Poesie
Se un giorno
Se un giorno
lì, sopra gli antichi legni,
in uno spazio amato
come q uesto di stasera,
le mani bianche agili,
le acutissime risa,
l’argentea voce
e i bei capelli neri
e i volteggi mirabili
nel soffio della scena
riconsegnasse il tempo
agli occhi del mio cuore,
benedirei le lacrime,
i freddissimi Inverni,
i sentieri di stoppie,
i fiumi senza ponti
e, smessi all’alba
i panni del teatro,
a Nessuno direi forte
i versi sconosciuti
della commedia
che abbiamo scritto insieme.
Questo Autunno
Dolcissimo dolore
di foglie trasparenti,
sfacelo biondo
schiacciato
sull’adorata pietra rossa
della mia terrazza antica
da quest’Autunno di piombo
che non avrei voluto amare.
Così,
mi vesto di giallo e di vermiglio
come d’un indimenticato
mantello di bambina
e nelle calde trame
m’infilo
e m’addormento.
La stanza più bella
La stanza più bella
al nero mio bosco declina
e prima fra tutte le stanze
s’accorge gelosa dei voli,
dei canti, dei gemiti
noti all’alba del giorno
e al mio desiderio di pace.
Ritiene i segreti
di tutta una vita,
lo scrigno d’infanzia
e i primi bei voli sul mare,
tappeti, alabastri,
i valzer, le polke,
le feste d’Inverno,
i doni, le risa,
il tè coi biscotti dell’Ida
e Tu che non muori,
che intrecci il tuo sole
fra i pini divelti,
che canti, che danzi
e mille linguaggi discorri
per me.
Crepuscolo
In un solo respiro
raccolgo le mie forze.
Perforo il cielo del tramonto
ad ali tese
ed occhio tagliente le nuvole di sabbia.
Il crepuscolo rosa
è mattino
alla mia notte senza buio.
Mi staglio
sulla vetta del mio cedro,
mirando in basso
i fiori di magnolia
in tanti anni sbocciati faticosi
e i nostri sogni d’angeli
intrappolati lì.
Il Babbo
In un vola vola
di cinquant’anni fa
si compendia il Babbo.
Tutto il mio Babbo
è in un vola vola:
t’avvolge, si svolge,
girando e rigirando
come ancora gli fossi in braccio.
Assai presto
ci hai tolto il tuo mantello.
Il cielo
pesa sulla testa
e sulle spalle.
Ad uno ad uno
cadono tutti gli alberi
del nostro vecchio
irriconoscibile giardino.
Estate
Rigoglio tronfio,
gonfio.
Orgoglio, trionfo,
guazzabuglio.
Sfarfallìo.
Sfavillìo.
Mormorìo.
Gorgoglìo.
Sul leccio
dolce, fidato,
ostinato cicaleccio.
Alla fine
Non lasciare alla fine
cadere l’Inverno
sulle nostre teste bianche.
Siamo molto più fragili
di quando
eravamo bambini.
Non lo avremmo saputo
se non fossimo
arrivati sin qui.
Senza paura
Non sono artigli,
né frange, né mani,
né lunghe ciglia,
né piume di struzzo,
né pennelli, né spine,
né ombrelli,
né ventagli d’un tempo,
ma le fronde d’argento,
spillose e cinerine,
altere e preziose,
pietose e potenti,
piangenti e amorose,
molli d’acqua e di vento,
mio tetto e mia capanna,
del mio cedro adorato
le vigilanti braccia
in preghiera su me.
Dov’è Mimì?
Salta di qua.
Salta di là.
Dov’è Mimì?
E’ là! E’ qua!
Sopra il muretto!
Dietro la porta!
Mimì furbetto,
la strada è corta.
Là sul balcone
c’è la merenda di cioccolata.
L’orto sul fiume,
l’erba, il pallone,
la bicicletta
di noi bambini
e le lucertole
tra i sassi al sole.
Viole d’Estate,
rose d’Inverno:
non chiude mai
questo balcone.
Nel Paradiso
che m’appartiene
palpita eterno.