L’ARDESIA

Muri a strapiombo sul mare,

pini D’Aleppo[1] a raggiere,

come le mani di fronte a certezza,

onde che spaccan terrazze corrose dal sale

o che ti cullano sotto canicola estiva,

quasi a ‘parire[2]

li moti del cuore

e sotto il calare notturno

del Carro Maggiore[3]

poggia le mani all’ardesia di fragili lastre[4]

e resta a guardare

nell’ultimo raggio del sole

l’orma di mano che sfuma5

verso l’oscuro del cielo stellato[5].

[1] Pini D’Aleppo = varietà di Pinus Pinea tipica del bacino mediterraneo.

[2] A ‘parire = contrazione per elisione di apparire, sembrare (licenza poetica)

[3] Carro Maggiore = Orsa maggiore, Grande carro, antico simbolo rappresentante la “Ragione Cosmica”.

La mente e il governo dell’universo.

[4] Ardesia di fragili lastre = pietra simbolo di durezza e fragilità, il cui significato è qui riferito tanto alle precarie certezze della civiltà umana, quanto alla forza e delicatezza del nostro ecosistema.

[5] L’orma di mano che sfuma … cielo stellato: in questi versi si mette a confronto la natura passeggera dell’uomo con la maestosa e longeva indeterminatezza del creato.

[1] Pini D’Aleppo = varietà di Pinus Pinea tipica del bacino mediterraneo.

[2] A ‘parire = contrazione per elisione di apparire, sembrare (licenza poetica)

[3] Carro Maggiore = Orsa maggiore, Grande carro, antico simbolo rappresentante la “Ragione Cosmica”.

La mente e il governo dell’universo.

[4] Ardesia di fragili lastre = pietra simbolo di durezza e fragilità, il cui significato è qui riferito tanto alle precarie certezze della civiltà umana, quanto alla forza e delicatezza del nostro ecosistema.

[5] L’orma di mano che sfuma … cielo stellato: in questi versi si mette a confronto la natura passeggera dell’uomo con la maestosa e longeva indeterminatezza del creato.


DEL SANGUE DEI PADRI E…

(Opera tratta da: L’ASTROLABIO 2005)

Oltre la spessa cortina di guerra,

abbiamo giovato del sangue dei padri,

anime estorte alle mogli dal nero arrossato

di croci uncinate

e male versato impotente

tra bombe piovute su campi

di spighe assolate,

su case

di vita affollate.

Oltre la morte,

portata a conflitto mondiale,

le mani del popolo alzarono

nidi di vita e mattone,

ben più d’un milione di case,

erette sudando un dolore

che ormai con disprezzo sfruttiamo.

Monarchi assoluti,

colpiti dal maglio d’un mondo immorale,

ci siamo rinchiusi nel soldo

buttando ai piccioni

l’amore con tutti i valori.


NON PIÙ D’UN FIORE

(Opera tratta da: L’ASTROLABIO 2005)

Pare che il seme del seme d’amore

nacque,

volando in un soffio di giovane carne

che dura appassì,

cadendo mortale.

Convinciti dunque,

che non più d’un fiore

dal petalo fragile,

è il nostro fortuito

restare.