A di Amore……..E di Erasmo

C’era una volta

in un paese lontano, lontano,nel tempo e nello spazio, un bosco meraviglioso e magico a cui Madrenatura aveva regalato (alberi secolari straordinariamente grandi, con mille e mille rami ricoperti di tenere foglioline verde chiaro e di grandi foglie verde bottiglia, un piccolo laghetto blu pavone e,infine,) oltre un migliaio di orci ricolmi di qualsiasi cosa di cui solo tre erano grossi e panciuti: il primo conteneva l’amore, la bontà e la pace, il secondo la lealtà e la fratellanza e il terzo era pieno zeppo di fantasia e magia.

Nessun umano adulto aveva mai messo piede a Binottolandia: infatti nel bosco magico vivevano soltanto animali di tutte le specie, conosciute e no: (un esempio? La famiglia Volponi e quella Capra, la famiglia Topini e quella Drago.)Il sole e la luna facevano spesso lunghe passeggiate insieme, parlando del più e del meno e, quando incontravano qualche nuvoletta o qualche stella con un’aria un po’ annoiata, si facevano volentieri anche una partitina a burraco o a ramino. A Binottolandia nessuno aveva bisogno di mangiare, di bere, di dormire o di lavorare:il tempo sembrava non esistere: era come vedere un quadro dipinto con strabilianti colori in cui ogni cosa trasmetteva vita ed emozioni,un dipinto in cui  tutto aveva un’anima anche se l’immagine era sempre la stessa e niente cambiava mai aspetto.

L’unico scopo per cui Madrenatura aveva creato Binottolandia era quello di aiutare Bettina, la cicogna, a mettere al mondo un bambino ogni qual volta Celeste, la nuvola messaggera, portava l’avviso dalla terra di una nuova richiesta di nascita. Già, la veneranda cicogna Bettina, da sempre amata regina di quei luoghi incantati, l’unica che conosceva gli uomini e che, con la sua magia, poteva far diventare realtà i loro desideri. (Infatti, quando Celeste la informava che sulla terra due bravi genitori volevano un bambino, lei volava subito sul tetto della loro casa e, per ore e ore, li ascoltava mentre parlavano delle loro speranze e dei loro sogni e, poi, decideva, cosa fosse meglio fare.Qualche volta persino Bettina e i suoi aiutanti, presi dall’euforia del momento, commettevano qualche errore, ovviamente microscopico, e, di conseguenza, nascevano anche tre o quattro gemelli ma gli umani sembravano non considerare il fatto una colpa; anzi, spesso, sembravano gradire molto queste inesattezze.)

Un bel giorno Celeste arrivò a Binottolandia, tutta trafelata, con una richiesta (e, chiamando a gran voce Bettina, la informò che alla Rocchetta, sulla terra, due bravi figlioli, due dolci bambine, un cane e un gatto desideravano tanto un piccolo cucciolo d’uomo:) Bettina inforcò gli occhiali, prese la sua carta geografica ormai logora e, senza pensarci due volte, iniziò il suo volo verso la terra

Dopo alcuni giorni, finalmente, Bettina arrivò alla Rocchetta e, stanca, quasi sfinita per il lungo viaggio, si posò adagio, adagio.sul camino di quella casa che, fin dal primo momento, le trasmise tanto amore e tanta gioia.( Si sentivano chiaramente i passi affettuosi e docili di Kenia, l’alano a pelo raso e lucente, bianco e nero e quelli felpati, lievi e silenziosi di Mario, il gatto sornione di casa; si sentivano gli schiamazzi festosi di Violante e Matilde, le due sorelline e le voci rassicuranti dei loro genitori mentre raccontavano a quelle due piccole pesti la favola della buonanotte).

Bettina aspettò che nella campagna, tra quelle case addormentate, regnasse il silenzio assoluto e, poi, volò giù dal tetto e si accostò furtivamente alla finestra della camera matrimoniale, appoggiando l’orecchio sulla grata, per percepire ogni minimo bisbiglio. Nel fruscio delle lenzuola, due mani strette l’una all’altra e una voce femminile che diceva:” Amore, che ne diresti di un altro figlio, magari un maschietto, che potremmo chiamare Erasmo o Laerte?” e, poi, dopo qualche attimo di profondo ma eloquente silenzio, lo schiocco di un bacio e lui che rispondeva:” Si, proviamoci, sarà meraviglioso avere un’altra vita da amare.” Bettina aveva origliato abbastanza e (anche se a sentir proferire quei nomi, in meno di un amen, le erano venute a mancare le poche forze che le erano rimaste dopo aver volato così a lungo, senza mai riposare, si fece coraggio, convinta che in quella casa un cucciolo d’uomo sarebbe stato, sicuramente, trattato come un principe, e), subito dopo, in compagnia di Soffio, un leggero venticello e di Celeste, la nuvola messaggera, leali e fidati amici di sempre, cominciò il suo viaggio di ritorno verso Binottolandia.

“(Ci sarà un altro bambino sulla terra, Bettina ha deciso” cantava come un usignolo melodioso Celeste dopo essere arrivata a Binottolandia:) nel bosco la felicità era tangibile, si toccava con mano e tutti gli animali cominciarono subito a correre, chi a destra chi a sinistra, per procurarsi il necessario affinché il piccolo cucciolo d’uomo potesse nascere sano e robusto e Bettina prese il suo vecchio libro di magia e diede inizio al suo capolavoro. (I capelli dovevano essere scuri e gli occhi chiari come quelli di babbo Filippo, il sorriso e l’ovale del viso perfetti come quelli di mamma Cecilia, poi due adorabili manine per accarezzare o, nella peggiore delle ipotesi, malmenare garbatamente le sorelline, due bei piedini e un culetto grassottelli e rosei, da morsi.) Ora erano necessari un q.b. di umiltà, lealtà, giustizia e speranza, un bel po’ di coraggio, intelligenza, altruismo e dignità, tanto amore e, infine, non poteva mancare una buona dose di faccia tosta, anche se minima. Bettina guardava e riguardava il suo capolavoro: (forse era un po’ troppo alto o un po’ grassottello, forse i suoi capelli e i suoi occhi non erano proprio come quelli di babbo Filippo ma,) sicuramente era l’opera migliore che avesse mai realizzato!!! L’unica perplessità che aveva Bettina erano i nomi: come poteva permettere che al suo capolavoro venisse appioppato anche uno di quei nomi così inusuali e strani che aveva sentito sussurrare nell’intimità di quella notte d’amore e che le risonavano nella mente ad ogni ora del giorno e della notte procurandole ogni volta qualche scompenso cardiaco e, anche, un po’ di aritmia? Così decise di prendersi un po’ di tempo prima della consegna, otto o nove mesi, pensando tra sé e sé “Mi sarebbe tanto piaciuto chiamarlo Binotto!” Passarono le ore, i giorni e i mesi ma nulla era cambiato. Così Bettina decise di riunire il Consiglio generale ( e ogni cittadino di Binottolandia, quella notte, davanti al fuoco, nella vasta radura all’interno del bosco, espresse il proprio parere)

Decisive furono, (come spesso succedeva,) le parole del saggio professor Gufo ( che, con tono perentorio, sfoggiando tutta la sua cultura, iniziò così il suo discorso:” Finis coronat opus o, come asseriva sempre il mio maestro Virgilio Omnia vincit amor e per non sciupare oleum et operam, come avrebbe detto il mio amico Plauto” ma poiché già molti tra i presenti cominciavano a dare segni di impazienza e a mormorare nel timore di doversi sorbire una bella conferenza in latino )”Va bene, (ri)prese a dire il professor Gufo, sarò più chiaro e conciso, con la tela di Penelope non si fanno vestiti e, quindi, quale importanza può avere un nome di fronte all’ AMORE? Nessuna.( E, poi, dopo aver fatto una delle sue lunghe e meditative pause ed aver dato una lisciatina alle sue piume vellutate, come faceva sempre quando voleva rendere gli altri partecipi di un segreto ritenuto di vitale importanza, disse, con un fil di voce:”) Ho avuto una soffiata ma non chiedetemi la fonte perché il mio becco è e rimarrà sigillato: a nonna Lalla questi nomi piacciono molto. ( e, quindi, perché non essere d’accordo con Filippo e Cecilia, quei due famosi bravi ragazzi?)

A questo punto la decisione fu unanime: era arrivato il momento della consegna( e, dopo aver salutato il piccolo cucciolo d’uomo alcuni sfiorandolo con un bacio, altri con una soffice carezza, tutti gli abitanti di Binottolandia lo seguirono con lo sguardo, finché non scomparve tra le nuvole, augurandogli tutto il bene del mondo).

Il viaggio per Bettina fu abbastanza faticoso ma lei sentiva solo la sua gioia e volava veloce, veloce aiutata da Soffio che quando le ali le cedevano la sosteneva permettendole di librarsi nell’aria come una piuma e da Celeste che insieme a lei sosteneva il peso della cesta dove Binotto dormiva tranquillo e sicuro. Finalmente il viaggio era finito; Bettina depose dolcemente la cesta con il piccolo cucciolo d’uomo a terra, davanti alla porta, poi guardò il suo bimbo, lo sfiorò delicatamente con il suo becco, lo accarezzò con le sue grandi ali protettive e lo strinse forte, forte al cuore. Il suo compito era finito: un angelo custode e una nuova famiglia si sarebbero occupati di lui con amore…doveva proprio bussare a quella porta! E così fece mentre una lacrima velava i suoi occhi gentili e i suoi vecchi occhiali si appannavano.( Bettina, in attesa che qualcuno venisse a prendere il piccolo, si nascose dietro un grosso platano, vegliando ancora una volta sul suo adorabile Binotto. ” Mamma, babbo…corri… è arrivato il fratellino…finalmente….è bellissimo…ma non ha neanche un dentino…è così piccolo e dolce…portiamolo dentro…avrà fame…potrebbe prendere freddo…finalmente sei arrivato…ti abbiamo aspettato tanto…benvenuto Erasmo…mamma telefona alla nonna”.) Bettina sapeva di aver fatto, ancora una volta, la scelta giusta ed era consapevole che era arrivata davvero l’ora di ritornare a Binottolandia. Piano, piano, delicatamente, senza far rumore, spiegò le sue grandi ali bianche, orlate di nero che per tanto tempo erano state la culla prediletta da Binotto e volò via, pensando nel suo cuore:” Eppure gli umani sono creature davvero strane; sono fermamente convinti di essere loro gli artefici di ogni cosa e non si rendono conto che Erasmo è opera mia, E’ TUTTA OPERA MIA!!!!!!!”


UN PUMI PER AMICO

Tanti, tanti anni fa, vivevano nel fantastico reame di Padoa, un re e una regina che avevano chiamato la loro piccola principessa, Aurora, come il chiarore che, ad oriente, subito dopo l’alba, prima del sorgere del sole, colora di rosso, con la
sua porporina, tutto il cielo. Aurora, oltre ad essere una bambina bellissima e sensibile, aveva un cuore grande come l’universo dove ogni animale della terra poteva trovare il suo angolino prediletto. Mentre il tempo che non conosce mai tregua passava, la piccola cresceva stupendamente sotto le amorevoli cure della sua madrina, la fata Petraccia, e, ormai
era divenuta quella che, normalmente, si definisce una giovane donna. Un giorno, dopo aver vagato a lungo nei giardini
incantati della reggia senza meta, forse per l’intenso profumo dei gelsomini e delle rose, appena sbocciati al tepore del sole
primaverile, o forse per il cinguettio di quella miriade di uccellini che sommessamente cantavano tra i rami degli alberi,
Aurora si addormentò sul suo letto preferito, un soffice prato d’erba. Nei suoi sogni, piccoli puledri selvaggi, morbidi Koala,
agili scoiattoli, pappagalli e usignoli e un cane che non aveva mai visto, un cane così strano che, quando si svegliò, corse
subito dalla fata Petraccia, per raccontarle tutto nei minimi dettagli. ” Fata Petraccia, sussurrava ansimando, ho sognato
una canina tutta bianca….. di taglia media, con la coda alta…… arrotolata sulla schiena come un grosso anello…….con tanto pelo lungo quasi come i miei capelli ma un po’ più ricciolino……due piccole orecchie ritte, ritte, con la punta ripiegata in giù, la forma di V…….. e due occhi di colore bruno scuro, meravigliosi e intelligenti che Dio le ha regalato per parlare, visto che i cani non hanno il dono della parola. Ma, per essere del tutto sincera, non parlava solo con gli occhi; abbaiava sempre e ovunque, muovendo continuamente tutte le parti del suo corpo; era un po’ rumorosa, è vero, ma niente che superasse i
limiti della tollerabilità tenendo conto di quel suo smagliante sorriso che sfoderava ogni qualvolta voleva qualcosa. Era
molto vivace, facilmente addestrabile, amava giocare, correre e lavorare, era molto coraggiosa ma anche molto equilibrata,
un’ ottima amica per tutti, adulti, vecchi e bambini. Oh! mia adorabile fata Petraccia, potessi avere anch’io una canina come
quella!!!!!!!!!!!!!! ” La fata Petraccia capì l’antifona al volo, si precipitò nel suo studio, accese il computer, digitò facebook e, in men che non si dica, entrò in contatto con tutte le fate del mondo. Pochi secondi e la fata Zsa Zsa, madrina di tutti i rampolli della casa reale di Ungheria, le rispose informandola che il cane che aveva descritto così minuziosamente apparteneva alla razza PUMI, razza riconosciuta da poco tempo come cane da pastore ma molto affidabile anche come cane da guardia e da compagnia e che, a sua disposizione, c’era un meraviglioso esemplare, figlia, nipote e sorella di grandi campioni. Fata Petraccia non se lo fece ripetere due volte, mise tre cosette nel suo trolley e volò immediatamente in Ungheria.
Al suo arrivo, ad attenderla c’era la fata Zsa Zsa che dopo i baci e gli abbracci di rito, l’accompagnò a conoscere Hello­Kitty che correva libera nel parco del re. La fata Petraccia rimase senza parole, aveva ragione la principessa Aurora, un’estasi: sembrava un pelouche con tutto quel pelo bianco soffice come un batuffolo, un Koala con un tartufo nero tutto da baciare e due occhi “due bottoncini di cioccolata” come li definì la fata Petraccia, appena li vide, due piccoli occhi che , quando le fu detto che avrebbe dovuto lasciare l’Ungheria per trasferirsi in Italia, si riempirono di grandi, calde lacrime. Fata Petraccia che, in quanto fata, aveva già intuito il perché di tanto dolore, si avvicinò a Kitty e le sussurrò in un orecchio: “Si, può venire anche lui! I giardini reali italiani sono molto spaziosi e la principessa Aurora sarà ben felice di occuparsi di ambedue. ”
Hello­Kitty riprese immediatamente brio e, con passo energico, dinamico e armonioso, si allontanò tornando, poco dopo, con il suo amato Pumidoroaramis, Aramis per amici e parenti. Ancora baci, abbracci e ringraziamenti di rito e, poi, via veloci come il vento, verso la reggia di Padoa. Quando, finalmente, furono arrivati, tutti i sudditi e tutti gli animali del reame, tutti messi in pompa magna e, anche, qualche
ficcanaso dei reami vicini, corsero loro incontro alla velocità della luce, perfino le tartarughe!!! Per le nozze di Kitty e Aramis fu organizzata una festa da favola, furono invitate tutte le fate del mondo e il re in persona, dopo aver chiesto ai due promessi sposi: ” Volete amarvi, rispettarvi ed essere fedeli l’uno all’altra per tutti i giorni della vostra vita? ” e dopo che, zampa nella zampa, alla presenza dei testimoni, la fata Petraccia e la fata Zsa Zsa, Kitty e Aramis ebbero risposto : ” Sì, lo vogliamo “, potè finalmente dichiararli uniti da lì all’eternità.

Al ritorno dal viaggio di nozze, appena Kitty si accorse di essere in dolce attesa, andò dalla principessa Aurora e dalla fata Petraccia per rivelare loro il suo segreto, pregandole di non svelarlo ad anima viva perchè voleva essere lei a dirlo al suo compagno giudicandolo ancora troppo amante della bella vita e troppo giovane per diventare padre. Ma la principessa Aurora la rassicurò :” Quanto ti sbagli, piccolina, sarà sicuramente il cane più felice del mondo e, forse, metterà anche la testa a posto; tu prepara per lui una bella cenetta, al lume di candela, e, poi, parla, parla, parla…..” Kitty fece tutto quello che le aveva suggerito Aurora, per filo e per segno, e, dopo cena, al chiarore della luna, zampa nella zampa: ” Aramis, amore mio, aspettiamo una nidiata di cuccioli!” gli disse guardandolo negli occhi così teneramente che lui si commosse, strinse con impeto ma anche con delicatezza la sua compagna sul cuore, le giurò che non sarebbe stato mai più uno scavezzacollo e, dopo neanche due secondi, cominciò a correre nel parco abbaiando a più non posso: ” Sarò padre, bau,bau, sarò padre, tra una sessantina di giorni, io sarò padreeee!!!!!!!!!” Tutto quel frastuono svegliò il reame , al completo, nessuno escluso, le luci delle modeste case dei contadini sparse nella campagna si accesero come migliaia di lucciole e, tutti i sudditi, in massa, corsero alla reggia per capire cosa mai fosse successo. Quella notte, dopo aver appreso la bella notizia, ogni abitante del reame ,umano o animale, ritornò nella sua tana, a dormire, più felice di sempre. Intanto Aurora e la fata Petraccia che ormai non avevano più sonno, cominciarono a darsi da fare: certamente la dependance non era più sufficiente ora che la famiglia sarebbe cresciuta e, quindi, bisognava adibire un’ala del castello a dimora canina: ci dovevano essere la camera matrimoniale, almeno due camere per gli ospiti, la cameretta dei piccoli, almeno tre o quattro bagni, la sala giochi, l’infermeria e la sala parto, per non parlare del corredino per i piccoli……un lavoro ciclopico!

Finalmente arrivò il momento del parto: Aramis camminava su e giù per il corridoio antistante la sala parto, mettendo le sue zampe posteriori esattamente sulle orme di quelle anteriori, non fumava perché sapeva benissimo che il fumo uccide e che può nuocere alla salute di chi ti sta accanto, ma, quando la fata Petraccia gli fece vedere la cesta con i sei piccoli PUMI , ognuno con un nastrino di diverso colore al collo, i suoi strabilianti cuccioli, non fu più in grado di controllarsi e si accese un bel sigaro cubano, una tantum.

Ariel e Abigail, le femminucce, Aladdin, Asterix, Alvin e Avatar, i maschietti, erano nati, godevano ottima salute e sarebbero cresciuti senza problemi, scorazzando nei bellissimi giardini della reggia. Un bel giorno, mentre se ne stavano in panciolle a godersi il tiepido sole e l’aria frizzantina degli ultimi giorni d’autunno, insieme a mamma e papà che li controllavano amorevolmente e ad Aurora e alla fata Petraccia che ormai si erano trasferite, quasi stabilmente, nella loro grande cuccia, Ariel disse: ” Ma noi, mamma, chi siamo? ” e Abigail soggiunse: ” E da dove veniamo, mamma?” e tutti i fratellini, in coro: ” E dove andiamo, mamma?” Dopo un attimo di stupore, Mamma Kitty rispose:” Piccoli miei, voi siete sei meravigliosi PUMI, ma per me e papà siete e sarete sempre i nostri cuccioli preferiti, anche fra cent’anni. Geograficamente parlando, voi venite dall’Ungheria ma , per noi, venite semplicemente dal nostro amore, quel sentimento che mi fa desiderare il bene e la felicità di vostro padre molto più della mia; ma, purtroppo,miei adorati figlioli, non ho alcuna risposta per la vostra terza domanda. Il vostro futuro è nelle mani della principessa Aurora, ma potete dormire tra due guanciali perché lei è una che sa il fatto suo.” Sei musetti adorabili, dodici occhietti furbi e intelligenti e sei testoline con un punto interrogativo proprio in mezzo alla fronte, si girarono simultaneamente verso la principessa. Lei, fece ad ognuno di loro una montagna di coccole, li baciò uno per uno e, poi, cominciò: “ABIGAIL, tu ti trasferirai nel granducato di Toscana per vivere con Lorenzo, il tuo magnifico personal trainer che ti insegnerà ad essere un fenomeno in Agility, ai campionati mondiali vincerai il primo premio come” World Hope 2015 and Puppy Best of Breed”, Lady Shaine sarà la tua dog­sitter e dovrai sopportare i flash dei paparazzi ma, soprattutto, dovrai essere paziente con Lorenzo e tutti i suoi selfie. ARIEL, anche tu andrai nel granducato di Toscana e i tuoi nuovi genitori saranno Stefano e Laura; vivrai con Perseo e Olimpia, due jackini straordinari che saranno per te un nuovo fratellino e una splendida madre adottiva. Passerai molto del tuo tempo al mare, nuoterai come una piccola sirena, ti tufferai dalla barca e risalirai la scaletta con eleganza, sarai amata e coccolata dai cinque nipotini di Laura e Stefano e sarai per loro motivo di orgoglio ogni giorno della vostra vita insieme. ALLADIN, tu, dal momento che mostri una spiccata inclinazione per l’apprendimento delle lingue straniere, emigrerai in Francia, andrai a vivere a Saint­Jean­de­Muzols e i tuoi nuovi genitori ti ameranno ” ASSAI.” Farai tante escursioni in luoghi con nomi impronunciabili, andrai a scuola e vivrai felicemente sdraiato su Bacio, il tuo compagno­cuscino preferito. Unico neo, il francese, ma non ho alcun dubbio che saprai farti valere. ASTERIX, tu, invece, resterai nel regno di Padoa e conoscerai a fondo il mondo dei cavalli, ma, ti prego, non cadere nel giro delle scommesse, perché possono creare dipendenza! Vivrai insieme ad un altro Pumi, a Maurizio e a Giulia; farai il bagno come le nutrie, fari salti degni di Sara Simeoni, incontrerai asini, mucche e capre però, poverino……. ti chiameranno Ugo. ALVIN, anche tu, andrai nel granducato di Toscana presso una famiglia un po’ girovaga e parteciperai al campinato mondiale vincendo il primo premio come “World Hope 2015 and Puppy Bos”. Ricordati di aiutare sempre babbo Vincenzo perché è leggermente distratto, per usare un eufemismo; perde telefonini, chiavi, pomelli del cambio dell’auto e carte di credito. Una preghiera : quando ritrovi la sua carta di credito, non la masticare tutta! E una raccomandazione: non abbaiare a notte fonda perché mamma Francesca potrebbe lasciar cadere il suo cucciolo per farti stare zitto! AVATAR tu sei il più saggio del gruppo, quindi ti affido mamma Sandra che ti adorerà e nonno SuperMario che in te avrà sempre un amico fidato. Andrai a vivere a Bassano del Grappa, potrai fare lunghe passeggiate nei boschi, andare alle sagre, giocare con tartarughe e piccoli cuccioli d’uomo, vivere felice e libero ma avrai il non facile compito di coccolare ma, soprattutto, di controllare “Partigiano Fred” che, a novantadue anni suonati, continua a tagliare l’erba nei prati e non trova mai un attimo di riposo e di pace.”

I piccoli batuffoli di pelo nero furono molto soddisfatti delle risposte ricevute e iniziarono ad aspettare con ansia il giorno della loro partenza, ognuno con il suo zainetto verde militare sulla spalle, ognuno pronto ad affrontare la più grande avventura della sua piccola vita. Ariel, o meglio Pennyariel come fu soprannominata, fu l’ultima a lasciare la reggia e, quando Laura e Stefano si presentarono al cancello, lei li salutò molto educatamente, mordicchiando le dita della sua nuova mamma. Però, prima di lasciare per sempre Aurora e la fata Petraccia, saltò in collo alla sua principessina e le sussurrò in un orecchio:” Non essere triste, non piangere, tornerò presto a dormire nel tuo lettone a costo di fare l’autostop.”

Poi, l’abbracciò con tutte le sue forze e le fece un gran sorriso mostrandole tutti i suoi dentini di latte e scambiò con la fata Petraccia un’occhiata d’intesa che sembrava dire:” D’ora in poi veglia tu sulla mia principessa, t.v.b.” Poi….ancora uno sguardo in giro,l’ultimo per molto tempo, un bacio a mamma e papà, le ultime raccomandazioni e un abbraccio pieno d’amore alla sua adorata principessina e, prima di scoppiare in lacrime, via, di corsa, verso un’altra vita da fiaba.

E’ passato quasi un anno e, oggi, ABIGAIL, ARIEL, ALLADIN, ASTERIX, ALVIN e AVATAR sono quasi adulti e sono bellissimi; i maschietti pesano dai dieci ai quindici chili e sono alti dai quarantatre ai quantacinque centimetri mentre le femminucce pesano dagli otto ai tredici chili e sono alte tra i trentotto e i quarantaquattro centimetri, più o meno, e, quando passeggio per la strada e qualcuno osa chiedermi:” Ma è una barboncina o un lagotto romagnolo?” io rispondo sempre: “Assolutamente no, nè l’una nè l’altra: lei è una canina Petulantemaperfetta Umbratilemaunica Malandrinamameravigliosa Insolentemainsostituibile, è semplicemente Pennyariel, una piccola PUMI di razza. ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è decisamente voluto.


 

Attila e Ulisse: così fu creato il mondo……….

Ogni uomo, sulla terra, ama un Dio, il suo Dio.
Ed io, volendo raccontare ai miei nipoti la favola della creazione del mondo, ho usato per il nostro Creatore diversi nomi Dio, Allah, Vishnu, considerandoli soltanto nomi di un unico principio, perché Giulia, Violante, Pietro, Matilde ed Erasmo crescano amando il loro e il Dio-Allah-Vishnu, accettando ogni credo religioso anche se diverso dal proprio cosìcché il loro possa essere un meraviglioso futuro di pace.

C’ erano una una volta
quattro nonne che, nello stesso tempo ma in luoghi lontani l’uno dall’altro mille miglia, raccontavano ai loro nipotini una favola prima di dormire: la favola della creazione del mondo. In Africa, nonna Aisha, rimboccando le coperte al piccolo Baba che la guardava con quei suoi due occhioni neri, neri cominciò mettendo bene in chiaro che per molti africani tutte le cose hanno un anima e che per molti altri, invece, è stato Allah a creare il mondo con tanto amore perché, dopo aver valutato a lungo tutto quello che lui aveva e che poteva fare, volle rendere partecipe della sua felicità quanta più gente possibile. Un bel giorno, infatti, Allah cominciò a disegnare tutto quello che gli veniva in mente: esseri umani, animali, una grande distesa di terra dove poter piantare e coltivare alberi, fiori, ortaggi, frutta necessari alla vita sulla terra, una grande distesa d’acqua dolce perché l’uomo e gli animali potessero dissetarsi . ” Ma, obiettò la piccola Mei dagli occhi a mandorla, a cui nonna Li-hua, in Cina, stava raccontando la stessa favola, come può aver realizzato tutto questo da solo?” Nonna Li-hua la accarezzò e annuì: è vero, non avrebbe potuto fare ogni cosa da solo! Così prese un po’ di creta, la modellò e creò un piccolo essere vivente con quattro zampe e una buona dose di intelligenza, un piccolo essere veloce nell’eseguire gli ordini, ubbidiente, servizievole e fedele. Quanto si sbagliava!!!!!! Ma, intanto, era stato creato il primo cane, forse un pò per pura e semplice necessità, ma, senza dubbio per amore, perchè niente avviene lassù, in cielo, se non per amore. Anche in Europa, nonna Lalla, raccontava la stessa storia ai suoi nipotini Giulia, Violante, Pietro, Matilde ed Erasmo che l’ ascoltavano attentamente, senza perdere neanche una parola mentre accarezzavano la testa dei loro cani, Ulisse cane Pici, Kenia e Rocco. Appena nato il piccolo cagnolino volle che Dio lo dipingesse di bianco, nero e marrone, perché così, tutto monocolore come la creta, non si poteva neppure guardare allo specchio. E, poiché Dio vuole che tutti siano felici, lo accontentò. Subito dopo a quel piccolo essere peloso venne in mente che il suo charme sarebbe stato davvero irresistibile con due occhioni dolci come il miele e due orecchie un po’ più lunghe a cornice del suo musotto e, Dio, ancora una volta, con santa pazienza, lo accontentò. Ora sì che era bello: un beagle di razza pura!!!!! Però mancava ancora una cosa per essere perfetto: un bel nome e un bel cognome! Ma, questa volta, a questa ennesima richiesta, il Creatore si arrabbiò perché non solo beagle non lo aiutava ma gli faceva anche perdere un monte di tempo. Così beagle se ne andò come un cane frustato, con la coda tra le zampe, pensando di essere stato defraudato di un suo diritto e, da quel momento, per far dispetto a Dio, cominciò a rubare calzini, cenci, penne, qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano o, meglio, sotto zampa……………………………………………………………………. (Forse, anche per questo, oltre a tanto altro, i beagle sono tutti un po’ ladruncoli! ) Per quanto buono e amoroso potesse essere Vishnu, ormai, aveva esaurito tutta la sua pazienza e non ne poteva davvero più delle melefatte del suo cucciolo, continuava, in India, nonna Daya mentre cullava il suo piccolo Rajiv, ormai quasi addormentato, e così chiamò il suo aiutante e gli disse che avrebbe esaudito un altro suo desiderio, purché fosse stato l’ultimo. Beagle ci pensò un po’ e, poi, disse :” Ho trovato, voglio un compagno a quattro zampe!” E, intanto, pensava tra sé e sé :” Tanto Vishnu è buono e, prima o poi, un nome me lo darà comunque!” Nacque così un altro canino, più piccolo perché la creta avanzata era poca, un canino che Vishnu dipinse subito di bianco per non aver problemi con il color creta, con un musino vispo e intelligente, due piccoli occhi da furbetto, un altro birbone insomma! Finalmente beagle aveva un amico e anche se era diverso da lui perché era un Jack Russell, sapeva che niente e nessuno li avrebbe divisi, mai e poi mai. Erano stati creati dall’Amore, quello con la A maiuscola e là, in cielo, dove il tempo non esiste, dove ogni cosa è e sarà sempre perché è sempre stata, insieme avevano dato vita a una delle cose più belle che possano esistere, l’AMICIZIA.
E, finalmente, la terra poteva essere creata.
Vishnu, dunque, aveva ormai terminato il progetto grafico della terra, così come lui la voleva creare. Chiamò beagle e jack e disse loro di andare a prendere un’enorme quantità di creta perché doveva fare un distesa sconfinata di terra, dove mondo umano, mondo animale e mondo vegetale avrebbero potuto convivere. Successivamente avrebbe creato gli esseri umani e gli animali, l’aria e la luce, gli alberi e gli ortaggi…… insomma tutto quello che era necessario per la vita sulla terra. L’ uomo, poi, avrebbe costruito le case, i mezzi di trasporto, avrebbe avuto tanti figli e tutte le nonne del mondo avrebbero avuto almeno un nipotino a cui raccontare le loro favole. Inoltre, disse loro di portare anche quell’enorme orcio che aveva lasciato vicino alla sorgente perché sulla terra c’era bisogno anche di molta acqua: tanti uomini bevono tanto e, quindi, aveva pensato ad un enorme lago di acqua dolce. Nei progetti di Vishnu, quindi, la terra avrebbe dovuto essere tutta piatta, come un tavolo lungo e largo a dismisura, con vari sbarramenti per evitare perdite d’acqua o frane di creta. ” Ma, nonna, sussurrò il piccolo Rajiv, con un occhio chiuso e l’altro aperto, ma la terra non è piatta!!” Aspetta, mio dolce, piccolo Rajiv, ora viene il bello!!! Infatti i due grandi amiconi, beagle e Jack, disubbidienti e vivaci come sempre, invece di portare la creta un po’ alla volta, decisero di portarla tutta insieme, facendola rotolare su e giù per i verdi prati del cielo. In questo modo, girando e rigirando, si formò una palla gigantesca….. Dio la vide e pensò tra sé e sé che forse era meglio dare alla terra una forma sferica e fornirle tutta l’energia necessaria a trattenere la creta e l’acqua. Dio, lì per lì, non si rese conto che i suoi piccoli inservienti gli avevano suggerito un’ ottima idea: la forma ideale per la terra , come Lui voleva crearla, era senza dubbio quella sferica, schiacciata ai due poli. Così, prese l’enorme palla di creta e la scaraventò nello spazio infinito imprimendole un senso di rotazione e, con la forza di gravità, tutto rimase ben ancorato a terra. E, finalmente, era arrivata l’ora di prendere l’acqua; ma le disgrazie accadono sempre quando meno te le aspetti: c’erano alcuni sassi un po’ sporgenti e patapùm………l’orcio andò in mille pezzi e un’ incommensurabile massa d’acqua scrosciante cadde sulla terra sparpagliandosi ovunque e assumendo via via le forme più svariate. ” Incommi.. cosa, chiese Matilde, sgranando gli occhi?” “Incommensurabile vuol dire grande, grandissimo come l’amore di nonna per noi ” rispose Giulia alla cuginetta. Ma torniamo alla nostra storia: Dio prima si coprì tutti e due gli occhi, poi guardò in alto e, infine, con un po’ di tremarella, aprì un occhio per vedere cosa fosse successo, temendo il peggio. E, invece, era uno spettacolo meraviglioso !!!!!!!!!!!!!! L’ acqua aveva riempito ogni buca presente nella sfera di creta, creando piccoli e grandi laghi, ogni minimo spazio tra le valli e nelle pianure era stato ricoperto da fiumi e torrenti, e, in ogni enorme bacino salato, quei due monelli avevano dato vita ad un mare o ad un oceano. Beagle e Jack erano felicissimi: erano stati di grande aiuto, anche se per un puro colpo di fortuna, e Allah era molto soddisfatto del suo operato: forse quello era il momento giusto per chiedere un bel nome e un bel cognome! Beagle non aveva più il coraggio di farsi avanti, sapeva che Allah era infinitamente buono ma ricordava bene che l’ultima volta che gli aveva chiesto un nome Dio lo aveva rimproverato aspramente. ” Nonna Aisha, chiese Baba che di dormire non ne aveva proprio voglia, ma se Allah è tanto buono, perché brontola beagle e perché non lo accontenta dandogli un nome? Anch’io ho un nome, vero nonna?” Mio caro bambino, rispose la nonna, amare una persona o un animale non significa dire sempre sì; una rinuncia tante volte aiuta a crescere, è come una medicina, può anche avere un gusto sgradevole ma, sicuramente, ti farà guarire. E’ difficile, credimi, tanto difficile, dire di no a due grandi occhioni come i tuoi ma se è per il tuo bene….. ” Nonna Lalla, interruppe Matilde, ma qual è il bene di Beagle?” E’ saper aspettare con pazienza e meritarsi ciò che desidera e non pretenderlo dagli altri: nella vita bisogna sempre cercare di ottenere con le proprie forze ciò che si ama, altrimenti dovremo accontentarci di amare ciò che ci viene dato….. ” Nonna Lalla, urlarono a gran voce Pietro e Violante che si stavano ancora lavando i denti prima di saltare nel lettone, non fare la professoressa, per favore, continua la storia, piuttosto…. “Sì nonna, ..tinua toria,” aggiunse il piccolo Erasmo che parlava appena. Dunque, Beagle non aveva il coraggio di farsi avanti e, quindi, mandò Jack, il nostro bel cucciolino tutto bianco, con la pancina rosa, rosa, due orecchiette piegate in avanti e una codina ritta, ritta a parlare con Vishnu. Dopo averlo cercato a lungo, per tutto il Cielo, finalmente lo vide, gli corse incontro e gli disse: ” Mio caro Vishnu, noi ti abbiamo aiutato a dare alla terra una forma bellissima, guarda là, nello spazio, come gira alla perfezione, è proprio meravigliosa, tutti ti ameranno per questa tua creazione e nessuno saprà mai che siamo stati noi a darti questa idea. Per favore, Allah, dai a me e al mio amico nome e cognome, ce lo siamo meritato, non ti pare?” ” Va bene, disse Allah, il tuo nome sarà Attila; mi sembra un nome breve, veloce, un nome che si capisce al volo e, quindi, quando dirò Attila tu correrai da me immediatamente, smettendo per un attimo di distruggere tutto ciò che ti capita a tiro. Attila sarà sulla terra sinonimo di intelligenza ma anche di distruzione. Invece, chiamerò te, birbante, Ulisse e il tuo nome sarà sinonimo di astuzia e di voglia di conoscenza. Quando sarà il momento sulla terra nasceranno Attila e Ulisse e le loro vite segneranno la storia. ” Nonna Li-hua, nonna Li-hua, interruppe Mei ma chi sono Attila e Ulisse…….e sono vissuti davvero come te e me?” Buona piccola, fai la nanna, quella è tutta un’altra storia, te la racconterò domani. Attila e Ulisse non stavano più nella pelle dalla felicità: ora avevano un bel nome ed anche un cognome: Attila Russell e Ulisse Beagle!!!!!!! Erano due nomi veramente nobili, meravigliosamente belli; i due cuccioli erano al settimo cielo, ogni pelo del loro corpo vibrava di gioia e il bisogno di esternare tutta la loro contentezza si trasformò in una corsa sfrenata mentre si tiravano addosso tutti i pezzetti di creta rimasti qua e là sui prati del Cielo. E, ancora una volta per gioco, gettarono nello spazio infinito, quando a destra, quando a sinistra, quando sulla terra, quando sull’acqua tutti i rimasugli di creta….. ” Oh, buon Dio! ” esclamò Allah, quando dando un’ occhiata a quello che considerava il suo capolavoro, vide che tutto si era trasformato: in mezzo ai mari e agli oceani, a nord e a sud, a est e a ovest, spuntavano formazioni rocciose, grandi e piccole. Sulla terra, poi, si erano attaccati pezzi di creta di varia altezza, alcuni a punta, altri rotondi……. Mio Dio, sembrava che la terra avesse contratto il morbillo!!!!!!!!!!!!!! “Dannazione, ancora quei due birboni, non ne posso più, sul serio! Attila, Ulisse venite subito qui, correte! Chi ha combinato tutto questo macello?” ” Veramente eravamo…. felici… giocavamo… noi… risposero all’unisono i due complici, ambedue con la coda tra le zampe, non abbiamo fatto niente di male. La creta è caduta da sola, un po’ qua un po’ là, ma non è un disastro vero e proprio. Ci sarà chi vivrà più in alto, chi più in basso, chi in pianura, chi sarà circondato dal mare e chi, invece, vivrà sulla terraferma. E questo ti sembra un grosso guaio, Dio?” Ancora una volta i due cuccioli avevano fatto centro: infatti Vishnu decise di chiamare isole i pezzetti di creta caduti nei mari e negli oceani e montagne, colline e altopiani, secondo la loro altezza, tutti quelli caduti sulla terra. Passando il tempo, Allah si accorse che non avrebbe più potuto fare a meno di quei due piccoli monelli, anche se combinavano più guai della grandine, uno dietro l’altro; non solo gli avevano dato ottimi consigli per la creazione della terra ma essi stessi erano la gioia, la complicità, l’amicizia, l’altruismo, l’amore e non c’è niente né al mondo né in cielo di più bello.
Dunque Dio pensò che era giunto il momento di colorare la terra perché ogni fiore, ogni pianta, ogni frutto, ogni cosa, insomma, fosse diversa dalle altre non solo nella forma ma anche nel colore: “Attila, Ulisse, gridò ad alta voce, portatemi tutti i colori così potremo rendere un po’ più allegra la terra.” Poi cominciò la sua opera: prese un pugno di tinta celeste e…. giù nell’acqua che, subito, divenne meravigliosamente azzurra, più chiara o più scura in base alla quantità della tinta. Poi, prese un po’ di verde e colorò tutte le pianure, parte delle colline e delle montagne, prese ancora dell’azzurro intenso e colorò il cielo e così via finché la terra assunse l’aspetto di una palla colorata, proprio come la tua, quella con cui giochi tutti i giorni. Vishnu tutto preso dal suo lavoro, non si era accorto che anche i due cuccioli avevano voglia di dipingere ma non tanto la terra quanto, invece, il loro bel pelame. Infatti anche Attila voleva avere qualche bella macchiolina nera o marrone come quelle che Ulisse mostrava, ogni giorno, con tanto orgoglio e, per questo, si era seduto, dimenandosi ben bene e tenendo la sua codina ritta, ritta, su una chiazza marrone. Così, in men che non si dica, una bella macchia comparve sul suo sederotto grassottello. Ulisse, allora, pensò bene di aiutarlo e, volendo completare l’opera, prese un pennello e cominciò a colorargli il musetto dispettoso, le orecchie, il collo…… ma sul più bello arrivò Allah e……… via, chi di qua, chi di là, ambedue scapparono alla velocità della luce mentre il pennello, cadendo, disegnava ancora qualche macchiolina sul loro bel manto bianco. Per questo, forse, i Jack Russell sembrano un’opera incompiuta: mezzo muso marrone, mezzo bianco, un orecchio di un colore e uno di un altro, macchie nere e marroni sul corpo in ordine sparso….. sono davvero l’emblema di un disastro! Dio non sapeva più che pesci prendere e pensò che, forse, l’ultima chance per lui sarebbe stata una bella benedizione. Così, per l’ennesima volta, chiamò all’appello i due colpevoli che arrivarono in tutta fretta, con la coda tra le zampe e gli occhi bassi, e cominciò la sua benedizione. Ulisse e Attila che nel fuggi fuggi generale avevano versato delle gocce di nero nell’acqua della benedizione, si misero subito a pancia in su, mugolando sottovoce: “Dio, perdonaci e basta, ma, per carità, non ci benedire!” ” Sono peggio di noi, intervenne Giulia, ridendo a crepapelle, ma tu, nonna, sei sempre pronta a perdonarci!” Ma era troppo tardi e, perciò, i Beagle come i Jack Russell presentano sulla pancia tante piccole macchie nere: loro sanno il perché e, volente o nolente, lo sa anche Dio!!!!!!!!!!!!!!! Alla fine, la terra era stata creata: mancava solo l’uomo. Il nostro Creatore, non ha importanza il suo nome, si guardò intorno per essere sicuro che quelle due pesti, tanto simpatiche, non ci fossero e creò l’uomo, la donna e tanti bambini……. Ma quando si avvicinò ai colori, Attila e Ulisse che stavano giocando a nascondino tra i barattoli, quando si resero conto di essere stati scoperti, cominciarono a scappare saltando e, per pura fatalità, alcuni barattoli, non tutti per fortuna, si rovesciarono; la tinta cadde sugli umani e così neanche gli uomini poterono avere tutti lo stesso colore della pelle!!!!!!!!!!!!!!! Per non parlare poi degli orci dell’intelligenza, quelli della bontà, quella della lingua e….. potrei continuare all’infinito……………………
Rajiv, Mei, Baba, Giulia, Violante,Pietro, Matilde ed Erasmo, ormai, avevano chiuso gli occhi e dormivano sognando i loro piccoli eroi, Attila e Ulisse: in India, in Africa, in Europa, in America, in ogni dove sulla terra tutti i cuccioli di ogni specie, anche quelli dell’uomo, erano caduti tra le braccia di Morfeo, pensando: ” Certo che vista così la creazione del mondo è una cosa meravigliosa, quasi divina.”