FOTOAnnibale Fasan, dopo aver frequentato il Liceo Artistico di Treviso, trova lavoro per due settimane in due fabbriche distinte localizzate nel comune di Casier (la dirigenza lo aiutò a dimettersi per inattitudine alle mansioni richieste), riuscì a trovare un’occupazione remunerativa come DJ in una delle prime balere della provincia trevigiana trasformata in discoteca.

Contemporaneamente al lavoro di animatore musicale, coltivò la passione per la chitarra e, sperimentò l’artigianato della pelle costruendo delle borse in cuoio.

Si presentò al pubblico come pittore, dopo alcuni anni d’inattività, con una prima personale alla galleria del Barbacan nel 1984 (TV), seguita successivamente da una personale a Ca’ dei Ricchi (TV). Le opere presentate in queste due esposizioni, dimostravano una capacità introspettiva e una ricerca di un linguaggio in cui s’intravvedevano i primi segnali di una espressione poetica del tutto originale.

Nelle successive mostre personali e collettive, Annibale Fasan sviluppò la ricerca dimostrando di non deludere le aspettative. L’artista arrivò così, con un solido bagaglio d’esperienza, ad una esposizione personale a Treviso alla Casa dei Carraresi nel 1990. Dipinti di piccole e grandi dimensioni occuparono le stanze con autorevolezza e le sculture, di grande impatto visivo e artistico, donarono al visitatore momenti di pura emozione, lasciando dietro a sè una riflessione non relegata a delle categorie standardizzate.

Un’altra prova dell’artista, interpretativa e tecnica, si può riscontrare nelle opere che interpretano la Divina Commedia – Inferno e Purgatorio – in cui Fasan, per niente intimorito di fronte alla maestria somma di Dante, propone delle opere pittoriche, scultoree, grafiche, rileggendo l’opera dantesca con originalità. Le fragilità umane descritte e, gli spazi sub terreni e paesaggistici in cui sono state inserite le debolezze e le colpe umane, vengono riviste con un’ottica visionaria contemporanea. Il mondo ultramondano, descritto dal poeta fiorentino, si rivestono di nuova luce, se appaiate allo sguardo dell’arte scientifica e dell’arte pittorica contemporanea. Una visione del mondo dantesco che riprende il canto poetico e lo elabora rivisitando l’ultra mondanità del poeta ripercorrendola, pari passo, mentre, la mente e il pennello fissano le immagini. Nonostante l’impegno e il tempo dedicato alle discipline pittoriche e scultoree, l’artista veneto contemporaneamente esplora anche altri mondi espressivi; per esempio quello della fotografia, disciplina opposta alle proprie consuetudini o, il fantastico mondo dell’Illustrazione. A briglia sciolte, lasciando scorrere la propria immaginazione, affronta il tema di Eros, con disegni a china, a olio, acquarello, matita, di notevole impatto emotivo e tecnico poi, non sazio, si dedica alla scrittura, una disciplina mantenuta esclusività del privato. Un diario, seminascosti alcuni versi di Poesia, sono poi emersi con una scrittura degna delle sue migliori opere, ritrovando una quotidianità antica quando l’artista occupava il tempo lavorando con diverse discipline a disposizione, con questo spirito curioso e affascinato dello scibile umano, Annibale Fasan con il passare degli anni si avvicinò più assiduamente alle lettere.

La Cultura – l’Etica – la Politica, non sono valori posti ai margini del pensiero dell’artista veneto. Dall’età di quindici anni impegnato nel volontariato sociale sfociato, nel 1999, nella fondazione dell’associazione – Per L’Umana Stagione, assieme a Claudio Possamai e Renzo Favaretto, volendo tenacemente sottolineare quanto la cultura della solidarietà concreta sia un’importante volano sociale per uno sviluppo delle qualità umane.

Maschera africana Nel 2006 Fasan intraprende un’esplorazione sulla cultura africana, focalizzando l’attenzione sui manufatti rappresentativi della cultura di quel continente e, rivolgendosi all’arte antica di quelle popolazioni, si allenò a copiare le immagini di reperti scultorei africani e delle popolazioni dell’Oceania, immagini raccolte nei cataloghi di musei dedicati all’umanità africana, cercando di “rubarne” l’anima. Un allenamento metodologico, svolto con accurata perizia di particolari, preparando il terreno per riuscire a cogliere la sostanza espressiva di quei popoli, obbedendo a quell’impulso creativo che abbandona il dominio degli elementi dello scibile razionale, permettendo all’intuizione di divenire il “motore di ricerca” per ritrovare la forza espressiva primaria, quell’elemento culturale primordiale di cui sono intrisi i manufatti di quella cultura, individuando in quelle forme delle caratteristiche formali affini e, una sensibilità artefice di una sintesi espressiva di notevole impatto emozionale. Le riproduzioni vivono di una propria vita, di una propria dimensione che le ristabilisce qualitativamente, raggiungendo una specifica autonomia. Il fascino di quelle sculture avvolte di mistero, si rivaluta sotto i nostri occhi a dimostrazione, forse, dell’annullamento del tempo (come si trattasse di una momentanea sospensione) quando l’arte a dettare le regole.

L’artista consapevole di questo privilegio, guarda con rispetto le opere provenienti dall’antichità (sebbene abbiano subito un’interpretazione fotografica e di stampa), avvalendosi della propria capacità visionaria per leggere, interpretare e, rielaborare a sua volta, stempera, e approfondisce con un assiduo lavoro che altri uomini hanno voluto trasmettere lasciando ai posteri un segno tangibile del proprio vivere. I frutti di questa fatica di “archeologia della percezione” si potranno vedere nel lungo termine quando, Annibale Fasan, tradurrà l’esperienza delle riproduzioni delle manifatture africane, dando un rinnovato impulso al proprio lavoro.
Nel 2010 avvenne invece la prima pubblicazione. Il romanzo, ispirato ad una donna esistita realmente in Afghanistan e lapidata per adulterio, venne presentato da Giulio Casale a Casier in una serata organizzata dall’associazione P.L.U.S.; con i – Cieli di Amina – l’artista consolida una sua vocazione: abbracciare le arti, imbevervi il proprio spirito poi, elaborare virtuosamente l’esperienza acquisita traducendola nel miglior modo a lui conosciuto. Accadde lo stesso con la Poesia. Nel 2013 alcune delle sue poesie vengono pubblicate in una collana. Il Parnaso risulta un affresco del linguaggio poetico. Riscontrando un’urgenza della parola a farsi veicolo comunicativo di diverse esperienze, la poesia si “assume” il compito di raccogliere sotto le sue ali il canto, a volte tragico, a volte ironico, dell’uomo poeta. Annibale Fasan coglie questa opportunità e si presenta al pubblico con uno spirito aperto perchè l’incontro possa avvenire.

La Divina Commedia 9/26 Aprile 2014. Nella Galleria del Liceo Artistico di Treviso si è inaugurata l’esposizione di una parte delle opere, grafiche, pittoriche, scultorre, dell’artista casierese che mancava da molti anni nel panorama culturale trevigiano. La mostra ha potuto avvalersi della presentazione di un autorevole italianista e latinista qual’è l’insigne scrittore e dantista, Prof. Carmelo Ciccia – www.literary.it/autori/dati/ciccia_carmelo/txt/18_bibliografia_cronologica.html – il quale, delle opere di Annibale Fasan, scrive: (…) Ne deriva un’ermeneutica dantesca nel contempo ironica e drammatica, o meglio in cui la drammaticità scaturisce dalla visione ironica percepita dall’osservatore attento.

Sito internet:http://fasan.calion.com/