IL PIOPPO

Oscillan fronde sul mio capo.
E’ il pioppo che ulula al cielo,
il guaito del mio sguardo,
lo accompagna.

da “Radice di ginestra”


SCHERZO DEL VENTO

Solleticano il campo
rosso di papaveri
le mani del vento.
Ridono
le spighe acerbe
e in fuga
come bimbi
si sbattono fra loro,
scappano
dal dispettoso gioco
e si rincorrono.

Sorride, partecipe
il mio sguardo.


Ci sono incroci di vite che non avvengono per caso. Incroci segnati dal dolore, ma proprio perché divengono incontri dell’anima, instaurano una gioia insolita, nel profondo. E’ una luce, oltre la morte, una voce di speranza oltre il silenzio.
L’esserci stati col corpo, anche nella sofferenza, con la pienezza della vita, col sorriso pronto e il cuore palpitante per gli altri, è un rimanere. L’indelebile impronta di un amore operante che viaggia aldilà della morte e che sosta nei cuori per scuoterli, per infondere coraggio e fiducia, oltre i dubbi, le paure e le incertezze.
E’ lo stupore di un dolore che si trasforma in amore.
In quello slancio si diviene una cosa sola con il tutto, con la terra e con il cielo, con il tempo e con l’eternità.
Non c’è morte. La vita, allora, è un volo infinito a portare amore.
Un volo che è risurrezione, rinascita. Vissuta nella forza dell’amore, la vita non finisce, ma porta ancora, e ancora, i frutti e la speranza. Si combatte in nome dell’amore: è così, che Eleonora, quasi tredicenne, abbracciando la sua sofferenza, consapevole di ciò che le stava accadendo, è stata capace di dire: “Voglio essere l’angioletto dei bimbi che stanno male!”.
Vibrano ancora la sua forza, il suo coraggio, la sua speranza.

….. Quando arrivammo all’ospedale, io mi sentivo stordita, il laboratorio di analisi di Urbino aveva già avvisato il reparto per il nostro arrivo. Eleonora era attesa… loro sapevano bene per cosa, noi, storditi, ci ponevamo mille domande. Era già stato stabilito il ricovero immediato, ma non c’erano letti e dunque ci fecero aspettare. Al piano terra, ci disse l’infermiera che stavano preparando il letto per Eleonora, le avevano fatto posto in una camera con una signora di mezza età, anche lei malata di leucemia, ma questo ancora non lo sapevamo. Nerina, così si chiamava, era una signora molto dolce di quarantotto anni, ci accolse nella camera con un sorriso. I suoi occhi parlavano di cure forti, di sopportazione, di vita messa alla prova, ma parlavano anche di pazienza, di dolcezza e di comprensione. Il dolore spesso cambia i connotati al volto, le cure provano il fisico e lo deturpano, eppure la luce dello spirito traspare dagli occhi ed essi parlano di vita, anche quando veniamo messi a dura prova. E’ l’abbandono dell’anima al volere di Dio. Nerina non aveva capelli, li aveva persi con le cure.
Eleonora, subito, appena la vide, mi guardò <<Mamma, hai visto?… Quella signora avrà un tumore? >> mi interrogò sottovoce, << Non lo so Lele, forse … >> le bisbigliai. Cosa poteva pensare una ragazzina di dodici anni? Di certo non pensava che avesse la sua stessa malattia. Io, si, lo temevo. Guardavo Nerina e mi chiedevo, quando avremmo passato lo stesso tormento. Poi, fra me e me, mi illudevo che forse non l’avremmo passato mai, ed un secondo dopo, immaginavo Eleonora senza capelli e mi chiedevo quale sarebbe stata la sua reazione e poi mi ripetevo nella mente, in silenzio, che Eleonora è una bambina, è forte, che lei può reagire bene… e poi cercavo una risposta per questa situazione assurda e mi chiedevo perché, perché proprio a lei?

dal Libro “Le Farfalle di Lele”
Pubblicato da Walter Stafoggia Editore Ottobre2012
Ristampa Maggio 2013