non era cominciare per finire, ma lasciare tracce e segni sulla carta. O solo cominciare la costruzione di un pezzo in qualsiasi materiale. Era sufficiente l’incompleto per ottenere il vero e definitivo.

 

Scoprì l’importanza dell’architettura non finita, sia che fosse reale e costruita sia che fosse solo disegnata. Questa lo spinse a progettare molto, non era necessario che il disegno rappresentasse immagini concluse, ma solo iniziate. E sospendeva l’opera quando essa appariva, senza esserlo, compiuta.

 

Si liberò dalle leggi della statica, dalle regole della composizione, dall’equilibrio dei volumi. Da tutto quello che in precedenza l’aveva costretto nei lacci delle regole precostituite.

Lasciò camminare la matita sul foglio senza meta, iniziò a pensare liberamente mentre disegnava. La mano disegnava altri pensieri. I disegni uscirono come sogni dal cassetto e si attaccarono alla carta.

Erano finalmente vivi.

E scrisse :

Al di là delle cose c’è il sussurro,

l’occulto che vi è in esse.

L’energica apparizione

della certa materia

è

nella forza vitale del profondo.