Estratto dal Racconto “Né bianco né nero”

(… omissis)

Anna in un attimo prese un po’ di coraggio e si alzò cercando di non fare troppo rumore. Non si sa se per non svegliare Marco o per non farsi sentire. Riuscì comunque a raggiungere il ponte silenziosamente. La luna era alta in cielo e questo le permise di veder abbastanza bene gli eventuali ostacoli nella dinette e accedere con una certa disinvoltura verso l’imbocco delle scalette di risalita. In un attimo fu fuori, sola nella notte. Non salì completamente le scalette così da rimaner fuori solo con il busto che impattò l a leggera brezza che stava spirando. Si voltò a destra poi a sinistra. Solo allora sentì in maniera evidente le sartie delle vele sbattere contro l’albero della barca producendo un rumore metallico non uniforme e certamente non regolare comandato dalla bava di vento che specialmente in cima di albero si faceva sentire un po’ più. A prua sembrò scorgere una persona e solo allora decise di uscire definitivamente fuori. Matteo era infatti là , intento a stringere un dado cieco sul candeliere. Anna le si avvicinò e lui gli chiese se c’era qualcosa che non andava. Alla risposta negativa si congedò velocemente e guadagnò la strada delle cuccette. Prima di scendere si voltò verso Anna e le disse: “Una notte come questa non ha bisogno di essere augurata, lo fa da sola” e la sua ombra scomparve v erso il basso. Anna rimase sola, a prua di quella barca sconosciuta. In mezzo al mare, di notte. Certo non era sola, ma era anche vero che tutti gli altri stavano dormendo. Sola con il mare, nel mare, di notte. Non poteva nascondere a se stessa di provare stupore per quella situazione quasi magica nella quale si stava trovando; ma il suo stupore sembrava accompagnato da un sottile senso di timore, di smarrimento, di piccolezza di fronte ad un mare cieco e nero, al vento, a rumori oscuri e indecifrabili. Non era vera e propria paura ma ci si avvicinava abbastanza! Non era certamente tranquilla. Poggiò la sua mano destra sull’avvolgifiocco e cercò di scrutare verso un infinito sconosciuto e buio. Una bava di vento le accarezzò i capelli e un brivido le scese velocemente lungo la schiena. Una piccola mano sembrò accarezzarle le gambe e poi salire verso la schiena. Anna, che non aveva sentito alcun rumore fino a quell’istante si girò all’improvviso, con il cuore in gola, e si accorse con evidente stupore che il piccolo Tommy era li, vicino a lei. Era salito perché non riusciva a dormire e avendola cercata nel suo letto girando al buio per la barca, aveva incrociato Matteo che gli aveva raccomandato di tornarsene subito a dormire aggiungendo poi che la sua mamma era sul ponte e che presto sarebbe scese per dargli il bacio della buonanotte. Ma lui salì ugualmente e raggiunse la mamma. Anna lo strinse a se forte forte. Ora stava tremando come una foglia e non sapeva il perché. Un senso più forte di angoscia la prese e chiese a Tommaso di andare a dormire. Tommy si girò verso il mare e le indicò le stelle e poi la luna e poi il mare e poi la strinse a se forte forte e la baciò con una tenerezza infinita. “Come si bella mamma”, le disse. “Mi pi ace stare qui con te nel mare, al buio, io e te, senza papà”. Guarda quante stelle; ma noi perché non le vediamo mai?” aggiunse. Poi guardando la luna si rivolse alla mamma e le chiese: “Ma quante lune così belle ci sono?”. “Solo una” rispose “ma è tanto bella che questa basta”. Così Anna lo prese in braccio e lo riportò a letto. Tommy si addormentò pressoché all’istante. Anna si diresse verso la sua cabina ma fu come spinta da una forza che la richiamava sul ponte della barca. Senza nemmeno accorgersene risalì e si mise seduta vicino al winch di destra, poco avanti la grande ruota del timone d’acciaio che sembrava brillare alla luce della luna. Era lei sola, di notte, su quella barca. E davanti a se qualcosa di difficilmente definibile. Ora era magicame nte cambiato un non so che. Non era più come qualche istante prima. Guardò e riguardò la luna indicata da Tommy poco prima. Che bella che era! Sembrava sognata, d’argento, come solo i bambini, spesso, sono pronti per disegnarla. I suoi pensieri erano come un accavallarsi gli uni sugli altri e viaggiare veloci. Sotto quel cielo, magicamente stellato, pensò a quante altre notti avrebbe potuto ammirare e perdersi in un cielo così. Lei che non l’aveva quasi mai fatto! I pensieri ora correvano veloci e rapidamente diventarono sogni e poi realtà. Pensò alla magia della notte. Quanti notti; una simile all’altra; ma anche cosi tutte diverse tra loro. E poi pensò al tempo che passava. Questi infiniti e inesorabili attimi per portarsi via con se un po’ della nostra vita. E poi quel vento di mare che non riposa mai. Si sollevò un po’ più deciso e delicato; le sfiorò il viso ed i capelli. Che sensazioni provava Anna questa notte. Si sentiva leggera, lontana, proiettata in un’altra dimensione, ma più vicina a se stessa, al suo essere donna, amante e madre. Un nuovo senso di se che gli veniva da dentro, dal profondo, che la faceva sentire parte centrale di una notte dove tutto, intorno a lei, le sembrava leggibile, perfetto, come da amare. E così, se io fossi stato luna, quella notte avrei illuminato ancor più i suoi occhi. Se fossi stato vento avrei accarezzato il suo corpo, sfiorato il suo volto e giocato con i suoi capelli. L’avrei presa per mano e guidato i suoi sogni sull’argentea increspatura dell’acqua. Avrei respirato i suoi nuovi odori, avrei cercato di confondermi dentro le sue nuove e profonde emozioni. L’avrei accompagnata in questo suo nuovo senso di infinito che ora la prende e le fa capire quanto le nascoste regole delle stelle in cielo, l’aiutino a riflettere, a capire l’infinita differenza che esiste tra una sera ed un’altra, tra una notte magica come questa e tante altre che arriveranno. Quel mare adesso, ad Anna, non fa più paura. Lo sente diverso, più vero, più suo.

(… continua)