QUANDO IL CIELO CADE

Rimbombano nel cielo
del cielo le bombe:
schianti e fragori,
angeliche
o diaboliche trombe…
Piove e s’annega
la terra,
piove e si riempie di suono
come ci fosse
una mistica guerra.
Tuona e romba
Tuona e dissotterra
Luce fulminea sfavilla
Riluce e scintilla:
si apre e si richiude
si rintana e si disserra
quasi un sol battito di ciglia.
Bomba e rimbomba
la volta si squarcia
nel suo urlo m’abbraccia
mi stringe e mi chiude
-del mio io non v’è più traccia!-
…altri mondi dischiude
…altri mondi minaccia.
Rimbomba e risuona
Riecheggia…
Riecheggio e mi chiudo
nessun’ egida mi ragiona
né per arma coriacea
né per coriaceo scudo.
Tremo e rintrona:
mi piega al suo suono
mi plasma duttile
al celeste frastuono
-tremo!-
e del rombo tremante risuono,
seguo le scie
di spiriti discreti
m’afferro a velati segreti
vaneggio
in sogni irrequieti.
Tuona e rimbomba
si squarcia e romba:
ascolto – non sento!-
altro simile fragore impetuoso
rumore lento,
lenta agonia:
tra i deliri delirio lussuoso
di tutti i miei sensi prodigiosa alchimia.
Bomba ché bomba
e si rimbalza
tuono su tuono che avanza:
Credo e non credo
al cielo m’affido
al cielo chiedo silenzio e pace
tremo e ritremo… mi alzo e ricado
finché con un click
un tonfo paffuto e ai sensi rado
tutto s’arresta e poi tutto tace!


SE TU POTESSI GUARDARTI CON I MIEI OCCHI

Cosa mi brucia di più davvero
non so capire e non riesco a dirmi
incredula
non so cos’altro potrebbe più ferirmi
di questa memoria alterna
e tremula…
non son capace di spiegarmi
senza soffermarmi
smarrita
tra ragnatele di pensieri
vedendoci come eravamo ieri…
Non so se fa più male la fede mia
Tradita
illusoria e infelice
che pareva a due capita
quindi condivisa
(ma tu l’hai uccisa)
o la tua stessa esistenza:
presenza
che annerisce più del fumo
che più pel piombo pesa,
sorpresa
a girovagar nel luogo e nel profumo
di una vita intera ferita
nel tuo oblio scaraventata
quindi massacrata…
Mostruosa trama ordita
alle mie spalle
e alle mie spalle
con furbizia architettata?
Molto più semplicemente
congenita pazzia covata
e poi sfuggita di mano
e dalla tua mente
per difetto umano
e così tanto amaramente…


COSE CHE MI RACCONTA IL MARE

S’alza il vento
riportandomi l’onda
che va e poi ritorna
nel mare
che s’agita e canta
e senza sosta ridona alla sponda
storie segrete e lontane
di un’antica terra
perduta e stanca…
Quel che credevo ieri
adesso si distende
e sulla pelle scende
come curiosi rivoli sinceri
di acqua e di sole
di allegria e di pianto
che si frantuma senza parole
sul mio sogno infranto:
il tutto si mescola e poi si perde
e più lo cerco e più si nasconde
e mi confonde
in mulinelli di bolle e di pensieri
lasciando nudi i miei desideri…
In questo capriccioso etere
è inevitabile cedere
al frastuono assordante
che non concede altro tempo al tempo
ormai molto, troppo distante:
in quelle nuvole alte ritrovo
di me
un altro frammento nuovo,
solo un pezzetto, un risicato lembo:
il riflesso di una bambina che torna
a dondolarsi
come fosse nel materno grembo,
nel suo remoto e beato limbo…
E mi ricordo, a momenti,
di certi eterni e fulminei
irripetibili istanti:
mi ricordo di una casa vicino allo scoglio
in cui riposavo innocente germoglio
nei pomeriggi assolati
mollemente affondati
nel fresco di un’alta stanza
nell’abbraccio
della familiare alleanza
tra mia madre e mia nonna
che mi parlano lente e lentamente
recitando la mia ninna nanna…
Mi ritorna l’odore della salsedine
sul tessuto di cotone a fiori
-vezzo d’innocente beatitudine-
costumino messo ad asciugare
nel cortile dietro la casa,
in quelle stanze affacciate sul mare…