A GIACOMO PUCCINI

 

Artiere zelante al pianoforte
sposi la musica alle parole
come un abbraccio alla consorte
mentre spunta un barlume di sole.

Cavaradossi condanni a morte,
come la giovane Mimì che duole
a Parigi tra le gelide porte,
come la madre dell’ignara prole

per un amore sorto a levante:
ma Turandot, la grande principessa,
dal suo sinico palazzo tuonante 

grazie a Calaf divenne se stessa,
con quella musica emozionante
amabilmente al mondo concessa.

 

 

Carugo, 2019


IL POETA

 

Tra la fitta oscurità della notte
tutto è vago e sconosciuto e indefinito
e le barche erranti come frotte
scorgon da lungi un barlume sopito.

Il faro rivela la via smarrita
e sussurra fraterno la rotta perduta
alla nave più affranta e intimorita
tra la gente che speranzosa lo scruta.

Cauto e paziente ammalia i disperati
promettendo loro un soffice giaciglio:
nella scia di luce dalla tenera armonia

contro la tempesta dal volto d’arpia,
financo il cieco vedette il proprio figlio,
una volta sulla terra di nuovo abbracciati.

 

 

Carugo, 2019


LE PAROLE

 

Che le mie parole cavalchino il vento
e raggiungano anche la boa più lontana.
E la tramontana soffi e rintocchi
tra le brezze saline dell’acqua più fine
che scalfisce e nitrisce
come destrier in fuga da archi e frecce,
che fugge dalla guerra che assopisce i cuori
della gente che ruggisce,
come leone in gabbia che la frusta patisce.
Che le mie parole siano come l’Amore
capace di fondere anche il più arido cuore
col sapore di chi adora donare il bene.

 

Seregno, 2018