Sono ridotto un mendicante, ch’implora l’ombra d’un fiore

Esco da sotto la stella
la notte è fulgente
il ghiaccio sfavilla
[lastre di diamante
cupidigia per donne
metro di misura per stolti
arma per pochi

la neve… crepita come brace di femmina

sfioro… il seno, tuo
sodo come la neve quando a terra aggruma
sangue di dea

ah, sofferenza d’uomo
il corpo di una bella donna
ci conturba
ci soffoca
ci angustia e ci confonde
canto di sirena
legatemi al palo o gettatemi tra i marosi

prigionieri siamo
tra le montagne
nelle vallate
tra le guglie
come è dolce la risposta che Eco rinvia
ma come è freddo il vento che l’accompagna

saliamo all’unisono
d’un fiato le colline
ancora umide di rugiada

contempliamo al tramonto le nuvole
al gusto di rovine fantastiche
accatastate laggiù, lungo l’orizzonte

e a sera la luna s’accuccia tra le nubi, intanto che il sole morente s’abbandona
al futuro risveglio del domani

poso dunque un bacio nel palmo della tua mano,
che esala il candido profumo del rorido pensiero

amo la vita, perché la vita m’ama
amo il turbamento che si cela nei miei cantici
amo l’arricciolarsi dei ricordi perché bagnandoli odoran di follia

(Vittorio Bonazza The Just – “Sono ridotto un mendicante, ch’implora l’ombra d’un fiore” – 14 Gennaio 2015)


Il pedicello che regge il bocciolo
si dilata tra le dita
che lo carezzano
si dilata come ambra sul fuoco

tu e tuo fratello
siete usciti dal mio sogno e da quello di vostra madre
due sogni diversi, due propositi differenti
ma dal medesimo principio sono nati due prìncipi

non siete che due gocce s’un giglio
tremanti, ma forti
rotonde e piccole
silenti, ma ululanti
lupi nella foresta
agnelli tra pecore
[pecoroni, a voler essere sinceri… tanti pecoroni costellano la vita di un uomo

figli miei… armeggiate la vita
in attesa che la vita si mostri
piccoli elfi, freschi di latte

figli miei… anelate
anelate alla forza
agli eroi di altri mondi
bramate, figli miei

impugnate il corno d’antimonio
date fiato con ogni virgola dei polmoni
finché le vostre gote non siano color rosso cinabro

cantate al cosmo
invocate l’amore
fatto di gioia, di dolore
perché ogni volta che vorrete avanzare,
cambiare,
dovrete anche se solo per un istante
perdere l’equilibrio

e l’amore quello vero
è fatto di tutti i sentimenti che l’animo umano può possedere
ma ogni qual volta un sentimento abbandona la casa dell’amore
l’equilibrio si distrae

siate boccioli
siate fiori
ma anche rami e sostegni

siate… e già siete!

(Vittorio Bonazza The Just – 17 Gennaio 2015 – “Due gocce s’un giglio”)


Alfred de MUSSET (1810-1857)

Impromptu
(En réponse à la question : Qu’est-ce que la Poésie ? )

Chasser tout souvenir et fixer sa pensée,
Sur un bel axe d’or la tenir balancée,
Incertaine, inquiète, immobile pourtant,
Peut-être éterniser le rêve d’un instant ;
Aimer le vrai, le beau, chercher leur harmonie ;
Écouter dans son coeur l’écho de son génie ;
Chanter, rire, pleurer, seul, sans but, au hasard ;
D’un sourire, d’un mot, d’un soupir, d’un regard
Faire un travail exquis, plein de crainte et de charme
Faire une perle d’une larme:
Du poète ici-bas voilà la passion,
Voilà son bien, sa vie et son ambition.

Tradurre una poesia così bella e ricca di sentimento è rischioso, o forse è la scusa ideale per dire di non saperla tradurre con licenza poetica… allora nel pieno rispetto dell’autore e del suo scritto decido di modificarla, interpretandola…

Improvvisazione
In risposta alla domanda, “cosa è la poesia” ?

Libera la tua mente,
getta nel vaso di pandora tutti i ricordi
libera!
Fissa il tuo pensiero
Concentrati
Fissa la tua bella spilla d’oro
Appuntata sulla giacca
Guarda dentro allo specchio
Oltre il mero vetro cristallo
La tua spilla sarà il fulcro sul quale le forze dell’animo si terranno in perfetto equilibrio

Che tu sia incerto, preoccupato, immobile, gioioso o forsennato
Innamorato o infervorato
Ricorda… immobilizza il tuo sogno
Fermalo come una reflex blocca un paesaggio maestoso
Amore e bellezza sono in cerca di un’armonia
Sei in grado di trovarla?
[Sì… nel tuo sogno sei tu che governi il mondo
Ascoltali nel tuo cuore
Ascolta l’eco della genialità

Canta, urla, balla, ridi, piangi
Spogliati
Annudati al mondo

Nudo sarai e nudi saranno i tuoi dolori
Se nudi saranno sopraffatti diverranno

Armati, indossa ora una corazza
Fatta di sorrisi, di parole, di sospiri
Di batter di ciglia
Lascia che paura e coraggio ti avvolgano in fascinosi abbracci

Fai di una lacrima un monile
Fai di un sorriso una strada di gioia
Questa è la passione del poeta
Il suo diritto, la sua ambizione
La sua vita.

(Vittorio Bonazza The Just – “Reinterpretazione de “Impromptu” di Alfred De Musset” – 16 Gennaio 2015)


Scivolando impercettibilmente,

andavi rannicchiandoti sul sedile,

schiantando le tue vecchie ossa contro la durezza della realtà

con il volto livido, piegato sul petto

che dal violaceo passava velocemente al porpora e al cinabro

e la bocca semi aperta, ma contorta, che già puzzava di alcol e marcio

saresti stato una panoplia da ergere sull’altare degli ubriachi

invece ti addormentavi tra atroci tormenti

accasciandoti tra le braccia di un Morfeo inanimato…

cercando di sollevare il dito in segno di appunto,

o di disappunto, il bicchiere sfiorato dal tuo gomito,

cadeva

frantumandosi al suolo e mille e più lacrime

rimorsi, cupidigia, malumore

cristalli di dolenza et indolenza

pezzetti piccoli, ma affilati come rasoi,

si conficcavano nella pelle

lacerando la cura di un tempo

sul palcoscenico della follia

sul finire dell’atto in cui singulti

erutti e svieni

rimembri?

qualcuno getta fiori

margherite, non rose

le rose sono un lusso

se fossi stato più attento

avresti ricevuto un’ovazione

ma l’ha presa una cameriera

gracile

ma dall’ancheggiare volgare

baccano, strepitio e schiamazzi

non si addicono alla tua interpretazione

tanto che nessuno s’alza per battere le mani

nessuno strapuntino si solleva

non sento nemmeno la ridda di piedi sul pavimento

sdruccioli fuori dal palcoscenico

e, tranquillo, nessuno rivendicherà un bis

(Vittorio Bonazza The Just – “L’ubriaco” – 5 Agosto 2015)


Solo perché qualcosa avviene in una frazione di secondo

non significa che non sia avvenuta

in un passato che non è mio, ma al quale posso anelare d’appartenere

mi fu detto che c’è un motivo preciso

perché tutto sia come è

mi fu detto che le briciole sul tavolo

non solo ti ricordano che poco prima hai mangiato allegramente pane e salame

ma restano lì, perché hai deciso di non toglierle

mi ritrovo a congetturare desideri e speranze

almanaccando tra le nuvole come airone cenerino

ossessionato da volti sconosciuti

e mi sdraio, allora,

su di un prato color smeraldo

fantasticando con un filo d’erba in bocca

e mi abbandono lasciando che una lontana sensazione

di levità

mi sollevi su, su

in alto

lasciandomi poi cadere

sciogliendomi nella nuda terra

l’aria della notte mi turbina tutt’intorno

mi attraversa ed io mi faccio notte

e la notte si sugella in me

all’unisono

un respiro lento, lento e profondo

per rilassare il corpo

per rilassare la mente

un respiro lento e profondo

per salire sulle ali del vento

un respiro lento e profondo

per gettare gli schemi del pensiero

mi tuffo di testa

in un mare di nuvole

nuoto, come folletto tra le correnti

disteso tra le stelle accarezzo l’idea di scivolare oltre il mio mondo

ma qualcosa mi trattiene…

qualcosa o qualcuno

mi stringe la mano e non mi lascia andar via

un respiro lento e profondo

per cercare dentro di me

quel tratto d’anima perduta

che giace sui fondali marini del mio cuore

(Vittorio Bonazza The Just – “disteso tra le stelle accarezzo l’idea di scivolare oltre il mio mondo” – 16 Agosto 2015)


Estate calda

afa

pleonastica… la natura è peggiore dell’uomo

sono avvolto, per ore, in ore,

ore interminabili

diurne

notturne

da un senso di vischiosità

come se il corpo emettesse resina e non sudore

poi repentino

il cielo cambia

minuscole gocce di linfa si proiettano

[cavalieri e lancia in resta

a terra

sempre più fitte

sempre di più

moltitudine

inattesa

ma preziosa

acqua

cielo di vita

le chiazze della terra si riempiono

si fanno pozzanghere

i letti si addensano

i laghi si gonfiano

i mari raccolgono

[come contadini in vendemmia

l’erba sfuma i propri colori

dal giallo paglierino al verde smeraldo

[dal bianco fermo al genepì

la temperatura scende, le scale

da altezzosa e principesca

rabbrividisce e pallida si adombra

provo… provi un senso di frescura

cangi e sussulti

muti pelle, [serpente

palpiti dalla cima dei capelli sino alla punta dei piedi

e desideri che nel tuo salotto

[hai un salotto? Forse nella cucina…

vi sia un camino

acceso

crepitante

odi… odo

il gorgheggiare dell’acqua nella gronda

il trillo d’un uccello

note improvvise dirette al cielo

un canto… sconosciuto

che si perde sotto i rintocchi del tuono

squarci di luce

sincopati

che attraversano le nuvole,

[come se la volta celeste si stesse fracassando

Dormo.

I tizzoni ardenti

sono morbida lanugine

grigia

accarezzi il tepore

fuori uno spruzzo nudo

batte sulla balaustra

ma fasci di sole e lavanda

penetrano silenti i madidi istanti di fresco

(Vittorio Bonazza The Just – “Afa&Fresco” – 17 Agosto 2015)


Popolo della terra… figlio della Mala Educación

Abbiamo preso strane abitudini, strani costumi e strane inclinazioni. Non fraintendetemi, non mi riferisco agli appetiti carnali dell’umanità, quelli sono mancia del singolo essere vivente, poiché di fronte alla morte, o a Dio, ognuno risponde per sé.

Malsane abitudini.

Siamo caduti nella trappola, mefistofelica, del consumismo sfrenato. Troviamo giustificazioni di ogni tipo, pur di asserire la necessità, del consumare e produrre per consumare.

Tutto ciò per cui i nostri vecchi hanno lottato, compreso un concetto di educazione, talvolta anche duro e di difficile comprensione, se n’è andato in fumo. Tutto è stato soppiantato da valori contrari al nostro modo di vivere, quali l’opportunismo e l’altruismo solo patinato, quindi quello che mi offre la possibilità di avere dei fan(s).

È proprio vero quel detto che cita “Il motivo per cui il mondo oggi è nel caos è che si amano le cose e si usano le persone”.

Abbiamo dato agli oggetti più valore che alla vita… della non vita ci siamo cosparsi e della vita ci siamo dimenticati.

Siamo diventati opulenti, nella testa, ma nel cuore abbiamo lasciato arida pietra calcarea.

Mala Educación!

Viziamo l’acqua. Essa chiede solo di scorrere mutando sì, di frazione in frazione, di secondo in secondo, come natura le ha insegnato. Lo urla a gran voce, ma siamo anche sordi oltre che ciechi.

 

Viziamo l’aria. Purtroppo non più solo di semplici flatulenze.

Eppure, facciamo di tutto per avere, per creare le fragranze più incredibili, più “naturali”, più rare ed uniche… con strumenti sempre più sofisticati, richiamiamo l’ambiente, il biotopo dentro le nostre case, le nostre auto, ci imbeviamo di odori, ci inebriamo con profumi, ci lasciamo soffocare da aromi così perfetti da essere sensazional…mente sterili… sintetici… finti!

 

E pensare che con questo concetto inappropriato di necessità ignoriamo la vera indigenza.

Che non è il paradosso dell’aver trovato il modo di andare sulla luna senza aver ancora scoperto come portare acqua dove non ve n’è, bensì di riuscire a spendere carriolate di triliardi di soldi in armi e armamenti sempre più sofisticati, ma non si è ancora trovato un marchingegno che permetta di salvare le riserve idriche del pianeta.

 

Mala Educación!

Viziamo la terra. Non ci limitiamo più a calpestarla, a lavorarla, ad inciderla, a caricarla di pesi sempre più “favoleggianti”, a forarla, a trasformarla in groviera… no, non ci basta più seminarla di ordigni esplosivi, bruciarla, scaldarla a piacimento e raffreddarla poi senza contegno alcuno.

No… ora l’anneghiamo in veleni sempre più tosti, più innaturali, aberrazioni della mente umana, che nulla ha di umano, di umanità. Noi siamo gli inventori del nulla e lo stesso nulla si stancherà di noi, ci inghiottirà fino all’ultimo uomo ristabilendo l’armonia. Un’armonia senza l’uomo…

 

Viziamo così tutto ciò che per noi è parte integrante della vita, pensando che nulla ci serva. L’acqua, l’aria e la terra si bagnano del nostro sangue, ma non ci vogliono come vittime sacrificali, non sono dei cui essere devoti, sono tesori preziosi che dovremmo difendere sino alla morte. La nostra non la loro. O cielo, dove sono finiti i grandi guardiani, i grandi cavalieri, i grandi guerrieri? Dove?

 

Mala Educación!

Deprediamo con abiezione e dissolutezza le ricchezze che la Terra ci ha offerto, volendo sentirci unici e superiori annientiamo selvaggiamente le fonti della Vita.

Il paradosso è che essere amanti della vita ci ha resi così ciechi da volerne la morte. Abbiamo scelto di condannarci a morte, una generale asfissia fatta dei peggiori gas.

Veleno, livore, acredine, odio e miasmi si agitano nell’aria, sotto i nostri piedi e dentro i nostri pozzi. Come feroci belve fulve si preparano all’invasione…

 

Mala Educación!

Non è solo una citazione da film, ma è il concetto di cattiva educazione, che nulla centra con la sessualità e i propri appetiti. La cattiva educazione, fatta di perbenismi, finti altruismi, opportunismi, consumismi e politicismi sta mutando l’uomo, da mero insieme d’ossa, sangue e muscoli con talvolta sprazzi di cervello, in automa, oggetto, cosa, inanimato essere con tendenza certa all’auto distruzione.

 

C’è sempre una contro reazione, spero solo ch’essa non sfoci in una nuova guerra, altrimenti, dovrò sentire ancora quei dannati fischi di bombe in caduta libera sulle nostre zucche.

 

(Vittorio Bonazza The Just – “Mala Educación!” – 01 Gennaio 2016)


 

Nascere, non è crescere

ma diventare…

 

il mondo è pieno d’angeli

pochi però sono nunzi

pochi sono messaggeri

 

tu cosa annunci?

Solo Dio lo sa

e tu?

attendi

attenta

nascosta dietro un sorriso

un soffio

una parolina

 

Zanzé,

direbbero in quella Venétia

a me tanto cara

 

Zanzé,

dal suono dolce

dall’animo profumato

 

Zanzé nascere, non è crescere

ma diventare…

 

Zanzé, ma che novella porti, Zanzé?

 

Nella mia intrepidezza, Zanzé

c’è posto, sai, anche per te…

 

mia piccola e cara aneli al canto di Dio

e noi con te

 

(Vittorio Bonazza The Just – “Zanzé” – 29 Gennaio 2016)


Sboccia una rosa

sopra il tappeto di mare

rifugiamo i nostri peccati per abitudine

così il mare si prende tutte le nostre perplessità

tutti i nostri scarti

e puntualmente li rimanda a riva…

 

una rosa verde… verde speranza

… si farà

 

Nel contemplare la vita, tra gli affetti e le speranze di grandi in cerca di gloria

e piccoli che odorano di maturità

tu, piccolo fiore, crescerai sotto le effigi di calma e pacatezza, fervore e impetuosità

protetta da amore e bontà

 

Benvenuta piccola testa nera…

Benvenuta in questo mondo colorato fatto di verde e bianco, fatto di rosso e arancio

 

Benvenuta Maria… come qualcuno ti racconterà

il significato del tuo nome ha tante pretese,

ma due certamente hanno valore

un valore straordinario, tu sei “Principessa” e nel contempo la “goccia del mare”

 

I tuoi lancieri son già grandi,

armati e corazzati

insieme il mondo vi attende, per essere rianimato da beltà e ardore

 

(Vittorio Bonazza The Just – 27 Aprile 2014 – “Maria… la goccia nel mare”)


Premessa: non sono un matematico… eppur ci credo!!!

Anche se un tempo non era così, ma ciò che è parte del passato, o è sopito o è rinchiuso in un angolo ‘sì sperduto della memoria, da risultare dimenticato.

 

Da tempo osservo l’andirivieni di mosche e squali sin giungere alla conclusione che questi esseri così diversi e stranamente così simili hanno un comportamento che si sviluppa in modo quadratico.

 

La teoria quadratica è interessante, se poi la si trascende e la si applica all’evoluzione dell’umanità ecco che si potrebbe arrivare quasi a dire che sappiamo dove andrà l’uomo. Certo è un mio pensiero non supportato da argomenti scientifici o sociali o altro. Potrebbe essere un metro empirico per spiegare alcuni concetti evolutivi.

 

Se vale la regola che nulla è mai per caso, vale altresì il principio che posso cambiare la via che porta al compimento del mio destino. Attenzione! Solo la via, poiché il risultato è già stato pennellato antecedentemente alla mia nascita.

 

Dio/Natura/Fato/Essere Soprannaturale/Essenza divina, qualunque sia il nome che affiderò, il risultato finale sarà identico:

la strada dell’uomo è scritta nelle tavole dell’universo, così il suo inizio così la sua fine.

 

Ma se la fine dell’uomo è definita prima ancora che lo stesso venisse al mondo, significa che l’espressione matematica che lo contraddistingue non ha espressione evolutiva e cade involontariamente in un concetto di evoluzione involutiva.

Ossia, sarà evoluta “n”-volte, ma oltre quelle non vi sarà altro.

 

Quindi la teoria quadratica non avrà uno sviluppo continuo, ma ad un certo punto giungerà ad una fine.

Questa condizione però, a mio parere stona poiché a mio avviso una teoria, modificandone le regole può sempre essere evoluta, mutata…

Altrimenti non esisterebbe il concetto epico di infinito (∞), e non esisterebbero manifestazioni, tra l’altro meravigliose, come la musica, per esempio.

 

Allora, in dulcis in fundo, posso immaginare che, forse, sia corretto affermare che per compiere la fine terrena dell’uomo, sia valevole un’altra regola gergale, la fine è solo l’inizio.

 

(Vittorio Bonazza The Just – 20-21 Aprile 2016 – “che la fine abbia inizio”)


 

Sembra che il passaggio dagli “enta” [consulta?

agli “anta” sia ormai definitivamente obbligatorio, come un tempo lo era la naja per i giovinastri di sana e robusta costituzione, ricchi di pori arrossati e peluria appena accennata.

Sembra sia così. Una porta che divide il ragazzo dall’uomo. Sembra… che una volta compiuto l’anno fatidico quella fioritura ricca di colori vada per una colorazione secca, ardente, ma statica…

(Vittorio Bonazza The Just)

 

Non riesco a trovare un’immagine che rappresenti bene l’acqua, come l’acqua stessa. La fotografo, ma è come una modella capricciosa, non sta mai ferma. L’acqua è come un bimbo, muta spesso aspetto e non si riesce a ricordarne le sfaccettature.

(Vittorio Bonazza The Just)