Romance del castello di Drena

I

Si attendono i signori dalla guerra.
Aria di festa aleggia sulla serra.
Rivi di arcieri solcano la valle.
Annusano i destrieri scalpitanti:
colgono già gli effluvi delle stalle.
Sopra le groppe i cavalieri stanchi
caracollano in vivide teorie
di insegne, lance e scudi scintillanti.
Occhi ridenti sotto le celate,
sull’elmo – ormai c’è pace – sollevate,   10
scrutano ansiosi i dolci colli in fiore
seguitando sentieri cari al cuore.
La fretta lieta colma d’ansia buona
gli increduli, tuttora avviluppati
nel fiero istinto che li ha pur guidati
fino ai recenti dì, quando la pugna
cercavano bramosi in un delirio
di onnipotenza, di follia, di audacia.
 

II

In cima, intanto, sulla torre scura
si staglia ritta un’esile figura:               20
la castellana stringe a sé la veste
fluttuante nell’aria del mattino.
Scruta la valle fra le ciglia meste,
scorrendo tutt’intorno l’orizzonte.
Vaglia ogni scudo, studia ogni cimiero,
penetra con lo sguardo ogni armatura,
ché possa a un cenno o a un gesto indovinare
dell’amato consorte l’andatura.
Coglie d’un tratto una sagoma scura.
Un tuffo al cuore: è presa da paura        30
che quel guerrier dall’aria familiare,
avanzi scomparendo nella mischia.
Corre giù dalla torre a perdifiato,
raggiunge il cavalier, d’impeto afferra
le briglie abbandonate sulla sella.
Ma non è quello il volto tanto amato!
– Deh, sire, che ritorni dalla guerra –
rotta d’affanno, con la voce fioca,
– degnati di sostar, ti prego – invoca.

 

 

 

III

Arresta il passo il fiero cavaliere,       40
scruta curioso in volto la donzella
che l’ansia spinge a farsi tanto ardita:
la sua bellezza splende come stella.
Il guerriero la fissa intensamente,
un lampo han gli occhi sulla barba scura.
Il suo volto di bronzo è patinato
dall’infuocato sole del deserto.
Magnetici dardeggiano i suoi occhi
sopra la barba folta e senza cura.
Accarezza la donna con lo sguardo,     50
che rivela uno spirito beffardo.
– Madamigella cara, che cercate?
Nel corteo son fra quelli che alla guerra
andarono in aiuto dei cristiani,e liberammo alfin la Santa Terra.
Torniam ora –ché nostra è la vittoria-
alla patrїa amata che ci aspetta.
Il ciel ci ha riservato la salvezza,
ma quanti eroi lasciammo per disdetta
preda di belve umane e d’avvoltoi! –
– Signore, appunto questo chiedo a voi:
era laggiù un guerrier di pelle chiara,
dal portamento fiero e assai cortese?
La spada ornata aveva di uno stemma
che il titolo mostrava di marchese. –
Intanto si protende verso l’arma
che il cavaliere cela tra le pieghe
del manto che dal vento lo protegge,
sempre attaccata a un filo di speranza.

 

IV

Ma quello il brando a sé tiene più stretto.      70
– Dolce signora, poco avete detto.
Per distinguere un uomo fra la folla,
c’è ben altro da dir sopra il suo aspetto.-
– Di broccato vestiva un gran mantello,
signor, di seta rossa foderato.
Inoltre, posso dir che sulla lancia
figurava uno stemma portoghese.
In un torneo, alla festa di Avignone,
presa l’aveva a un nobile francese,
quel dì battuto in singolar tenzone.-             80
– Forse vostro marito è quel marchese
con la fama di grande giocatore,
allegro sempre, insomma… un po’ guascone,
che diceano bensì grande amatore?
Ha infranto tanti cuori di donzelle
praticando la corte a queste e a quelle.
Purtoppo, mia signora dal bel viso,
devo svelarvi che ve l’hanno ucciso.
E’ successo lontano, nella Spagna:
per una lite sorta, da vigliacchi               90
fu pugnalato sol per la ragione
della fortuna ad un torneo di scacchi.
Lo colpiron da dietro e niente fece
per vendicarlo il conte genovese
che l’ospitava nel suo bel palazzo.
Lo piange invece sempre la contessa
che in suffragio ogni dì gli fa dir messa.
La notizia volò di bocca in bocca,
con l’ali ai pié come suol esser quando,
si parli di puttane oppur di sante,                100
le storie sono condite di piccante.
Insomma giunse fino al Medio Oriente
dove noi tutti ancor guerreggiavamo,
intenti ad altre imprese, bellicose,
non certo alle schermaglie amorose.-

 

V

China la fronte, con lo sguardo a terra,
la castellana strugge e s’arrovella,
ripensando ai bei dì che il suo signore
gli giurava un eterno grande amore.
– Bella dama, a che pro crucciarsi ora?            110
Quello che è stato non potrà tornare,
e se vorrete, un giorno potrei io
quell’acerbo dolore consolare.-
– Mai cavaliere, giuro, vivaddio,
potrei sposar un altro al posto suo!
Da questo mondo, così traditore,
cercherò scampo entrando in un convento.
Lì fra gli austeri chiostri, in compagnia
delle pie suore troverò la pace
che questa vita m’ha negato prìa.-
– Signora bella, non dev’esser questa
la fine di una sposa così onesta.
Io so per certo che entro questa sera
la sorte vi offrirà più che la pace:
vedrete rifiorire la speranza
in questa vostra vita che vi avanza.
Mai nessuna contessa vi ha conteso,
(perdonate lo scherzo un po’ gaglioffo).
Levate gli occhi a me, gentile dama:
sotto la barba e la patina scura                   130
scrutate meglio questa mia figura.
Quel che vedete dicono che è un prode,
un cavaliere fiero e ardimentoso,
e torna da contrade ben remote:
non lo riconoscete il vostro sposo?              135

 

Isabella  maggio 2010