Il fiume

Nasce, solo,

e, piccolo, saltella

ove il sole, più vicino,

scioglie le nevi per dargli forza.

per cominciare a vivere:

goccia dopo goccia

e una strada da imparare.

Difficile è l’inizio,

Cresce allegro

in mezzo ai fiori

e dall’alto scende,

arrampicati sulle rocce,

girando, come in gioco,

tra sentieri ed alti tronchi,

e ancora giù, veloce,

fresca cascata di gioia.

A volte, improvviso, il buio,

e il suono cupo della voce:

l’ingresso nelle grotte

raffredda la sua vita,

ma, rapida, l’uscita

rendendolo più forte,

cosciente e più sicuro.

Raggiunte infine le pianure,

cancella la paura,

largo si dispone

e calmo ormai,

nell’attesa di vedere, immenso, il mare,

dove, coccolato dal sole

e dal vento rinfrescato,

ritrovar la pace

e nuova vita.


Il grattacielo

L’ascensore mi ha portato al terzo piano.

Dietro le porte sento gli echi di una festa:

allegria, musica, voci che parlano lontano,

risate e storie che fan girar la testa.

Inizio a muovermi, salendo per le scale.

Quattro, cinque, sei, ci son pianti e tanti giochi:

cado a terra, mi rialzo, dopotutto non fa male,

forse anche perché gli anni sono pochi.

E salgo ancora, ché invece i piani sono tanti.

Sulle foto appese ai muri vedo cieli, mare e visi,

non ricordo molto altro perché i tempi son distanti,

ma mi sembra di sentire il calore dei sorrisi.

Quando i piani sono dieci trovo un’altra festa ancora.

Son felici le persone, tutte quante, almeno pare,

stanno attorno agli occhi accesi di una bimba che già odora

di miele e gioia, come i folletti, tutti intenti a saltellare.

Un gradino dopo l’altro si continua la salita.

Cambiano i lavori, cambiano le persone,

cambiano le cose che ti cambiano la vita,

come un flipper per cui non hai il gettone.

Faccio svelto alcuni piani, poi mi fermo: non si passa!

Dalle scale di servizio vedo il fuoco che dentro avvampa:

questo incendio è un bel problema, non si sbroglia la matassa.

Guardo giù la gente in strada, aggrappato alla mia rampa.

Salgo e il cielo mi accompagna per più piani, perdo il conto.

Fianco a fianco, oltre il muro, avverto il morso della fiamma,

per rinascere dalla cenere non mi sento ancora pronto,

si respira male in questo posto, non si trova qui mia mamma.

Mi allontano dal trambusto, tutto torna come prima.

Son restio e preoccupato, ma comunque sia rientro:

trovo ancora quelle scale che conducono alla cima,

ricomincio la salita, ma qualcosa è rotto dentro.

Giunto al tetto, ritrovo l’aria: rinfrescante è il suo profumo.

Conta i piani, son cinquanta, di questo vecchio grattacielo,

è lontano ormai l’incendio, ma mi arriva ancora il fumo

che fa chiudere i miei occhi, su cui qualcosa ha steso un velo.


Sembra ieri

Sembra ieri.

Stretta stretta la tua mano si perde nella mia,

raccontando l’orgoglio, la paura, emozioni che fan male.

Occhi guardano occhi, e sorrisi, e dubbi,

tra qualche volto amico in attesa sulle scale.

Sembra ieri.

Seduta su quel banco, il primo,

osservi con lo sguardo attento

un mondo nuovo, sconosciuto,

che appare ostile in quel momento.

Sembra ieri.

Le gambe della “m”, l’asta della “p”,

la pancia della “d” e il puntino sulla “i”.

Parole nei dettati, disegni e tabelline,

“Red”, “Green” e una lingua da imparare.

Il nome, l’aggettivo, il Cretaceo e l’uomo primitivo,

Alpi Cozie, Tigri, Eufrate, i Sumeri ed il “Big Bang”.

Sembra ieri.

Quaderni, matite, colla, gomma e pennarelli,

spazzolino e dentifricio, “Tutto a posto, puoi andare!”.

Per fortuna c’è la mensa: pasta, pesce e poi piselli.

Tanti giorni, tante attese, il primo voto da firmare.

Sembra ieri.

La maestra che ti guarda

e i compagni tutti attorno,

tanti amici, qualche scontro,

ma domani è un altro giorno.

Giorno e notte, estate e inverno,

passa il tempo e ancora cresci:

vivi sempre i tuoi momenti,

non cambiare, se ci riesci.

Sembra ieri.

Il soffio di un ricordo,

la vita di una lacrima,

e in un respiro è già domani.