Lotta

Sarebbe imperdonabile non provarci neanche.
Ripetendo mentalmente questa frase, mi alzai dal mio sgabello, incamminandomi verso la donna che sedeva, manco a dirlo, da sola in fondo al locale.
Era bella, bella davvero. Con quei capelli biondo paradiso, che sembravano fare da cornice al suo viso: due occhi assenti, sembrava essere fuori posto in questo schifo
di locale, anche se qualsiasi cosa avrebbe fatto schifo se paragonata a quella bocca carnosa, senza neanche un velo di rossetto, che sembrava dire:
“Baciami, forza, che aspetti?”
Quando le fui vicino non riuscii a fare altro che passarle davanti, dando uno sguardo fugace a quel seno – dio che seno – sarà stata una terza buona.
Entrai nel bagno degli uomini, e mi sentii come quella fanghiglia nera e schifosa che si crea sempre su ogni bagno degli uomini, per non aver avuto il coraggio
di attaccare bottone.
Sciaquandomi la faccia diedi la colpa all’alcool, alle droghe e a quelle maledette luci da discoteca, che uniti tutti insieme non mi permettevano di dare sfogo
ai miei pensieri attraverso il dono della parola, almeno non senza rifletterci un attimo su.
Guardandomi allo specchio improvvisamente mi sentii brutto ed ebbi l’impressione che la bellezza fosse una maledizione per chi non si sente tale.
Decisi di non essere ancora pronto e uscendo dal bagno mi diressi immediatamente verso il bancone del bar, ma non senza prima dare un altro sguardo a quel seno,
dio che seno!
Ordinai un cuba libre, senza riuscire a staccare lo sguardo da quella inesplicabile bellezza, senza riuscire a distogliere il pensiero da quanto avrei desiderato
passare una notte con lei, ma solo una notte, raramente il carattere coincide con l’aspetto esteriore, e l’ultima cosa che volevo era rovinare una tale meraviglia.
Ormai sembrava essersi accorta del mio sguardo insistente, e ne sembrò abbastanza schifata… Dovevo passare subito all’attacco, o rischiavo per passare per il
solito sfigato maniaco. Buttai giù in un sorso quel che era rimasto della mia bevuta e armato di una rinnovata decisione mi incamminai verso quello sgabello solitario
in fondo al locale.
Non ebbi il tempo di percorrere metà della distanza che ci separava, che un uomo, a mio parere non degno di tale bellezza, le si avvicinò e si misero a discutere
intensamente.
Tutta la mia decisione crollò in un istante, nuovamente la superai per entrare in bagno, nuovamente gettai uno sguardo su quel seno, dio che seno!
Uscendo li vidi nuovamente parlare, stavolta indicandomi.
Ancora il bancone del bar, ancora un cuba libre. Ne buttai giù appena un sorso, quando mi sentii toccare, abbastanza violentemente, su una spalla. Immaginando
quel che mi stava per succedere, buttai giù un altro sorso in tutta calma e mi girai, cercando di nascondere tutta la mia agitazione.
“Uomo, non so che problemi hai, ma ti conviene levare il tuo dannato sguardo dalla mia dannata donna, chiaro?”
“Bè, non vedo dove sia il problema… Gli occhi ci sono stati donati per guardare no?”
Schivai, con una rapidità che neanche io mi aspettavo, il destro che mi stava arrivando dritto sull’orecchio, e mi gettai di testa sul suo stomaco.
Il colpo andò a segno e il mio avversario si piegò su se stesso, accusando evidentemente la testata. Mi ricomposi rapidamente e prima che il mio “uomo”
facesse in tempo a rialzarsi, gli sferrai un destro sul naso, seguito immediatamente da un sinistro sulla mascella. L’uomo cadde a terra, precipitando rovisamente
sul pavimento del locale. Arrivarono rapidamente due buttafuori, seguiti a corsa dalla donna che aveva causato tutto questo putiferio. Le guardie del locale
mi bloccarono immediatamente, cominciando a scortarmi fuori senza che io opponessi resistenza.
Gettai un ultima occhiata verso la donna, vedendola in lacrime curva sul suo uomo, diedi un ultimo sguardo a quel seno, dio che seno!
Una volta fuori, cominciai a camminare velocemente verso la mia macchina, mentre le urla dei buttafuori mi raggiungevano: “Stronzo, non provare più a farti
vedere da queste parti, altrimenti…”
Misi subito la macchina in moto, avviandomi verso casa mia.
Arrivato a casa mi preparai un ultimo cuba libre, mi feci una sega, e andai a letto.


Astinenza

L’unica cosa a cui riuscivo a pensare, mentre aprivo la porta di casa, salivo le scale e finalmente mi buttavo sul letto, era quel fottuto ghigno, un sorriso
compiaciuto, quasi soddisfatto. Non riuscivo a levarmelo di testa. Avrei voluto gridargli contro, prendere a cazzotti quel sorrisino da testa di cazzo, prendere
quella maledetta aria di superiorità che riempiva la sua testa alrimenti vuota e sbatterla in terra, fargli capire una volta per tutte che una divisa non
ti rende migliore degli altri. Ma sarebbe stata una pessima idea… non conviene mai picchiare uno sbirro. Mi ritrovai steso sul mio letto incazzato nero.
Bè, a questo punto, tanto vale essere sinceri: quegli stronzi mi avevano sequestrato la mia ultima busta, e questo mi faceva girare le palle più di tutto.
Non sapevo come cazzo fare, ero al verde, e quest’inferno che ostiniamo a chiamare vita mi stava alle spalle, come una tigre pronta a balzare addosso
all’ennesima preda. E io solo, nudo e senz’armi… Stavo li sul letto a sudare, a maledire tutto questo maledetto schifo, l’eroina gli sbirri il proibizionismo e
la mia stanza sembrava sempre più piccola: queste maleddete mura mi opprimevano e non avevo nessuna voglia di uscire e nemmeno di fumare ma comunque accendevo
una sigaretta e volevo dormire ma non ci riuscivo quando sentii suonare il campanello. Pensai: “fanculo, non ho nessuna voglia di vedere qualcuno che mi possa parlare”
quindi me ne restai sul letto a sudare e fumare. Ma il campanello insisteva, una, due tre volte e non riuscivo a sopportare il fastidio che quel suono mi provcurava
“FRATELLO!! DOVE SEI??” riconobbi la voce di Morgan, un figlio di puttana tenace, quindi andai ad aprire. Mi alzai contro voglia ed andai ad aprire la porta.
Mi trovai davanti il solito ragazzo sulla ventina, vestito sullo stile di quei gangsta-rapper americani: una canotta da basket che gli arrivava poco più sopra dei
ginocchi, un paio di pantaloni di jeans molto larghi e delle scarpe da skate. “Bella” mi salutò, io mi limitai ad invitarlo a entrare con un cenno della testa,
e me ne tornai subito verso il mio letto. “Hai qualcosa da bere?” “Dovrei avere una bottiglia di rum in frigo, valla a prendere.” Lui andò in cucina fischiettando
un pezzo dei velvet undergound e tornò con la bottiglia e due bicchieri, andò a prendere una sedia e si sedette di fronte a me. Si versò del rum, mi guardò e io
feci di no con la testa. “Che hai fratello? sembri uno che aspetta la morte da un momento all’altro!” “Ti prego, dimmi perchè sei venuto e poi lasciami dormire
non vedi che sto male?!” A quanto pare non era venuto per nessun motivo in particolare, non sapeva che fare e passava dalle mie parti. Bè, io al momento non
potevo reggere nessun tipo di compagnia, figuariamoci delle chiacchere senza senso. Decisi di invitarlo ad andarsene senza girarci tanto intorno. “Fratello,
non vedi che sto mal..” mi interuppe: “Andiamo fra, cerco solo qualcuno con cui bere qualcosa, che ti costa?” A questo punto la sua insistenza cominciava
a darmi abbastanza sui nervi, ed alzai la voce, cercando di essere minaccioso, per quanto possa esserlo un adolescente in crisi d’astinenza da eroina.
“Morgan” lo chiamai per nome ” davvero, levati dal cazzo, voglio rimanere da solo!” “Ok Ok me ne vado, ma non parlarmi cosi, altrimenti…” “Altrimenti
cosa? va bene comunque, l’importante è che tu te ne vada!” Sembrò non essere molto contento della mia risposta, ma comunque si girò verso la porta
e se ne andò. Finalmente di nuovo solo col mio dolore. Immediatamente mi pentii di averlo cacciato senza avergli chiesto soldi in prestito, ma ormai avevo sentito
chiudere la porta, e io non avevo la forza per alzarmi, figuariamoci per inseguirlo. E quindi rimanevo li, solo col mio dolore, con una dannata voglia di
buttarmi dalla finestra, ma senza avere la forza per farlo. E sapevo che questo era solo l’inizio, mi rimanevano altri 3/4 giorni di sofferenza. E volevo morire,
senza avere la forza di farlo. Ma questo sarebbe rimasto sempre.


Fiumi

Passa il tempo,
Lasciando i suoi segni
Sul corpo, sullo spirito
Di ognuno,
A differenza delle persone
Che passando,
Non lasciano segno alcuno.
E’ forse inutile, allora
Affannarsi
Nel vano tentativo
Che qualcosa di nostro
Sopravviva a questo tempo imparziale
Se il destino di ogni cosa
E’ segnato,
Dal lento fluir,
Come un fiume verso l’oceano
D’ogni cosa verso il nulla?