La penna

E ho scritto

di paesaggi mai visti,

e di amori non ancora incontrati.

Ho scritto del dolore

che assale l’anima.

Ho scritto dei sogni

e di quello che il mondo

non ha mai voluto sapere.

Le parole della gente

vanno, vengono,

fanno dei giri immensi e poi ritornano.

Ma ciò che scrivi no.

Ciò che scrivi è tuo per sempre.


 

Chissà dove finiscono gli amori impossibili

Ho sempre pensato che debba esistere, in qualche frammento di Paradiso, un girone dedicato agli amori impossibili, ai baci rubati, ai cuori fuori tempi, alle mani che hanno tremato, alle bocche che hanno detto addio mentre sussurravano ti amo, ai viaggi progettati e solo sognati, alle persone giuste nel momento sbagliato, ai secondi strappati al cielo per una carezza in più, ai sogni intrappolati dentro un “doveva andare così”.

Deve esserci un angolo di mondo che racchiude i ti vorrei strangolati, i resta ti prego, i devo andare anche se non vorrei.

Chissà dove finiscono gli amori impossibili, quelli in cui l’orgoglio vince sul coraggio, la testa sul cuore, la paura sull’amore.

E in quell’angolo di mondo, stanno a guardarci, fermi, immobili, strappati, tra alberi di pesco e le distese di girasoli a dirci che mentre noi passiamo , loro no, non passano mai.

A dirci “ehi cretini avreste dovuto guardare i vostri occhi quant’erano belli mentre ci lasciavate andare e non vi accorgevate di quanto fossimo noi stupidamente divini.”


 

Dell’amore, del Gargano e altre storie

Ci sono dei viaggi di ritorno che sono partenze. Ci sono valige che sono bagagli. E ci sono luoghi che rubano l’anima.

Prendi qualche maglietta, un paio di scarpe, un caricabatterie, un’ agenda da riempire e un libro da leggere mentre tutti dormono e i grilli si apprestano a fare un concerto. Prendi una dozzina di ragazzacci e ragazzacce che parlano di comunicazione , prendi le fila del cuore, la voglia di costruire, i sogni ben custoditi tra un palmo della mano e l’altra e la ricetta di un weekend da assaporare minuto per minuto è fatta.

Direzione Vico del Gargano, in un B&B che ha gli alloggi al colore di gelato e che ha un nome che ricorda la taranta, unendo nel cervello le linee di una Puglia così grande, così lunga, così ricca di tradizioni, che a volte bastano delle lettere, un nome, un’immagine a colorarla tutta.

Appuntamento sul Lungomare di Bari, con il sole che spacca le pietre e lascia inumidita la fronte, alcuni cd anni 60 che hai raccolto di fretta da una vecchia collezione, e via, si parte.

“Chi sei, cosa fai, è bello conoscerci dal vivo”, e poi giù canzoni stonate, attraversando distese di verde, e mulini a vento, e di nuovo progetti “Che vuoi fare da grande” , “Ma sono già grande”, “Sarà bella questa esperienza?”

Arriviamo diretti nel bar con una saletta allestita per conoscerci tutti e parlare di “content ” e “siamo tutti content” scappa a qualcuno, un caffè, una granita, slide, appunti.

” È tardi, abbiamo 30 minuti per farci la doccia, poi si corre a cena”. Sali le scale, apri la camera: è tutto in legno e in primo piano un quadro con la scritta “miraggi estivi”.

Una lampada rossa , qualche guida turistica e poi eccolo lì, un diario di bordo di tutti coloro che dormendo in quella stanza in cui tu passerai la notte, hanno deciso di segnare il loro passaggio.

Mi hanno sempre affascinato i diari di bordo lasciati nei b&b. Profumano di impronte passate, di storie d’amore, di emozioni, di immaginazione.

Lasciano spazio alle vite che hanno percorso quei tuoi stessi passi prima di te.

Ormai lontane, chissà dove adesso, a ricordare quei giorni trascorsi a rincorrere il vento.

La doccia, un filo di trucco e giù di nuovo in macchina. Direzione “Peschici”.

“Dove andiamo?”

“Al trabucco”.

Taccio. Non l’ho mai sentito nominare, sarà una taverna penso o un’osteria.

“Guarda che sono famosi i trabucchi di Peschici”.

Silenzio. È notte, ma il panorama nel buio riesce ugualmente a  fare da protagonista. Arriviamo.

Eccolo il Trabucco, una costruzione realizzata in legno fatta da una piattaforma protesa sul mare ancorata alla roccia da grossi tronchi , dalla quale si allungano, sospesi a qualche metro dall’acqua, alcuni bracci. E attorno, con incantevoli incantevoli di adattamento, un ristorante. È magico penso, non è reale. È troppo bello. Mangiamo sospesi sul mare che fa da sottofondo con lo schiantarsi lieve delle onde, inesorabili guerriere del loro destino. Un cartello con su scritto “Aria incondizionata” cattura la mia attenzione e resto a guardarlo per 5 minuti circa. Come una bambina, come una cretina.

E la mente inizia a viaggiare, e guardo delle coppie attorno a me che si abbracciano e ammirano il panorama, mentre io ammiro il loro amore. Forte, dolce, tenero, incasinato. Come ogni storia degna di essere chiamata tale. E avrei voluto quell’abbraccio anche io, su quel trabucco, davanti a quel cartello, penso, ma poi sorrido. È bello l’amore, anche da guardare.

Un bacio, un sorriso, un litigio, la pace. Sul trabucco. La risalita di corsa, lui la rincorre, lei si lascia abbracciare. E sorrido, ancora.

È tutto stellato.

È il Gargano.

È la Puglia.

È ‘ l’amore.