LA SAGGEZZA

La saggezza del vecchio è solo nel rendersi conto di aver sprecato la sua vita. È nell’avere il coraggio di vivere pienamente la sua giovinezza, seguendo nientemeno che i suoi istinti. La passione. Ma è un coraggio che esiste solo a patto che sia troppo tardi.

Siamo una voliera di pappagalli ammaestrati! Si attraversa la strada col verde, si va al supermercato per il cibo, si fa la fila per il bagno, si dice grazie, scusi, buongiorno. E se avessi sentito una forte curiosità per un estraneo? Non corretto. Disdicevole. E se fossi stato stanco di tenere dritte le spalle e avessi avuto bisogno di accasciarmi a terra davanti a tutti, di disegnare i loro volti? Tempo tempo tempo. Ho da fare un lavoro lasciatemi stare. È vitale che io non rimanga indietro. Qualcuno suona una musica mentre tutti vanno veloci. Lo ringrazio immensamente, anche se lo ascolto lo spazio di un baleno, giusto per ricordarmi che la vita esiste. Aaaah forse quello che suonava ero io….. no, non mi sarei laureato. Da dove mi era nata la convinzione che la laurea fosse più importante? Chi lo aveva deciso? Io no di certo. Ho studiato la psicanalisi. Il mio Es libero l’ho soffocato bene, come tutti. Lo facciamo perchè è giusto, per il vivere sociale. Adesso che la morte mi lusinga, il vivere sociale dove sta? La fissa del controllo, dell’ordine. Bene, bene! Sei una persona in gamba. Oh grazie, grazie!

Alla fine la vita ci sembra tanto lunga quanta è quella che possiamo ricordare.

Sai che sono solo i ricordi emozionali che si fissano nella memoria a lungo termine?

Chi sono? Il pianto mi sale alla gola, mi soffoca. Sono un animale ammaestrato che sa muoversi nel mondo. Se non avessi imparato, non sarei stato capace. Ah tornassi indietro! Non voglio rivivere niente, ho superato tutto e non so come ho retto. No no, non ci riproverò. Ho solo bisogno di cambiare alcune scelte e vedere che succede. Solo se hanno influenzato vita futura. Voglio le possibilità che ho rifiutato. Ne avrei il coraggio.

Ma poi, perderei le possibilità che ho avuto? Dov’è che ho sprecato tempo? Voglio avere tutto. La vita è una (o no? E questo chi lo dice invece?). Allora, se la vita è una non puoi permetterti questo gioco delle possibilità. Dovremmo averle tutte. Ho dormito troppo? Ho corso troppo? Non lo so…è solo tutta una scelta. In base alla scelta determini chi sei.

Chi sono? Non lo so… allora è tutto un teatro. Sono un animale ammaestrato, chiuso dentro la gabbia del mio cervello.

Se diventi professore sei più in gamba. Il lavoro del dottore è più retribuito di quello del cameriere. L’artista è povero e dunque non è nemmeno un artista.

Le albe e i tramonti sono lo spettacolo giornaliero. Te li sei persi quasi tutti. Avevi di meglio da fare, immagino, cosa? Non ricordo.

Ho goduto di essere migliore degli altri, intimamente non mi è dispiaciuto vederli cadere. Avrebbero potuto migliorarsi. Non ho……. capito……. mai…. la fragile umanità di tutti. Ho giudicato bene o male, bianco o nero. Ho ritenuto di avere ragione. Che illusione! Che pena di me stesso. Ho pensato di condurre la vita per la quale avevo faticato, raggiungendo traguardo su traguardo.

Traguardi non miei! Per dio! Chi ce li ha messi quegli obiettivi davanti a me? Io no di certo, credo.

E se mi fossi solo seduto davanti al mare ad ascoltare? Se avessi voluto dedicarmi a qualcosa di derelitto? Portare acqua a chi ha sete. Se avessi ceduto all’imperfezione? Un fallito perfetto.

Oggi sono vecchio e non sono un fallito. Le persone mi conoscono e mi stimano, perchè non mi capiscono dunque. Conosco tre o quattro lingue, e nemmeno io capisco loro. Ma fa curriculum. Sono una persona distinta e rispettabile. Anche i miei figli ho tirato su bene.

Sono intrappolato qui, non posso tornare indietro, questa volta non basterà volere fino in fondo l’unico obiettivo davvero mio. Non sono un fallito e non so chi sono. Nessuna saggezza. Follia. Follia. Ho perso credendo di vincere.

«È strano è? Pensi alla vecchiaia e ti senti quel panico di non poter più tornare indietro. Tanto forte è il pensiero che ti devi sforzare per convincerti che stai sognando. Ti fai violenza per dimostrarti che sei ancora giovane e sulla vecchiaia ci stavi solo riflettendo. Invece puoi ancora giocare quanto vuoi a fare i salti temporali. È così facile, vedi? Arriverà in un attimo, come questo pensiero»

«Goditi la vita, non pensare alla vecchiaia!».

«Perchè? È utile!».

«A cosa è utile? Quando sarai vecchio penserai alla giovinezza. Quello è utile. Vivi bene la vita, che poi ricordare sarà una consolazione. Non rinunciare a niente: laureati, sposati, fai dei figli, metti da parte dei soldi e spendine abbastanza per toglierti delle soddisfazioni, il resto lascialo a chi verrà dopo di te. Ci saranno dei problemi, sicuro, ma non avrai rimpianti».

Andiamo, perchè si sta facendo buio e la metro chiude alle 23.00. Dobbiamo sbrigarci.


DUE VITTIME DI DIO

Ifigenia: «Il tuo è un dio migliore dei miei».

Isacco: «No. Ifigenia, no. Artemide è corsa al tuo pianto, al tuo terrore. Artemide ti ha strappato dalle braccia assassine, consegnando al carnefice una cerva innocente che ha urlato il tuo dolore, la tua disperazione».

Ifigenia: «ANCHE TU HAI CREDUTO ALLA STORIA DELLA CERVA?»

Ifigenia scatta in piedi. Ha il viso provato, furioso. Si scaglia contro Isacco, lo spintona senza forza. Le lacrime le torturano gli occhi e parla con un filo di voce.

Ifigenia: «Io ero la cerva! Io ero la cerva!»

Ifigenia si butta a terra, il suo vestito bianco virginale è un sacco di niente.

Ifigenia: «I miei dei ne sono usciti puliti, mio padre non ha le mani sporche di sangue. Io ero una bambina, impaurita ed eccitata, che veniva accompagnata all’imeneo, al mio bellissimo sposo Achille, un eroe troppo grande per me. Poi ho visto la trappola, e quella dolce paura è diventata un nero terrore, amaro».

Ifigenia guarda Isacco, poi guarda se stessa quel giorno.

Ifigenia: «Non ho avuto il tempo di fuggire, di pregare, di implorare. Non ho avuto il tempo di odiare. Il mio sangue già fluiva dal mio corpo ed io guardavo i dolci colpevoli occhi di mio padre cullarmi. E lo amai, perchè in quel momento mi teneva la mano. Era lui il solo unico stralcio di vita che mi rimaneva. Il solo ricordo d’amore…sai? Sono contenta che il mio sacrificio lo abbia portato a Troia. È una guerra che ha vinto, dopotutto. Tra me ed Elettra, la figlia prediletta sono stata io».

Isacco sapeva che Ifigenia recitava una farsa per se stessa. Lei doveva saperlo chi era il carnefice, chi la vittima, ma non voleva cedere a quel dolore. Isacco volle liberarla.

Isacco: «Ifigenia, ANCHE TU HAI CREDUTO ALLA STORIA DELL’ANGELO?»

Passò del tempo. Lei doveva capire. Credere. Proruppe in un pianto muto. Spalancò la bocca e non uscì un suono. Il dolore rimaneva negli occhi senza lacrime, nel cuore torturato. Lui voleva rimediare.

Isacco: «Ifigenia, dio non chiede un sacrificio per poi cambiare idea. Perchè dio non chiede sacrifici! Ogni dio è amore. È l’uomo che teme il castigo di dio per i suoi delitti, dunque li ha chiamati sacrifici. Ti svelo questo: un dio non si scomoda a fermare la mano di un uomo che uccide in suo nome. Quell’uomo è un empio, è già dannato. Chiediti sempre, chi è il lupo e chi è l’agnello? Lo chiamano libero arbitrio. Tu cosa sei? Cosa era tuo padre? Il lupo o l’agnello? Dio salva e danna così».

Ifigenia: «Ora so che la mia morte è stata ingiusta».

Isacco: «Tu lo sapevi già. La verità è sempre talmente chiara. L’uomo lo sa, che non esiste angelo e non esiste cerva, che gli dei sono tutti uguali, e che le guerre le vince il lupo. L’ignoranza di questo è solo la miglior giustificazione al male».

Ifigenia: «Tuo padre ha fermato il suo braccio da solo dunque, ti amava molto».

Isacco: «Mio padre ha sfidato dio, ha azzardato a credere che dio non fosse quello che gli avevano insegnato. Non ha accettato un dio strumentalizzato dall’uomo. Proprio come un ateo. Non amava tanto me. Egli mi ha mentito per un lungo viaggio, verso l’olocausto. Mio padre voleva che dio fosse diverso, che fosse amore. Così ha scoperto il vero dio, la felicità.

Tuo padre non ha avuto quel coraggio. Ha perso una figlia, e vinto una guerra».