Dalla raccolta “Cercavo Man Forte”.

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Guardando in fondo agli occhi girati alla finestra
Scorgevo l’assorto sorriso della mia meraviglia in coma
Se puoi sentirla se lei può ancora sentirti
Dille che l’ho vista anche se riflessa anche se dormiva
E non se ne curava di chi in silenzio la osservava
Dille che mi manca come allora mi mancava
Nel meriggio cristallino nella sera profumata di calma e gelsomino
Ci fosse ancora adesso ci fosse almeno uno di quei rami
A farle da corolla e litigando arruffare capelli fini e di scherno accesi
A giocare fra la pelle dei suoi raggi nell’aria intorpidita
E nella luce di un giardino di polvere abbagliato
Ricordo e questa certezza che si accoda a noi impalpabile
Rifiuta di mollare un effimero rimpianto
Ricordo rideva ed era un riso argentino
Era musica sincera
Rideva e gentile abbandonava le braccia ad un ciliegio
Sfiorando lieta quei petali sospesi
Nel vuoto di un pulviscolo dorato
Rideva ed era prima di cadere imitando i fiori lievi
Prima di quel sonno che ne sono certa l’ha portata via da me
Sfuggente per un attimo ho creduto di vederla
Reclusa infossata offuscata nel turgore cavernoso di un sapere
Che già più non mi concerneva
Incredula ho scrutato nuovamente la fibra del tuo sguardo
Cercando di afferrare un avido miraggio così vano così transitorio
Ma il lampo veloce era già come scomparso
Dimenticando ancora una volta
Il commiato

9

E si giustificava
Prendendo a esempio il vino
Un bicchiere a pasto diceva
Ma vero non era
Che il solco non bruciava
Che gola non premeva di umido negli occhi
Di sguardo lontano e di polvere persa
Soffiata nell’orma di un affanno
Che pungente richiamava profumo di mosto
E ricordo
Non si vedeva attraverso

Densa di sapore l’insipida memoria
Gli spiragli del cuore attraversava
E io pensavo
Memoria bugiarda ti ho forse invitata
Guardando il nodo che non ingoiava
Sarebbe meglio che lasciassi questa tavola
Davvero avrei gridato forte
Volendo stringerlo
Perché davvero avrei potuto scioglierlo
Quel nodo
Ma immobile fissavo il verde della valle
Quell’ aureo suo silenzio inalterato
E quel nome
Merlot
Che riportava a casa
Fra borghi e colline colpevoli
Di aver dimenticato

Mentre incorporea un’assenza
Che dava al tempo inconsistenza
Serrava in gola amara l’aria strozzata
Di un tavolo all’aperto

1

Cercavo man forte
Là dove dolce cadeva
Solo neve
Non ha età la neve
Dei suoi silenzi si dice coprire un ardore
E che tenue contrasti
La fredda coltre dei miei
Pensieri
Neri

Credo
Cercassi di tenere in mani screpolate
Quello che non si trattiene

Ti davo man forte in quell’angolo mio
Dove calma cadeva
Ancora la neve
Dove il manto freddo paziente annullava
Quel mio stare di luna
Silenzio in cui
Pallore assopito dormiva innevato
E il cielo si fuse con la terra in quel posto mio
Dove neanche io ho più avuto
L’ardire di entrare

Mi davi man forte di fragilità mia
Aspettando che svelta passasse
La bufera che avevi innescato
Anche se bimbo non sempre calmavi
Un vago lamento
E di un broncio chiedevi giustificazione
Ed io che a te davo il coraggio
Di calpestare quel che era stato
Te ne dovevo dare più di cento

Poi a danzando incerta
Aprendo le braccia come per volare
Guardai nello specchio un unico riflesso
Di giovani esistenze da me così distanti