Sorelle

Arrivai terzo incomodo,

ma per voi non contava.

Protezione incondizionata avevo dall’una,

come un giocattolo vista dall’altra

che in cima all’armadio rideva!

Le prime mie fiabe, metallo tolto dal sorriso,

le ho avute da te.

Turbata dagl’incubi, il tuo letto era il mio.

Tu maestra io scolara:

posso scrivere oggi ciò che provo e come sento la vita.

Ti ho rubato i vestiti, vista come perfetta

demolita nei rimproveri di mamma e papà.

Hai spiccato il volo…

o creduto di farlo…

desiderato dar la vita in un castello di carta.

Io poi l’ho data e tu lì sei rimasta

punto fermo; un po’ zia un po’ padre.

Complici,

alleate.

Io caddi e non capivi.

Cadesti tu ed ora io comprendevo.

Rialzate, ginocchia sbucciate,

ripreso il cammino

a volte lontane.

Due lingue di fuoco che a incrociarsi s’infiammano.

Col vento in poppa,

il mare sconfinato.

Una preghiera che annulla il vento e lo spazio:

e siamo ancora tu ed io.


 

Due cieli

Col cielo mio plumbeo mi sento e manifesto vittima

del lavoro, degl’impegni,

di ciò che comunque ho scelto…

e mio odio quando non mi apprezzo.

Così stanca che mi allontano da me.

 

Fuggire, sottrarmi,

al dovere metodico e perfetto che inseguo

…e m’insegue.

Quotidiano ossimoro:

appagante delusione

blocco innanzi all’imperfezione

utopica aspettativa

frustrante soddisfazione.

 

Mi sembra per sempre…

 

Altalena mente-cuore,

bramosia di riniziare.

Riprende la sfida

a legare i pensieri,

elevandomi al di sopra soltanto

ritrovo me stessa…ricordo chi sono.

 

Nel cielo mio terso do un senso alle azioni

di nuovo Felici,

mi affido alla vita

che scorre ritmata.

“Son nata per questo!” Mi dico.

 

Mi sembra per sempre…

 

Ma l’oscillar non cessa,

due cieli non due

ed io vinco quando torno in battaglia.


 

Vivo

Mi fermo.

Mi accorgo che Respiro

Osservo

Ascolto.

Parvenza disutile,

invece celebro il mio primordiale compito:

Vivo.