Il saggio è chi ha memoria della propria storia
(L. Brambillaschi)

IL PALAZZO DI VETRO

Ultimo giorno in questo bel palazzo di vetro. Ultimamente un po’ vecchio, risente dei suoi quarant’anni, malanni gravi non ne ha, solo acciacchi d’età che il medico, l’estetista, il fisioterapista sapranno sicuramente curare per renderlo brioso, luminoso ed elegante come un tempo.
Non nascondo la nostalgia che provo nello staccarmi da lui, poche parole con colleghi amici, la faccia sconsolata. Per ventinove anni ho abitato gran parte della giornata nel palazzo, ho vissuto i momenti dell’adolescenza, i primi amori segreti, quegli sguardi che s’incontravano e immediatamente si abbassavano, quei visi rossi pieni di timidezza e vergogna. Ho conosciuto il mondo degli adulti, chi ha spalancato le “finestre” alla vera vita, piangendo per la figlia ammalata, per i pochi soldi, per il poco vino, per l’affitto troppo caro, per la perdita di un amico del circolo. Chi invece chiudeva le persiane perché la (pura) vita non entrasse a scompigliare i suoi ritmi e i suoi riti. Ho conosciuto persone bugiarde, vigliacche, che ci tenevano in pugno con il ricatto del licenziamento dopo il termine del contratto semestrale. Quante storie, quanti visi, che emozioni.
La cartolina rosa presentata al mio superiore: “Diventerai uomo”, l’annuncio ai colleghi e agli amici: “Ti stanno rubando i vent’anni l’età più bella della vita”.
La corona di fiori della Direzione ai funerali di mio padre, i miei colleghi amici che piangevano con me.
Le bomboniere, il regalo di nozze, la canzone “Era una notte che pioveva e che tirava…” tutti a ridere, mi ci è voluto qualche minuto per capire. Ciucci, scarpine fatte con l’ago, giraffe da mordere, le domande: come si chiama? E’ grande? Quanto pesa?. A chi assomiglia?
La casa comprata, le preoccupazioni: “ Per fortuna è una ditta solida, non ti mancherà il lavoro, chissà quanti sacrifici, ci hai pensato bene? I calcoli sono giusti? Hai chiesto l’anticipo sulla liquidazione?
Un affollamento in portineria “ E’ morto Claudio”. “Quando?” “Ieri, mentre tornava a casa a tarda sera dopo aver lavorato troppe ore allo stabilimento di Casale”. Il funerale, i nostri visi che guardavano le pozzanghere, non ci riusciva di alzare la testa.
Un urlo: “ Hanno venduto l’azienda ai Francesi, no agli Inglesi, ma che ne sapete voi? Sono Italiani”. Chi preoccupato: non ci licenzieranno”, chi ottimista: “era ora di cambiare, non potevamo continuare con una società a conduzione famigliare”. “Ci vogliono le multinazionali”.
Sto male, sono depresso, il vino la soluzione, non sono in grado di reggermi sulle gambe. La disperazione di aver deluso me stesso, la ditta, i colleghi amici. Si ricomincia. (I colleghi) gli amici mi sono stati vicini, non mi hanno abbandonato, non li ho delusi.
La ditta, si.
Ed eccomi a girare per l’ultima volta nel palazzo, sono in “Sala Macchine” dove ho lavorato per parecchi anni. Sono entrato nell’ ufficio del capo del personale dove ho fatto il colloquio e sono stato assunto. Al me fiò al laura in Galbani…Mario, che fortuna”. Sono entrato nell’ufficio posta, non c’era Rino, non c’erano neanche gli scatoloni per mettere i suoi documenti da portare nella nuova Sede, mi si sono inumiditi gli occhi, non verrà con noi, è già da tempo che l’incidente se l’è portato via.
Torno nel mio ufficio, preparo la borsa, metto il pc portatile nella sua valigetta, tocco il telefono, la scrivania e la sedia, l’ultimo contatto. In portineria saluto le ragazze della reception ed esco. Ad un tratto mi volto, lo vedo ancora e improvvisamente mi ritrovo a pensare a una mia vecchia poesia: “Il saggio è chi ha memoria della propria storia”. E’ proprio così. Ciao, palazzo di vetro.

Dedico questo racconto a tre persone eccezionali che ho avuto il piacere di conoscere nel luogo di lavoro.
Grazie a Rino, Ezio e Vittorino.


L’UOMO

Un sant’uomo ebbe un giorno da conversare con Dio e gli chiese: – Signore,
mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l’Inferno.
Dio condusse il sant’uomo verso due porte.
Aprì una delle due e gli permise di guardare all’interno.
Al centro della stanza, c’era una grandissima tavola rotonda.
Al centro della tavola, si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso.
Il sant’uomo sentì l’acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall’aspetto livido e malato.
Avevano tutti l’aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia.
Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po’,
ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio, non potevano accostare il cibo alla bocca.
Il sant’uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: –
Hai appena visto l’Inferno. Dio e l’uomo si diressero verso la seconda porta.
Dio l’aprì. La scena che l’uomo vide era identica alla precedente.
C’era la grande tavola rotonda, il recipiente colmo di cibo delizioso che gli fece ancora venire l’acquolina.
Le persone intorno alla tavola avevano anch’esse i cucchiai dai lunghi manici.
Questa volta, però, le persone erano ben nutrite e felici e conversavano tra di loro sorridendo.
Il sant’uomo disse a Dio: – Non capisco! – è semplice, rispose Dio, dipende solo da un’abilità.
Essi hanno appreso a nutrirsi gli uni gli altri, mentre gli altri non pensano che a loro stessi.


Il cuore più bello

C’era una volta un giovane in mezzo a una piazza gremita di persone: diceva di avere il cuore più bello del mondo, o quantomeno del suo paese. Tutti quanti gliel’ammiravano: era davvero perfetto, senza alcun minimo difetto.
Erano tutti concordi nell’ammettere che quello era proprio il cuore più bello che avessero mai visto in vita loro, e più lo dicevano, più il giovane s’insuperbiva e si vantava di quel suo cuore meraviglioso.
All’improvviso spuntò fuori dal nulla un vecchio, che emergendo dalla folla disse: “Beh, a dire il vero.. il tuo cuore è molto meno bello del mio.”
Quando lo mostrò, aveva puntati addosso gli occhi di tutti: della folla, e del ragazzo. Certo, quel cuore batteva forte, ma era ricoperto di cicatrici. C’erano zone dove dalle quali erano stati asportati dei pezzi e rimpiazzati con altri, ma non combaciavano bene – così il cuore risultava tutto rattoppato. Per giunta, era pieno di grossi buchi dove mancavano interi pezzi. Così tutti quanti osservavano il vecchio, colmi di perplessità, domandandosi come potesse affermare che il suo cuore fosse bello.

Il giovane guardò com’era ridotto quel vecchio e scoppiò a ridere: “Starai scherzando!”, disse. “Confronta il tuo cuore col mio: il mio è perfetto, mentre il tuo è un rattoppo di ferite e lacrime.”
“Vero”, ammise il vecchio. “Il tuo ha un aspetto assolutamente perfetto, ma non farei mai a cambio col mio. Vedi, ciascuna ferita rappresenta una persona alla quale ho donato il mio amore: ho staccato un pezzo del mio cuore e gliel’ho dato, e spesso ne ho ricevuto in cambio un pezzo del loro cuore, a colmare il vuoto lasciato nel mio cuore. Ma, certo, ciò che dai non è mai esattamente uguale a ciò che ricevi – e così ho qualche rattoppo, a cui sono affezionato, però: ciascuno mi ricorda l’amore che ho condiviso. Altre volte invece ho dato via pezzi del mio cuore a persone che non mi hanno corrisposto: questo ti spiega le voragini.
Amare è rischioso, certo, ma per quanto dolorose siano queste voragini che rimangono aperte nel mio cuore, mi ricordano sempre l’amore che provo anche per queste persone.. e chissà? Forse un giorno ritorneranno, e magari colmeranno lo spazio che ho riservato per loro. Comprendi, adesso, che cosa sia la VERA bellezza?”

Il giovane era rimasto senza parole, e lacrime copiose gli rigavano il volto. Prese un pezzo del proprio cuore, andò incontro al vecchio, e gliel’offrì con le mani che tremavano. Il vecchio lo accettò, lo mise nel suo cuore, poi prese un pezzo del suo vecchio cuore rattoppato e con esso colmò la ferita rimasta aperta nel cuore del giovane. Ci entrava, ma non combaciava perfettamente.
Il giovane guardò il suo cuore, che non era più “il cuore più bello del mondo”, eppure lo trovava più meraviglioso che mai: perché l’amore del vecchio ora scorreva dentro di lui.