LE ROSE DELL’AMORE BUGIARDO

Eravamo due asteroidi sulla stessa rotta di collisione.
Eravamo pronti a sbriciolarci.
A vedere le nostre schegge volare ovunque.
A urlarci addosso tutte le cose che l’altro aveva sbagliato.
Trascinavamo la nostra relazione noncuranti dei pezzi che cadevano via e rimanevano abbandonati sulla strada.
Ogni giorno perdevamo qualcosa di noi.
Tutti ascoltavano le nostre urla, attraverso le finestre, di notte.
Nessuno vedeva i miei occhi tramortiti dalla paura.

Volevo scappare da questo amore, volevo spegnerlo con un soffio, di nascosto, come i bambini spengono le candeline sulle torte di compleanno dei loro amici, facendo finta di nulla ed esprimendo il desiderio al loro posto.
Ero in trappola da cinque anni che a guardarli ora sembravano secoli.

Ricordo il nostro primo incontro. Il cinema deserto, le poltrone rosse, le macchie marroni di cola sui braccioli, il film scadente per cui Lui aveva pagato ma che nessuno di noi due aveva guardato, le sue labbra frettolose che da subito avevano cercato le mie, i miei denti irregolari e macchiati simili a grattacieli anneriti dalle bombe della guerra che combattevo ogni giorno contro il vizio del fumo, le sue mani avide della mia pelle.

Il resto della nostra relazione era un’accozzaglia indefinita.
Era uno stagno torbido in cui mi ero tuffata senza conoscerne la profondità o ciò che stava sul fondo. Ero giovane, ero ingenua, ero semplicemente io.
Io che a sedici anni ero scappata di casa, che avevo dormito ovunque con chiunque, che avevo assaggiato gli schiaffi di mio padre e ne avevo vomitato rabbia e veleno.

Sono convinta che le promesse siano bugie ben raccontate, sono tutti i segni che Lui mi ha lasciato addoss0, simbolo della crudeltà efferata che un essere umano è capace di mostrare quando spegne le emozioni e lascia fuoriuscire l’animale che si rintana dentro di lui.

– Se mai litigheremo – diceva – Ti porterò una rosa rossa per ogni parola sbagliata che ho detto e una rosa bianca per quelle giuste che invece avrei dovuto dirti e non l’ho fatto.
Inizialmente ero colpita da questa cosa. “Un gesto davvero dolce” pensavo.
Non sapevo che in realtà non avrebbe mai mantenuto la promessa.
Falso come mio padre quando mi veniva a dare il bacio della buona notte e mi sussurrava “Non lo faccio più”.
Ho ricevuto schiaffi indegni da un marito insulso e da un padre inutile.
Ho pianto in silenzio, accecata dall’amore, soggiogata da quei pochi ed eccezionali attimi di serenità.
Portamele ora, le mie rose! Portamele qui, sulla terra umida in cui mi hai nascosta. Portale con le stesse mani che mi hanno massacrata, soffocata. Portamele con quel viso vuoto e inespressivo che mi guardava annaspare, boccheggiare e spegnermi lentamente.
E se non vuoi portarmele, rendimi a mia madre prima che i bruchi diventino farfalle e il tempo cancelli il mio corpo, la terra lo assorba e il nulla lo accolga.