Poesie e Racconti
Ancor io son vivo
un moto incessante di forti emozioni
smosse sommosse da poche parole
scendono lacrime il pensiero si annebbia
ricordi sofferti senza odio né rabbia
ma solo un profondo sentire dolore
che scoppia improvviso e annienta il domani
e sento strapparsi i tessuti le membra
nel petto nel ventre nel viso e la pelle
e lacera e consuma e toglie il respiro
e aspetto e lascio che io viva la morte
io sola impotente di fronte alla sorte
che forse credeva con me di aver vinto
ma io sono io sento di amor non mi privo
io sono io sento e ancora io vivo
Emozionandomi di te stanotte
Tesoro infinito
l’averti incrociato
Sul mio cammino
a portarmi lontano
Respiri che accelerano
fermandosi a un tratto
Si cercano si aspettano
e poi si rincorrono
Come foglie d’autunno
portate dal vento
In un giro leggiadro
girandosi intorno
Apparizione fugace
un bagliore di luce
Ad illuminare le tenebre
della mia mente insalubre
Un istante
Un saluto
Svanito
Immediato
ed Io
Erro o ho errato
Brani tratti da
LEI, SIMONE francesina ma solo di nome.
Una sera a caso in un posto qualunque
Ecco, era un’altra serata mondana da affrontare, era tardi ed era arrivata da poco, stava camminando nel piazzale esterno, c’erano tante persone fuori, la musica era alta, poca luce, confusione. Si sentiva insicura, era la prima volta che metteva piede in quel locale estivo così frequentato, era un ambiente nuovo e lo sapeva le occorreva un po’ per orientarsi, fortuna che la sua amica sembrava a suo agio e disinvolta, lei invece si sentiva fuori posto, come sempre si domandava cosa mai ci facesse là, ma sapeva benissimo che era così che funzionava, quella ormai era la sua nuova dimensione di vita, inevitabile. Si diresse verso la sala interna preceduta dalla sua amica, sentiva il suo passo incerto ma ostentava tutta la sicurezza che poteva. Fu allora, fu lì che lo sentì, in giardino, una voce, due sole parole arrivare da un lato “ehi ciao”, quella voce, quel timbro inconfondibile, la sua voce. Si sentì gelare dentro, il terreno le mancò sotto i piedi, un formicolio le pervase tutto il corpo, no non poteva essere, non poteva essere lui, eppure ne era sicura era la sua voce, o forse no stava solo delirando, il desiderio di lui era tanto e tale che ormai le sembrava di vederlo ovunque, che forse adesso cominciava anche a sentirlo. Fu un attimo, un istante, un cortissimo eterno lungo istante nel quale le sembrò che il tempo si fosse fermato e poi avesse accelerato vertiginosamente tanto da farle girare la testa. Si voltò in direzione di quella voce con una velocità che la trovò impreparata, intravide i contorni dell’uomo dal quale le era parso arrivare quel saluto, era buio, la sua miopia non le era d’aiuto e la velocità del suo movimento ancora meno, era impossibile si ripeteva, era tutta un’allucinazione, ma anche i lineamenti di quella sagoma sembravano appartenere a lui, non riuscì a inquadrarlo tanto era in confusione, si voltò altrettanto velocemente in preda al panico totale travolta da mille emozioni incontrollate, e nella velocità vide il sorriso di quell’uomo e ancora il tremore alle gambe, era quel sorriso che l’aveva rapita, tutto glielo stava dicendo, non ebbe la lucidità di guardarlo ancora in viso, vide la sua camicia bianca, seduto accanto a qualcuno, chi era?, no no no non poteva essere lui, non poteva, anche se lei sentiva il contrario si ripeteva che non poteva essere. Non riuscì a tenere lo sguardo su di lui, si sentiva così stupida in preda a tutte quelle emozioni, mentre continuava a dirsi che era tutto immaginato nella sua testa. – quel tipo saluta te! le disse la sua amica, – no è impossibile saluta qualcun altro, io non conosco nessuno qui e nessuno conosce me!, le rispose. Chiuse gli occhi, la gola secca, deglutì e continuò verso l’interno. All’entrata si voltò, in cerca di conferme, il cuore in gola gli occhi annebbiati, quell’uomo… non riuscì a rivederlo, c’era troppa gente o non c’era più! o non c’era mai stato ovvero non era lui, ma aveva davvero immaginato tutto? no non lo pensava. Era lui, era la sua voce. Lei l’aveva sentita. Tutto il suo corpo l’aveva sentita. Anche se le pareva impossibile. Cosa ci facesse lì non se lo spiegava, tutto il resto non se lo spiegava. E non era richiesta spiegazione, la conclusione era la stessa, lui aveva volutamente deciso di stare con altre, e a lei non sarebbe importato niente se non fosse stato che lui aveva deciso di non stare con lei, anzi di stare volutamente lontano da lei, o almeno questo era quello che le aveva detto l’ultima volta che si erano parlati, lontano da lei che non chiedeva e non pretendeva nient’altro che la sua presenza, lei che teneva dentro quell’ indecifrabile indefinito leggero sentimento.
Le mancava, le mancava forte, accidenti quanto le mancava.
Quella sera era martedì.
Lui eri te.
Lei ero io, Simone.
……
Il tuo posto nella mia vita spiegato in dieci righi.
Così Simone scrisse di lui:
Emozione! pura semplice fantastica emozione! Non me lo aspettavo! Neppure lo avrei voluto! Ma questo è! quando si tratta di te non mi aspetto mai niente, ed è la cosa più bella che io vivo, sei capace di tutto tu e di tutto il contrario, lo so benissimo, nonostante lo sappia riesci sempre a stupirmi, sei imprevedibile, è una tua prerogativa, una costante la tua imprevedibilità, è quello che di te mi rende piacevolmente instabile e quello che altrettanto mi attrae, a dispetto di tutto, mi crei quello stato d’animo che mi cattura i pensieri e allo stesso tempo li delizi, il tuo esserci mi toglie il respiro e senza te mi manca l’ossigeno.
Nonostante tutto, hai un senso, tu nella mia vita hai il tuo posto e un insensato incomprensibile senso di esserne parte.
E nel mentre stesso affidava queste parole alla carta che le avrebbe custodite, stava chiudendo la sua storia in un quaderno che si promise non avrebbe più aperto.