Mors Mortis

“Morire, dormire….sognare, povero Amleto quante volte mi ha invocata, era così sollevato quando gli bruciai il cuore come veleno…e quel Ortis e quel Werther che vennero imploranti al mio cospetto, come non essere “accondiscendenti”… In effetti sono ancora insoddisfatta per quel Giacomo Leopardi, Sì, ogni volta che credevo averlo sedotto e implorante la mia venuta, mi scacciava via malamente…Ah! Mai così soddisfatta quando venne la sua vera ora! Che fatica…con quanta leggerezza questi esseri umani tengono in conto l’altrui e la vita propria. Nessuno, o ben pochi, che dia valore agli altri esseri di questo strano pianeta Terra. Anch’io me ne meraviglio, ma nulla v’è in tutto l’universo come questo granello di sabbia, dove formichine stolte non colgono il valore dell’unicità. Peccato, mi turba però che da un mese non muoia nessun umano, animale o pianta”. La Morte, adagiata su un trono di tracotante orgoglio, aveva questi ed altri pensieri e si rigonfiava di un doloroso primato: ”Nessuno, nessuno mai è sfuggito, invitta gloria sull’universo, tutto mi spetta, a me, me sola…regina dell’oblio e della vita…Maledetta, invocata, amata, aborrita, ogni aggettivo per me, dalla sublime poesia al pianto di una schiava, dal trono dei re al giaciglio di una cella…dovunque ed in nessun luogo…ma a me sola, a me è eterno lo scettro ed eterna la corona.”. La Morte si alzò trionfante e librò nell’aria, sospesa sopra un orrido abisso, ammantata di un regale velluto amaranto, impugnava lo scettro d’argento, incastonato di rubini e smeraldi, con la sinistra e pesante era la corona d’oro dall’opulenta filigrana in verde ed azzurro sul capo candido ed il volto era teschio e del suo corpo non v’era che scheletro ed ossa. “Bene! Mi chiama il dovere” e scomparve dal suo antro, dov’è sua dimora.

 

Ecco è la fine del mondo, della Terra, le estreme ore di un Che chiamato vita la quale in un angolo remoto dell’universo, per un tempo eternamente breve, ebbe tenace la lotta contro la morte, ma alfine anche “questo arcano, mirabile e spaventoso dell’esistenza, innanzi di essere dichiarato né inteso, si dileguò e perse”. Anche questo gioco fortuito, che portò la materia ad avere di sé coscienza, aveva tediato il suo giocatore. V’era rimasto, infatti, un solo uomo, un saggio, che da un mese moriva di stenti e non v’era più nulla: non pianta, animale o umano, egli era solo infinitamente solo, com’è solo un punto in un infinito piano. Orgoglioso, però, attendeva la morte, ma non lo avrebbe colto disteso bocconi, implorante una pietà mai concessa. L’attendeva, sì, ma seduto su un masso ad osservare il deserto. Quando sentì un passo sordo alle spalle si girò e vide la Morte trionfante e l’osservò nell’oscuro abisso dei suoi occhi vuoti, la scrutò a lungo rimanendo seduto: “Finalmente sei giunta! È un mese che ti attendo invano, sto morendo a stento”. Era un uomo di mezza età, dalla folta barba bianca e radi capelli, vestito di una tunica un tempo candida.

“Bene”- disse la Morte ridendo con la mascella aperta – “Sono giunta. Sei morto per fame, io vengo solo a formalizzare”; la voce era profondamente bassa, era la voce della Morte che risuonava, come l’eco di un viaggiatore in una chiesa di un cimitero di campagna, come il tonfo di una bara che cade nella fossa, come il lamento di uno spettro che tormenta se stesso.

S:”Morte, ridi, ma temo dovrai ridere della tua stessa stoltezza”.

M:”Mmmm….stoltezza dici? È la prima volta che qualcuno mi attribuisce questa “qualità”…ma dimmi dove sarebbe tale stoltezza?”

S:”Possibile che tu non lo sappia? Non sai che sono l’ultimo essere vivente rimasto su questo freddo universo? Non sai che non solo finirà questa Terra inghiottita dal Sole, ma ancor prima che una sola scintilla in tutto l’universo risorga ad affrontarti, esso stesso, l’universo intero, smetterà di esistere? Comprendi che cosa questo implica per te?”

M:”Illuminami” disse sprezzante la Morte.

S:”Tu smetterai di esistere, sì, non esiste nulla senza il proprio contrario, è assolutamente banale, ma quanto mai essenziale per te, come per me, in questo momento. Credevo fossi venuta consapevole che non v’è morte senza più vite da spegnere.”

M:”Dovrei, invero, darmi cura di quanto dici se soltanto non fossi un povero vecchio illuso! Non credo affatto che tu sia l’ultimo essere vivente di questo universo, né tanto meno credo sia possibile che in questo universo venga mai a mancare quella tanto indispensabile vita, almeno secondo le tue congetture, per l’assenza della quale io stessa sarei vana”- spalancò la mascella e si infilò la mano in bocca e da lì estrasse misteriosamente un rotolo di cartapecora – “Vediamo…ti chiami Socrate…Professione…uomo di scienza…Mi fa piacere Socrate di averti conosciuto, sei uno dei pochi almeno sul nome dei quali mi sono attardata; sai bene che è ormai ora…”

S:”Fallo ed affrettati, ma prima togliti questa curiosità, prova ad allontanarti da questo luogo”

M:”Uomo, non si può scacciare la Morte a comando!”

S:”Ma così avrai conferma di quanto dico!”

M:”Ti soddisferò, ma non saranno pochi secondi di ritardo a salvarti.”

…….

M:“Ahhhhh!!!!!”- lamentò la Morte, squarciando il silenzio quieto con la punta di un gelido grido.- “Non è possibile, non posso…non posso! Ma sei forse uno stregone, un demone o un angelo? Come puoi tu controllare la mia posizione?”

S:”Nient’affatto, nient’affatto! Sono semplicemente l’ultimo e tu non puoi allontanarti, come il retro di una medaglia non può separarsi dal suo lato frontale. Volevo soltanto darti prova delle mie congetture…”

M:”Non è possibile, smetterò di esistere, Io, la Morte, regina indomita pervengo alla misera assenza, come uno di voi piccoli esseri abietti? Oh…quanta delizia al solo contemplare i vostri poveri occhi umani sgranarsi ed il misero volto contrarsi al mio cospetto. Il vostro terrore, la mia gioia, ma non solo; quante parole ammirate avete intonato alla terra ed a me:

“Beata la Morte, nelle prime file cadendo, d’un valoroso che pugna per la sua patria;[…] Combattiamo animosamente per questa terra e per i figli, affrontiamo la Morte senza curarci della vita”. Sì, fui sempre pronta ad ascoltare ogni vostra lamento, ogni vostra richiesta, vi strappai da sofferenze che vi avrebbero ucciso l’anima, “quando null’altro avevate in alcun tempo a sperare se non me sola; aspettar sereni quel dì, in cui piegar addormentati il volto nel mio virgineo seno”. Dopo tanti servigi è dunque questa la mia sorte…ma non posso accettarlo!”

S:”Sono davvero inorridito. Morte…sei la causa maggiore della nostra infelicità, direi piuttosto sei l’Infelicità. È proprio questa mortalità della vita che ci attanaglia e ci costringe ad un misero vivere. Il nostro egoismo, le nostre angosce, le nostre meschinità sono tutte frutto della tua opera…Sei un mostro! Non percepisci il dolore? No! In quegli occhi spaventati che tanto ti inorgoglivano, non v’era paura, noi non ti temiamo realmente, ma c’era un dolore infinito, il dolore dell’assenza, il dolore di abbandonare un mondo di luci ed amore, d’abbandonare i propri cari, d’abbandonare se stessi, ma questo è vero non lo puoi capire…Lacrime, lacrime calde ed amare di un bimbo al capezzale della propria mamma, quelle fredde e tenere di una madre per un figlio, questa è la Morte: è l’assenza dolorosa della nostra esistenza, il nostro contrario indispensabile. Nessuno ti ha mai implorata, mai corteggiata davvero, hai sempre solo approfittato della nostra debolezza: il vivere è squallido e tu hai contribuito a renderlo inaccettabile. Pochi fortunati sono morti con sereni affetti e sereno attendere, ma non v’è mai del bello in te!”

M:”Smettila, smettila di accusarmi! Io ho soltanto assolto al mio compito essenziale; non vi capisco, esseri umani, non capisco il perché di questa contraddizione. Io sono la Morte, voi siete la Vita, io sono dove voi non siete e siete dove non sono. Se volete tormentarvi, fatelo pure, ma non per la mia presenza, piuttosto per il vostro destino che vi vuole morti e per questo universo disordinato; voi siete meravigliosamente ordinati, il vostro corpo si fonda su un insieme armonico di reazioni…Ah!..in modo talmente sublime. Eppure per un noto principio universale, l’universo procede allo stato più disordinato possibile, perché al disordine corrisponde probabilità d’esistenza; la vita è altamente improbabile, è una fluttuazione statistica di una materia inerte, come vedere passare calore da un oggetto freddo ad uno caldo e non viceversa, può avvenire solo in qualche regione limitata dell’universo e per un tempo brevissimo, così è la vostra esistenza. I mostri siete voi che non riuscite a convivere con questa mia realtà, voi che dovete avermi in oblio per poter sopravvivere, perché il mio peso vi schiaccerebbe dopo il primo vagito. La mia soddisfazione nasceva dalla consapevolezza della vostra ignoranza; ho sempre saputo di essere l’altro vostro volto, piuttosto voi sembrate non tenerlo sempre a mente .”

Socrate si avvicinava lentamente, ascoltando le parole della Morte- “Le tue sembrano le ragioni fredde di una mente senza corpo, le mie sono le ragioni dell’umanità e del dolore; per noi tutti sempre valsero queste parole :

Davanti all’estrema nemica

Non serve coraggio, fatica

Non serve colpirla nel cuore

Perché la morte mai non muore .

Ma non per me oggi…vendicherò i miei figli, mia moglie, il mio amante, i miei amici, sì, perché io oggi sono la tua Morte, ”troppo sono maturo, è conchiusa in me da ogni parte la favola della vita“ da tempo, da lunghi anni si è scavato un vuoto infinito nel mio petto e ti ho atteso per soddisfare la vendetta di tutta l’umanità. Oggi verrai sconfitta, perché sarai nulla, eterna assenza del tutto e il tuo trionfo sarà rovina imponente“.

Si scagliò rapidamente verso la Morte, questa lo schivò a più riprese, ma ad ogni istante sentiva sempre minore lo spazio a disposizione per i propri movimenti- “Smetti stolto! Potrai vivere per sempre assieme a me su questo pianeta, ti sto promettendo la vita eterna, perché finché io non t’avrò toccato continuerai ad esistere, non t’aggrada la mia offerta?”.

“Sei sorda, come fosti sorda ai miei scongiuri un tempo ormai trascorso, “parlare di un avvenire lontano come una cosa che mi appartenga”, mi fa sorridere, io sono la tua Morte…e se anche ci fosse un Paradiso oltre questa soglia, tu ne saresti comunque bandita; è fragorosa la caduta di un impero, ma la tua avrà il rumore di un tonfo d’ossa sulla pietra “.

E un cerchio si chiuse fra i due dialoganti; talmente ristretto che i due potevano al più sfiorarsi ed in istante Socrate la prese per mano. L’ultima lanterna di vita nel buio dell’universo si spense, un corpo rovinò a terra, ma il cadere fu accompagnato dal rumore di ossa sbattute sulla pietra.

Pochi secoli dopo quella stella detta Sole esplose, bruciando tutti i propri pianeti e dopo qualche millennio l’intero Universo fu inghiottito da un immenso buco nero “e delle infinite vicende e calamità delle cose create non rimase neppure un vestigio; ma una quiete altissima ed un freddo nudo silenzio empirono il Vuoto immenso.”