MADEIRA

L’ingresso profumava di lavanda e una luce illuminava lo specchio all’entrata rendendo necessario usare la mano per coprirsi gli occhi. Pochi istanti dopo fummo accolti in una sala accessoriata con gusto ‘primi del novecento’, immancabile il quadro nel corridoio ritraente la bel’ Epoque. Probabilmente qualche antenato della famiglia era un fedele del Duce e per niente ciò si voleva nascondere; fotografie e riproduzioni tradivano questo ideale malinconico. La signora, sulla quarantina, di bel aspetto seppur non ricercato, evidenziava un’eleganza d’altri tempi oramai propria di signore in avanzato stato d’età. La visita non prevedeva l’esamino a fondo dell’appartamento e questo intristì un poco il curioso Giova. Quest’ultimo era in affiancamento ad un collega più anziano per presentare un’opera pregiata frutto di una sinergia compatta tra tre importanti aziende del settore. Una curava i contenuti, l’altra la fattura interna mentre l’ultima completava il miracolo letterario relegando la stessa in uno scrigno finemente e abilmente lavorato. Le pagine parevano d’oro e i contenuti donavano valore e sostanza ad una cultura sempre più latente e propria di categorie appartate, la maggioranza ignorava. Una cultura nascosta da una casta che aveva tutto l’interesse a promuovere la suddetta ignoranza. La fine di una società comincia con il dimenticare come si ha avuto inizio, era il pensiero predominante di Giova. La conversazione ebbe inizio con una doverosa puntualizzazione di Giova stesso che preoccupò Paolo, il collega anziano, che non poté far altro che pregare e affidarsi alla buona sorte, auspicando che quest’ultima non fosse impegnata in altri soccorsi.

<<Signora desidererei informarla di una precisazione ma prima le pongo questo quesito: cosa pensa quando si trova davanti un venditore?>>

La signora sorpresa dalla domanda osservò il collega alla destra di Giova e dopo un momento di esitazione rispose:

<<Credo che farà di tutto per vendermi il prodotto che sta proponendo.>>

La risposta tanto chiara quanto scontata fece raggelare il sangue nelle vene di Paolo che pensò ‘ci siamo giocati la vendita’ con un sorriso compiaciuto a nascondere lo sgomento del quale pativa , dissimulando abilmente i suoi foschi pensieri.

<<Esatto!!!> ricominciò Giova evidentemente entusiasta della risposta, quasi fosse quello che voleva sentirsi dire.

<<Proprio per questo io e il mio collega non siamo qui in veste di venditori, perlomeno non il tipo di venditore da lei descritto poc’anzi.>>

La conversazione prese una piega a dir poco surreale e in parte disattesa sfiorando il ridicolo, ma non per Giova. Intanto paolo pensò innervosito ‘questa è l’ultima volta che lascio improvvisare un pivello’.

<<Si spieghi.>> espresse curiosamente la signora.

<<E ciò che farò con immenso piacere.>> rispose Giova palesando una sicurezza appartenuta a imperi vincitori.

<<Comunicatore, ecco chi ha davanti a lei in questo momento, anzi due comunicatori>> sentenziò orgoglioso rivolgendo tesa la mano destra in direzione di Paolo.

Ebbe così inizio una spiegazione foriera e densa di dovizia capace di trasportare la mente nei luoghi e tempi descritti dal signor Giova.

A conclusione la signora con gli occhi sgranati deglutì e rivolgendo lo sguardo al signor Paolo lo incalzò dicendogli:

<<Certo che con un maestro di questo calibro lei ha un futuro assicurato, se impara solo la metà dei modi con cui si è espresso …>>

Un fastidioso e tedioso silenzio si impadronì dei secondi che passarono lenti come gocce d’acqua al rallentatore recando sui protagonisti una sorta d’incantesimo rotto dallo schiarire di voce del signor Paolo che seppur fissando compiaciuto il collega rivolse l’attenzione e la parola alla signora.

<<Vede signora cara, non mi vergogno ad ammettere ma certamente ne sono sorpreso che quello a cui ora lei si sta rivolgendo, colui che è stato zitto e buono per tutto il tempo, sia circa da un decennio impegnato con successo nel descrivere a persone come lei ciò che ha mirabilmente ascoltato dal qui presente mio collega.>>

La signora sentì la saliva sottrarsi, a mo di bassa marea normanna, dalle ghiandole adibite a tale compito provocandole un arido e desolato deserto all’interno della propria cavità orale. Si alzò non curante di usare i modi che finora l’avevano contraddistinta per poi accorgersene poco prima di lasciare la stanza per dirigersi chissà dove. Voltandosi bianca in viso in preda a smarrimento, fece un imbarazzato inchino seguito da un flebile:

<<Vi prego, scusatemi.>>

L’attesa diede il tempo ai due colleghi di scambiarsi dapprima un paio di battute per poi concludersi con una pacca sulla gamba sulla gamba destra di Giova avente in sé significato di stima e apprezzamento.

La signora fece il suo ingresso con in mano un vassoi sul quale facevano capolino una bottiglia che odorava di passato e tre bicchieri di vetro liscio con una farfalla decorata sul fondo.

La signora aveva dimenticato questo cimelio a forza di aspettare momenti importanti, quel giorno si accorse che tali momenti erano già passati ma la bottiglia non era mai stata aperta. Si rese conto della vacuità della vita e di come sia come un filo d’erba che dura pochi istanti, si secca e decede. Già da qualche giorno si sentiva diversa stava metabolizzando un atteggiamento anticonvenzionale per il quale stava cominciando a nutrire una certa simpatia nonché uno stato di benessere. Avendo superato anche se da poco i quaranta aveva deciso i fare a modo suo.

Il nonno al figlio e il figlio alla figlia, la signora. Due generazioni, quasi tre che non hanno saputo godere delle bellezze della vita, lasciando in eredità un pesante fardello, fardello che la signora era intenzionata seriamente a lasciarsi alle spalle.

Il tappo era tratto. Pareva di percepire nella sua mente a volume crescente le onde infrangersi sulle coste dell’isola, la voce di Napoleone Bonaparte ringraziare per il dono e il brindisi voluto da Thomas Jefferson durante la firma alla Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America. Solo la riposizione del tappo sulla bottiglia di Madeira appena stappata fece scomparire i demoni dalla mente della signora. Il suddetto vino millesimato se debitamente imbottigliato e sottoposto a forti oscillazioni termiche, simulando lunghi viaggi in nave come accadeva per arrivare in Inghilterra dal 1600 in avanti, poteva conservarsi per decine d’anni addirittura in grado di essere bevuto anche dopo cento e più anni.

<<Longevità>> disse la signora apponendo la firma per acquistare l’opera presentata dai due comunicatori.

<<Longevità è anche il mio augurio nei vostri confronti, avete avuto una parte importante nel fare in modo che mi convincessi totalmente. Che decidessi definitivamente di tagliare i ponti con un passato che ormai non mi apparteneva più.>>


OLTRE IL VETRO

Aleta ragazza di diciassette anni non è molto diversa dalle sue coetanee, basti pensare alle classiche fisime adolescenziali del tipo: ho il sedere basso, sono senza seno, ho bisogno dei tacchi per apparire normale e la lotta quotidiana all’acne. Aleta passa le sue giornate in compagnia dell’inseparabile cellulare e ogni tanto da un’occhiata al libro di matematica e ai suoi dannati esercizi. Nel tardo pomeriggio, un suono di citofono e la madre che chiede:

<<Hai finito di studiare?>>

Altrettanto automatica la risposta:

<<Si ma ci vediamo per cena>>.

Le quattro chiacchiere con le inseparabili amiche del cuore discorrendo su quanto sia buono il ragazzo di quinta del piano superiore dell’istituto di Ragioneria. Dopo cena e dopo le monosillabi elemosinate al papà, che lo innervosiscono più del silenzio e della stanchezza dovuta ad una dura giornata lavorativa, si ritira in camera sua con le cuffie e la musica di Rihanna, Ferro e Britney a far da compagnia all’ennesima serata monotona e uguale a quella precedente, tranne che per la data recitata dal calendario che troneggia da sopra il letto. Aleta si addormenta con in sottofondo le discussioni oramai immancabili di mamma e papà. Lei pensa che siano dovute alla crisi, ai problemi per mandare avanti una famiglia e in effetti probabilmente sono anche per quei motivi. Il cuscino prima a destra poi sotto le braccia per poi passare alla fase rem e pensare inconsapevolmente: domani sarà migliore.

Il quarto anno si presenta come un periodo di transizione, si fa per dire, tra il terzo e il quinto definiti per natura quelli verso i quali non si può sbagliare, ma poi si ci rende conto che è un anno difficile, punto e basta. Durante l’ora di Storia, Aleta non ne può più dei continui commenti razzisti legati all’approdo di stranieri. Roma si proclama tanto di mente aperta per poi rivelarsi tale solo nei comizi elettorali oppure davanti ad eventi importanti ripresi da un telecamera, insomma durante i periodi falsi mentre a caratterizzare i restanti momenti rimane la solita e ineluttabile ignoranza del ‘il mio paese è più del tuo’. Si ci limitasse solo a questo … invece si passa dai pensieri alle parole per poi arrivare ai fatti.

Ed è proprio ciò che sta accadendo ora, in classe. Mentre la professoressa inavvertitamente cita l’ennesimo atto incivile accaduto il giorno prima presso una zona di Roma, dagli ultimi banchi prende forma un’arma pronta ad esplodere.

Frasi del tipo ‘le camicie nere, ecco cosa servirebbero’ oppure ‘la ronda metterebbe a posto tutto’ per arrivare a frasi del tipo ‘farei il pirata per farli colare a picco quei bastardi’. A quel punto a dieci minuti dall’intervallo Aleta chiede cortesemente di uscire, permesso accordato anche se storcendo il naso vista l’ora. Ancora una volta la docente non aveva capito la situazione, ma d’altronde come darle torto nel 2013 certi ragionamenti non dovrebbero esistere. Aleta capisce amaramente che il mondo dei docenti con quello degli studenti non si incontrerà mai e pensa di non arrivare mai a capire se ciò è dovuto o voluto. Guarda fuori dalla finestra e si chiede perché i suoi abbiano deciso di trasferirsi, certo le motivazioni le conosceva; il lavoro, il denaro e la dittatura. Ma la domande delle domande è: ‘Come stanno quelli che sono rimasti a Tirana’? una cosa è certa non avranno i suoi problemi, certo altri ma non i suoi e questo pensiero la intristì.

Aleta è finalmente consapevole della sua condizione e decide di uscire completamente e coscienziosamente dal recinto, dal gioco. Non a caso, già da qualche giorno, si appassiona ad un classico della letteratura che la invita a porsi domande, a ragionare su cosa in effetti significhi il termine libertà e oggi dopo pranzo sdraiata sul divano del salotto prosegue nei suoi pensieri. Libertà parola spesso abusata, perché riempie la bocca e rende apparentemente tutti uguali. Orwell nel suo “1984” scrisse le pagine più illuminanti e purtroppo vere con decenni di anticipo. Aleta sorride e pensa immediatamente al programma televisivo dal grande occhio che cattura un vasto pubblico rendendolo inabile e facilmente influenzabile, a questo ultimo pensiero il sorriso scema e prende posto una triste consapevolezza ‘Ci vogliono così’. Diciassette anni ma una forte voglia di rivalsa e di non ripercorrere le orme dei suoi genitori che ama ma che vede come dei burattini. Pensa alle scelte e come esse siano tali solo in apparenza. Il termine scelta è definito come un’indicazione personale dopo una selezione di altre opportunità. Aleta si chiede: ‘La mia è veramente un’indicazione personale? Le altre opportunità le ho veramente selezionate io? Pensa alla sua collezione di dischi musicali e riflette su quanto lei sia stata in effetti parte di quella scelta. Certo ha deciso lei in base ai gusti ma quest’ultimi da cosa sono nati? La sorprende il mal di testa. Normalmente lascerebbe perdere ma non ora, addirittura vede il malessere come un servo del nemico che tenta di dissuaderla. Non ora, adesso vuole vedere e non credere di vedere. Vuole scegliere di essere libera e lo vuole veramente, desidera autonomia nel pensiero e nell’azione. Si fa un tal parlare di libertà in seno alla parola o per quanto riguarda la religione per citare un paio di esempi. Allora perché incombono gli impedimenti, gli obblighi e gli impegni. Se io, pensa Aleta, non ledo la libertà altrui perché non posso esercitarla? Ecco la domanda! La risposta?

Non c’è e se esiste è vaga, contorta e detenuta da chi non si può interrogare. Se è così non ci vuole poi molto ad assoggettare un individuo, un popolo; un paio di dogmi espletati da intoccabili. Intoccabili per e da chi? La testa gli stava per esplodere, necessitava una pausa. Aleta decide di scendere, senza che il citofono la inviti a farlo, passando accanto alla madre titubante per la richiesta educata e pacata della figlia di uscire per prendere un po’ d’aria. Si ritrova così intorno alle 17 in piazza sotto casa. Sembra la prima volta, che sia appena giunta da chissà quale paese lontano, quale pianeta. Pare di un altro mondo, guarda le persone le cose i locali come se non li avesse mai notati, qualcosa sta cambiando Aleta questo lo comprende bene ma non riesce a spiegarselo. Tutto è iniziato quella mattina dopo le riflessioni alla finestra della scuola. Percepisce una magia, non si riferisce al tipo commercializzato e venduto ma a quella atmosfera che crede sia andata persa. Ha un flash che la riporta a circa 13 anni prima, probabilmente a niente di veramente accaduto non se lo sarebbe potuto ricordare, ma si sente in effetti una bimba di 4 anni. Vede il mondo diverso, a sua disposizione. Se è così che deve essere, si insomma se è proprio in questa maniera che si deve vivere? Allora gli anni subitanei all’età materna ci hanno trasformato. Soprattutto chi c’è dietro? Quale diabolico piano è perpetrato da secoli, dalla notte dei tempi. Il perché, Aleta non se lo domanda nemmeno, purtroppo conosce già la risposta. Per qualcuno sarebbe stata la fine se il mondo fosse stato a completa disposizione di tutti. Tutti uguali, nessuna classe superiore e inferiore. Aleta si ferma nelle sue elucubrazioni e si rende conto di una diavoleria infernale. ‘Ma allora è tutto preparato. I continui riferimenti a un nuovo ordine mondiale dove vigerà l’uguaglianza è solo uno zuccherino proposto da secoli e in momenti precisi della storia per far in modo che la maggioranza non perda la pazienza e veda in Loro un’ancora di salvezza, per poi ricominciare da capo dove i ricchi saranno al loro posto e i poveri anche.’ Rimane attonita e seduta sulla panchina che la sorregge fino al giorno prima con più fatica, perché si sa la consapevolezza, pesa.

La serata passa diversa tant’è che i suoi genitori stentano a riconoscerla fino al punto in cui a fine serata prima di ritirarsi in camera sua Aleta si rivolge ai suoi cari dicendo:

<<Scusate se fino ad oggi ho preso per scontato tutto quello che avete e continuate fare per me, vi voglio bene>>.

Dopo averli baciati chiude dolcemente la porta di camera sua. La madre scoppia a piangere singhiozzando silenziosamente, mentre il padre si passa una mano sul viso quasi a nascondere gli occhi lucidi. La loro bambina non c’è più, almeno questo è il loro primo e immediato pensiero.

La mattina esce di casa raggiante e decisa a far valere la sua nuova consapevolezza che inizialmente l’ha disorientata ma una volta metabolizzata è decisa a usarla a suo favore. Parte preparata riconoscendo che non sarà facile, molte saranno le insidie anche involontarie, il sistema ha troppa più esperienza di lei. Dopo scuola si ritrova con Giorgia, Adan e Drina per preparare una prova scritta a risposte multiple e Giorgia incuriosita dall’atteggiamento di Aleta che evidentemente non passa inosservato domanda:

<<Aleta, c’è qualcosa che vuoi dirci? Solitamente non ci dai il tempo di accorgercene>>

conclude ridendo assieme ad Adan e Drina.

<<No e che stavolta è diverso>>.

Risponde Aleta che non fa in tempo a concludere la frase che Drina la interrompe mettendosi le mani davanti alla bocca ed esclama tra lo stupito e il malizioso.

<<Non sarà mica sposato, Aleta è pericoloso. Ma almeno ne vale la pena?>>

Adan, unico maschio della compagnia giocosamente corre in difesa di Aleta.

<<Anche se fosse, lei se lo può permettere>>.

Adan viene spintonato e preso in giro perché ha una cotta per Aleta. I tre amici ascoltano ciò che Aleta gli espone e rimangono turbati anche solo per i l fatto che per loro giunge nuova, si insomma una novità. Tra di loro solo Adan si dimostra d’accordo suscitando il dubbio in Giorgia e Drina che sia solo per passare un po’ più di tempo assieme ad Aleta. Anche Aleta ha lo stesso pensiero ma non lo esprime. La sera Aleta dopo aver passato la serata nuovamente con i suoi genitori rimane sorprendentemente in sala con il computer portatile creando non poco imbarazzo. La mamma e il papà non sanno come comportarsi, per loro è un avvenimento insolito, piacevole ma pur sempre un fatto inaspettato. Aleta rompe il ghiaccio chiedendo a entrambi cosa ne pensano riguardo ad un sondaggio su un social network sull’argomento libertà e scelta, tastando così il terreno in famiglia. Inizia così una conversazione fatta di idee volte a conoscere il punto di vista di tutti e tre trovandosi teoricamente d’accordo sulla necessita di vedere il mondo a propria disposizione. La serata si conclude con gli inevitabili “ma”, “se” e “però”. Stavolta Aleta non ci rimane male, in effetti è cresciuta e vede questi epiloghi come frutto di un retaggio e non una colpa dell’individuo, fiduciosa che con il tempo il parere possa cambiare.

Inoltre il responso del sondaggio non la esalta ma coglie con positività quelle risposte apparentemente puerili del tipo: “Magari” “Sarebbe uno spettacolo” “Decidere per il nostro futuro”? Dov’è la fregatura”? ‘Qualcosa si sta muovendo’ pensa. Passa la serata e parte della nottata a fare ricerche sul web e incontrando più volte un concetto che la stimola e la appassiona, ovvero: “I simili si attraggono”. ‘Quindi se io sono positiva, attraggo positività’ pensa e così riflette su tutti glia altri campi della vita. Si imbatte su una pagina che è dedicata ad una legge a lei sconosciuta: La Legge d’Attrazione e si stupisce di come abbia basi scientifiche e matematiche. Si apre un mondo di possibilità legate ad un gesto semplice ma oramai caduto in disuso, ringraziare. Sembra impossibile agli scettici e sono molti ma l’amore e la gratitudine per ciò che si ha, si ha ricevuto, smuove una serie di avvenimenti sconosciuti e lontani fra di loro ma che lavorano a favore di chi mostra riconoscenza sincere e crede fermamente in questo processo. Ecco perché la sera prima Aleta aveva provato la sensazione di tornare indietro nel tempo, inconsapevolmente ha iniziato un cammino che la vede protagonista assoluta, in grado di cambiare in meglio la sua e altrui esistenza. Si addormenta con la gioia di aver trovato una via d’uscita, certo non potrà cambiare il mondo ma migliorare il suo di mondo questo non glielo vieta nessuno, se non lei stessa.

Impara con i giorni a tenere sotto controllo i sentimenti sfavorevoli a favore di quelli favorevoli, Aleta prende spunto dagli inconvenienti non cercando di eliminare il negativo ma riempiendo di sentimenti costruttivi la situazione difficile. Infatti si trova a passeggiare per strada e incrociare qualcuno con una stampella, invece di intristirsi e alimentare pensieri ostili pensa a come starà bene una volta guarito oppure vedendo un cane randagio pensa alla sua condizione felice quando troverà un padrone. Tra i pensieri negativi ci sono quelli espressi dagli altri, dalla maggioranza. Si ritrova essenzialmente sola, fino a che si tratta di chiacchiere da bar tutti sono d’accordo ma se si fa sul serio la risposta generale è “Non scherziamo”. Quindi si ritrova sola, almeno per il momento perché sa che la gratitudine non la lascerà e la riempirà di gioia e felicità.

Aleta ha intrapreso un percorso meraviglioso, si sente con le amiche che non confessandolo la invidiano. E’ cambiata, niente e nessuno la smuove dalla sua condizione aurica. Ma ciò che più conta è che lei sta bene e fa del bene. Segue le istruzioni che riceve dalla Legge e vede i primi risultati, piccoli ma stupefacenti perché ci sono, è realtà. Segue le indicazioni trovate su un libro; la invitano a incamminarsi lungo un cammino di circa trenta giorni dove alla fine degli stessi avrà completamente stravolto il suo vecchio, inefficiente e ingrato modo di vivere. Le sopracitate indicazioni vogliono dimostrare ad Aleta di come intorno aleggia una forza invisibile ma potente e che desiderandolo avvera i desideri. Aleta inizialmente preoccupata di inoltrarsi in una zona sconosciuta e pericolosa si deve ricredere perché tutto ritorna al concetto scoperto qualche giorno prima: I simili si attraggono! Passa i primi giorni a ringraziare per tutto ciò che ha ricevuto nel passato senza che lei lo chiedesse ma che soddisfece le sue necessità, pensa ai suoi genitori e a quello che ancora oggi stanno facendo, per passare al conducente dell’autobus o gli addetti alle pulizie strade per non parlare del tabaccaio e della barista. Tutti servizi verso i quali raramente si è mostrata grata consapevolmente se non per la dovuta cortesia espressa da un sorriso o da un grazie ma in ogni caso entrambi fini a se stessi. Ora è diverso, ringrazia consapevolmente e lo sente, emozioni pervadono il fisico con un brivido lungo la schiena o con un paio di occhi lucidi o con entrambi. Ciò che la sconvolge è quello che le capita due settimane la conclusione degli esercizi. Aleta ha fatto una malattia, si fa per dire, per un maglione giro collo con ricamato davanti il musetto di un labrador. Naturalmente quando si decise ad acquistarlo il capo non c’è più. Questo accade circa tre mesi fa. Il commesso del negozio le dice che era l’ultimo e visto la poca richiesta difficilmente lo avrebbe ripreso per rivenderlo. Aleta si ricorda che un esercizio recita di pensare talmente intensamente a ciò che si vuole da immaginarlo già proprio, e lei decide di metterlo alla prova. Ogni mattina appena sveglia decide come vestirsi: jeans a vita bassa, calzini corti a strisce e, lui, il maglione tanto agognato e desiderato. Il gesto è quello di indossarlo. Non si sente stupida poiché ha compreso la veridicità della legge di Attrazione. Una mattina di domenica, stessa procedura destinazione Porta Portese. Ha capito che non deve preoccuparsi di come i desideri si avverano, deve solo crederci ed essere grata come se l’avesse già ricevuto, al come ci pensa la legge. Detto fatto, il 228 e fermata capolinea stazione Trastevere, scalette, attraversamento pedonale e la strada che dal lunedì al sabato solitamente è un far west si trasforma in zona pedonale ma non meno caotica, anzi. Non c’è più la vecchia che ha sul banco le foto di Papa Giovanni forse i nipoti e la maggioranza comunque non è trasteverina, né romana, tanto meno italiana. Aleta rimpiange, solo per sentito dire, il vecchio mercato ricco del pathos tipico di coloro che gli avevano dato i natali, ‘la globalizzazione’ pensa. Tra una sosta al banco africano, quello sportivo con le maglie da calcio taroccate e il banco degli orologi a cipolla dei cinesi giungono al banco di biancheria intima mista e tra ‘questi slip mi fanno il culo basso’ e ‘ in questo reggiseno mi ballano’, Aleta si allontana per fare la coda per il panino con la porchetta. Lei ha una sola cosa in testa e guarda caso incrocia spesso lo sguardo con quello appartenente al musetto ricamato sul suo maglione, naturalmente non proprio quello. Sono quasi le 13 e dopo il panino e una coca cola decidono di tornare indietro, stavolta dalla parte opposta.

<<Giorgia, Giorgia, corri, corri presto!>>

urla Aleta saltellando.

<<Ma sei scema, si è girato mezzo mercato!>>

Aleta ha un maglioncino a giro collo tenuto sotto il mento e un sorriso raggiante. Giorgia non ci crede, per tutta la mattinata ha pensato a come ci sarebbe rimasta male Aleta nel non trovare quello che in effetti possedeva da tempo. Giorgia non sa se essere felice o no, non è ancora convinta anche se meno scettica di quel famoso pomeriggio che cambiò la vita ad Aleta. Per Aleta non si tratta semplicemente del oggetto desiderato ma dell’ennesima conferma, questa in effetti paradossale, di come le situazioni si volgano a proprio favore solo se gliene dai la possibilità, lei gliela diede. Inizia così una serie di ‘coincidenze’ così viste dagli altri ma ‘conferme’ per Aleta. Un paio di giorni dopo riceve un rimborso delle spese scolastiche, inoltre una serie di incontri che la incanalano lungo un tragitto che da tempo auspica. Mediante una professoressa conosce la segretaria di una casa editrice che pubblica primariamente poesie e indice concorsi anche a livello nazionale. Inutile dire che Aleta partecipa ed è inclusa in una raccolta a raggio nazionale. I primi cinque sono premiati con una targa riconoscitiva e un contratto con una nota Casa Editrice Nazionale. Solo qualche mese prima Aleta viveva in un oblio scontenta di tutto e di tutti, non sopportava i suoi genitori che ora adora, i professori li vedeva distanti mentre ora ne capisce addirittura gli stati d’animo e vede addirittura Adan sotto una luce diversa; ‘che ragazzo straordinario, chissà da quanto tempo mi sopporta con le mie paturnie, nonostante tutto non si stanca, che sia veramente innamorato’? C’è chi non cresce nemmeno a un passo dalla morte e chi, lasciandosi modellare, diventa una persona migliore nonostante la giovane età. E’ un lunedì e Aleta si trova a Torino per discutere del suo contratto e del suo futuro, niente rema contro, tutto è perfettamente perfetto, una giornata straordinaria. Una telefonata durante il viaggio di ritorno la gambizza. Suo padre è ricoverato in rianimazione, un ictus. Sul treno le voci fanno da sfondo ad un irreale realtà. ‘Cosa succede’, si chiede ‘dove ho sbagliato’? Due domande, dopo un periodo apparentemente interminabile che invece dura solo pochi secondi, attendono una risposta. Aleta si scrolla di dosso quell’ atteggiamento che l’ha accompagnata per troppo tempo e che sta per riaffacciarsi, ma lei oramai è di un’altra stoffa e sbatte a due mani la porta in faccia al tentativo di cattura tentato dalla vecchia condizione. Ha vinto, la vittoria più importante quella che la sosterrà nei giorni futuri, forse i più duri che abbia mai dovuto affrontare. Deve sostenersi e sostenere mamma, senza dimenticarsi di papà che ha un disperato bisogno della sua piccola.

Papà è fuori pericolo di vita ma i medici non vedono possibilità di riabilitazione, ha perso il 70% delle capacità psico-motorie. Mamma è vestita di occhi gonfi e nervi a fior di pelle, ogni giorno sempre lo stesso abito, solo Aleta la calma. Nei momenti di sconforto Aleta si chiede ‘avrò abbastanza esperienza per affrontare la situazione, forse dovevo conoscere prima la legge’? Si rende conto che certe cose non si prevedono, se cosi fosse si eviterebbero. Oramai gli esercizi legati alla gratitudine e all’amore fanno parte della quotidianità ed essi la rendono forte, inattaccabile dagli attacchi verso la propria personalità e nuova consapevolezza. Anche se non ne vedono l’utilità i medici consentono ad Aleta di disporre alcuni cambiamenti nella stanza dell’ospedale. Non deve essere una degenza ma papà deve sentirsi in villeggiatura. Non se la prende per gli sguardi di pena rivoltigli dal personale ospedaliero, ma prova gioia nel dare prova delle sue azioni a favore di tali increduli. Cambia le tende bianche della porta finestra con un paio colorate e a mezza finestra, ogni giorno il tavolo ha su di sé un vaso di fiori freschi, la vita si rinnova, e Aleta passa interi pomeriggi a leggere a papà racconti basati sulla gratitudine e sulle sensazioni positive provate dai protagonisti anche durante l’affronto di dure prove. Non è una gran cuoca ma la sera prepara il pranzo da portare il giorno dopo a papà appena finita la scuola. Mamma intanto osserva e addirittura decide, dopo qualche giorno che è ora di cambiare d’abito, aiutando la figlia e ringraziandola per tutto ciò che sta facendo. Il miracolo della vita si compie quando i medici stupefatti riconoscono un recupero straordinario del 40%. Ora solo un 30% è perso, anche se un medico memore del insegnamento afferma:

<<Per ora, Aleta, per ora>> sorridendo e abbracciandola.

Aleta scoppia in un pianto liberatorio e ringrazia, tutti indistintamente anche coloro che apparentemente o effettivamente non c’entrano nulla come i parenti di alcuni degenti presenti in sala d’aspetto o la ragazza del bar del ospedale e il tizio dei giornali. Una sera prima di andare via Aleta conclude la lettura con una poesia che gli è valsa la consacrazione durante il concorso che la vide vincitrice, ‘papà non parla da un mese ormai’ pensa Aleta mentre conclude la lettura e decide di immaginarlo guarito.

Aleta chiude gli occhi e lo vede corrergli incontro a braccia larghe per abbracciarla e sente ‘Ti voglio bene amore mio’, è talmente assorta nell’immaginazione che lo sente ripetersi un’altra volta, alla terza apre gli occhi e incrocia quelli di papà che lacrimando la guardano e con le labbra gli sussurra:

<<Ti voglio bene amore mio, grazie>>.

Aleta rimane di sasso, il cuore gli batte a mille e d’istinto sciaccia il pulsante per chiamare un addetto. Neanche l’infermiere crede ai suoi occhi, un uomo che fino ad un mese prima era dato per spacciato, un semi vegetale ora abbraccia la figlia e le accarezza il viso sussurrandole una dolcissima ninna nanna.

Ormai Aleta vive con i genitori a Torino e si prende cura di loro anche se lo fa primariamente a livello economico visto che papà non può fare lavori pesanti e mamma deve accudirlo, vivono in periferia in una villetta con giardino e hanno assunto una signora gentile e affabile che vive con loro permettendo ad Aleta di girare promuovendo la sua prima raccolta di poesia che sta riscuotendo un successo inaspettato ai più, ma normale per lei. I suoi genitori le hanno insegnato l’educazione, l’esperienza e le scelte compiute, hanno fatto la loro. Ripensa a quella finestra che le cambiò la vita e a tutto quello che venne dopo e osservando mamma e papà abbracciati sul dondolo in terrazza pensa a lei e ad Adan ‘Farò di tutto per arrivare anch’io ad amare ed essere amata. Niente e nessuno può impedirmi di essere felice e rendere felice. La vita mi ha insegnato che non c’è tragedia capace di travolgere l’amore L ’amore è indistruttibile. Io sono l’amore’.


 

DI NUOVO OGGI?

L’ennesimo giorno di vagabondaggio per la città, un negozio di telefonia, uno di cornici, di ferramenta e un centro revisioni. Lui sull’autobus direzione centro. Due ragazzine davanti a lui discutono con un occhio sempre concentrato su facebook e ogni tanto sghignazzano. Il mezzo si riempie e Matteo è seduto con accanto il posto finestrino vuoto, diversi stanno in piedi alcuni perché scendono a breve mentre altri, chissà. Matteo pensa alla sua vita. Intanto un mercatino attira la sua attenzione ma gli sfugge alla sua destra. Per un classico taglio del personale si trova a spasso, letteralmente. Solite promesse di ripresa lavorativa fino ad allora disattese. Matteo si chiede perché le cose dovrebbero cambiare, migliorare propria ora quando lui ha bisogno. Non crede di essere così importante da attirare le attenzioni superiori in grado di cambiare rotta. Per non farsi mancare niente è stato da poco lasciato dalla compagna, con una delle più classiche e snervanti ragioni, lo incolpa di immaturità e irresponsabilità, lui si consola pensando di essere in buona compagnia. Potrebbero essere motivi validi, se solo ne avessero parlato prima se solo lui avesse avuto modo e maniera di ribattere magari migliorando. Ma il vero motivo naturalmente non è quello. La libertà, tanto agognata ma troppo audace per essere sbandierata ai quattro venti, meglio nasconderla sotto mentite spoglie. Insomma lei ha voglia di divertirsi e come dargli torto in alcuni casi è una necessità. Non ci sono dubbi sulla sua immaturità, e non solo per le accuse rivolte al ex compagno. Solitamente chi accusa di una certa mancanza è il primo a possederla. Anche lei è in buona compagnia. Matteo non ha programmi particolari per la giornata a parte scendere al capolinea per mancanza di altre opzioni. Oggi non ha voglia di pianificare e decide di lasciare al caso gli eventi. Nota, senza cercando di non esternare alcun giudizio, che la maggioranza dei passeggeri sul mezzo ma anche per strada arriva da altri paesi e prova ad entrare nella mente di alcuni; per capire il loro stati d’animo, le paure, gli affetti lontani e i progetti futuri. Li vede diversamente, non ne nota differenza rispetto a lui e non sopporta i commenti razzisti di quelle persone che dopo averli espressi si guardano intorno alla ricerca di consensi. Una ragazza, capelli corti con un taglio sfumato si lamenta del suo ragazzo con l’amica di fronte accennando un’incompatibilità di carattere non più sopportabile. Matteo pensa, non volendo scusare l’atteggiamento del ragazzo in questione, che l’uomo generalmente a certe conclusioni non perviene, non può capire, si tratta di un mondo a parte, di un limite maschile. Si convince che questo le donne lo sappiano molto bene e che all’occorrenza lo usino a proprio vantaggio, a volte inconsapevolmente. Un cinese che sa di aglio gli passa accanto e scende. Il centro di Roma è baciato da un sole primaverile nonostante sia ancora inverno. Passa davanti all’Altare della Patria e alle spalle di quest’ultimo il Teatro Marcello. L’aria fresca lo accompagna, mentre gli passa davanti il calesse trainato da un cavallo che scuote fiero la criniera sotto lo sguardo attento di un cane al guinzaglio. Interno del Vittoriano, ingresso gratuito, si respira odore di tempo antico, trascorso ma mai dimenticato. Turisti giunti da ogni luogo si fermano davanti ai drappi, alle tele raffiguranti ricordi indelebili e incancellabili. La storia parla e Matteo ascolta. Sente che qualcosa sta cambiando, lo deve a se stesso. I padri del passato glielo stanno sussurrando e lui ascolta. Fuori da museo situazioni paradossali si susseguono durante la passeggiata pomeridiana. Vie costellate da negozi la cui entrata in essi è improponibile ai più che si consolano osservando e maledicendo il loro basso stipendio e conseguente stile di vita. Viuzze dove sui terrazzi trovano dimora piante e vegetazione rampicante. Inoltre gli immancabili artisti di strada che per pochi euro svendono opere creative e che hanno un’unica ma incolmabile colpa: essere sconosciute. Ora di pranzo al Mc Donald’s di turno. Matteo ad un tavolo per due mangia avendo davanti la visuale: incarnate tre tipi di famiglia tra loro sconosciuti che dividono una tavola rotonda. Una mamma dai modi fini e amante della moda con la bimba all’incirca di sei anni fiocchetto rosso che richiama gli stivaletti. Un’altra mamma modesta ma non fissata per il look insieme alla figlia adolescente. In ultimo la terza mamma presenta un tic nervoso all’occhio sinistro ed è accompagnata dai suoi due figli, la ragazza più o meno tredicenne che guarda con invidia l’adolescente di fronte evidentemente alla moda ed emancipata, e il maschietto di circa 7 anni cha alterna i morsi al panino con i giochi che accompagnano il pranzo. Ogni famiglia, ogni singolo individuo con una storia a sé stante. C’é chi economicamente non ha problemi e non deve fare i conti ogni volta che si trova a dover pagare o decidere se o dove andare a mangiare, compare un abito o un libro. Invece altri a causa di una vita spezzata e divisa dalle scelte, devono affrontare ogni giornata cercando di portarla a termine con meno danni possibili. Sulla via principale una donna con un berretto verde e la mantella dello stesso colore offre volantini pubblicitari, forse della sua nuova attività, i quali vengono snobbati non sapendo cosa stanno rifiutando. Matteo si rende conto di essere così e prova fastidio e si riconosce complice nell’allargare il buco di ignoranza gratuita ed evitabile e che ci rende sempre più succubi degli eventi. Centocinquanta euro per il giro delle tre fontane sul calesse trainato da un possente quadrupede, Matteo sorride e pensa che possiede solamente il necessario per un panino e una coca. Guardando le rovine della vecchia Roma si rende conto che tutto, volente o nolente cambia. Che sia voluto o costretto il cambiamento fa parte della vita dell’uomo. Solo che alcuni, la maggioranza, si modificano quando ne sono costretti perché si tratta di una situazione talmente epocale e mondiale da essere inevitabile. Matteo riflette su quei desideri radicati e insiti fin dal concepimento nell’animo umano come volare, viaggiare nel tempo. Essere a Roma durante il I secolo d.c. e vivere ciò che si legge sui libri di storia per rendersi conto e scoprire che, nessun libro può contenere anche solo pochi giorni di vita quotidiana e le sue peculiarità, e nello stesso tempo fornire una cosi chiara e vivace descrizione che solo il viverla concede e dona. Una coppia straniera si immortala mentre si scambia un effusione carica di tenerezza e di gioia pensando ai loro progetti futuri. Le luci delle auto indicano inesorabilmente che il tempo ha deciso di mutare, trascorrere. Il sole abbassa lo sguardo, e mercurio, in quanto liquido della colonnina, lo imita, costringendo i presenti a coprirsi. Un nugolo di persone agglomerate ad attendere l’autobus alla fermata del capolinea. I più rientrano dopo una giornata di svago, mentre altri hanno dovuto disbrigare faccende che solo il sabato permette. Per chi lavora. Matteo pensa al futuro, non a quello lontano ed incerto ma a quello immediatamente prossimo, a domani, domenica. Giornata tipicamente festiva atta a riposarsi dalle fatiche settimanali. Per lui una giornata come le altre, almeno per ora e fino ad ora.