Il fotogramma dell’anima

Sono nata sul fondale di un tramonto nascosto.
Era una giornata di pioggia fitta,
trafitta dall’inverno del nuovo secolo.
Ma dietro a quelle nubi,
bramavano fiamme dorate,
di certo troppo focose per un rigido febbraio,
abituato al buio presto
ed ai venti dalla pacatezza scostante.

E forse è questo,
il motivo della mia apparenza fredda,
che agli occhi degli altri,
risulta ombra cupa,
fermezza apatica.

È vero,
io sono quei tuoni,
ma sono anche quella luce spezzata,
che adagiandosi sulle coperte montuose,
lentamente,
si fa più vicina,
scalda il proprio suolo e instilla
giorno dopo giorno,
il germe della fiducia,
accompagnata da coesi spicchi
di astro crescente.

Ecco,
credo sia questo il fotogramma della mia anima:
un chiaro-scuro di speranze e paure,
sogni e illusioni.
Perché quel tramonto,
con la sua raffinata indiscrezione,
stava celebrando l’arrivo imminente della Luna Piena,
il Satellite delle grandi risposte,
quelle che vanno cercate,
senza sosta,
e poi coltivate
e ammirate
ad occhi scoperti,
anche sotto al più intenso dei temporali.

 

 

 

Cuori naufragati.

I pianti finiscono,
ma le ferite restano.
Come un’onda che,
lentamente,
ad ogni rincorsa, si porta via un po’ di sabbia in più,
con impercettibile sferzata.
Quelle lacrime amare,
che a piccoli grammi,
arginano le sofferenze più tenui,
che poi sono anche le più complesse da guarire.
Come quando delinei la sagoma di una promessa d’amore
tra i granelli arrugginiti,
e dopo un colpo di mare,
scompare.
E chissà dove va,
quando quel misterioso corpo celeste la inghiotte.
Forse il mare è un incessante collezionista di cuori spezzati:
se li prende tutti, uno ad uno,
e li accosta con cura, nei suoi abissi esclusivi,
arricchendo la sua interminabile esposizione di storie antiche.
E che bello sarebbe,
poterne assaporare.
Sì, il mare ti cancella,
ma ti permette di rinascere.
Starà a te scegliere
se rischiare l’oceano,
navigando libera,
o garantirti il rifugio di uno scoglio sicuro,
ma senza prospettiva alcuna.
Starà a te scegliere
gli occhi con cui dipingere te stesso:
se fidarti dei tuoi raggi,
nonostante le ferite tentino di occultarne l’intensità,
o retrocedere di qualche grado,
conservando solo i fallimenti,
nonostante tutto il buio oltrepassato.
Ad ogni modo,
ovunque tu sia,
malgrado la sabbia tenterà di frenare la tua corsa,
a riva o al largo,
prenditi tutto il mare che puoi.

 

 

 

L’attrito degli ostacoli

E poi arriva un punto in cui ti stanchi di aspettare
e smetti di provarci.
Non sopporti più niente,
neanche la tua presenza.
Ogni tentativo appare vano,
come tutto il resto.
I tuoi obbiettivi sfumano nella nebbia,
fino a renderti scatola vuota.
Niente riesce più ad affascinarti.
Quindi ti fermi,
ma ancora non sai,
quando ripartirai,
e se lo vorrai.
Accosti i bagagli a lato della carreggiata,
dal cielo, timide gocce di desolazione iniziano a cadere.
Davanti a te,
nessun riparo,
solo ripida salita.
La pioggia si fa tempesta,
aumentando l’attrito dei tuoi passi.
Avanzare diventa sempre più arduo.
Scorgi il pensiero di tornare indietro,
ma ormai è tardi, si sta facendo buio
e sarà una notte lunga,
di quelle che mentre nella penombra
ti sforzi di decifrare l’inclinazione delle lancette,
ti chiedi se i tuoi occhi
siano gli unici in cammino,
e ti percepisci quasi come allucinazione amletica.
Cautamente,
sporgi un brandello di fiducia verso le tue forze.
Appena accanto,
senti subdoli passi smuovere i tuoi capelli stropicciati.
Non sai se questo vento gelido si placherà
o ti accompagnerà per sempre,
lasciandoti priva di remi.
Ti senti come precipitata in un pozzo,
e in tutti i modi cerchi di risalire,
perché quel posto ti soffoca,
ma più lo fai, più quello diventa profondo.
Senti cedere il terreno sotto ai tuoi piedi,
ti chiedi se la colpa sia tua,
forse hai semplicemente sbagliato strategia di sopravvivenza.
Tutto intorno a te si muove,
caos vorticoso,
ma non te ne accorgi,
perché sei immersa nei tuoi tentativi di fuga.
Senti naufragare tutte quelle promesse,
che ora si figurano come inganni a cui non hai saputo sottrarti.
Ad un tratto,
quiete.
La luce si spegne,
inesorabilmente.
Ti prepari alla resa adagiandoti nel buio,
rendendolo tuo.
Consegni la tua pelle a quella nuova abitazione.
In fondo, non è poi così diverso
da quella strada frastagliata
che a stento percorrevi.

Ma accidenti,
questa non è vita.
Questa è la brutta copia della vita.
Quella che va accartocciata e riscritta da capo,
senza errori di distrazione, né tracce da seguire.
Nuova voce narrante,
nuovo dizionario emotivo,
nuove definizioni della realtà.
Solo che a volte, incomprensibilmente,
l’inchiostro si esaurisce,
proprio quando avevi trovato l’ispirazione per ricominciare,
proprio quando avevi trovato un motivo per farlo.
E ti restano soltanto una penna scarica
ed un inutile foglio bianco.

Ma tu che stai leggendo, sei ancora in tempo!
Quindi scrivi,
scrivi quante più pagine riesci,
comincia oggi,
comincia ora!