Se quando accendo una candela
respiro il tuo alito
e sono ricoperta di pois
non puoi condannarmi
al rogo di fragole
che sanguina panna al caffè.
Non mi piace,
eppure
ci sono.
Ti lascio accesa la luce
e quando ne hai voglia
annusa lo zucchero di canna,
grezzo come te.


 

Ti ho incorniciato
in un quadro surrealista
nella cornice sottile
della mia bocca
e ti ho appeso
alla parete bianca della stanza.
Ti ho disegnato
una grossa linea nera
sugli occhi
come mi avevi chiesto.
Ti ho appeso
alle corde del mio cuore
e ti ho calato
in abbondante acqua salata,
che hai provveduto
sapientemente
a stemperare
e a congelare
provocando
la calotta cranica
di un tesoro
che mai ti renderò.

In caso d’incendio, rompere il vetro.


 

Mi poso sui tuoi baffi
per vedere il mondo
dalla prospettiva
delle onde
cerebrali.
Poi scivolo
e mi aggrappo alle righe
del tuo quaderno nero
e mentre ti lascio
scritta la parola
cado giù
perché hai iniziato
a cancellare.
E allora
ecco che si rivela
la tua maglia a righe
come la rete
dei pesci sbigottiti
che riescono a entrare,
ma non a uscire.

Sono fritta.