Sembra strano
ma un anno è passato,
la moltitudine di emozioni
ci costringe a vivere tutti i giorni.
Una bambina è arrivata
e di gioia ne ha portata,
un anno fa una famiglia
si allargava con la prima figlia.
Quante cose
ha visto questa bambina;
persone, montagne e case
che nemmeno una regina
ne verrebbe a conoscenza
in un solo anno di esistenza.


 

C’erano una volta due api innamorate. Lui era Ape e lei era Apetta.
Lavoravano giorno e notte producendo miele e per farlo prelevavano il nettare dai fiori.
Un giorno all’interno dell’alveare, mentre Ape e Apetta stavano lavorando, apparve un enorme ombra ed un vocione disse:
– Alessia!! Passami i guanti di pelle! –
Subito dopo da fuori l’alveare le api videro avvicinarsi un enorme mano nera e liscia, che afferrò l’alveare per poi gettarlo lontano.
Nell’alveare ci fu un po’ di caos; le api cadevano, il polline andava disperso, finché ad un tratto.. BOOM!!!!
L’alveare aveva toccato il suolo emettendo un rumore assordante, non udibile però da alcun essere vivente tanto piccolo era quel nido d’api.
– State tutti bene? – urlò a gran voce l’ape Regina.
I piccoli insetti a fatica si alzarono e alcuni cercarono di volare ma senza successo, lo schianto sul suolo aveva momentaneamente danneggiato le loro capacità motorie.
– Non ci siamo tutte! Chi manca? – fece notare efficientemente un ape guardiana.
Le povere api si guardarono intorno, cercando di risolvere l’enigma. Ad un tratto Ape urlò:
– Manca Apetta!! –
– Non disperiamo! – urlò l’ape Regina, poi aggiunse: – Esploratrici! Cercate di ripercorrere la strada eseguita dall’alveare quando ci sono venuti addosso –
Le api esploratrici partirono subito alla ricerca della strada effettuata.
Al loro ritorno segnalarono a tutto lo sciame la via da seguire.
Mentre maggior parte di loro si allontanava per seguire le api esploratrici, le api ceraiole cominciarono a produrre cera per riparare i favi danneggiati dalla caduta; i favi erano molto importanti poiché questo raggruppamento di celle di cera serviva per contenere le larve della covata e per immagazzinare miele e polline.
Lo sciame di api arrivò nel luogo dove il loro alveare era tranquillo sopra un tronco d’albero, prima che fosse scaraventato via. Un’ape esploratrice riconobbe la mano nera e liscia.
– Hai visto Alessia come si fa ad eliminare un alveare d’api? – disse l’uomo a cui apparteneva quella terribile mano assassina, che ancora si stava vantando del suo terribile gesto. Poi vide per terra un’ape che era ancora intontita, si inginocchiò e disse:
– Oh guarda! Questa piccola ape è tutta sola. Poverina! – questo “Poverina” lo disse con una faccia davvero cattiva ed uno sguardo gelido.
– Si papà, ho visto – rispose la ragazzina dai capelli rossi, senza però nutrire grande interesse. – E dell’ape non me ne frega niente –
Quando finì di parlare con il suo sguardo assonnato e distratto, alzò la testa e ruggì un terribile urlo. Lo sciame d’api era arrivato ed erano tutti pronti a combattere per riprendersi Apetta.
L’uomo si girò in direzione dello sguardo terrorizzato della figlia e quando vide lo sciame avvicinarsi a grande velocità prese in mano Apetta e messa sul tavolo in quel piccolo giardino, prese il bicchiere che aveva usato poco prima per bere e lo capovolse sopra l’ape, lei cercò di tirarsi su e quando riuscì a volare.. TUC! Sbatté contro il vetro del bicchiere e si rese conto di essere in trappola.
Ape vide Apetta e si distaccò dallo sciame.
– Io vado a salvare Apetta. Voi pensate all’umano – urlò ai suoi compagni e poi si diresse verso la sua amata.
– Api! Andiamo dall’umano e non spaventatevi, lui cercherà in tutti i modi di farci andare via ma noi non demorderemo! – disse il capo delle api esploratrici.
– Papà ci vengono addosso!! – urlò la ragazzina.
– Non temere Alessia. Ci penso io a loro –
L’uomo prese in mano un barattolo di insetticida e cominciò a spruzzarlo in aria verso le api.
– Ci sta attaccando!! – urlò un ape.
– Dividiamoci e cerchiamo di raggiungere quella mano nera – ordinò allo sciame il capo delle api esploratrici.
Le api si divisero; alcune virarono alla destra dell’uomo, altre alla sua sinistra ed il restante si alzò in volo per poi discendere verso quell’enorme mano nera che era il loro obiettivo.
– C’è un’entrata! – annunciò un’ape e tutto il terzo gruppo entrò nel guanto di pelle dell’uomo.
A quel punto l’uomo cominciò a saltare di qua e di là urlando a squarciagola e spruzzando insetticida dappertutto.
Delle povere mosche che stavano volando tranquille si ritrovarono a doversi nascondere da qualche parte per non essere prese da quella sostanza tossica. Anche un calabrone dovette stare attento a dove passava per non essere preso, ma appena vide Apetta imprigionata capì subito che l’uomo era pericoloso e che andava fermato.
Il capo delle api esploratrici vide il calabrone avvicinarsi all’uomo a grande velocità, allora gli urlò:
– Non danneggiare l’uomo! Non dobbiamo abbassarci al suo livello –
Il calabrone guardò prima l’ape esploratrice, poi Apetta ed infine le altre api che già avevano attaccato l’uomo ma senza recargli danno.
– Allora io lo distrarrò – annunciò il calabrone.
Cominciò quindi una vera e propria battaglia; l’uomo che continuava a spruzzare insetticida, le api che gli facevano il solletico passandogli dappertutto ed entrando nei vestiti e il calabrone che si presentò davanti all’uomo. Quest’ultimo tirò un urlo così forte che lo udirono anche i vicini di casa.
– Alessia prendi una scopa o un legno da terra! – disse con una voce spaventata alla figlia, ma lei non poteva udirlo perché era corsa in casa.
Mentre l’uomo cercava di allontanarsi dal calabrone, sua figlia aprì la porta di casa e urlò:
– Ho chiamato mamma, nonno, la polizia, i pompieri e il 118! – poi richiuse la porta e da dentro incitò il padre: – Non mollare papà! Tra poco arrivano i soccorsi –
Intanto l’uomo, che per ascoltare la figlia si era distratto, alzò la mano e spruzzò il diserbante in aria.
Ahimè, proprio in quel momento stava passando un uccellino che sentendosi spruzzare addosso qualcosa si spaventò, perse l’equilibrio e per rimettersi in volo sbatté così forte le sue ali che una andò addosso al calabrone facendogli fare un bel salto all’indietro e l’altra andò contro il viso del malcapitato uomo, il quale per lo spavento andò indietro di qualche passo e si scontrò con il tavolo dietro di lui. A quel punto Ape, che stava cercando di salvare Apetta ancora intrappolata nel bicchiere, sentì uno scossone che lo fece balzare in aria e con lui il bicchiere che.. CRACK! Cadde per terra e si ruppe in mille pezzi.
– Sono salva!! – urlò Apetta abbracciando Ape.
L’uomo, che intanto era caduto a terra, era pronto a spruzzare ancora insetticida ma il barattolo era ormai vuoto.
Il calabrone stava tornando verso l’uomo a grande velocità, quando vide Apetta in salvo. Appena il suo sguardo tornò sull’uomo a terra.. TONC! Gli arrivò addosso il barattolo dell’insetticida che gli fece perdere i sensi e cadde a terra.
Alla vista del povero calabrone sbattuto per terra le api si riunirono e volarono verso l’uomo che, impaurito, scappò in casa.
Tutto lo sciame d’api, compresi Ape e Apetta, e le mosche che erano rimaste in disparte si riunirono sulla soffice erba e radunatesi attorno al calabrone cercarono di capire se era ancora vivo.
– Signore, sta bene? – provò a chiedere Apetta al calabrone, ma lui non rispose.
L’uccellino, che anche lui aveva assistito alla scena, si avvicinò e cominciò a sbattere leggermente le ali proprio sopra il calabrone, in modo da fargli aria.
Fortunatamente il calabrone si risvegliò e visti tutti attorno a lui chiese cosa fosse successo e poi aggiunse:
– Non restate qui! Nascondetevi dall’uomo, potrebbe uccidervi!! –
– Stia tranquillo. L’umano se né andato a gambe levate, come dicono loro – lo tranquillizzò Ape con un sorrisino.
D’un tratto si voltarono tutti verso il cancello che concludeva il piccolo giardino ed una serie di scosse si avvicinarono a loro. Dopo pochi secondi poterono vedere chiaramente delle sagome con addosso delle tute gialle e altre con delle tute bianche, entrambi avevano una visiera a zanzariera protettiva.
– E questi chi sono? – chiese una mosca.
– Apicoltori! – disse il capo delle api esploratrici.
– Apicoltori? – si domandarono tutti.
– Sono degli umani. Le vedete quelle cassettine di legno che portano in mano? – continuò il capo delle api esploratrici. – Quelle sono le celle dove mettono noi api e una volta che ci rinchiudono lì dentro ci prelevano tutto il nostro lavoro; miele, polline, cera d’api, pappa reale e veleno –
– Cosa se ne fanno del nostro veleno? – gli domandò Ape.
– Non lo so. Ma non mi piace che ci rubino il risultato del nostro lavoro –
Quando finì di parlare gli apicoltori erano già davanti a loro, immobili a studiare un modo per catturarle.
– Dobbiamo scappare! – disse Apetta.
– Ho un’idea! – disse l’uccellino. – Io li distraggo e voi scappate via. Tutti voi! – concluse riferendosi anche al calabrone e alle mosche.
Annuirono tutti e si prepararono al decollo.
L’uccellino contò fino a tre e poi:
– Via! – urlò.
A quel punto l’uccellino andò contro gli apicoltori e le api si alzarono in volo facendo strada al calabrone e alle mosche. In pochi secondi furono troppo in alto perché gli apicoltori potessero catturarle.
Quando l’uccellino vide che i suoi nuovi amici erano tutti in salvo, volò alto anche lui e raggiunte le api le salutò.
– È stato un vero piacere aiutarvi – disse.
– Il piacere è stato nostro. Ci hai fatto onore delle tua conoscenza – lo ringraziò il capo delle api esploratrici.
A quel punto anche le mosche salutarono e si diressero nella direzione opposta alle api.
– Bene. E anche loro sono andate – disse il calabrone riferendosi alle mosche.
– E tu non torni a casa tua? – gli chiese Ape.
– Si. Ma prima voglio scortarvi fino al vostro alveare, per sicurezza –
Non ci volle molto che videro l’alveare sopra ad un ramo.
– Lo hanno riparato! – esultò entusiasta Apetta.
L’ape Regina appena li vide gli fece segno e in breve tempo le furono davanti.
– Ape Regina, questo è un nostro nuovo amico. Ci ha aiutato a sconfiggere gli umani e a salvare Apetta – disse il capo delle api esploratrici.
– È un vero piacere fare la sua conoscenza – disse l’ape Regina al calabrone. – Se vuole può unirsi a noi per la cena – gli propose gentilmente.
– La ringrazio molto, ma devo raggiungere la mia famiglia. Saranno in pensiero per me – rispose lui.
Il calabrone salutò l’ape Regina e tutte le api presenti, poi rivolto ad Apetta le consigliò di stare molto attenta in futuro. Infine se ne andò per la sua strada.
– Tutto è bene quel che finisce bene – disse Ape rivolto ad Apetta.
– Si. Sono contenta di essere tornata a casa, quel posto mi faceva paura – rispose lei abbracciando il suo amato.
E fu così che, guardando il tramonto che piano piano faceva addormentare il sole, Ape e Apetta si strinsero l’un l’altra e, assieme alle loro compagne, vissero per sempre felici e contente.


 

Mi vesto di vivaci colori,
mi trucco allegramente ogni volta che vado fuori,
porto sempre un numero maggiore di scarpa
e non esco mai senza il sorriso sulle labbra.
Chi mi vede per strada si fa una risata:
i miei piedi, quando cammino, emettono una schernata.
E quando mi trovo al cospetto di grandi e piccini,
li rendo al contempo felici di tornar bambini.
Il mio nome fa alquanto ridere
ma non per questo mi sento svanire
e nonostante sia già adulto
non mi stacco mai dal bambino che ho dentro.
Io sono il più grande portatore di sorriso
e il mio compito è di rallegrare il viso.

Io sono un clown
e non vado mai in down!