Un regalo portato dal fiume

Clara era una bella bimba con un grazioso visetto ovale, gli occhi nocciola, labbra perfette e capelli bruni,
che qualche volta sua mamma raccoglieva in trecce fermate da nastri bianchi; una frangia ondulata le
adornava il viso. Ai suoi occhioni scuri non sfuggiva nulla. Quando saliva sull’asse della bicicletta della
mamma si guardava sempre intorno per cercare di vedere qualcosa di nuovo in quel piccolo tratto di strada
sempre uguale, che portava dalla sua casa a quella dei nonni materni.
Il suo continuo cos’è questo, cos’è quello, perché questo, perché quello, stancavano la povera donna che a
percorso ultimato era più sfinita nel rispondere alle curiosità della piccola, che della pedalata.
I percorsi cambiavano un po’ secondo le stagioni. Infatti, lei abitava in campagna anche se poco lontana
dalla città. Andavano da prati ricamati di brina e bianche distese di neve in inverno, a giornate assolate
ricche di colori e profumi di frutta e di fiori in primavera e in estate.
D’autunno si coloravano dal giallo vivace, al tenue arancio, all’intenso marrone. La sua casa era grande e
vecchia, il grande cortile era limitato da un lato da una siepe che delimitava i campi, da un lato invece da
una grossa muraglia che fungeva da argine al fiume dove scorreva l’Adige. Di tanto in tanto si ingrossava e
faceva paura, ma la maggior parte dei giorni scorreva lento. L’acqua increspava tra i sassi, nelle piccole
buche giocava a mulinello e s’infiltrava in sacche di sabbia dove alcune volte qualche pesce rimaneva
imprigionato.
Inutile dire che a Clara non sfuggiva niente e che andava molto volentieri a giocare lungo fiume. In quelle
chiazze di sabbia, faceva piccoli castelli, polpette, ma soprattutto torte che amava adornare con fiori
raccolti lungo l’argine. Il fiume l’accompagnava lungo tutti i suoi giorni, era un parco per i suoi giochi e un
mondo sempre nuovo da scoprire.
Venne il tempo della scuola materna spesso lei partiva da sola con indosso il grembiulino a quadretti
bianchi e rosa e il cestino della merenda. Si fermava a volte lungo il tragitto della strada costeggiato da siepi
di biancospino. D’inverno osservava quegli sterpi ricamati dalla brina e di tanto in tanto, ne assaggiava
qualcuno: erano decisamente molto freschi e anche un po’ buoni. Altre volte sentiva il crepitio dei fili
dell’alta tensione e le facevano un po’ paura specialmente quando c’era la nebbia e non si vedeva molto
bene in lontananza.
Clara amava i fiori, ma i suoi occhi non si erano ancora riempiti di un grande fiore giallo oro di cui aveva
raccolto qualche informazione sui libri di scuola. Un fiore bellissimo che girava assieme ai raggi del sole: il
girasole. Lei avrebbe desiderato molto vederlo, ma a quei tempi non si trovava nei prati vicini e nemmeno si
poteva comprare nelle fiorerie, quindi le era rimasta questa curiosità.
Gli anni trascorrevano veloci il fiume l’accompagnava sempre con il suo lento scorrere. Un giorno
passeggiando lungo la riva, Clara notò una piantina che non aveva mai visto prima, con foglie più grandi del
solito; si fermò e si chiese che pianta fosse. Tornò a casa e ci ripensò; cercò sui libri di scuola ma la pianta
ancora non aveva fiore e la curiosità rimase nei suoi pensieri.
Il giorno seguente tornò sui suoi passi. Notò che l’acqua dell’Adige incominciava a crescere, il fiume si stava
ingrossando. Il giorno seguente la piccola piantina poteva non esserci più, l’acqua l’avrebbe certamente
portata via; pensò così di sradicarla e piantarla nel suo giardino per poi una volta cresciuta capire che fosse.
Portata a casa chiese inutilmente se qualcuno conoscesse quel germoglio, ma nessuno sapeva darle una
risposta. Così fece quello che aveva precedentemente deciso: piantò il germoglio in giardino. Il suo giardino
era delimitato dalla muraglia dell’argine del fiume, la piccola piantina cresceva e cresceva, diventava
sempre più alta, sembrava voler sbirciare sopra l’argine per vedere che cosa ci fosse al di là, poiché verso
sera una dolce umidità s’alzava e le faceva allargare piacevolmente le foglie. Finalmente ecco, un piccolo
bocciolo che poi si fa più grande, e cresce più grande e più grande ancora, ed ecco i petali che si stendono e
finalmente il fiore: grande, giallo oro, con un cuore marrone. La sua curiosità e la sua costanza
nell’innaffiare era stata premiata. Il fiore che l’aveva tanto incuriosita, e che aveva desiderato, ora l’aveva
proprio lì davanti a lei, il fiore che amava il sole, quello che lo seguiva e che seguiva i suoi raggi dall’alba al
tramonto: il girasole.
Il fiume aveva depositato il suo seme sulla sabbia proprio lì per lei, le aveva fatto un bel regalo, il regalo che
più desiderava ma che certo non si sarebbe mai aspettata. L’aveva premiata per l’amore per la natura, per
la sua curiosità e per la compagnia che le faceva nello scorrere lungo quel tratto. Non rimaneva che
ringraziarlo. Quando il fiore si seccò raccolse tutti i suoi semi: un po’ li seminò in giardino l’anno successivo,
un po’ li tenne per darli a qualche uccellino in inverno, infine restituì qualche altro al fiume chiedendo di
regalarli a qualche altra bimba che come lei abitava vicino al fiume e come lei sognava di poter conoscere il
girasole.
Ora quella bambina è cresciuta ma non scorderà mai quel regalo portato dal fiume.