La speranza

“Sai Laura, la mia vita non è per niente facile! Sono stufa di indossare sempre gli stessi pantaloni, le stesse magliette, sono stufa di usare lo stesso telefono e poterlo cambiare solo due volte l’anno perché di più mio padre non me lo consente!”
“ Di che ti lamenti Gemma? Ti hanno appena comprato una macchina nuova, esattamente come la volevi tu!”
“ Lo so, ma non mi basta. Mi sento infelice.”
“ Non ti capisco.”
“ Vorrei poter tornare a casa all’ora che voglio, gestire la mia paghetta come mi pare e piace e invece ogni volta che faccio un acquisto devo rendere conto ai miei genitori, i quali ovviamente mi criticano solo e dicono che sono una spendacciona. Vorrei essere libera di fare tutto ciò che voglio, senza che nessuno me lo impedisca. Mi sento sfortunata e in gabbia. Mi viene da piangere, la mia vita è un inferno! ”
Una ragazzina dalla pelle olivastra, con gli occhi neri come il petrolio, era alla fermata dell’autobus, proprio dove Gemma si stava confidando con Laura e ascoltava il loro discorso senza dire nulla. Poi, si girò verso di loro e, con un accento chiaramente straniero, rivolse loro la parola.
“ Scusatemi, forse posso fare qualcosa per voi. Mi chiamo Aisha e sono in Italia da un anno e mezzo. Prima abitavo ad Aleppo, una città della Siria, con i miei genitori e i miei cinque fratelli. La nostra vita era serena e piacevole, studiavo con passione economia e aiutavo i miei genitori nella bottega di famiglia. Ricordo che quella domenica eravamo tutti a casa attorno al tavolo, quando alcuni guerriglieri d’un tratto sono entrati in casa nostra e hanno iniziato a sparare all’impazzata, uccidendo senza pietà tutta la mia famiglia. Io sono viva per miracolo, perché il corpo di mia madre mi è caduto addosso, mi ha difesa dai proiettili e loro non si sono accorti di me. Quando quegli uomini sono usciti, io ho aspettato terrorizzata che diventasse notte per scappare. Era buio pesto e mi sono fatta largo tra ciò che rimaneva di quella che chiamavo “casa”, ovvero mura spoglie e senza vita. Ho corso tanto, ho pianto e ho imprecato contro tutto e tutti per questa vita ingiusta che mi aveva portato via tutto. Sono salita su un barcone insieme ad altri disperati che cercavano altrove semplicemente la vita e siamo scappati. Le onde del mare erano alte e l’acqua fredda ci ha devastato il cuore: sapevamo che non avremmo mai più messo i piedi nella nostra terra. Quando siamo arrivati in Italia, siamo stati fortunati perché siamo stati accolti in un campo profughi e trattati con molta dignità, anche se il mio cuore continuava a piangere di dolore. Ho più o meno la vostra età, sono sola, senza denaro né speranze. Nonostante tutto, non mollo e so che prima o poi riavrò la mia vita. Riflettete su questo, magari vi aiuta a sentirvi meglio e ad apprezzare di più quello che avete.”
Detto questo, si girò e s’incamminò per la sua strada. Gemma e Laura rimasero a bocca aperta, pensando alle loro stupide fragilità e ai loro grandi problemi che in realtà erano solo banalità e vuotaggine.
Gemma prese il suo cellulare in mano e compose un numero: “Mamma, prepara un piatto in più: oggi a pranzo avremo un ospite speciale.”
Pose fine alla chiamata e raggiunse Aisha correndo. “Ti ringrazio per le tue parole, hai dato un senso alla mia vita. Ho capito che sono una persona fortunata e che ho tutto quello che posso desiderare. Anche io ora voglio aiutarti, restituendoti in parte quello che la vita ti ha tolto: la speranza, la speranza di ricominciare a vivere una vita tua e di avere persone che credono in te e che ti vogliono bene. Grazie amica mia, d’ora in poi non sarai più sola.”