Quaderno dei naufragii

(diario di bordo di una inarrestabile deriva….)

E’ a mezzogiorno
della secca dei naufragi
dove perimmo
e dove anche
non più riprendevamo
la linea di rotta
dell’esistente
poiché ogni bussola,
nell’anima, era esplosa
in mille frammenti
irrecuperabili
solo un giorno
sul pontile
stendevamo ad asciugare
le bianche lenzuola
di un insuperato addio
ed è dalle trombe d’ottone
e dai cupi corni
che si elevava, triste
la più alta canzone
che ne potesse descrivere
il requiem impossibile
e da ogni pontile
da cui partivamo
si levavano in volo
i neri corvi
della maledizione
nonostante
levammo l’àncora
verso ogni
nuova e impossibile
destinazione
… ne ammirammo, dall’alto
della tolda, l’alzarsi in volo
che ne oscurò completamente
il cielo
e il tondo di luna
fiammante e incredula
ma col groppo in gola
all’annullarsi
di ogni tenerezza
e della corrispondente
parola
fu di un fiume
o fu di un’alba buia
ma ci impiccarono
i sogni
al più alto pennone
dell’albero maestro
prima che
fossero dissolte
le brume prima dell’alba

… 25 Dicembre 2010


Elegia di un addio

Tagliare il verso, girare la pagina allo specchio
togliere il tuo nome dalla porta
perché sia insostituibile
per sempre…

io non posso scrivere di nuovo
di questa feroce assenza
che non teme il ghiaccio della notte
che non si spezza
nel buio fondo della tua distanza…

è la notte più terribile
è l’inverno più soffocante
e paralizzante
nel sogno infranto
d’uno specchio brillante
era tuo, ed era il mio, appena ieri
e si è frantumato d’un colpo
in un solo istante
rovinando in mille pezzi acuminati
con cui, devastandomi,
ha tagliato la mia anima
in minimi frammenti aridi
irricomponibili

… franando l’alba
sulle soglie di casa
quando viene meno anche il verso, e non puoi
girare più la pagina allo specchio
e puoi, soltanto,
togliere il suo nome dalla porta
perché sia insostituibile, per sempre


Ho chiuso una porta

Ho chiuso una porta che non
riaprirò mai più
ho girato una pagina
allo specchio senza
poterne leggere il lato che si è frantumato…
sono sogni
ma non ne puoi più sostenere
l’anima,
come contraccolpo sordo
della desolazione…
Ho esteso ancor di più una ferita
dentro di me
irrimarginabile
e non ho più le parole
con cui congedarmi
dall’inevitabile corrività
dei giorni
e della loro melanconia
e sei appassito ai bordi della via
un treno è in ritardo
ma non ne sei irritato
più della neve disciolta
ai margini della tua vita
d’improvviso
ed è già tardi, ai lati, di
un’improbabile visione
hai l’età cui non s’addice,
ormai, la smania, né la ricerca,
aberrante, dell’anima gemella
sei solo nella via
e il dolore si accartoccia
sul tuo cuore
come il giallo
sulle foglie secche
ai lati della via
sei solo
non ti vede neppure
l’ingannato istante
di sfuggita o di lontano
come un pericoloso brigante
dei tempi passati
è solo una coincidenza
che non lo urti, al fianco
Era una vetrata ghiacciata d’inverno
completamente appannata
e cristallizzata di brina
cui ti affissavi
e per sempre
vi rimanevi inabissato