“Una casa inquietante”

di Adriana Mirando

Abitavo in affitto in un piccolo appartamento nel centro di Torino. Il bisogno di un ambiente più spazioso stava diventando una necessità. Trovai un palazzo storico, stile liberty, dei primi del ‘900, al primo piano, c’erano ancora gli inquilini che vi abitavano. Mi accordai per un appuntamento. Emozionata, suonai il campanello. La porta si aprì lentamente, nella penombra intravvedevo un uomo basso di statura.
«Buonasera… mi scusi, mi manda l’agenzia per vedere l’alloggio» dissi timidamente. Senza rispondermi l’uomo aprì ancora un po’ la soglia. Davanti a me apparve un individuo grottesco. Mi balzò subito agli occhi il naso grosso e spugnoso e la sua testa sproporzionata dal resto del corpo. Aveva dei capelli stopposi tutt’intorno alla calotta calva e lucida. Non aveva collo, incassato com’era, pareva fosse gobbo. Il suo sguardo sembrava avesse qualcosa di luciferino: le sopracciglia aggrottate rivelavano un animo introverso e scontroso, la sua espressione era alquanto minacciosa e diabolica. Qualcosa di ostile pervase l’atmosfera e nell’istante in cui lo fissai negli occhi mi percorse un brivido sulla schiena. Ricordo di aver pensato di avere di fronte uno gnomo maligno e pericoloso, figura inquietante e sinistra per l’ora, in quel palazzo che in quel momento sembrava deserto. Rimasi imbarazzata, sconcertata dal suo silenzio. La situazione pareva senza via d’uscita. Finalmente la porta si spalancò e con essa la luce, ospitandomi con un sorriso apparve la moglie. Lei ruppe quell’incantesimo salvandomi dall’inquietudine di quel momento. L’uomo curioso e sinistro tornò alla sua cena, sempre silenzioso, con lo sguardo cattivo rivolto verso di me. La signora, mettendomi a mio agio, mi chiese se avessi già cenato e preso un caffè. Era una coppia davvero singolare! Al contrario di lui, lei era solare e bendisposta. Chiesi di vedere comunque in tutta fretta le stanze e una volta fuori concordai con l’agenzia affinché fosse mia. Dimenticai per un po’ quell’incontro pensando che si trattasse solo di una bislacca esperienza fine a sé stessa. In seguito mi dovetti ricredere. Fabrizio, un ragazzo che conoscevo dai tempi della scuola, mi venne in aiuto per il trasloco. Per circostanze diverse non avevamo mai approfondito, ma da quel momento avevamo continuato a vederci. Rientravamo dopo una serata passata in birreria. Sostammo per un attimo al pian terreno dove vi erano due alloggi, uno di fronte all’altro. Rispetto alle altre sere era piuttosto buio. Uno strano rumore in quell’istante ci fece sobbalzare, proveniva dall’appartamento destro.
«Qualcuno ci sta spiando!» disse Fabrizio.
Una strana percezione negativa pervase i miei sensi.
«Mi fai paura Angelica, sembri aver visto uno spettro! Cosa succede?»
«Sento qualcosa d’inquietante provenire da dietro quella porta!» replicai come se avessi avuto il dono della chiaroveggenza. Mi ripresi pensando che l’atmosfera tetra dell’androne mi avesse condizionato. Lo guardai sorridendo per non spaventarlo e prendendolo per mano lo invitai a salire. La notte rimase a dormire con me, ma al mattino presto lui se ne era già andato. Anch’io mi apprestavo a uscire per recarmi al lavoro. Un vocio agitato di più persone proveniva dall’androne, come un’eco. Scesi lentamente. C’era molta gente, tutta accalcata davanti alla rampa della scala.
«Signora Angelica sapesse cosa è successo questa notte! Una ragazza si è impiccata. Siamo tutti sconvolti». Era la proprietaria, padrona di tutto il condominio, che mi stava parlando. «L’hanno trovata appesa nel corridoio, davanti alla porta» continuò. Rimasi impietrita. Non potevo crederci, era tutto vero. La sensazione che avevo provato la notte precedente in compagnia di Fabrizio era stata una premonizione. Il mio animo era agitato. Guardai i sigilli alla porta: avevano portato già via il cadavere. Ora era tutto in mano alle competenze giudiziarie.
«Spaventoso! Davvero terribile!» risposi scioccata. Salutai tutti senza riuscire a cambiare la mia espressione turbata. Il pensiero di quel fatto mi accompagnò per molto tempo eppure altri avvenimenti oscuri e contorti stavano per accadere. Quando Fabrizio non si fermava a dormire con me, avevo paura. La notte mi addormentavo davanti al televisore acceso per non sentire altri rumori. Una sera litigai aspramente con lui, tant’è che se ne andò sbattendo la porta. Adirata, gli tirai un disco dietro: era il regalo che mi aveva fatto quella sera stessa. Scoppiai a piangere e lo raccolsi sperando di non averlo rotto ed entrai nello studio. Sentii alle mie spalle un movimento, uno spostamento d’aria e un respiro profondo che mi fece letteralmente gelare il sangue. Mi tremarono le ginocchia senza riuscire a muovermi per scappare. In quel momento si spensero tutte le luci. A quel punto mi precipitai fuori e poi giù per le scale. Mi trovai in strada. Terrorizzata, guardai il mio balcone: era tutto buio. A chi chiedere aiuto? L’unica speranza era che qualcuno aprisse il portone. Finalmente Gilberto, l’inquilino del piano di sopra, scese ed aprì.
«Angelica, hai lasciato aperta la porta di casa».
«Sono uscita di corsa per telefonare. Potresti accompagnarmi? Ho paura che nel frattempo qualcuno sia entrato!» «Ma certo!».
Trovai tutto buio ma era solo saltato il salvavita. Tirai un sospiro di sollievo. Nulla faceva presagire che fosse successo qualcosa.
«Bene! Vedo che sei sollevata! Ora devo andare» disse baciandomi teneramente la guancia. Lo abbracciai come segno della mia gratitudine. Se ne andò salutandomi con un sorriso. Mi domandavo che impressione potevo avergli fatto. Non ero nemmeno in ordine come al mio solito, eppure mi aveva guardato con interesse. All’improvviso mi ritornò in mente la brutta esperienza paranormale. Cominciai a ispezionare tutte le stanze, gli angoli, soffermandomi ad ascoltare ogni rumore. Quella notte la passai praticamente insonne. Mi mancava Fabrizio, da quella sera non si era più fatto sentire, cominciavo a preoccuparmi. Non potevo credere che fosse finito tutto tra noi. Al telefono non rispondeva, a casa sua non c’era, era letteralmente scomparso. Una sera Gilberto venne a trovarmi, il motivo della sua visita si rivelò completamente diverso dalle mie aspettative. Senza salutare mi porse un giornale.
«Ma questo non era il tuo ragazzo?» chiese.
Era lui, Fabrizio. C’era la sua foto. Era morto in un incidente stradale proprio la sera del nostro litigio. Non potevo crederci, rimasi sconvolta.
«Angelica pensavo lo sapessi! Non ero sicuro si trattasse di lui. Mi dispiace!»
Scoppiai a piangere. Gilberto dispiaciuto mi strinse tra le sue braccia lasciandomi solo dopo essermi calmata. Fabrizio non lo avrei mai più rivisto, nemmeno gli avrei più potuto dire quanto lo amassi. Dopo quella circostanza Gilberto sparì per molto tempo. Conobbi nel frattempo Rosanna, tra noi fu subito simpatia. Cercava una ragazza per condividere le spese, giusto l’occasione che desideravo, così decidemmo di vivere insieme. Quando si assentò per un weekend passai tutta la notte senza riuscire a riposare bene. Tra le tapparelle cominciò a diffondersi la luce del mattino, girandomi su un fianco riprovai a riposare. Credevo di essere nel dormiveglia, il mio stato di coscienza mi permetteva di vedere la stanza, tuttavia ero incapace di muovermi, di parlare, non potevo reagire nonostante i miei sforzi per farlo. Qualcuno era nel letto con me. Mi strinse in un abbraccio e cominciò a parlarmi. Riuscii a liberarmi di quella presenza solo dopo aver sentito suonare il campanello della porta. Era Gilberto. Gli buttai le braccia al collo e con voce strozzata dalla paura proferii a malapena «Lì! Lì! Nel letto! C’è qualcuno!»
«Angelica calmati! Cosa succede?» Mi guardava attonito, ma andò a vedere… «Qui non c’è nessuno! Sicura che tu non abbia sognato?»
Capii che non mi avrebbe creduto, lasciai correre senza insistere. «Scusami, faccio sempre brutti sogni».
«Ti credo, del resto con quello che hai passato era prevedibile un po’ di stress». Mi venne vicino e mi toccò i capelli. Lo scansai infastidita. Mi prese di scatto, facendomi male al braccio.
«Lo so che ti piaccio! Lasciati andare!»
«Smettila bastardo!» mordendogli la guancia. Lanciò un grido di dolore tirandomi uno schiaffo in pieno viso.
«Angelica perdonami! Non so cosa mi abbia preso» disse toccandosi la guancia dolorante e rammaricandosi di ciò che aveva fatto.
«Fammi vedere!» gli dissi come fosse successo tutto a qualcun’altra. Per fortuna era solo un piccolo taglio. «Perdonami tu!» gli risposi. Mi abbracciò stringendomi forte.
«È stata colpa mia, dolcezza!»
Restammo in silenzio coccolandoci. Non esistevano più tensioni tra noi, sentivamo solo una morbosa attrazione, desiderosi di trovare il piacere nei nostri corpi. Tutte le ombre oscure si persero tra quelle lenzuola: affioravano solo le espressioni del mio amante. I suoi occhi verdi e le sue labbra carnose mi cercavano avidamente come un fuoco divoratore. Mi legò al letto. Conobbi il piacere di chi ama le arti della seduzione e della sensualità. C’era qualcosa di diabolico e di angelico in lui, oppure incarnava esattamente i miei pensieri più reconditi. La luce filtrava dalle tapparelle illuminando il suo corpo atletico che si muoveva come in una danza. Non so cosa fosse successo perché mi svegliai svestita senza di lui, ancora legata alle sbarre del letto.
Provai a liberarmi ma non riuscivo che a farmi male, la situazione cominciava a spaventarmi. Ero confusa, angosciata, stavo per perdere il controllo. Sentii aprire la porta d’ingresso. «Gilberto sei tu?» La porta della mia camera era aperta per metà e nella posizione in cui mi trovavo, non riuscivo a scorgere nessuno. Il panico mi fece perdere il controllo, cominciai a piangere e chiedere aiuto. Avvertivo un senso di nausea, come se fossi stata drogata. Sentii ancora bisbigliare dietro la porta. «Chi c’è?» urlai a gran voce. Nessuno rispondeva. Pensavo a Gilberto, a cosa gli potesse essere accaduto. Ero confusa poiché non ricordavo nulla. Tutto faceva presagire a qualcosa di contorto. Sembrava una situazione kafkiana in cui tutto è paradossalmente angosciante e senza logica. Dovevo solo più aspettare che la mia amica tornasse o che Gilberto sbucasse fuori. Mi ero nuovamente addormentata perché Rosanna era lì davanti a me che cercava di svegliarmi. Mi chiese preoccupata cosa fosse successo. Facevo fatica a riprendermi, ero in uno stato confusionale. Le raccontai tutto e insieme decidemmo di andare su da Gilberto per capire che fine avesse fatto. Stavano portando via i mobili, ma lui non c’era. Cominciai a indagare. Seppi solo una settimana più tardi che Gilberto era finito in carcere, coinvolto in un omicidio. Appresi sconcertata che faceva parte di un gruppo esoterico satanista. Pensai a tutto ciò che mi era successo da quando avevo trovato quella casa. La sua influenza non poteva che essere negativa. Un ultimo episodio raccapricciante ci fece decidere di andare via. Una donna all’ultimo piano dello stabile si buttò dal balcone. Sul giornale era scritto che da qualche tempo si sentiva perseguitata da demoni e spettri. Qualcuno quel giorno la vide ridere prima di buttarsi. Ormai mi convincevo sempre di più che il palazzo era posseduto da forze oscure e spaventose. Tra le pareti di quel vecchio condominio si praticavano senz’altro sedute spiritiche: questo è ciò che rivelavano i discorsi di alcuni condomini. Non so se facesse parte di un disegno, per me era un viaggio nell’ignoto. Nulla potevo spiegarmi razionalmente ma ciò che pensavo è che si trattasse di un segreto esoterico con un anagramma da scoprire. Considerando gli accadimenti io e la mia amica fummo contente di abbandonare quell’appartamento. Portammo con noi solo i nostri vestiti lasciando lì molti oggetti. Di Gilberto non seppi più nulla ma lo penso ancora con malinconico desiderio. Dicono che le case hanno memoria e assorbono le energie negative di quelli che vi abitano. Dopo quella inquietante esperienza optammo per una casa di recente costruzione.


 “UN ANGELO CON VENERE IN ARIETE”

di Adriana Mirando

 

Le casualità giocano un ruolo determinante nella vita di ognuno di noi, alcune circostanze possono capovolgere letteralmente il nostro consueto vivere, coincidenze alle quali non sappiamo dargli una spiegazione logica e razionale, sincronismi in cui gli eventi particolarmente straordinari non sfuggono, come avessero un piano ben preciso.

Avevo conosciuto Gianni, un curioso ed eccentrico personaggio, non era bello ma direi piuttosto fascinoso. La sua personalità stravagante ed eccentrica lo rendeva brillante e interessante, si adattava perfettamente al suo lavoro nel campo del marketing. Io da tempo ero desiderosa di cambiare occupazione, così accettai di seguirlo nella sua professione. Mi vedeva adatta per questa sua attività: la comunicazione era un requisito fondamentale, parlare ed essere persuasivi era ciò che mi riusciva naturale per cui mi convinse a provare. Per iniziare lo accompagnai dai suoi clienti. Un giorno, dal ritorno del nostro solito giro di lavoro, senza preavviso, invece di riportarmi a casa mi chiese di accompagnarlo dal dentista. Mi ero lamentata spesso con lui dei miei denti e di come desiderassi trovare un bravo specialista, soprattutto conveniente. Quel giorno non mi sentivo in gran forma per farmi visitare dal suo amico e visto che era un fuori programma non intendevo sentire ragioni, per cui feci un po’ di storie.

«Dai Angelica! Ho parlato di te a Maurizio. Vuole vederti e farti un preventivo.»

«Uffa! Non ho voglia! Sono troppo stanca, digli che non sto bene, ti aspetterò qui. Prendi l’appuntamento per un altro giorno.»

«Allora aspettami qua.»

Dopo una decina di minuti lo vedo tornare. «Vuole assolutamente vederti, ora ha tempo»

«Accidenti, mi sento in disordine!» gli risposi seccata, «Abbiamo girato tutto il giorno, sono sudata e stanca!»

La mia insicurezza cominciò a irritarlo. «Senti, se non vieni, perderai un’ottima occasione per rifarti la bocca come desideri, io non ti aiuto più se continui a fare la bambina capricciosa!»

A malincuore accettai. Entrò prima Gianni, io rimasi in sala d’aspetto che per fortuna in quel momento era vuota. Approfittai per guardarmi allo specchio del portacipria per darmi una rinfrescata al trucco.

Sentii qualcuno dietro la porta. Ecco entrare un bell’uomo, alto con la barba, dall’aspetto elegante con valigetta “un agente di commercio, un rappresentante di articoli odontoiatrici” pensai. Mi salutò con un radioso sorriso, così luminoso che splendeva come il sole al suo solstizio d’estate. I suoi occhi castani brillavano irradiandomi di luce come diaspro, era bello e disarmante che toglieva il fiato.

Quell’incontro di un freddo giorno autunnale aveva preso le sembianze di un caldo e piacevole giorno d’estate. Sì, quel giorno il sole si fermò davanti a me. Quella stupenda visione mi distrasse per un attimo, rimanendo ferma nell’intento di incipriarmi il naso. Lui rimase in piedi a guardarmi continuando a sorridermi. Osservando il mio ritocco mi disse:

«Sei bellissima!»

«È solo barbatrucco» risposi, abbozzando un sorriso.

Aveva capito il mio imbarazzo, ma la sua espressione felice mi dava un senso di benessere interiore come se mi conoscesse nell’intimo, così distesi i miei tratti impacciati.

«Davvero sei bellissima!» ripeté

«Grazie e stra-grazie!» esclamai entusiasta.

Quando un uomo ti parla in questo modo non puoi far altro che crederci e rimanerne lusingata. Mentre fantasticavo su di lui, ecco uscire Gianni e rompere quell’incanto, proprio ora che desideravo sapere di più del misterioso uomo. Era il mio turno. Maurizio mi venne incontro salutandomi e invitandomi ad entrare per la visita. Quel giorno fu una sorpresa per me vedere che anche Maurizio si complimentava per la mia bellezza, io che avevo così temporeggiato ad uscire dalla macchina e che mi sentivo quasi da buttar via. É indubbio che siamo i peggiori giudici di noi stessi quando ci sentiamo stanchi e in disordine, con le nostre insicurezze, come se tutto il mondo potesse notare il nostro disagio! Ma questa è presunzione!

Parlai con lui a lungo dei miei denti e di cosa desiderassi fare per rendere bellissimo il mio sorriso, ma non fu d’accordo, per lui andavo benissimo così, mi consigliò solo di fare una detartrasi. Non nascosi la mia delusione, cercai ancora di persuaderlo per farmi fare un ritocco, come usano fare le attrici che per avere un sorriso a 360° si fanno allungare tutti denti. Non mi accorsi del tempo per cui quando mi disse che stavamo parlando da più di un’ora, mi ricordai di Gianni che aspettava fuori e dell’uomo che era venuto dopo di noi. Uscii dallo studio e davanti alla porta c’era il mio amico e l’incantevole uomo che mi fissava come se mi aspettasse per chiedermi qualcosa. Mentre presi accordi con Maurizio per un incontro successivo, dettai il mio numero di telefono ad alta voce. Nel salutare il dentista mi volsi anche verso l’uomo misterioso e gli andai incontro porgendogli la mano. Sentii il suo sguardo penetrante e per qualche secondo mi persi nei suoi occhi! Avrei voluto dirgli qualcosa ma la situazione non me lo permetteva. Mi domandai “Chissà se lo rivedrò mai più?”. Mi allontanavo dallo studio felice ma con una punta di malinconia. Appena in strada Gianni non si risparmiò la battuta:

«Hai visto che hai fatto colpo? Tu che non volevi nemmeno scendere dalla macchina! Ah ah ah ma quanti complessi ti fai!»

«Gianni ero solo stanca!» risposi irritata.

A volte si dimostrava davvero invadente… ma in fondo lo dovevo ringraziare, senza di lui e le sue insistenze non avrei mai potuto conoscere il vero amore. Quello che accadde dopo mi fece capire che certi incontri non sono affatto casuali. Tornai a casa da Luca, il mio compagno, con cui vivevo ormai da anni. Tra noi si era spento purtroppo ogni passione dopo la morte di nostra figlia che ci aveva lasciato un vuoto. Eravamo divenuti due estranei che vivevano sotto lo stesso tetto, il continuo rinfacciarsi a vicenda dei propri errori, dopo il triste evento, ci lasciò quel rancore e quell’amarezza che alla fine si tramuta nell’indifferenza più totale. Mi mancava il coraggio di lasciarlo. Lui spesso usciva con gli amici e a volte capitava che non rincasasse nemmeno. La sua indifferenza aveva finito con il stancarmi, tanto che arrivai al punto di pregare che si trovasse un’altra donna e se ne andasse con lei. Il rimorso delle cose brutte che pensavo su di lui mi lasciavano quell’amaro e la frustrazione di una donna infelice: ma in fondo di cosa mi lamentavo? Lui aveva sofferto insieme a me portando lo stesso dramma nel cuore! Tutto sommato c’era solo bisogno di somatizzare il brutto, la tragedia, il dolore e poi forse un giorno saremmo tornati di nuovo uniti come eravamo un tempo. Assorta nei miei pensieri, non avevo fatto caso che Luca era rincasato.

Risposi al cellulare che continuava a squillare «Ci siamo conosciuti oggi dal dentista, mi perdoni se la chiamo a quest’ora e se sono stato indiscreto a rubarle il numero di cellulare, desideravo tanto rivederla. La trovo incantevole! Non voglio sembrarle un maniaco. Non ho fatto in tempo a presentarmi. Mi chiamo Paolo, sono un amico di Maurizio, mi piacerebbe conoscerla se fosse possibile!»

Per un attimo o forse due rimasi basita in silenzio. Non potevo crederci, stavo pensando a quell’uomo così intensamente e ora risentivo la sua voce. Cosa gli dico? Non riuscivo a parlare, ero stupita e sorpresa.

Aggiunse «Non voglio disturbarla, se vuole richiamo in un altro momento»

«No, mi fa piacere sentirla, non avevo capito fosse lei»

«Possiamo darci del tu?»

«Certo! Si scusa» risposi imbarazzata.

Nonostante fossi a disagio volli inoltrarmi nella conversazione lasciandomi guidare dall’istinto e dal desiderio di conoscerlo. Scorsi Luca che mi guardava allampanato sulla soglia del bagno, forse aveva assistito a tutto il dialogo con il mio interlocutore.

«Scusami Paolo forse è meglio risentirci in un altro momento».

Chiusi bruscamente la conversazione come se ci fosse nell’aria una certa tensione dovuta alla sua chiamata.

«Ho preparato la cena, volevo farti una sorpresa.» disse Luca con un timbro di voce irritato

«Grazie! Scusami non avevo notato fossi già tornato!»

«Me ne sono accorto» disse infastidito e andò nervosamente ad apparecchiare.

Dopo qualche minuto sentivo rompere dei piatti nel lavabo: il suo disappunto era evidente e voleva farmelo notare cercando un qualsiasi pretesto per bisticciare. Ero perplessa! Non l’avevo mai visto così nervoso, e sinceramente quel suo modo di passare dall’apatica indifferenza comunicativa degli ultimi tempi, alle attenzioni romantiche, e al turbamento illogico di uomo geloso, mi lasciava alquanto incredula e meravigliata. Feci finta di niente, non avevo affatto voglia di discutere per cui lasciai cadere ogni giustificazione per allentare le tensioni. Rimasi fredda e insensibile a tutta la sua smania di fare colpo su di me e lo ignorai; in fondo non mi sembrava di aver fatto nulla di male. Passò tutta la serata tenendomi il broncio. Ci dormimmo sopra. Il mattino seguente me lo trovai addosso tentando un approccio amoroso. Che brutto per una donna sentirsi toccare da un uomo che non ama più! Poi, come dico sempre, l’antipatia non richiede sforzo e allontana ogni speranza di riconciliazione, tanto più dopo quello che era successo la sera precedente: non sarei riuscita a sopportare quel contatto fisico. Non era un bel modo ma glielo dissi senza mezze misure «Lasciami in pace e pensa invece a come puoi chiedermi scusa, dopo il tuo modo odioso di fare di ieri sera!»

Mi diede una spinta così forte che caddi dal letto. Non me l’aspettavo una reazione così e scoppiai a piangere dal nervoso per il male che mi ero fatta cadendo.

«Piagnucola da un’altra parte e lasciami riposare!» rispose sarcasticamente come fosse stato uno scherzo. Non era Luca! Non mi aveva mai picchiata o trattata con violenza, quel gesto sprezzante e aggressivo non gli apparteneva. Di solito le nostre litigate erano solo parole gridate, a volte cattive con l’intento di offendere, ma non così, no mai! Forse quel rancore covato da chissà quanto tempo lo aveva reso cinico e crudele, oppure era un uomo che non conoscevo abbastanza. Ci pensai tutto il giorno, ma la sensazione fu che volevo assolutamente liberarmi di quella convivenza, ormai diventata oppressiva.

Continuavo a pensare a Paolo, avevo memorizzato il suo numero, desideravo chiamarlo ma poi me ne mancava il coraggio ed esitando rimandavo sempre a un momento più propizio. Dovevo incontrarmi con un’amica dopo il lavoro, così decisi di non tornare a casa per la cena. Stella, così si chiamava, aveva una bellissima casa con un grande giardino, ai piedi della collina Torinese. Si potevano ammirare fiori bellissimi e piante da frutto, ora nel suo autunno, quei colori dai toni fiammeggianti trasmettevano serenità. Lontano da qualsiasi rumore della città ci stavamo godendo quel momento di paradiso, sedute sull’altalena a parlare. Le raccontai di Paolo e della crisi che stavamo attraversando io e Luca. Non le avevo mai confidato i miei problemi in modo così intimo, ma ne sentivo il bisogno. Con la sua inconfondibile espressione affettuosa e materna mi faceva sentire al sicuro.

«Beh! A questo punto consiglierei di farci un aperitivo, che ne dici?» disse sorridendomi felice; silenziosamente rientrò per preparare. Io rimasi a godermi quel venticello profumato d’autunno, non faceva nemmeno freddo, il sole durante il giorno aveva riscaldato l’aria e se ne poteva godere ancora il tepore. Ero rilassata e stavo bene con me stessa, in quel momento di piena goduria squillò il cellulare. Mi venne un colpo vedendo che era lui, Paolo! Cominciò a battermi forte il cuore dall’emozione, mi tremavano le mani, mi alzai dall’altalena incamminandomi, e risposi: «Ciao Paolo!»

«Ciao bellissima! Hai memorizzato il mio numero. Mi fa piacere!». La sua voce ebbe un effetto rilassante; mi disse che era in partenza per il Giappone. Desideroso di farmi un saluto, voleva rivedermi al suo rientro. Accettai e chiudemmo la conversazione. Stella mi sorrideva contenta, aveva intuito dalla mia espressione gioiosa che si trattava di Paolo e, facendomi accomodare sull’altalena, mi chiese di raccontarle tutto ciò che ci eravamo appena detti. Lei stava diventando la custode dei miei segreti. Le sue dimostrazioni di affetto resero la serata così piacevole che alla fine rimasi anche a dormire.  Stella era contenta di vedermi interessata a un altro uomo, del resto Luca non le era mai piaciuto, aggiunse anche che se avessi voluto lasciarlo e non sapevo come, avrei potuto trasferirmi da lei. Passarono molte settimane prima di risentirlo, tanto che non ci speravo più. Nutrivo un desiderio intenso di rivederlo ma l’ansia dovuta al suo silenzio mi divorava, l’impazienza mi stava torturando e non mi dava tregua, era un’angoscia che faceva male al cuore. Mi stavo chiedendo se fosse il caso di chiamarlo. Avevo capito quanto mi fossi addentrata emotivamente in questo sogno tormentato che si chiama passione, poiché si poteva placare soltanto risentendo la sua voce. Volevo poterlo incontrare casualmente, guardarlo negli occhi e dirgli quanto fossi attratta da lui, immaginavo questo desiderio fino ad esprimere il mio tormento sorprendendomi a piangere. Quest’attesa mi portò a pensare che non sarebbe stata una storia facile e nemmeno prevedibile. Mi stavo preparando alla svelta per recarmi al lavoro, quando sentii in quel momento arrivare un messaggio “Posso chiamarti?’” era lui che mi aveva scritto, non ci potevo credere. Gettai un grido di gioia e lo chiamai immediatamente! Avevo le guance in fiamme per l’emozione, sentivo il viso caldissimo, ma come al solito la sua voce ebbe un effetto calmante!

«Ti chiedo scusa per il lungo silenzio, sono rimasto per lavoro in Giappone più del previsto. Vorrei rivederti, è possibile?»

Mentre parlava ero completamente assorta, come fossi in trance, ascoltavo il suono delle sue parole senza riuscire a rispondergli.

«Angelica ci sei?» rinvenni all’istante «Si Paolo voglio rivederti» risposi.

Ci tenemmo in contatto fino al giorno del nostro incontro. Arrivai all’appuntamento molto nervosa. Lui era li ad aspettarmi, ma più mi avvicinavo e più non mi sembrava l’uomo che avevo conosciuto: non era bello come lo ricordavo. Tutt’a un tratto stavo per cambiare idea e fare inversione con la macchina per andarmene, quando mi venne incontro sorridendomi. Cosa era cambiato, forse era solo una sensazione dovuta alla tensione che stavo provando nel rivederlo?

«Sei molto più bella di quanto ricordassi!» disse guardandomi scendere dall’auto.

Io ero invece imbarazzata e non riuscivo a nasconderlo, la sensazione che qualcosa fosse cambiato dopo averlo visto mi faceva sentire a disagio. Accettai in ogni caso di andare a bere qualcosa insieme. Parlai pochissimo per tutta la sera. Ero intenta più ad ascoltarlo, capire chi fosse. Con stupore mi accorsi di sentirmi coinvolta, la sua voce persuasiva calda e rassicurante, mi metteva sempre a mio agio. Mi raccontò di essere un uomo d’affari, del suo lavoro che lo portava in giro per il mondo e dei suoi progetti. Stavo così bene che mi sembrava di conoscerlo da sempre, la strana impressione che avevo provato in un primo momento svanì, tanto che avevo perso la percezione del tempo.

«Si è fatto tardi devo andare» gli feci notare.

«Ci possiamo rivedere? Ci terrei moltissimo!» disse lui prendendo le mie mani e stringendole fortemente.

«C’è un problema di cui non ti ho parlato Paolo e che devi sapere. Ho un compagno!».

Abbassando lo sguardo e con voce sommessa mi disse che era sposato. Devo dire che me lo aspettavo. Questo comprometteva tutto. Stavo per congedarlo bruscamente quando mi prese improvvisamente baciandomi con tutta la passione repressa di chi desiderasse ardentemente una donna.

«Non voglio lasciarti andar via, ti ho pensato tantissimo! Credi all’innamoramento a prima vista?»

Completamente stordita dal suo bacio seppi solo dirgli «Si». Quella forte emozione mi sconvolse i sensi: si riaccese la forte attrazione per lui, come fossi sotto un incantesimo. Ero felice perché sentivo tutto il calore del suo abbraccio e senza curarci di chi potesse vederci insieme, mi godevo quell’istante di estasi.

A un tratto mi accorsi del locale affollato.

«Non temi che qualcuno ci possa notare? Andiamo a rifugiarci in macchina» gli dissi,

«Certo hai ragione! Oltretutto ho un regalo da darti che ti ho portato dal Giappone».

Restammo ancora a parlare a lungo e alla fine decidemmo di andare a trovarci un albergo. Non ebbi voglia di chiamare Luca per dirgli che non sarei rincasata, in fondo anche lui aveva fatto lo stesso con me, questo mi faceva sentire libera e, senza riguardo, dimenticai che esistesse. In quel momento sentivo di seguire solo l’impulso del mio cuore senza pensare alle conseguenze. Desideravo sessualmente quell’uomo nella sua interezza, decisa a provare ciò che avevo da tempo dimenticato. Avvertii un piacere immenso nel sapere che lui mi desiderasse così ardentemente. Quell’attrazione carnale ci travolse per tutto il tragitto in macchina. Infuocato di passione guidava come un folle, cercando avidamente le mie labbra ma stando con un occhio attento alla strada. Tutto questo mi eccitava moltissimo e con mente ubriaca feci tutto quello che mi richiedeva e mi ordinava, sì, poiché era lui a condurre quel gioco erotico. Bramando il contatto con quel corpo caldo, con il cuore furioso scrutavo ogni parte del suo fisico, con occhi invadenti e mani impazienti, sentirlo vibrare sulla mia pelle con la sua stessa passione, come la terra desidera il cielo. Scoprivamo una sintonia di un’intensità fortissima, era davvero diverso da tutti gli uomini con cui ero stata: mi ero imbattuta in un perfetto seduttore! Con voce sensuale mi sussurrò:

«Sei bellissima. Sei la perfezione cosmica, vorrei naufragare nel profumo della tua pelle e del tuo respiro. Ora, subito, non resisto!»

Era davvero una sensazione sublime smarrirsi nel suo sguardo così profondo, per poi perdersi in quelle sue labbra carnose come in un labirinto, appositamente per non trovarne l’uscita e goderne del piacere provato. Eravamo arrivati in una bellissima zona residenziale, con tanto di ville sfarzose, giardini e cancelli imponenti. Sembrava conoscesse bene il luogo dove mi stava portando. Aprì a distanza un cancello e ci addentrammo in un parco. Ci avvicinammo a un edificio, non era un albergo, ma ciò che si presentava davanti era una lussuosissima villa. Per un attimo guardai il suo viso compiaciuto, sorridendomi mi disse: «Volevo farti una sorpresa, questa è una delle mie case!».

Rimasi incredula in silenzio. Ero felice ma ora tutto sembrava più misterioso. Era una pazzia passare la notte con un perfetto sconosciuto, in effetti non sapevo nulla di lui, ma sentivo di poter sfidare il pericolo, pronta ad andare incontro a una ignara avventura, consapevole solo della forte passione che ci stava travolgendo. Mi prese per mano, silenziosamente con passi controllati quasi a non far rumore, percorremmo un tratto al buio. Spogliata di ogni certezza, sopraggiunse nel mio animo un timore insolito, quasi a non fidarmi più di quella situazione, interrogandomi su cosa sarebbe accaduto di lì a poco, con l’inquietudine nel cuore entrai con Paolo in casa. La luce illuminò un salone enorme, tutto l’arredamento del soggiorno sembrava non fosse stato mai usato, c’era odore di nuovo, di mobili appena acquistati, tutto in un ordine impeccabile quasi maniacale che metteva ancora più tensione. Nulla sembrava naturale, nemmeno lui che a un tratto persi di vista. Non mi ero accorta si fosse allontanato. Svanito nel nulla! Guardai l’orologio, era mezzanotte e la casa era stranamente silenziosa. Avevo tanto agognato quel momento e ora avrei tagliato volentieri la corda: volevo fuggire via. Difficile mantenere il controllo in questi casi, cercavo di non perdere la calma, le mie mani tremanti tradivano il mio stato d’animo. Silenzio e tensione, silenzio che mi afferrava alla gola.

«Paolo ci sei?» cominciai a chiamarlo avanzando verso altre stanze. Aprivo porte e timidamente entravo nella speranza di trovarlo. Sentii aprire delicatamente in fondo al corridoio, due occhi lucenti mi sorrisero, era lui «Vieni tesoro non aver paura, ho solo preparato la camera per noi».

La stanza disegnava strane ombre alla luce di candele perfettamente disposte, i complementi d’arredo color oro riflettevano brillanti come oggetti incantevoli, un letto rotondo con lenzuola di seta nera catturò la mia attenzione. Nell’angolo scorsi una sedia di velluto rosso con sopra dell’intimo femminile, davanti al letto un grande specchio, l’atmosfera era estremamente sensuale: aveva prestato attenzione a tutto per rendere il gioco erotico ed eccitante.

«Ti sei spaventata?» mi disse stringendomi forte «Ti ho preso della lingerie, vorrei che la indossassi, io torno subito». Per tutto il tempo della sua assenza, in quella atmosfera da sogno rimasi come sospesa, guardandomi attorno incuriosita e stupita. Era tutto così affascinante ma in quel contesto mi sentivo intimidita e fuori luogo. Alle mie spalle mi accorsi della sua presenza.

«Ti piace il mio regalo, non vuoi indossarlo?» disse sorridendomi.

«Spero di essere qualcosa di più!» gli risposi eludendo la domanda

«Qualcosa di più?»

«Si, di un’amante occasionale».

«Non temere, non sono così con tutte le donne. Era solo un regalo per l’occasione. Tesoro ti adoro!» e chinandosi su di me, con prepotenza mi baciò. Quella trepidazione provocò i miei sensi eccitandomi emotivamente, lasciando allentare ogni tensione mi abbandonai appassionatamente al desiderio. Tra le sue braccia lasciai dubbi e paure, come cancelli che si chiudevano alle mie spalle mi sentivo al sicuro, nel silenzio di una penombra bruciavano i nostri corpi voluttuosi, tra fili di seta nera e gemiti di piacere. In quella dimensione era come sprofondare nell’abisso delle nostre anime, dove l’eros si mescolava alla gioia della nostra intimità di possederci. In un certo senso mi pareva di morire tanto era il godimento estremo. Mi ritrovai la mattina con Paolo che mi stringeva la mano e già sveglio mi chiese se potevo restare a fare colazione con lui. Guardai l’ora erano le 11, mi ricordai all’istante di Luca. L’angoscia mi assalì pensando che forse mi stava cercando. Paolo mi capì al volo.

«Devi tornare a casa vero?»

«Si tesoro! Ho paura che il mio compagno mi stia cercando».

Accesi il cellulare e un gran numero di notifiche comparvero di Luca. Mi mancò il coraggio di chiamarlo così spensi di nuovo il cellulare. Mi accompagnò alla macchina, ci stringemmo in un ennesimo abbraccio. «Voglio stare con te amore mio, ho bisogno di rivederti»

«Non parliamone adesso» gli dissi con voce preoccupata «Devo scappare, ci risentiamo»

A casa non trovai nessuno. Riaccesi nuovamente il cellulare e una chiamata di Paolo sopraggiunse in quel momento «Tutto bene tesoro?»

«Sono a casa ma Luca non c’è, non preoccuparti ti richiamerò io».

Avevo l’impressione che le cose si stessero complicando. Chiamai Luca sentendomi addosso un’ansia da farmi tremare la voce.

«Mi hai cercata?» gli dissi, facendo apparire che fosse tutto normale, «Ma dove eri finita? Sono stato in pensiero tutta la notte!» rispose con voce severa.

«Ero da Stella, scusami, non ho pensato di avvisarti».

«Non è vero, sei una bugiarda, l’ho chiamata ma tu non c’eri! Hai anche spento il cellulare! Ti sei fatta un amante?».

«Non ho più voglia di discutere», chiudendogli il telefono in faccia.

Telefonai subito a Stella; appresi che Luca l’aveva chiamata più volte anche durante la notte. Le raccontai tutto e scoppiai in un pianto liberatorio, confidandole della mia paura che Luca potesse alzarmi le mani visto l’ultimo precedente.

«Perché non mi hai detto che dovevi incontrarti con Paolo? Ti avrei coperta! Stai tranquilla, se vuoi puoi trasferirti da me, anche da subito!» disse Stella con voce persuasiva. Presi un borsone e cominciai a riempirlo delle mie cose per andarmene velocemente da casa, ma non feci in tempo perché Luca era rincasato.

«Cosa stai facendo? Vuoi andartene con lui?»

«No, ma che dici? Sto per trasferirmi qualche giorno da Stella, ho bisogno di andarmene per riflettere, noi non andiamo più d’accordo ormai da molto tempo. Sono anni che trasciniamo il nostro rapporto, siamo una coppia che cerca di sopravvivere ormai! Tranquillo, tanto non ti chiederò nulla, ho il mio lavoro con Gianni, posso farcela anche da sola!».

«Hai già calcolato tutto, te ne vai perché hai un altro e non hai il fegato di dirmelo in faccia!» cominciando a infervorarsi.

A nulla valeva spiegargli e convincerlo che in fondo tra noi era tutto già finito da un pezzo. Decisi che non valeva più la pena parlargli e continuai a cercare le cose da mettere nel borsone.

«Non te ne andare Angelica, frena la tua impazienza e cerchiamo di ragionare» chiudendo la porta per non lasciarmi uscire.

«Lasciami andare non eserciti nessun diritto su di me, non ti amo più da un pezzo. Questi anni sono stati un inferno con te».

«Non ti ho mai fatto mancare nulla e nemmeno ti ho impedito di essere libera, ora non mi puoi dire una cosa del genere! Mi hai preso in giro tutto il tempo. Perché non mi hai mai detto che stavi così male con me? Lo so che dopo la morte di Lisa avrei dovuto starti più vicino, ma anch’io avevo bisogno di superare quel brutto momento!»

Interrompendo quello che stavo facendo mi prese per un braccio, alterandosi mi disse:

«Pensi di aver sofferto solo tu? Non stare in silenzio rispondimi!»

«Fammi andare e poi ne riparleremo» replicai cercando di aprire la porta. Tolsi la sua mano dal mio braccio ma mi sentii afferrare per i capelli.

«Non ho bisogno di avere la tua approvazione, da qui non esci, punto!» mi sentii raggelare. Senza dimostrargli timore risposi con voce decisa «Cosa vuoi fare, vuoi picchiarmi?»

A quel punto mollò la presa, limitandosi a chinare la testa mi lasciò uscire. Consumata dall’angoscia i miei occhi si riempirono di lacrime. Sentivo che non sarebbe finita così. Apparentemente era tutto contro di me, come se fossi passata dalla ragione al torto. Stella invece era felice che mi fossi lasciata con lui e mi fossi trasferita da lei. Mi buttò le braccia al collo e mi stampò un bacio.

«Brava, finalmente! Che diamine, era ora che lo lasciassi quel bruto, non sentirti in colpa! Non piangere più! Hai bisogno solo di riposare, domani vedrai tutto con altri occhi.»

Per lei si sarebbe tutto risolto positivamente. In quella atmosfera ovattata e rassicurante tornai ad essere ottimista. Nel tepore del letto mi vennero in mente tutti i momenti felici trascorsi con Paolo, pensando cosa avrei potuto dirgli ora che finalmente ero libera. Saremmo potuti essere infine insieme, non ricordando fosse sposato. Non intravedevo più la presenza di Luca come ostacolo, in quel silenzio innaturale mi addormentai in un sonno dolcissimo e profondo.

La tragicità non è mai contemplata nella propria vita pensando che tutto possa capitare a qualcun altro, d’altra parte l’amore è un sentimento coraggioso, che domina al di là del bene e del male ma gli eventi da lì a poco si sarebbero profilati di una drammaticità sconvolgente, tirando fuori verità amare. Entrare in sintonia con il cuore di un altro, l’illusione che si possa comprenderne lo stato d’animo è ciò che l’uomo vorrebbe trovare nel suo prossimo. Il desiderio di aprirmi con qualcuno per avere un consiglio su che strada intraprendere riguardo alla mia storia era enorme, mi trovai così a parlarne con Gianni. “Il silenzio è meglio di un alibi perfetto” diceva sempre mio padre, aveva perfettamente ragione! Questo era un motivo più che valido per non sbilanciarsi e mettere in piazza la propria privacy, al fine di non trovarsi in una posizione di sfavore ed essere giudicati. Ma non diedi ascolto né misi in pratica il consiglio del mio caro genitore.

«Non hai la più pallida idea di cosa hai combinato Angelica. Se Maurizio venisse a sapere della relazione che hai con Paolo mi farai fare una brutta figura, senza contare che il mio amico conosce bene anche la moglie, per cui mi metti in una situazione di imbarazzo!»

«Pensavo di potermi fidare di te e della tua discrezione!» gli dissi disorientata

«Non essere immatura Angelica, mi metti in mezzo a un gran pasticcio, capisci?! Lo sa qualcun altro?»

«Lo sa solo una mia amica, mi sono infatti trasferita da lei»

«Congratulazioni a entrambe allora» soggiunse in tono sarcastico e alzando sprezzantemente le spalle.

Improvvisamente quelle parole mi disarmarono facendomi piombare in un silenzio assoluto. Ero tentata a rispondergli male ma preferii tacere. Con la sua intromissione involontaria mi ero messa a rischio, l’intuito mi diceva che mi ero conquistata un nemico. Ero stata davvero molto imprudente! Avevo provocato uno squilibrio, considerando pure che con Gianni avevo un rapporto di lavoro, dal quale dipendeva tutta la mia autonomia. Paolo sarebbe dovuto essere un amante segreto, una relazione insospettata e invece già due persone ne erano a conoscenza. Il sole era tramontato ma Paolo non si era fatto ancora sentire, guardavo continuamente il cellulare. Fu Luca invece a chiamarmi pregandomi di tornare, passando dal tono dolce a uno soffocato di gemiti come stesse soffrendo. Io assistevo indifferente poiché non credevo a una sola parola di quello che diceva, pensando fosse solo un modo di commiserarsi facendomi sentire inadeguata. Immancabilmente riattaccavo senza mai farlo finire di parlare. Presi il coraggio a due mani e chiamai invece Paolo, era la prima volta che lo cercavo.

«Sono in riunione» mi rispose «Ti richiamerò io».

Mi sembrò un atteggiamento distaccato ma non volli trarre conclusioni affrettate per cui aspettai. Quando incontriamo l’amore rischiamo di perdere noi stessi, ci sentiamo soddisfatti e felici solo se ricambiati e viviamo all’ombra dell’altro in una dipendenza affettiva che rischia di diventare un’ossessione. Per uscire da quella linea d’ombra dobbiamo capire cosa fare per il nostro bene e come trovare un equilibrio, le risorse in noi stessi per essere felici. Ma è più facile consigliare gli altri che noi stessi, così viviamo trascinati dalle nostre emozioni più che dalla ragione. Mi chiamò il giorno dopo e mi chiese se tutto andasse bene. «Per nulla» gli risposi. A questo punto gli chiesi di vederci.

«Tra qualche giorno dovrei ripartire per lavoro, se ti va domani sera ci vediamo».

Il silenzio regnò un attimo per la lentezza della mia risposta ma alla fine seppi solo dirgli «Ok» e la telefonata si concluse. Un dubbio si insinuava nella mia mente perché avvertivo che qualcosa non andava, lui mi sembrava diverso “Che fosse successo qualcosa!?”.

Compresi solo quando finalmente chiarii con Paolo, Gianni aveva rivelato tutto a Maurizio.

«La discrezione non è il tuo forte» mi disse con tono sgradevole. Rimasi mortificata.

«Tesoro mi dispiace, pensavo di potermi fidare, avevo bisogno di parlare con un amico, almeno così credevo, che Gianni fosse un amico!»

Lo guardai negli occhi, c’era un’ombra di inquietudine.

Preoccupato mi disse: «È meglio che per un po’ non ci vediamo, dirai a tutti che tra noi è finita o almeno non parlare più di noi con nessuno!»

Quelle parole furono per me più amare del fiele, il mio cuore era in tumulto ma compresi pure la sua situazione, in fondo ero stata io a creare i presupposti affinché le cose prendessero quella piega. Mi resi conto di quanto lo amassi, non volevo causargli rovina o distruggergli la vita, aveva una famiglia e dei figli. Trattenni le lacrime e lo lasciai andare. La tragedia s’insinuò in quella delicata circostanza, come se non bastasse il dolore che stavo già provando per il forzato distacco.

Tre giorni dopo il nostro incontro seppi da Paolo che, dopo aver ricevuto delle minacce anonime, durante la notte qualcuno gli aveva bruciato la macchina, il nostro sospetto andò immediatamente a Luca. Come inganno sottile arrivò come una minaccia e un ricatto, invisibile e imprevedibile. A quel punto Paolo non volle più saperne di me. Non mi ero mai sentita così fragile e vulnerabile, sicuramente in parte responsabile di ciò che era accaduto, ora stavo pagando per la mia ingenuità. Gianni si era mostrato spregevole, non certo un amico, una delusione e una lezione imparata a proprie spese, inoltre persi anche il lavoro. Ciò che mi turbava di più ora era Luca, non potevo credere avesse compiuto un gesto cosi assurdo. Com’era venuto a conoscenza della mia relazione con Paolo e se era stato capace di fare tutto questo cos’altro mi dovevo aspettare? Era tutto così irreale! Stella mi diede ancora il suo aiuto, di questo potevo ritenermi fortunata.

«Potrai restare da me tutto il tempo necessario! Non voglio nulla, quando troverai un lavoro aggiusteremo, ma fino ad allora non ti preoccupare».

Di Luca ricordavo solo la sofferenza di quella convivenza e le interminabili discussioni, avevo bisogno di troncare ogni rapporto con lui, era diventato troppo pericoloso. Stavo pensando come sarei potuta tornare a prendere le mie cose quando mi arrivò una sua chiamata. Non risposi. Da quel momento ci riprovò molte altre volte, io continuai a non rispondergli.

Ero andata in ufficio da Gianni per chiedergli i soldi che mi doveva, c’era ad attendermi vicino alla macchina, Luca. Per un attimo rimasi bloccata, ferma a guardarlo temendo una sua aggressione. Risposi al suo sguardo insistente per chiedergli cosa volesse, i suoi occhi non facevano trasparire nessuna emozione, erano freddi e impersonali, non era lui, sembrava posseduto da un demone, in uno stato di trance. Sentivo il mio respiro, tanta era la paura, mi guardai attorno ma in quel momento non passava nessuno, faceva freddo e pioveva leggermente. Cosa potevo fare? L’unica era tornare in ufficio da Gianni per chiedergli aiuto, inspirai profondamente per farmi coraggio e gli girai le spalle. Non feci in tempo a voltarmi che mi venne addosso con tutta la furia del suo odio, investita da pugni e calci mi trascinò verso la sua macchina. Ebbi l’istinto solo di coprirmi il viso e la testa, piegandomi su me stessa senza riuscire a reagire. Sopraggiunse Gianni per togliermelo di dosso ma si prese anche lui una buona dose di pugni tanto da farlo cadere a terra.

«Non finisce qui, ti ammazzerò schifosa» e se ne andò minacciandomi.

Chiesi a me stessa quale parte oscura di lui avevo sottovalutato, un uomo che per anni avevo avuto come compagno, quali erano stati i segnali? In apparenza era sembrato uno scorrere di vita tra virgolette “normale” con qualche litigio, l’insoddisfazione e l’incomprensione che vivono molte coppie oggigiorno, mille ipotesi scontate, ripetute centinaia di volte e invece ora mi accorgevo che ero stata assoggettata, da quella aggressività maschile sottintesa, un cosciente dominio passivo.

Era una situazione che non potevo più gestire da sola. Gianni, nonostante il nostro attrito precedente, mi diede il suo completo appoggio per andare a denunciarlo. Scoprii nelle due settimane successive, grazie alla denuncia fatta alla Polizia, che Luca aveva dei problemi di droga ed era nel giro della malavita, queste rivelazioni mi consentirono di capire chi fosse davvero. La denuncia fu una maniera per allontanarlo in modo permanente.

Passarono molti mesi, il forte sentimento che provavo per Paolo non andava affievolendosi, ma al contrario continuavo a pensarlo intensamente, immaginando dove potesse essere in quel momento, speravo di poterlo risentire. Tuttavia non volevo prendere nessuna iniziativa di cercarlo, nonostante si fossero creati i presupposti per frequentarci tranquillamente, pensavo che la sua fosse stata solo una scusa considerando che avesse anche una famiglia. Con Stella decidemmo di andare in Toscana per le vacanze estive. Avevamo prenotato in un agriturismo per rilassarci, immersi nella natura a contatto con gli animali. Doveva essere una vacanza tranquilla, un bisogno assoluto di pace per dimenticare il dolore di tutte le vicende vissute. Provando un senso di lacerazione come il cuore in una morsa, avevo capito di aver perso la voglia e la capacità di fidarmi, chiudendomi a riccio non permisi di condividere questa vacanza con nessun uomo. Volevo regalarmi nuove energie e nuovi sogni, escludendo qualsiasi avvicinamento da parte di individui di sesso maschile.

Mi rilassavo, stesa a prendere il sole insieme a Stella, quando sopraggiunse un messaggio sul cellulare “Ciao sono Paolo, ho saputo da Gianni quello che hai passato. Mi dispiace enormemente! Ti ho pensato tanto, ma mi è mancato il coraggio di cercarti. Qualsiasi cosa tu avessi bisogno, volevo dirti che ci sarò sempre per te”. Invece di rispondergli, spensi il cellulare. Stella mi guardò sorpresa domandandomi: «Ti senti male?». Anche se ero sopraffatta dall’emozione, non le feci trapelare nulla e tranquillizzandola le dissi che avevo bisogno di serenità e di calma per riflettere. Stella si stupì ancora e confusa mi disse di non riconoscermi più.

Sussurrando le risposi «Sono proprio io, ho bisogno solo di liberarmi del passato. Non intendo più soffrire» gli occhi mi tremarono dalle lacrime e sospirando mi distesi di nuovo al sole. Passai tutte le vacanze sforzando di mostrarmi serena ma dentro avevo una gran voglia di piangere. Dopo quella esperienza avevo riflettuto profondamente, raggiungendo una consapevolezza e ritrovando me stessa. Strano a credersi, volevo liberarmi di tutto e rifarmi una vita. Paolo era stato semplicemente un mezzo, il destino l’aveva messo sulla mia strada per attirare l’attenzione sulla difficile situazione che avevo con Luca. Avevo messo a tacere il mio cuore riconoscendo che pur essendo amore, era impossibile viverlo. Poteva sembrare davvero il ritratto di un angelo, venuto a salvarmi in un momento particolare della mia vita. Lui non si fece più sentire dopo quel messaggio. Affannandomi invano a cercarlo nei miei ricordi, la mia intima speranza di ritrovarlo tormentava spesso il mio cuore. Ancora oggi mi riscopro a pensarlo con tenerezza: scritto, suggellato nella mia anima come il mio vero e unico amore.

Dopo quella storia fui ispirata a scrivere questa poesia:

L’amore

trascina con sé

l’illusione di esistere

come un’anima mortale

tra gli immortali.

La vera bellezza

è in ciò che non si vede,

ma in te la vedevo in rilievo.

Non passa giorno

che il mio cuore non ti ritrovi,

in uno scenario ipotetico

ti tenevo stretto tra le mie braccia.