Marcelo, il nostro pettirosso

«Non ce la faccio più, davvero.

Mi sento stranamente leggero, eppure le forze cominciano a mancarmi e volare mi costa molta fatica.

Tra l’altro, questa notte la luna è bianca e ci sono occhi dappertutto.

Trovarsi di fronte ad un gufo affamato non è esattamente quello che mi ci vorrebbe ora; quasi quasi mi fermo qui un po’. Sembra un posto tranquillo e domattina troverò di sicuro qualcosa da mangiare.

Si tratterà di scovare qualche bruco tardivo oppure qualche fico da succhiare. Ma fra non molto raggiungerò la mia meta e ritroverò (spero) quelle enormi, succose, dolcissime camole del miele che quei ragazzi serbavano per me. Ricordo di aver trascorso un inverno gradevole.

Il giardino, facilmente difendibile da quegli odiosi “collinari”, assicurava dolci bacche di Agazzino, anche se per la verità i due Merli se le sono divorate in poche settimane. Poi c’erano giuggiole mature in abbondanza, sufficienti anche per i voracissimi e rumorosissimi passeri italiani e, nella mangiatoia sotto l’abete, biscotti a volontà quasi tutti i giorni. Da farci il “bagno” dentro!

…Ma quelle camole!!!

Ricordo che la prima me la mostrò il ragazzo. La tenne a lungo fra le dita e ci guardammo negli occhi. Vatti a fidare! Ma io rimasi lì, sul primo ramo dell’abete, pronto a sparire fra le fronde. Che albero, l’abete: rimane sempre un luogo molto sicuro, anche in inverno.

Beh, lui continuava ad avvicinarsi, poco a poco, un passo alla volta. Che paura avevo, ma che fame! Ero arrivato da poco, oltre metà ottobre, dopo un lungo viaggio in compagnia di vento e stelle, attraversando il freddo mare delle pulcinelle, poi le distese di tulipani, i fiumi boscosi e i monti aguzzi prima della grande piana.

Quel piccolo giardino, un po’ disordinato, ma invitante, con quei mucchi di rametti potati lasciati a favorire il sonno degli scriccioli, faceva pensare ad un luogo sicuro.

Alla fine comunque il ragazzo si arrese e quando mi vide attillare tutte le penne, pronto a scattare via, lasciò la camola a terra e fece due passi indietro. Nelle mani stringeva ancora la scatola rossa da cui l’aveva prelevata e volai a prendere il bruco. Mmmm, che bontà! Il ragazzo mi fece vedere i denti. Ma credo non avesse intenzioni malvagie perché la seconda camola la tenne sul palmo della mano e mi bastò appoggiare un attimo i piedi, e ritornare al mio ramo, per gustarla come meritava!

Da quel momento, ogni giorno, si ripeteva il succulento rituale, e anche la ragazza, seppur tremante partecipava mostrando i denti. Credo che l’umano che mostra i denti non sia pericoloso.

Ahi! Questo rumore di passi… un gatto!

Spero non mi veda… forse non avrei dovuto fermarmi. Non mi sembra poi così tranquillo qui… ma sono davvero esausto. Non credo manchi molto, ma se non mi rifocillo un po’, mi si paralizzeranno le ali!

Comunque l’alba sta per arrivare, ho già sentito il chiocciare del Merlo; avrà scorto il gatto anche lui.

Ehi, e quello chi è? Non penserà di mangiare qui pure lui oggi? Allontanati subito, se non vuoi che ti insegni a rispettare quelli più grandi di te! Adesso provo a cantare… magari capisce l’antifona e si toglie dai piedi.

Macché, non se ne va. Eppure, anche ostentando quel petto arancio slavato, è poco più che un pullus. VATTENE! O sarà peggio per te! Oh, finalmente… l’ha capita.

Interessante quella ghiandaia. Avrà sicuramente sepolto qualcosa e mosso il terreno. Meglio cominciare a nutrirsi.

Mah… ha tirato in superficie solo un minuscolo lombrico, non mi piace nemmeno un granché.

Certo qui è più difficile, non conosco nulla di questo posto, l’anno scorso non avevo avuto bisogno di fermarmi, forse… sto invecchiando!

Questa estate però non è andata male. Sono arrivato presto, non era ancora finito marzo e il parco era ancora poco frequentato dagli uomini. Sono riuscito subito ad accaparrarmi la zona lungo il fiume, dove l’edera è abbondante e le nicchie per nidificare non mancano. Ho cantato a squarciagola, soprattutto nelle giornate di sole, ma la mia compagna non arrivava mai. Ero veramente in forma! E’ stato facilissimo difendere il territorio da tutti quei furbetti… beata gioventù! Certo che il beccafico mi ha reso la vita un po’ difficile. Viene da chissà dove, canta fortissimo e spesso copre la mia voce. Ma a metà aprile è arrivata. Bellissima. Si muoveva con grazia e aveva una voce dolce come… le camole dei ragazzi!

Le ho mostrato tre nicchie dove avevo già preparato un po’ di foglie e di fili d’erba e le sono piaciuto subito. D’altronde l’esperienza mi ha insegnato ad organizzarmi per tempo!

Abbiamo allevato cinque splendidi pulcini, anche se uno di loro l’ho perso di vista forse un po’ troppo presto.

…..

Mi sento meglio, penso che appena scenderà la sera mi rimetterò subito in viaggio, avverto alle spalle una brezza fredda che non mi piace neanche un po’. Le stelle sono chiare e la direzione sicura. Vado».

 

Il Pettirosso ripartì, deciso a raggiungere quel misterioso punto di contatto con il Pianeta Vivente, il cuore pulsante che detta i ritmi della vita e della morte, e ci guida, Esseri Vitali di questo mondo, nel Viaggio che abbiamo deciso di fare.

 

Intanto, nella penombra di una piccola stanza rischiarata dalla calda luce di un camino, una ragazza chiese a un ragazzo: «Chissà se Marcelo tornerà anche quest’anno…».

Lui distolse lo sguardo dalle braci rosse, si voltò sorridendo e le rispose: «Ho già comprato le camole, sento che sta arrivando…».

 

Racconto pubblicato nel libro “Le aquile non hanno orologi”, a cura di A. Gariboldi e L. Ruggieri. Alberto Perdisa Editore.

 

Nota a margine:

Marcelo è vissuto davvero.

Un giorno decisi di trasportarlo sulla carta, sperando di renderlo eterno.

Eppure talvolta ho paura che si estingua.

Ma poi ho visto baldi insegnanti, poco professori,

che desiderano avere imparanti, ancorché poco studenti.

Già dopo pochi minuti, capii che Marcelo avrebbe trovato la forza per volare ancora.

L’esperienza vissuta insieme a loro è stata per me una spinta,

una ventata di ottimismo,

la consapevolezza che idee e ideali possono convivere.

Grazie di cuore Bruno, Paola, Paolo, Renzo, Patrizia, Stefania, Flavia, Paola, Alba, Anna, Thomas e a tutti gli altri umani presenti al Monte Baldo in quei giorni.