Come una vera famiglia

C’era una volta un bianco coniglio…No, scusate.

C’era una volta una bambina dai capelli biondi ed un bel volto rotondo. Amava la musica, lo studio e il suo coniglietto.

Viveva in un antico castello….No, perdonate.

Abitava in una vecchia casa, non lontano dal centro, di una grande citta metropolitana.

Un giorno la mamma le disse: “Devo partire, ma tornerò presto.”

La bimba, sempre prona ad ubbidire, accompagnò la madre al portone senza un solo lamento e la vide salire su una bellissima automobile blu.

I giorni passarono, la madre non faceva ritorno ed il cibo nella dispensa andava scemando. La bimba smise di suonare e poi di studiare, ma non di giocare con il suo soffice coniglio. “Sai “ gli disse, un giorno, accarezzando il morbido pelo. “Forse la mamma è stata trattenuta da quell’uomo che è venuto a prenderla con la sua auto blu” e lo strinse a se’.

Il tempo trascorreva, giunse l’inverno e la piccola tolse dalla dispensa l’ultimo suo pasto. Dopo averlo consumato, abbracciò  il suo coniglio, che era sempre più magro, dicendogli: “ D’ ora in poi dobbiamo arrangiarci.”

I giorni passarono e i morsi della fame si fecero sentire e, spinto  dal bisogno di mangiare, il suo amico scappò. Senza più cibo, sia per l’anima che per il corpo, la piccina si rannicchiò in un angolo di quella grande casa e vi rimase priva di qualsiasi energia.

Fortunatamente, la primavera era alle porte ed un primo raggio di sole sbucò dalla finestra e, con esso, giunse il suo vecchio amico portando con sé una intera nidiata di coniglietti. Ognuno di loro con in dono una carota.

La bambina si nutrì, si riprese e con i suoi amici uscì in quella prima giornata di sole;  ma ciò che aveva mangiato le diede energia per breve tempo e dopo pochi passi cadde esausta. La gente passava e non si fermava; allora i conigli le si fecero intorno e la trascinarono in un angolo, affinché nessuno la calpestasse. Fino a quando giunse una vecchia signora e, vedendo quel corpicino, si mosse a compassione.

La prese e la portò nella propria dimora, la nutrì, la lavò e la vestì; poi le chiese: “ Dove sono i tuoi genitori ? ”.

“ Il papà se ne è andato quando avevo un anno e la mamma è partita da qualche mese”.

“ Anch’ io sono sola. Mio figlio vive molto lontano e deve occuparsi della propria famiglia. Ti piacerebbe vivere con me ? ”.

“ Certo ! “ rispose entusiasta.

“ Bene ! Puoi stare qui “.

“ E i miei conigli ? ”.

“ La casa è grande e c’è posto anche per loro “.

Cosi vissero,  per sempre insieme, come una vera famiglia. La bimba, i conigli e la vecchia signora.


 

UN LINGUAGGIO UNIVERSALE

In un antico palazzo, nel centro di una grande città, vi erano accoglienti appartamenti con stanza prive di angoli. In una di queste case viveva una giovane donna, che aveva il proprio balcone, anch’esso di forma arrotondata, affacciato su di un rigoglioso giardino con grandi alberi. Fra questi vi era un vecchio tasso, con lunghi rami che sfioravano le sue arcuate finestre. Tra le fronde avevano fatto il nido diversi uccelli: in maggioranza merli e passerotti.

La  giovane, che dimorava in quella abitazione, amava la musica e suonava un clavicembalo che ha un suono metallico e delicato.

Le piante e gli uccelli, quando sentivano quella musica, si rallegravano: gli uni si dondolavano al ritmo dei suoni, gli altri spiegavano il loro canto con meravigliosi gorgheggi e contrappunti che allietavano tutti gli altri animaletti che popolavano quella vegetazione.

Un giorno di primavera inoltrata, la sua vicina portò a casa un vecchio gatto trovato in strada: era striato di grigio, magro e senza denti. L’anziana donna lo chiamò Micio, lo nutrì e tenne con sé.

Il felino, di natura indipendente, amava la libertà e spesso usciva a gironzolare per quel bellissimo giardino, dove altri due gatti ,uno bianco e uno nero, di frequente pigravano sui tetti di minuscole casupole di legno poste sotto gli alberi. Il nuovo arrivato si diede alla caccia grossa e, ogni tanto, tornava dalla sua padrona con un piccolo uccellino in bocca; ma non potendolo mangiare, lo consegnava in omaggio a quella gentile signora che aveva il buon cuore di nutrirlo.

Un giorno la ragazza , che viveva nell’appartamento con affaccio sul giardino, incontrò la sua vicina tutta agitata. “Ma guardi un po’ cosa mi combina Micio !” esclamò,  mostrandole un passerotto appena nato. “Potrebbe tenerlo lei fino a quando non torno ?” le chiese.

Il piccolo era tutto tremante e faceva degli improvvisi salti, ma non sapeva volare. Lei lo prese, lo sistemò dentro ad una scatola aperta e lo portò sul balcone; infine si mise a suonare un sereno preludio di Bach. Quando finì, andò a vedere come stava il suo ospite e si accorse che non c’era più. Appena rincasò la sua vicina, le raccontò il fatto e l’anziana signora le disse: “ Sarà venuta la mamma a prenderlo”.

Cosi, di tanto in tanto, Micio rientrava con il suo dono tra le fauci e lo consegnava alla sua padrona, la quale lo portava alla ragazza che lo metteva sul balcone; così l’uccellino riprendeva il suo cammino.

Un giorno, mentre stava suonando, vide un bel merlo nero con il becco giallo che la osservava con insistenza. Trascorsero un paio d’ore, lei si spostò nella sala da pranzo e si accorse che il pennuto si è era postato su di un ramo vicino e continuava a fissare l’interno delle sue stanze. Poco dopo uscì ed incontrò la vicina che le disse: “ Ho signora mia ! Micio, questa volta, ha catturato un piccolo merlo. Non volevo disturbarla e l’ho chiuso nel mio bagno”.

“ Me lo dia pure” rispose. “ Oggi è tutta la mattina che un merlo maschio gironzola intorno alle mie finestre”.

“ Sarà il padre” disse la vicina.

Così lo prese, lo mise in una nuova scatola aperta e lo depositò sul balcone. Passarono le ore, ma il piccolo era ancora dove lo aveva lasciato ; allora le venne in mente che le volte precedenti aveva suonato un preludio di Bach e così fece. Quando terminò, andò a guardare e  la scatola era vuota.  Uscì a sbirciare e vide il giovane  padre che con il becco spingeva il piccolo lungo il cortile, tra un cespuglio e un vaso in fiore, ma proprio In quel momento si accorse che stava arrivando  il grosso gatto bianco che, abbassando la schiena, raddrizzando la coda e con passo felpato, stava preparando l’attacco. La ragazza cominciò a gridare contro il felino: “ Via ! Vattene !”, ma l’animale non si distoglieva dalla caccia; allora gli lanciò un pezzo di formaggio. Il merlo adulto si accorse del pericolo e spinse con più forza il suo piccino ed ebbe modo di nasconderlo tra i cespugli spinosi e di volar via. Intanto il grasso felino, distolto da quel pezzo di cacio, con  passo indolente se ne andò.

Poco dopo il merlo tornò in compagnia di una bella merla bruna che lo seguì fino al cespuglio, dove recuperarono il piccino.  La femmina si mise davanti, il piccolo la seguì dietro, il papà in coda e si allontanarono in questa maniera. Dal balcone la giovane seguì il percorso, fino a quando non sparirono alla sua vista.

Il giorno dopo, appena aprì le persiane,  vide i due merli adulti  sul ramo di quel vecchio tasso. Entrambi la guardarono e poi si misero a cantare. Lei scorse in quegli occhietti uno sguardo colmo di riconoscenza e le parve di sentire in quel canto un affettuoso saluto; capì che erano tornati a ringraziare. Provò a rispondere fischiando e non appena lo fece i due cantarono in coro ed infine presero il volo.

Gli uccellini presero a narrare ai loro simili il salvataggio del piccolo merlo e l’intervento provvidenziale di una umana che, come loro, sapeva cantare. Così, nel tempo, questa vicenda entrò a far parte della storia dei merli.

La ragazza, dal canto suo, portò questo prezioso ricordo e lo conservò per sempre nella sua mente e nel suo cuore. Da allora ovunque andasse a soggiornare trovava o un merlo o un passerotto a darle il benvenuto e a deliziarla con allegri canti e tenui cinguettii.