Un viaggio tra le righe

Solitamente siedo dalla parte del finestrino. Mi piace osservare il paesaggio che scorre e scompare velocemente, che muta nelle forme e nei colori.
E’ come guardare un film muto, al quale sono io a dare voce con le mie impressioni.
Di fronte a me è seduta una donna che non ho mai visto prima. Dopo tanto viaggiare, ogni giorno, stesso treno allo stesso orario ci si conosce un po’ tutti, è naturale. quella donna però non l’avevo mai vista prima.
La osservo mentre guarda distrattamente una stampa d’epoca delle ferrovie dello stato, appena sopra la mia testa. Poi abbassa gli occhi evitando d’incontrare i miei e, si mette a scrivere qualcosa su quello che sembra un diario. La osservo ancora, ha un non so che di misterioso, lo sguardo assente, come se intorno a lei non ci fosse nient’altro che il vuoto.
lascio cadere di proposito la cartella sopra i suoi piedi, per poi scusarmi. Nessuna reazione, non esisto.
Apro il quotidiano, commento a mezza voce una notizia di cronaca che mi ha colpito, lei alza la testa, mi guarda come se si fosse accorta solo in quel momento della presenza di un altro passeggero, accenna un timido sorriso, poi abbassa lo sguardo e si rimette a scrivere.
il treno ferma ad una piccola stazione di provincia, il tempo di fare salire l’unico passeggero, poi riprende sferragliando la sua corsa. Tra dieci minuti arriverò a destinazione. Al caffè dei passeggeri mi aspettano un cremoso cappuccino ed una fragrante brioche, e poi via verso una nuova giornata di lavoro.
La luce del giorno entra prepotente nello scompartimento. Solo adesso mi accorgo che la donna seduta di fronte è molto pallida, ha gli occhi stanchi e, quelli che prima mi sembravano capelli un po’ arruffati, ora sospetto sia una parrucca.
Oddio! non sarà mica… ma cosa vado a pensare, è così giovane, avrà si e no trentacinque anni… forse la mia fantasia corre più di questo treno.
Stiamo per arrivare al capolinea, lei si alza prende il suo bagaglio e senza dire una parola si avvia all’uscita. Resto per qualche istante a guardarla mentre si allontana, poi noto che il suo diario è rimasto sul sedile; provo a chiamarla facendomi largo tra gli altri passeggeri. Troppo tardi,quando scendo dal treno, lei è sparita nel sottopasso. Riesco a scorgerla da lontano, affretto il passo, la raggiunco mentre sta per salire su un taxi. Le mostro il diario, lei lo guarda appena, con lo stesso sguardo assente, dice che non le serve, che posso anche buttarlo.
Resto lì come un manichino con il diario tra le mani, a guardare il taxi mentre si allontana nel traffico.
S’è fatto tardi. Addio cappuccino, addio brioche. Infilo il diario nella cartella, chissà… forse lo leggerò, o forse no… forse inizierò a scriverne uno mio.


Terra mia

Non sono fuggito
ogni volta che chiami torno da te.
La pianura dove ora vivo mi è cara
ma nelle sue nebbie a volte mi perdo.
Non ho scordato queste dolci colline
l’oro delle vigne, e il vino
che riscaldava le sere d’inverno.
E mi inebriano ancora i profumi delle sere d’estate,
il vento che arriva dall’est
porta l’eterna poesia che recita il mare.


Giuventù

Ti ho avuta dentro
Prepotente
Verde come un prato d’aprile
Ti ho stretta forte
Per non lasciarti andare via
Eppure sei fuggita
Ti cerco ancora
Ma trovo solo fotografie.