Il guardiano del tempo

Eccomi qui. Ho preso servizio oggi. O, forse, era ieri? No, no mi sbaglio era domani.

Non so perché, ma penso che mi sfugga qualcosa, anche se non so cosa.

Le chiavi del tempo sono qui.

Ognuna di esse ha un colore diverso e sono tutte etichettate.

Ora controllo se ci sono tutte.

La più piccola, quella gialla, apre la porta del presente, eccola. Ovviamente è qui.

Passiamo a quelle del futuro:

“futuro prossimo”, verde speranza,arancio per il “futuro remoto”. Questa sarei proprio curioso di provarla, chissà cosa ci riserva.

E ora quella rossa, la chiave “impossibile”. Per questa vorrei chiedere il permesso di cambiare il nome. Vorrei chiamarla “miracoli”. I miracoli sono molto più frequenti di quanto sembri e questa è la chiave più consumata di tutte.

Poi c’è la chiave “varie” che serve per gli imprevisti, quella color viola.

Ed ecco quella nera, la chiave dell’aldilà, questa non la tocco nemmeno, non si sa mai.

Sto eseguendo tutte le istruzioni alla lettera eppure continuo ad avere la sgradevole sensazione che mi sfugga qualcosa.

Ricapitoliamo: il presente è qui, i futuri possibili e impossibili ci sono, l’aldilà per quanto sia spesso il più lontano anche, le varie, pure, allora cosa manca? Cosa mi sfugge?

Possibile che io sia così distratto?

Il presente è qui e ora ma se mi volto il futuro è già qui, ovvio.

Le chiavi ci sono tutte. Eppure.. mi sento come se mi sfuggisse qualcosa, ma cosa?

Ci sono, ne manca una, quella del passato. Ma certo, chissà come mai non ci avevo pensato prima. Ma dove sarà finita? Si nasconde sempre. Non la trovo.

Forse mi sfugge ancora qualcosa, ma qui non c’è più.

 

E.R.


Il principe e la strega

In un reame vicino, ma irraggiungibile, vive prigioniero di una strega cattiva un principe orso.

Il principe orso è tenuto in uno strano stato di sospensione emozionale, vittima di un sortilegio che lo costringe ad assolvere i suoi doveri con senso di responsabilità, impedendogli del tutto di godersi la vita.

Il principe orso non ne è consapevole perché vede i suoi cari, cresce sua figlia, va a lavorare, coltiva le sue passioni e persino, anche se raramente, esce con gli amici, ma sempre entro i confini del reame.

Il principe orso non sa che è la maledizione che lo ha colpito ad avergli tolto la voglia di uscire dalla tana trasformata in una prigione senza sbarre dove si trova ostaggio di se stesso e del suo pesante fardello.

Il principe orso crede che il fatto di aver perso la curiosità di vedere cosa ci sia al di là del suo reame dove tutto gli è noto, sia il suo destino. Inconsapevolmente rassegnato a convivere con le avversità che gli ha procurato la strega cattiva non sa di essere una creatura fatata. Ma la poesia che gli pervade l’anima è talmente forte che nonostante il maleficio sia potentissimo non riesce a vincerla.

Il principe orso è ancora capace di emozionarsi davanti al sorriso di sua figlia, di soffrire per sua madre, di ridere per una battuta di suo padre, e quando si perde in un tramonto o, nel profumo del mare, sente ancora il desiderio di evadere, di tornare a ridere, di superare le continue dure prove a cui viene continuamente sottoposto. Il principe orso non sa che la strega cattiva lo ha imprigionato proprio per questo. Lei lo sa bene che contro il miracolo della vita non c’è sortilegio che tenga e teme il momento in cui il principe orso vorrà nuovamente condividere il suo vasetto di miele. Allora la porta della sua tana si aprirà per sempre e lei avrà perso la partita. Finalmente, quel giorno, il principe orso lascerà la sofferenza dietro di sé e senza più voltarsi a guardarla, potrà tornare a vivere in un reame vicino e raggiungibile.

 

E.R.


Un cuore d’argento

C’era una volta un cuore.

Un cuore d’argento.

Non era d’oro ma si sentiva lo stesso felice di esistere.

Era un cuore grande, pieno di amore per il mondo, per la vita, per gli esseri umani.

Un cuore che non aveva bisogno di niente, neanche di essere lucidato perché l’amore che trasmetteva si rifletteva in lui e lo rendeva bellissimo.

Questo cuore non si era mai chiesto se qualcuno lo amasse, gli bastava avere il privilegio di amare e così bastava a se stesso.

Un giorno, un gioielliere, prese il cuore dal suo morbido contenitore da dove irradiava amore e delicatamente lo agganciò con un anellino sottile, ma molto forte ad una bellissima catenina d’argento, una catenina sottile, ma altrettanto forte che da quel giorno lo legò a sé.

Il cuore era soddisfatto più che mai, finalmente avrebbe trovato il suo posto nel mondo e non sarebbe stato più solo.

Il cuore si sentiva importante perché tutti i giorni il suo proprietario lo prendeva e lo mostrava a chi avrebbe potuto prenderlo e che regolarmente gli diceva quanto fosse bello e lui ci credeva, ma restava sempre lì.

La sera, quando tornava nel suo morbido astuccio si addormentava sul velluto sapendo di poter rendere felice qualcuno e così si illudeva di essere amato.

Un giorno, finalmente ci fu chi rimase colpito da tutto quell’amore e prese quel cuore per sé.

Il cuore scoppiava di gioia, ora avrebbe potuto cantare e ballare sul cuore di qualcuno che sarebbe stato altrettanto felice di cantare e ballare con lui.

Il cuore era orgoglioso di essere diventato importante per qualcuno e di poter condividere con la catenina, quella così bella esperienza e felice corse incontro al suo destino.

Il cuore, tuttavia, si emozionò così tanto che svenne e cadde per terra, o chissà, forse invece fu la catenina che volle liberarsi di lui.

Mentre stava cadendo si chiedeva cosa fosse successo, ma, per quanto si sforzasse, non capiva, non trovava un perché. Era quasi all’apice della sua felicità, stava per diventare l’oggetto del desiderio di qualcuno e, invece, d’improvviso, senza una ragione, si era ritrovato in un posto a lui completamente alieno e di nuovo solo.

Così il cuore imparò che ci vuole un attimo a passare dall’illusione alla delusione.

Ma, per farsi forza, si diceva che qualcuno sarebbe andato a prenderlo e lui avrebbe potuto tornare ad essere in grado di donare nuovamente gioia

Non perdeva la speranza e, anche se il suo coraggio diminuiva sempre di più, non poteva e non voleva arrendersi.

Il cuore solo, abbandonato al buio in quel posto dove sentiva freddo e un gran vuoto lo pervadeva, perse il senso del tempo. Provò allora una grande sofferenza ed ebbe paura di non poter mai più dare felicità a nessuno.

Non sapeva più nemmeno quale fosse il suo scopo.

Ma, il cuore, nonostante tutto, continuava a fantasticare. I suoi sogni non lo lasciavano andare. E lui sognava. Sognava di rendere felice un uomo che lo avrebbe donato alla sua amata o, una donna che lo avrebbe sfoggiato orgogliosa, oppure una ragazza che dolcemente lo avrebbe accarezzato. Improvvisamente però, il cuore sentì un dolore immenso, lancinante che lo lasciò senza fiato e lo schiacciò irrimediabilmente.

Il cuore era finito sotto la ruota di quella macchina che, nel frattempo, magari senza saperlo, lo aveva in qualche modo protetto sotto di sé, prima di andar via per sempre, stritolandolo. Forse inconsapevolmente, forse, no.

Il cuore disperato, ormai agonizzante, si sentiva quasi privo di risorse e stava per arrendersi al suo tragico destino che gli sembrava ineluttabile.

Ormai quasi allo stremo delle forze, ebbe un’illuminazione e capì che solo lui avrebbe potuto cambiare il suo destino e, nonostante il timore di non farcela lo paralizzasse e gli togliesse la volontà di farlo, l’amore che ancora lo pervadeva gli dette la forza di fare il primo passo.

Ritrovata la voglia di vivere, il cuore si costrinse a raggiungere il centro della strada.

Quando finalmente, trascinandosi penosamente, arrivò ad essere sufficientemente visibile chiamò a raccolta tutto l’amore che ancora celava dentro di sé e ricominciò a brillare, chiedendo aiuto al sole che pietoso gli donò un suo raggio.

Il cuore luccicava tanto che non era possibile non vederlo.

Passavo di lì del tutto per caso e fui io a vederlo per prima,

Lo raccolsi e non potei credere ai miei occhi, era proprio il mio cuore, quello che avevo perso e incredibilmente ritrovato. Lo guardavo,  me lo rigiravo fra le mani incredula, ma felice.

Era schiacciato, deformato e non luccicava più, ma era sempre lui, il mio cuore.

 

E.R.