Voli… che dipingono il Cielo…

… Eh, già… Questo mondo è davvero piccolino… Non è che non ci credevo… ma adesso mi sembra ancor più minuto… Questa storia che ora vi racconterò, vi farà capire perché tutto quello che ci circonda ci può stare in una mano… E’ la storia di due bambini felici a cui piaceva la libertà, quella libertà che solo il volo può regalare… Il primo, più grande e più ricco, possedeva una silenziosa Mongolfiera, variegata da un’infinità di sfumature colorate. L’altro, più piccino e povero, aveva un Aquilone, molto meno colorato, ma che sapeva danzare nell’aria… come una rondine… Certo che con quel pallone enorme era più facile volare e planare, guardare il mondo dall’alto e fare maramao a tutti… Con l’Aquilone… no… Fu così che un giorno non conosciuto, si conobbero. Fu un incontro emozionante e un po’ sorprendente che nessuno si aspettava, nemmeno il cielo, forse… Il bambino più ricco, vedendo quello strano uccello esclamò: “Cos’è quella buffa cosa che porti a spasso?” “Si chiama Libertà infinita… Posso viaggiare con la fantasia e immaginarmi il mondo visto dall’alto, senza stancarmi mai… e senza spendere un soldo…” L’altro rimase esterrefatto dinanzi a tanta Gioia… Poi il bambino più povero, vedendo quel palloncione colorato chiese: “Come si chiama quel coso lì?” “Mongolfiera… mi fa viaggiare tranquillo e pure dormire… Da lassù posso dominare la Terra ma non la fantasia… che io non ho… e che Tu possiedi…” Disse allora il piccolino: ”Non ti rattristare, se tu scenderai da quella strana cosa, ti insegnerò a volare con la Fantasia, che ti porterà a spasso per l’Universo, senza buttare via del prezioso Tempo.” Accolse con entusiasmo la vantaggiosa offerta, scese di corsa da quella scaletta che lo separava dalle cose che contano davvero… Abbracciò teneramente quel Prezioso Amico che gli aveva spalancato la porta della vera Felicità… Correndo a perdifiato… e legati al filo dello stesso destino… andarono incontro, ad occhi chiusi, ad orizzonti infiniti fatti di Amore e di Pace interiore…


 

Il Circo delle Stelle

Vi racconterò, dolci e premurosi Bambini… una Storia… che sembra un ieri… vestito da domani… La funambolica Storia del “Circo delle Stelle.” Non certo un Circo qualsiasi… Sospeso fra pianeti di molte galassie, aveva una caratteristica unica: quella di saper galleggiare nell’infinito senza aver bisogno di palloncini che lo sostenessero nel suo magico volo. Girottolava con il suo Spettacolo da milioni di anni, andando di stella in stella, di pianeta in pianeta, a portare la sua allegria contagiosa e colorata a tutti gli abitanti delle infinite costellazioni. Ogni sua rappresentazione era diversa, mai uguale. Un applauso senza pause lo seguiva , da sempre… Sotto quel tendone trapuntato da Stelle Sognanti, mirabolanti giocolieri facevano giochi di equilibrio mai visti, camminando sospesi su di un filo sottile e impalpabile fatto di comete, sfidando a scacchi la forza di gravità. Trapezisti pazzi, volteggiando alla velocità della luce, con la benda agli occhi, facevano trasalire chi da laggiù guardava stupito ed incredulo. Strani animali pelosi e addomesticati giocavano a palla usando piccole meteore che non avevano voglia di disfarsi contro un anonimo e nebuloso pianeta. Per non parlare poi di quella Musica Celestiale… Fedele accompagnatrice degli Artisti, che spiccava il volo sparata da un cannone invidioso e che lasciando quella coperta intrisa di stelle, faceva danzare gioiose tutte le galassie del Creato, che prendendosi per mano la ringraziavano con un inchino. Ogni cosa era al proprio posto in quello strano Circo, come fossero i tasselli di una mappa del tesoro, capace di portarti anche al centro dell’Universo. Totalmente luminoso era quel Circo, da sembrare un Sole… Quel Circo Fantasmagorico non smise mai di viaggiare e di pianeta in pianeta, di stella in stella, di cuore in cuore, continuò il suo mirabolante viaggio per donare momenti gioiosi a tutte quelle persone che guardando il Cielo… con il naso all’insù… amano sognare… come bambini innamorati della Vita…


 

Voli… d’Amore

… Altro giro di manovella e un’ altra storiella va… prendendo il volo verso quegli sguardi curiosi e affamati che solo i Bambini hanno… Questa che vi donerò è la triste… felice Storia di un Bambino che dei Libri ne faceva aeroplanini di carta. “Accipicchia”, direte voi…” Però… un Libro è pur sempre un Libro, fatto per imparare, mica un inutile materiale scricchiolante da usare per costruire strani uccellini di carta…” …VERO… Ma ahimè, più passava il Tempo e più quel bambino stracciava Alberi… SI… Alberi… perché, dovete sapere che la pregiata e indispensabile carta, dove noi leggiamo e scriviamo preziose parole, vien fatta con la cellulosa, che si ricava dai tronchi. All’apparenza, sembrava davvero felice quando faceva volteggiare nel cielo le sue Creature… Ridendo e scherzando, però quel Tempo, che immobile pareva, veloce volò, come quella carta alata… Così facendo però, la sua conoscenza verso le cose che la Vita offre non crebbe mai… Un disastro… mica da ridere, che quel pargoletto ignaro non conosceva perché non comprendeva. Continuò così il suo viaggio verso quel deserto chiamato… Ignoranza… Brutta cosa rimanere all’asciutto di quegli insegnamenti e sentimenti che sulle pagine si possono facilmente imparare e anche scrivere… Quando tutto sembrava perduto, come d’incanto, apparve al suo fianco… un Angelo sceso giù da un Cielo fatto di carta e parole, dove i miti Pensieri aspettano, con trepidazione, di scendere nel cuore della gente per dare lustro alla propria vita, sospinti da un vento che si chiama Poesia. Pensate un po’ non è mica da tutti avere un incontro così super emozionante… Alla vista di quella luminosa e minuta presenza.. sobbalzò… e timidamente domandò chi fosse… Con voce tremante prese quel poco di coraggio che nel cuore suo non si seccò e gli chiese perché fosse lì, proprio da lui… L’Angelo gli disse, con voce ferma e gentile: ”Non continuare a sbagliar strada… I libri che là ti stanno aspettando frementi, hanno bisogno dei tuoi occhi, del tuo Amore… Impara a leggerli e a capire quello che vien da dentro l’Anima loro. Ti arricchirai e crescerai più gioioso e bello che mai… Se poi avrai bisogno di fogli. te ne regalerò quanti ne vorrai, così potrai continuare a costruire tutti gli aeroplanini che vorrai. Il bambino, stupito, ringraziò quel dono che il Cielo gli aveva mandato, promettendo solennemente che da lì in avanti, avrebbe arricchito il suo Cuore e la sua Mente di quegli insegnamenti, che per troppo tempo erano rimasti a terra… senza ali per volare.


 

Eternamente Tu ….

Fu il tuo muto… spensierato vento a destare l’anima mia da un tormentato sogno che come il fuoco mi avvolse … Un sogno lacerante più di un tuono … Arrivasti a me con l’unico volo che il cielo ti donò… Come foglia d’autunno … generosa sino all’ultimo respiro … cadesti con rispettosa leggerezza sull’anima mia … celando e difendendo quel poco che di buono in me era rimasto … Mille foglie di Te rimasero negli sguardi miei … Voli imprescindibili scortarono il nostro armonioso peregrinare … il nostro saper sognare … verso vividi orizzonti che rubando colori a tramonti d’aprile illuminarono di nuova luce il nostro amore … Poi l’inverno arrivò e come un antico galantuomo concesse alle nostre frementi membra il tempo di cambiare abito … di prepararci al viaggio più bello … che stagioni non ha … quello che all’Eternità ti conduce….


 

Capire … Carpire …

 

Può darsi … che poi capirò … può darsi che poi carpirò sino in fondo … quello che la Vita di prezioso alla mia sponda portò e che mai raccolsi … può darsi … Arrivò all’improvviso in quella notte benedetta dalla muta luna a svegliarmi dal mio opaco sogno …. che forse non mi apparteneva … e destandomi trovai come per incanto la porta della mia esistenza socchiusa … Con malcelata calma aprì quel velo di antica seta che mi separava da quella vibrante Verità che tanto avevo desiderato ma che poi non ho mai scortato sin dentro al mio cuore … Al di la di quel ruvido confine … di quel generoso sipario… c’era ad attendermi … con onesta pazienza … tutto un mondo … quel mondo che tanto cercai e che mai presi per mano … Quella pacata luce … ferma come il respiro di un bimbo che sogna sorrisi e carezze … si posò sui miei stupiti sguardi … lasciando sulla mia disadorna riva la giusta forza per poter compiere quel vitale passo …Appena varcai la soglia … un crepitio di legna generosa giunse come melodia all’anima mia … il fuoco che generò donò ai miei sentimenti un sempreverde calore … quel giusto coraggio che mai avevo avuto.. Poi come una farfalla che cerca il suo polline … trovai la forza di posare il mio sguardo su quella figura che dinanzi a me come per incanto si stagliava … quella di un vecchio a me sconosciuto ma che mi pareva di conoscere da sempre … I miei sguardi attoniti nel vedere quelle generose e possenti spalle ricurve … che stavano danzando al ritmo di quel fuoco … si rigarono di pianto … spalle di un anima nobile che dalla vita forse aveva avuto tutto ma non la mia attenzione … la mia comprensione … la mia riconoscenza ma sopratutto la mia memoria … Senza che io me ne accorgessi lentamente si voltò verso di me con sguardo fiero e disarmante … piangente e fremente … Mai  avevo visto lacrime così rugose … rigoli di un’esistenza dolorosa che come un fiume in piena erano pronte a travolgermi … Provai ad arginare quel vortice che stava  per sommergere le mie pene … ma la voce della mia coscienza … che infinita saggezza aveva lasciato in serbo … bussò al mio cuore facendomi di colpo fermare … Non era giusto rimandare… rimandare ancora… aspettare non so che … non so chi … no non era giusto … Quel fiume di bontà che stava lambendo la sponda del mio vivere … doveva entrare dentro le mie miserie e mettere radici … Dovevano pagare pegno … salire su quel treno e fare quel viaggio benedetto dal cielo che mi avrebbe spalancato nuovi orizzonti … imperdibili orizzonti … e anche lui come me non aspettava altro … Salii su quel treno provando un’emozione da far vibrare le corde dell’anima e insieme a me salirono  le sue vivaci… intime parole … la sua rotonda onestà … il suo struggente amore … Fu bello viaggiare occhi negli occhi e raccontarsi sino all’ultimo centesimo quell’esistenza divisa in due … Emozioni instancabili come marea ci inondarono … una risacca preziosa dettava quel tempo che stavamo vivendo … un prendere e lasciare che toglieva il fiato … ma che in cambio dava pace e armonia … metronomo dei nostri battiti di ciglia… Un narrarsi che fece di due un tutt’uno … E’ così che lasciò sulle mia arida  riva… prima di arrivare all’ultima fermata … il suo dono … il suo ultimo respiro intriso di felicità … La sua tremante mano prima di congedarsi si intrecciò con la mia … come il torchio all’uva … lasciando dentro di me tutta quell’attenzione…quella comprensione … quella riconoscenza e memoria che in vita gli negai ….

 

Dedicata a mio Padre.. Il suo prezioso… insostituibile distillato di vita arrivò a me come parsimoniosa e puntuale pioggia che tutto fa germogliare… anche la memoria più arida ….


Quello che mi basta …

 

Me ne stavo seduto … oramai adulto … ai bordi di un dorato campo di grano … avvolto da pensieri che ancora profumavano di latte materno … quando alla mente mi tornò quasi di prepotenza la figura mansueta ma decisa di mio padre … Contadino da tre generazioni … Era uomo di poche parole inutili … ma ricco di frasi che schiusero passo dopo passo infiniti orizzonti al mio incerto cammino … Era e resterà il mio libro quotidiano dove sono riuscito … con buona facilità … ad imparare cose preziose … come il rispetto e la sobrietà che il mondo girare fanno … Il mio fiume … così lo chiamavo … era scortato … come tutti i corsi d’acqua … da due sponde … l’altra sponda era mia madre … che di certo non lesinava armoniose parole per me … che ero il suo pulcino più arruffato … Ascoltarla …. ascoltarli mi rendeva felice e limpido come quel quieto fiume che ogni giorno scorreva sotto i miei sguardi … Ogni loro insegnamento arrivava con garbo e puntualità alla mia foce … senza disperdersi o impigliarsi fra le canne marcite … Ho ancora negli occhi e nel cuore il giorno che trovai mio padre nel campo intento a seminare il suo sudore  … Rimasi stupito quando vidi ricoprire quei minuscoli semi… che sembravano polline di fiore … da così tanta terra… terra che gli dava dimora e protezione …Chiesi allora con voce tremante se non fosse troppa quella terra che gli dava dimora e protezione … Lui mi rispose …” no quella che vedi è la giusta quantità… quella che basta affinché la pianta buchi la terra e diventi frutto prelibato” … Stessa cosa accadde con mia madre che trovai una calda sera d’estate ad annaffiare quel che era germogliato da madre terra … erano pomodori … grandi come il sole d’aprile … che mio padre seminò insieme al suo sudore … Vedere tutta quell’acqua sgorgare su di loro mi dava uno scalmanato fastidio … In quello stesso istante nella mia mente cominciò a balenare con sfacciata monotonia una sola domanda … ” Mica faranno la ruggine ” … Chiesi a mia madre se non era il caso di smettere … l’idea di non mangiarli mi terrorizzava … io che di quei frutti ero stragoloso … Lei con voce pacata mi rassicurò dicendomi … ” Questa è la giusta quantità …quello che basta … niente di più … niente di meno” …

 


 

Più veloce del vento per te correrò…

 

Lui si che sapeva correre, sapeva correre più veloce del vento, lui si, gli altri no, gli altri erano molto più lenti, ma questo poco importa. La sua classe, la sua superiorità che lui sapeva di avere non la faceva certo pesare sulle spalle altrui. Marco era un bambino che il vento l’aveva nell’anima, nel cuore, negli occhi e questo era un vantaggio un grande vantaggio. Correva, correva e ancora correva sino a che sfinito non era, per poi ricominciare con la gioia nel cuore,non solo per se ma sopratutto per quelle anime che per strada lo aspettavano per vederlo felicemente sfrecciare.Vivace e spensierato a scuola non eccelleva, ma sapeva scrivere bellissime poesie.Viveva di sport e di piadine,naturalmente quelle che le preparava con tanto amore mamma Tonina,le migliori,di caccia e di pesca che praticava con il prezioso aiuto del suo caro babbo Paolo e del suo altrettanto caro nonno Sotero,marito della sua beneamata nonna Delia.Iniziò a masticare sport giocando a pallone, ma gli bastarono poche pedate per capire che quello non era il suo viaggio,la sua strada.Lui aveva bisogno di una strada vera e di quella fatica che solo essa ti sa dare e di salite irte e tortuose che con il passar del tempo si rivelarono le sue migliori alleate.Il suo modo di interpretare lo sport aveva del magico,ecco perchè Marco finì per divenire un Esempio per tutti.Poi appese le scarpette al chiodo finalmente, e come spesso accade, nella sua testa subentrò quasi con prepotenza, la passione per la bicicletta che lo catturò subito e poco gli importava se il suo primo cavallo d’acciaio, che gli regalò il nonno, non fosse un gran che, ma la prima bici è sempre la più bella,come è del resto la prima fidanzata,che tanto amore ti donò e che per questo poi porterai per giusta riconoscenza dentro la tua anima e per tutta la vita.I bambini come si sa sanno dipingere le cose che lo circondano come nessuno e dare colori nuovi a tutto quello che sbiadito è. Ecco perchè noi grandi vediamo il loro mondo perfettamente affascinante.Tutti,o quasi tutti,abbiamo cominciato così, molto probabilmente senza un’idea esatta,ma con la speranza nel cuore di diventare campione almeno un giorno.Poi,con il tempo ti accorgi che i motivi che ti hanno spinto a salire su quel sellino sono stati non saprei dirvi quanti,lo spirito d’avventura,la voglia di misurarsi con se stessi e non solo,la curiosità di esplorare e conoscere luoghi mai incrociati prima, di toccare con mano e di catturare e assaporare quei profumi e quelle sfumature che solo la natura ti sa confezionare, nuovi amici, di comprendere che una salita come una discesa ti può insegnare ad affrontare nel miglior modo le fatiche e le curve che la vita ti pone davanti come fosse un prezioso traguardo. La bici come crocevia d’emozioni insomma.Nel mio piccolo ho sempre considerato il ciclismo più che uno sport  un Mestiere, e come tutti i Mestieri si impara piano piano, lentamente, ascoltando si il cuore e le lucide gambe, ma sopra ogni cosa ascoltando la saggezza di chi ti circonda con infinito affetto, di chi prima di te ha solcato strade impervie come fossero state onde di un mare in tempesta.Un Mestiere sì, un Mestiere.Quando si esce è un po come andare a lavorare, alle volte fai anche otto ore di bici e non sempre sotto un tiepido sole, magari ti tocca farle con il vento che con irriverenza ti spinge indietro, che ti tiene la maglia. Ci sono mattine che devi uscire che la fuori magari c’è una pioggia fredda e rugosa che ti aspetta, o peggio ancora la neve.Un corridore, badate bene non un comune ciclista, con tutto il rispetto per i ciclisti non dovrebbe mai guardare fuori dalla finestra per scrutare e capire l’intenzioni del buon cielo e se sia il caso o no di inforcare la sua insostituibile compagna di viaggio. Deva andare e basta.Quando ti capiterà di vedere uno di loro spostare la tenda di una finestra significa che per lui è arrivato l’ultimo traguardo, il più doloroso quello della resa.Che quel ragazzo non è più un corridore e forse nemmeno un pallido ciclista. Marco non ha mai fatto questo gesto di resa nemmeno quando qualcuno, che troppo male gli aveva voluto, ha provato con cristallina gelosia a strappargli quegli orizzonti che gli appartenevano. Un Campione non sparisce mai un Campione non muore mai, non ci riuscirebbe, si dissolve dietro il traguardo ma il suo sudore, la sua gioia rimarranno scolpiti negli occhi di quella gente che tanto gli ha voluto bene, e lui di gente così ne aveva avuta tanta, quella stessa gente che ha amato senza mai risparmiarsi. Marco, con il suo semplice sguardo intriso d’amore lo ha davvero coccolato e onorato questo Mestiere, mille volte è caduto,mille e una volta si è rialzato.Un corridore si rialza sempre, un corridore ha la scoraza di una quercia e il cuore di una mimosa. Mai si lamenta, ma ti conforta quando per te quella salita che ti trattiene è diventata insostenibile.Ti spinge non solo con gli occhi ma anche con il suo tremante respiro,non conosce abbandono, ma stima si. Marco era tutto questo. Una melodia vederlo alzarsi sui pedali.Lanciò bandane e sorrisi che lo resero un immortale Pirata.Un dolcissimo pirata che noi porteremo sempre nei nostri sogni bambini, e ogni qual volta vedremo spuntare da dietro un tornante un arcobaleno dai tre colori,Rosa, Azzurro,Giallo, tutte le nostre preghiere dovranno essere per Lui.Per quell’elefantino che sapeva scrivere poesie con il suo sudore e con quella fatica che tanto amava…

A Marco… che con il suo cuore bambino infinite emozioni ci ha regalato…


Dedicata a Modì… “Nel suo sogno tutti i colori del creato”…..

 

Accadde tutto in una sera…. In cuor mio son certa che non avrebbe mai voluto farsi scivolare fra le dita quell’ultimo ritratto a cui tanto teneva, frutto acerbo del suo muto peregrinare fra gente senza parole e senza armonia. In cuor mio non avrei mai pensato che quel dipinto nato da una malinconia bambina non avrebbe mai incontrato amorevoli sguardi, ne quell’ultimo rivolo di vita che aveva messo con parsimoniosa dolcezza da parte per un futuro che forse non gli sarebbe mai appartenuto, e che mai avrebbe voluto arrendersi a quell’insano torpore che tolse luce ai suoi brillanti occhi e alla sua anima di artista dimenticato. Ma questa è la vita. Quella mesta e uggiosa sera lo vidi arrivare barcollante e sudato come non mai, una delle tante che in vita sua l’avevano accompagnato tenendolo quasi sempre per mano, sapevo già che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei visto e che quello sarebbe stato l’ultimo suo viaggio. Giunse al suo intimo capolinea scortato da un respiro sdrucito e orfano di quella gioia che oramai da anni aveva rinchiuso dentro una disadorna vetrina. Mai conobbe sino in fondo l’amore di una donna, il vagito di un bimbo e nemmeno la compassione di un povero vecchio, ma opachi sorrisi che nel suo cuore non trovarono mai dimora . Spinse il pesante e consumato portone della sua misera casa con quello  spicciolo di forza che che gli era rimasta, lasciandosi alle spalle rimpianti mal celati e tormenti che avevano il sapore dell’apiccicoso oblio . Un brivido imperioso a quella vista mi attraversò, come fa il primo raggio di sole ad aprile che trapassando velate nuvole, desta l’assopita lucertola dal quel lungo inverno che prigioniera l’aveva fatta.Chiusi i pugni e gli occhi per alleviare la mia sofferenza ma non bastò. Sapevo in cuor mio che non l’avrei più rivisto e che quella che mi passava davanti era la “sua ultima uscita di scena”. Solo Dio sa quanto ho pianto quella sera e gridato al mondo intero tutta la mia acerba rabbia.Forse era l’unica via che doveva percorrere, forse era giusto così. Ma uno smanioso sussulto portò il mio umido respiro dietro quella porta. Non potevo lasciarlo andare in quel triste modo, non se lo meritava. Lui che aveva dato tanto, tutto senza ricevere in cambio niente, nemmeno una manciata di consumato amore. Lui, che con le sue prelibate e oneste pennellate era riuscito con disarmante facilità a regalare e a dar nuovo tepore persino alla mite primavera. Appena entrai il mio sbiadito umore fu inghiottito da un’impettita penombra che come vento tagliente mi avvolse togliendomi il fiato tanto da far sembrare quella stanza ancora più spoglia,ostile e abbandonata.Senza smarrirmi e senza perdere attimi preziosi,fra le pieghe della sua anima mi nascosi, per consolarlo e per spingerlo di nuovo la fuori a rubare colori al creato e a donare dolci lacrime a chi amore non aveva mai incontrato, mai conosciuto. E così cominciai a scavare a mani nude fra quelle pieghe arse dal tempo, per trovare quel velo sottile che sta li a proteggere e a consigliare chi porta con se sgomento e malinconia. Ma trovai tagliente ghiaia e ancora ghiaia, gelida come un alba mai sbocciata. le mie tremanti mani, nude e sanguinanti, non volevano per nulla cedere a quello che sembrava un destino oramai segnato. Non mi arresi, non avrei potuto mai farlo e così la mia antica tenacia vinse quell’ orrenda guerra. Alzai quel cupo e ceruleo velo e finalmente trovai quell’alito di vita che tanto desideravo sfiorare. Se ne stava li a danzare come una minuta candela sospinta da un carezzevole vento. Una lacrima mi scese e poco dopo lo vidi spiccare il volo e iniziare quel cammino che lo portò al di là di tutte le ingiustizie che graffiano senza ritegno madre terra.Ma il quadro non era ancora completo, mancava l’onesta e insostituibile cornice, la parte finale. Iniziai a parlargli con voce tenue ma decisa, ma lui poca eco diede alle mie trasparenti parole e ai miei sinceri intenti. Così continuai a vomitar parole e a versare lacrime sino a che sfinito dovette cedere.Trovai nel fondo del suo cuore una luce sferzante che come un sommo aliseo tutto intorno sa guidare, trovai nel fondo dei suoi sguardi quel sole di mezzanotte che in pochi hanno.La sua intorpidita anima appena fece suo il mio respiro, in un sol balzo tornò verso il suo Il nostro cielo che da troppo tempo lo aspettava, ci aspettava. Fu dura battaglia, ma il cuor mio ebbe ragione del suo, trasformando la notte, che dentro portava, in luminoso giorno. Si parlò di quello che era stato finchè l’alba non ci colse, di amore sprecato, di quegli orrori che il losco uomo porta sempre con se e che ti lascia sopra il cuore come fossero spine di un rosario, di carezze perse ma donate con il cuore in mano e di quella tempesta che dentro noi con tumulto dilagò. Mai alba fu più benedetta per noi, come una madre ci avvolse nel suo sottile e morbido mantello, fatto di fragranti sorrisi e di nitidi orizzonti, che noi con onestà percorremmo mano nella mano, in eterno.


Di colpo si fermò, dinanzi a una vetrina mai conosciuta prima. Cristallo bugiardo che lasciava trasparire uno sguardo fisso orfano di luce. Manichino di donna fredda ma consolatrice. Lui appena la vide lasciò cadere il suo cuore nella sua esile mano per farle eterno dono. Fu subito amore. Anche se immobili i loro respiri si incrociarono come nuvole al vento. Un attimo e la sua anima si ritrovò dentro quella vetrina che di antico sapeva. Un ballo spiccò il volo, un due e tre, un due e tre e tutto intorno a loro si fermò. Anche la gente distratta che da cornice faceva. Valzer infinito che donava pace ed eternità all’intero creato. Per ogni passo un sospiro per ogni sorriso il paradiso, già quella gente che muta guardava e accompagnava con il pensiero il loro amore da poco sbocciato. Ancora un due e tre… un due e tre poi come per magia quel volto prese vita illuminandosi. Le guance si colorarono di rosa sfumato e un brivido caldo destò il suo cuore. Il cristallo bugiardo incredulo si ruppe muto come l’amica Luna.Già la Luna che era li al suo posto quella sera più bella che mai pronta ad accoglierli con materno amore.Un battito d’ali e si ritrovarono soli in mezzo alla disadorna piazza.Un contorno di case addormentate e fiochi lampioni stanchi facevano da sentinella ai loro malcelati rossori. Le rugose pietre che tante suole avevano visto e sopportato contavano i loro smaniosi passi . Mai ballo fu così intimo e armonioso.Lacrime come rugiada scesero dagli occhi di quella incredule anime.Nemmeno la Luna seppe resistere a quell’ infinito spettacolo intriso d’amore.Una goccia salata a forma di stella le cadde dolcemente giù rigando il suo semplice volto. Poi il nuovo giorno li colse donando tiepidi sentimenti alle loro gioiose anime.Il loro sfumato amore come polline si posò in ogni dove, spazzando visa malumori e stridori che il vento in quella piazza con irriverenza portò. Quel ballo pazzo mai finì… un due e tre, un due e tre e quella vetrina dal cristallo bugiardo ritrovò di colpo uno sguardo muto e un anima da proteggere,pronta per un altro ballo intriso di musica e parole d’amore. Un due e tre … Un due e tre… Un due e tre….

                                                                                                      ” DOLCE E’ LA SERA “